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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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Trentino: strage in una notte

Trenta pecore uccise e sbranate in una sola notte tra la val Venegia e passo Valles, con i pastori che hanno trovato le carcasse disperse ovunque.
Da un po' di tempo si sapeva della presenza del lupo, ed un esemplare era stato avvistato in zona, ma che potesse fare un macello simile nessuno l'aveva certo messo in conto: pecore ed agnelli sbranati, azzannati o caduti in dirupi nella notte tra sabato e domenica vicino al laghetto di Cima Caladora, tra passo della Venegiota e forcella Venegia.
Lo riporta il "Trentino", che riferisce come sia stato un giovane pastore di Fiemme, Fabio Zwerger di 22 anni, a scoprire il massacro quando al mattino presto è salito al passo.
Il giorno prima c'era nebbia, e forse il predatore, o i predatori, è stato favorito nel suo assalto, disperdendo il gregge.
Zwerger era lassù insieme alla sua compagna Alice Masiero, e proprio in questi giorni avevano iniziato la discesa verso valle con le bestie; s'erano fermati un giorno in più per evitare di ostacolare il traffico domenicale, ma a rovinare loro il tutto è arrivato il lupo.
Anche i forestali la la pensano così, ed hanno raccolto molti elementi che fanno attribuire la strage ad un lupo, ciò nonostante è stato disposto il test del DNA su alcuni campioni reperiti sul posto; il dubbio è che possa essersi trattato di un solo esemplare.
"Una cosa davvero impressionante e penosa" ha dichiarato ai giornali Giovanni Zanon, presidente della comunità della valle di Fiemme e zio del giovane pastore.
Il bilancio non è definitivo, perché il gregge era composto da circa 500 pecore e molti agnellini potrebbero essere morti o dispersi. Oggi si tenterà il recupero delle carcasse, ma già si accendono le polemiche: "non avevamo ancora imparato a rapportarci con gli orsi - sostengono alcuni - e già dobbiamo fare i conti con i lupi".
 
La presenza del lupo nella zona di passo Valles era stata denunciata da turisti nei giorni di Ferragosto, in particolare sui versanti che scendono verso Falcade, anche se i forestali erano riusciti nel giugno scorso ha immortalare con una fototrappola un esemplare che si stava cibando di un cervo. 
Di certo c'è, aggiungiamo noi, che dal giorno in cui s'è formata la prima coppia stabile di lupi, con l'incontro in Lessinia tra la femmina giunta dal Piemonte (questo sostengono i ricercatori) Giuletta e il maschio dinarico Slavc, i predatori sono tornati a far pesare la loro presenza.

Liguria: più cuccioli di lupo, più attacchi

Ora lo si ammette, e lo scrive anche Repubblica: in Liguria ci sarebbero almeno 200 lupi, dall’Antola alla valle Scrivia, dal Beigua all’Aveto.
Un numero vicino al livello di saturazione che aumenta le preoccupazioni per gli attacchi in vista dell’autunno: sono nati molti cuccioli ed è prevedibile che aumentino gli attacchi alle greggi.
«Abbiamo già individuato un paio di branchi con cuccioli che devono essere addestrati — spiega al quotidiano Roberto Sobrero, tecnico della Regione Liguria che monitora tutto il territorio — Tanto che le predazioni son destinate a moltiplicarsi a dismisura nei prossimi mesi. Almeno fino a dicembre la situazione è destinata a peggiorare con i cuccioli pronti a sbranare pecore e agnelli da allevamento. Insomma è ripartita l'allerta lupo».
Secondo stime credibili, fornite da tecnici, gli esemplari che a inizio anno vagavano per i monti liguri erano almeno 250, e l'attuale riduzione avrebbe delle spiegazioni.  
«La Liguria è ormai una regione talmente satura che verso la primavera alcuni si sono dispersi, spostati verso il piacentino o hanno oltrepassato il confine piemontese risalendo per le capanne di Marcarolo.Una calma apparente che era proseguita per tutta l'estate. Le denunce di predazioni da febbraio ad agosto sono state appena una ventina. Anche se sono ancora molti gli allevatori che non segnalano gli attacchi».
Il progetto Lupo si è chiuso nel 2014, insieme alle province, e da allora la questione è stata presa in carico dalla Regione.
L'assessore regionale all'Ambiente Stefano Mai aveva lanciato un allarme sulla mancanza di fondi per risarcire gli allevatori per i capi sbranati, ed ora con l'arrivo dei nuovi cuccioli la situazione rischia di aggravarsi. I rimborsi poi sembrano insufficienti, tanto che una capra sbranata può valere anche 230 euro se si tratta di un capo selezionato, e scende sino a 150 euro in base alle caratteristiche e al periodo dell'anno.
Risarcimenti simbolici, e così si insiste sulla prevenzione, poichè i lupi non possono essere eliminati, ma bisogna trovare il modo di salvare le piccole attività dell'entroterra».
Lo scorso anno, ci ricorda il quotidiano, è intervenuta anche l'azienda di alimenti per animali Almanature che, in collaborazione con il parco del Beigua, Aveto e dell'Antola ha regalato 15 cuccioli di pastori maremmano alle aziende più colpite dalle predazioni.
Il lupo, secondo molti, sarebbe il miglior biglietto da visita per un territorio, poiché essendo all'apice della catena alimentare fornisce indicazioni sullo stato di salute del territorio.
«Ma abbiamo il dovere di difendere gli allevatori che ancora resistono e non abbandonano il territorio; in un periodo in cui è sempre più difficile riuscire a far tornare i conti»così concludono i tecnici. E le altri parti coinvolte cosa ne pensano?
Questo Repubblica non ce lo dice.

