Allarme lupi in mezza Italia, dalle Marche al Trentino, sino a Liguria, Veneto e Piemonte
- Pubblicato in News Testata
Non passa giorno che giornali o web non riportino notizia di un qualche avvistamento di lupi, o loro predazioni da qualche parte dell’Italia, che siano gli Appennini piuttosto che le Alpi, i borghi rurali invece delle aree densamente popolate.
In Piemonte, sulle nostre montagne, il picco non s’è ancora raggiunto, ma dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, come avviene ogni anno quando statisticamente s’incrementano gli attacchi a greggi ed armenti, forse favoriti dal ritorno in città di turisti ed escursionisti dopo le vacanze estive, ma certamente a causa delle sempre più pressanti esigenze alimentari dei nuovi nati nell’ultima primavera: quei graziosi cucciolotti che ora cominciano ad ululare alla luna anche loro, e debbono imparare a cacciare insieme a papà e mamma, in previsione di formare nuovi branchi e allevare futura prole. Ora crescono e hanno sempre più bisogno mangiare proteine animali, e non certo verdura o crocchette industriali! In più vi sono i soggetti in dispersione, che reclamano spazi ed attenzioni pure loro.
A lanciare l’allarme sono pastori ed allevatori, insieme ai cacciatori che presenti sul territorio ben conoscono la situazione, ma ad essere preoccupati molti altri di quelli sino a ieri non lo erano; tutta gente comune che, come riportato dai giornali in riferimento agli abitanti Ronco Canavese, ormai teme d’uscire la sera per il paese se non munita quantomeno di un robusto bastone a possibile difesa!
Gli esperti, o presunti tali, tranquillizzano, buttano acqua sul fuoco e ci raccontano di come il lupo non sia affatto un pericolo per l’uomo (ma la storia...non insegna mai nulla?), e nemmeno per greggi od armenti a condizione ci si attrezzi per difendersene adeguataente; confermano come la loro presenza sia una positiva “cartina tornasole” d’una natura ancora in salute, che recupera spazi e biodiversità perdute da secoli; negano che la loro diffusione sia mai stata favorita da qualcuno, ma solo spontanea, a quattro zampe dall’Abruzzo sino alle Alpi Piemontesi e poi oltre, in Francia, Svizzera, ora anche Veneto e Trentino.
Da quando si pensò di proteggerlo perché a rischio estinzione, anni 70’ “Operazione San Francesco” voluta da WWF e Parco Nazionale d’Abruzzo, molto è cambiato e di strada Ezechiele ne ha davvero percorsa molta, crescendo di numero in maniera imponente, forse anche esponenziale, tanto da far ipotizzare se ne debba presto mutare l'attuale status giuridico che lo vede “particolarmente protetto” dalla l.157/92, ma pure…protettissimo a livello internazionale da accordi e convenzioni varie.
Di certo c’è che in Italia il lupo non è più in pericolo, al contrario in piena espansione e salute, ma ciò nonostante da noi la questione diventa ideologica, un tabù, con professoroni, o professionisti che sul lupo ci hanno campato per anni, pronti a scendere lestamente in campo per fornire ricette, bacchettare coloro che chiedono chiarezza, protestano.
E allora domande sorgono spontanee: dov’erano questi signori negli ultimi quarant’anni? Cosa facevano? Studiavano i lupi o…incassavano i contributi dallo Stato Italiano e dall’Europa?
A inizio anno gli esperti di “Life WolfAlps”, progetto che vede come beneficiario coordinatore il Parco delle Alpi Marittime, e costa oltre 6 milioni d’euro cofinanziati al 75% dall’UE (ma…chi ci mette gli altri?), ebbero a dichiarare in convegni pubblici, o a giornali che ne scrissero, che in Piemonte v’erano al massimo 80/90 lupi suddivisi in 21 branchi (14 in provincia di Cuneo, 7 di Torino) di cui soli 4 “riproduttivi”, quasi a tranquillizzare sul numero delle cucciolate che le lupe “alfa” avrebbero sfornate in primavera.
Furono sfortunati, perché da quel giorno una dozzina di lupi furono recuperati morti tra le province di Alessandria, Cuneo e Torino, e quasi sempre su strade afaltate o linee ferroviarie, spesso a ridosso di grossi centri urbani; come a dire che il formidabile predatore, capace di sopravvivere a secoli di caccia e persecuzioni, aveva perso il 15% della sua consistenza numerica in pochi mesi: da estinguersi in un lustro! In Francia, dove il Ministero dell’Ambiente ne stimava per il 2015, con precisione ammirevole, 282, non capita mai, e laggiù i lupi vengono controllati da anni, tanto da aver recentemente rinnovato un piano di abbattimento annuale per 36 soggetti. Idem per Spagna, dove se ne ammazzano legalmente un paio di centinaia l’anno, o Svizzera, Norvegia, Svezia e Finlandia, solo per restare in nazioni europee dove il lupo non è tabù, viene gestito.
In più gli esperti, e forse in questo una qualche ragione potrebbero anche averla, sostengono come quelli trovati morti e portati sul tavolo delle autopsie dell’Università di Torino siano solo una minima parte del totale, mancando al conteggio quelli “decedono” per morte naturale, o trovano la loro fine non sotto le ruote di un’auto, ma in maniera violenta per piombo, veleni o trappole. "Autodifesa" dicono coloro che sono chiamati in causa, non confermando e nemmeno smentendo del tutto le velenose accuse che giungono da lupologi e lupofili in salsa tricolore.