Ronco Canavese fa i conti con i lupi

A Ronco Canavese, in Val Soana, gli avvistamenti di lupi non si contano più, ed ora la gente comincia ad avere paura, anche perchè s'avvicinano alle case e in due casi hanno pure attaccato dei cani.
Lo riferisce la "Sentinella del Canavese", quotidiano locale: un lupo, di notte, sulla piazza di Forzo, un altro lupo, forse lo visto all'imbrunire sul ponte della stessa frazione. Due lupi, continua il giornale, che verso sera si avventurano attorno ai cassonetti dell’immondizia nella piazza della borgata Convento.
E la cronaca continua: due lupacchiotti grigi nel centro di Ronco, ed un altro, affamato, che in pieno giorno si esibisce a ridosso della frazione Tressi rincorrendo e azzannando due capre, per nulla preoccupato dall'essere inseguito dai proprietari dei due animali, usciti malconci dall'aggressione, osservati da un gruppo di francesi sul balcone di casa.
Insomma, non passa giorno che non arrivi una segnalazione da una zona che, giova ricordarlo, si trova a ridosso del Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Nessun dubbio sul fatto che siano lupi: in molti li hanno visti, e ci sono foto e video a testimoniarlo. Laa percezione è che il loro numero sia in aumento, ed ora la gente comincia a prendere precauzioni tanto che, racconta il giornale canavesano, più nessuno passeggia di sera senza armarsi di bastone.
La presenza del lupo crea problemi anche agli allevatori, come nel caso di Ceresole dove 15 pecore furono uccise vicino al lago Dres all'inizio di agosto, ed altre 12 pecore attaccate nei giorni scorsi nel territorio di Ronco).
«Sarà una delle problematiche che dovremo affrontare nelle prossime riunioni insieme al direttivo dell’ente – dichiara alla Sentinella del Canavese Guido Bellardo Gioli, sindaco di Ribordone, da poco nominato presidente della Comunità del Parco -. Per il momento, nel mio Comune, il lupo non ha ancora creato grossi problemi, ne era stato avvistato uno, ma durante l’estate non vi sono state segnalazioni, neppure da parte dei numerosi tedeschi che percorrono la grande traversata delle Alpi. D’inverno, però, la situazione potrebbe cambiare». «Certamente, quella del lupo è una storia che dobbiamo chiarire, in particolare con il Parco – aggiunge Giovanni Bruno Mattiet, sindaco di Locana che ha preceduto quello di Ribordone alla guida della Comunità del Parco -.Ritengo sia stata adottata una strategia sbagliata per salvaguardare lo stambecco, indebolitasi negli ultimi tempi. Invece di abbattere i vecchi stambecchi, come avveniva una volta, per consentire ai giovani capi di procreare ed avere così una popolazione più forte e sana è stato lasciato spazio al lupo, il quale, però, non attacca solo i capi vecchi,anzi, sovente proprio non lo fa, e crea problemi a chi abita quassù. E’ora di cambiare tattica, tenendo conto che, sulle nostre montagne, anche l’uomo è una specie da salvaguardare».
 