I conti però non tornano, affatto, e dunque tutti questi esperti o professori la smettano d’impartirci lezioni, di bacchettare chi si lamenta o vuole chiarezza, ma al contrario ci dicano dov’erano e cosa facevano mentre Ezechiele da animale protetto, e a rischio d’estinzione qual'era un tempo, tornava ad essere abbondante e predatore temuto. Come hanno fatto a non accorgersene? E perché non hanno lanciato allarmi, avvertito le categorie coinvolte?
Noi sappiamo che non risponderanno mai, facendo finta di nulla per restare arroccati nelle loro…torri d’avorio, anche perché il “business lupo” potrebbe far nuovamente loro gola se il Ministro Galletti dovesse autorizzare i primi abbattimenti.
Tutto questo con buona pace di quei poveri pastori e allevatori costretti a vivere da reclusi sui loro alpeggi, tra cani maremmani aggressivi con tutti fuorché con i lupi, e circondati da recinti elettrificati facili da saltare quando i predatori decidono che è ora di mangiare una pecora piuttosto che una capra o un vitello. Sperando che presto o tardi non tocchi a qualche bipede parlante far da pranzo o cena per qualche "coppia alfa" che sta addestrando alla caccia la sua vorace e vitalissima prole!
Alessandro Bassignana
Dal sito di FIdC:
"Anche quest'anno il mondo venatorio è chiamato a essere parte attiva di un sistema di monitoraggio della fauna selvatica che permetta di ottenere dati fondamentali, non solo per la ricerca, ma concretamente, in termini di prevenzione per la salute dell'uomo. A partire dagli ultimi anni del secolo scorso, focolai di patologie emergenti si sono manifestati in Italia e altri Paesi europei causando malattie nell'uomo e negli animali.
Tra queste la West Nile Disease (WND), causata da un flavivirus, è una malattia infettiva di origine virale non contagiosa, ovvero non trasmessa per contatto diretto, ma veicolata da insetti vettori, in particolare alcune specie di zanzare ornitofile (che si cibano sugli uccelli), appartenenti al genere Culex. La WND è una zoonosi e l'uomo s'infetta attraverso la puntura di zanzare infette, che hanno assunto a loro volta il virus da uccelli (ospiti principali) in fase viremica (periodo in cui il virus è presente nel sangue circolante).
Il virus, quindi, si trasmette nelle popolazioni di uccelli selvatici sino a quando, in eccezionali condizioni ecologiche favorevoli, può trasferirsi dalle zanzare agli uomini che rappresentano gli ospiti a fondo cieco dell'infezione. Gli uccelli sono, di fatto, gli ospiti vertebrati principali del virus della West Nile. Gli studi effettuati sul ruolo delle varie specie di uccelli indicano come a livello locale alcune specie (come ad esempio gazze, corvi, ghiandaie) sono tra quelle maggiormente coinvolte nel mantenimento dell'infezione, ovvero a perpetuare la presenza del virus è in un'area grazie all'azione delle zanzare.
L'uomo, i cavalli e altri mammiferi sono considerati ospiti accidentali a fondo cieco e fortunatamente la maggior parte delle infezioni nell'uomo decorre in modo del tutto asintomatico. Uno dei pochi strumenti efficaci nell'arginare le virosi trasmesse da vettori è l'identificazione precoce (early detection) dell'ingresso del virus in un territorio in modo da permettere l'attivazione dei sistemi di allerta rapida del Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
Questo obbiettivo si può raggiungere attraverso la ricerca del virus nel due principali attori del ciclo epidemiologico: le zanzare e gli uccelli. Le prime sono catturate da esperti operatori del SSN. Per quanto riguarda gli uccelli, il virus deve essere ricercato nelle specie stanziali e in particolare in: Gazza (Pica pica), Cornacchia grigia (Corvus corone cornix), Ghiandaia (Garrulus glandarius). La sorveglianza su queste specie è un'attività strategica e si chiede ai cacciatori che abbatteranno delle cornacchie in occasione delle giornate di preapertura, di far pervenire le carcasse all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna per le analisi di laboratorio."
Eccovi i video della strage di pecore avvenuta l'altra notte tra la Val Venegia e Passo Valles, dove una quarantina di animali sono stati uccisi quasi certamente da uno o più lupi. Il gregge è di proprietà di Fabio Zwerger, di 22 anni, che con la sua compagna Alice Masiero era all'ultimo giorno di alpeggio. Si tratterebbe di un fenomeno di "surplus killing", con il predatore che uccide più di quanto gli necessiti per consumo alimentare. In zona era nota la presenza di almeno un lupo, probabilmente proveniente dal branco della Lessinia.
Nel primo video (pubblicato su "La Repubblica") l'impressionante sopralluogo dei forestali sul posto del massacro, disseminato di carcasse di pecore e agnelli, nel secondo un'intervista ai due giovani pastori che ora hanno paura.
http://video.gelocal.it/trentinocorrierealpi/locale/sulle-tracce-del-lupo-nella-valle-in-cui-ha-ucciso-40-pecore-in-una-sola-notte/60239/60542