Intanto in Regione Piemonte la polemica è sui numeri: secondo Life WolfAlps i lupi presenti in tutto il Piemonte sarebbero 80/90, divisi in 21 branchi (14 in provincia di Cuneo, 7 di Torino) di cui soli 4 riproduttivi, mentre secondo allevatori e mondo venatorio sarebbero molti di più. Ora cominciano a pensarla così anche le popolazioni che si trovano a fare i conti con Ezechiele.

Caccia in Piemonte: Lac e Pro Natura all'attacco

Si comincia a sparare e in Piemonte Lac (lega per l'abolizione della caccia) e Pro Natura passano all'attacco segnalando che mai prima d'ora in Piemonte era stata autorizzato l'abbattimento di ben 39 specie, tra cui molti uccelli...secondo loro... addirittura a rischio d'estinzione!
A partire dall'inizio di settembre, in Piemonte, si apre la caccia a tortora, cornacchia nera, cornacchia grigia, gazza e ghiandaia, nei termini disposti dal calendario venatorio approvato dalla Regione Piemonte. E' questo il primo atto di una stagione venatoria che inizia sotto i pessimi auspici dei ricorsi cui è stato costretto il mondo venatorio e che rischia ancora d'incancrenirsi in più nei prossimi mesi, aumentando i contrasti con Regione Piemonte e l'assessore alla caccia Giorgio Ferrero.
 
"L’approvazione con legge del divieto di caccia per pernice bianca, lepre variabile, allodola, avvenuto lo scorso anno, è l’unico fatto positivo in una gestione regionale dell’attività venatoria lontana dalle sensibilità della popolazione, indifferente verso le regole democratiche e rivolta ad accontentare le richieste dei cacciatori - sostengono le due associazioni animal-ambientaliste - Caccia agli ungulati aperta tutto l’anno, preaperture a settembre, 39 specie cacciabili (cornacchia nera, gazza, ghiandaia, lepre, minilepre, coniglio selvatico, pernice rossa, starna, fagiano, quaglia, tortora, germano reale, gallinella d’acqua, alzavola, fischione, canapiglia, mestolone, codone, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, marzaiola, beccaccia, beccaccino, colombaccio, tordo sassello, tordo bottaccio, cesena, volpe, coturnice, fagiano di monte, capriolo, camoscio, cervo, daino, muflone, cinghiale) caratterizzano le scelte in campo venatorio di questa amministrazione di centrosinistra. Le specie cacciabili in Piemonte - continuano Lac e Pro Natura - erano 35 nel 1979, solo 16 nel 1988 e da allora non hanno fatto altro che aumentare fino alle 39 di oggi. Il risultato di questa politica è la distruzione di ciò che resta del patrimonio faunistico piemontese".
 
C'è solo da ricordare come l'incremento numerico delle specie cacciabili sia frutto dell'ordinanza n. 280 del Tar Piemontese 
di fine luglio, e come sul calendario venatorio piemontese "penda" ancora la questione della legittimità costituzionale del divieto di cacciare pernice bianca, lepre variabile e allodola; su questo il Tar entrerà nel merito alla prossima udienza, decidendo se rimettere la questione alla Corte Costituzionale. 

Camoscio a cena e scatta la multa

Accade in Friuli Venezia Giulia, ad Aviano, dove nella lunga guerra che si combatte all’interno della Riserva di caccia di Aviano, l’ultimo atto riguarda una sanzione per il consumo alimentare pubblico dei camosci.
A farla l'ispettorato di Pordenone, ma la pratica ora è passata alla Regione anche se alcuni dei sanzionati avrebbero già pagato per chiudere la vicenda, mentre altri stanno decidendo il da farsi.
La vicenda è relativa all’abbattimento dei camosci che, da quanto riferito, erano stati consegnati a un ristoratore della zona per organizzare una cena sociale; gli animali sarebbero stati privi della documentazione sanitaria e dunque non utilizzabili in quel modo.
Secondo le normative regionali i cacciatori non avevano alcun titolo sanitario per cedere la carne destinata al pubblico consumo e così è scattata la multa.

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