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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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Liguria: M5 Stelle contro la Lega sulla caccia

Attacco dei 5 Stelle alla Lega in Liguria, dove Marco De Ferrari e Fabio Tosi, portavoce dei "grillini" in Regione dichiarano: “Dalla maggioranza regionale ecco l’ennesimo regalo alla lobby dei cacciatori. E arriva con una Proposta di legge della Lega incostituzionale e a fortissimo rischio d’impugnazione da parte del Governo.Basta leggere la Costituzione: l’articolo 17 tutela chiaramente il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente e senz’armi, mentre l’articolo 21 ci ricorda che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.Abbiamo chiesto pertanto in Commissione l’abrogazione delle assurde e pericolose sanzioni a chi manifesta contro la caccia, così come l’abrogazione del foraggiamento dei cinghiali (vietato dalla norma nazionale), il cui unico scopo è quello di abbatterli con lo stomaco pieno e ingrassati a dismisura.
Il MoVimento 5 Stelle è pronto a portare la battaglia in Consiglio regionale per fermare una Proposta di legge incostituzionale e pericolosa che tutela i cacciatori ma non i cittadini e le persone. Evidentemente la Lega ignora le statistiche dell’Associazione vittime della caccia che ogni anno pubblica dei veri e propri bollettini di guerra, tra morti e feriti (tra cacciatori e non).Di fronte ci siamo ritrovati un vero e proprio muro da parte della maggioranza che, col supporto dello schizofrenico Pd, rifiuta di ricevere in audizione tutte le associazioni direttamente coinvolte, in primis quelle ambientaliste – come richiesto dal M5S. Ancora una volta, a colpi di maggioranza, la Lega tira dritta per la sua strada in cambio di un pugno di voti, senza ascoltare niente e nessuno. Neppure la Costituzione”.  (www.riviera24.it)
 
Bisogna ricordare come l'articolo 8 della nuova legge regionale sulla caccia preveda una sanzione dai 200 ai 600 euro per coloro che disturberanno i cacciatori durante la loro attività. Silenzio nei boschi e vietato chiacchierare tra i sentieri, cantare o comunque provocare rumori atti a creare allarme tra la selvaggina durante la stagione venatoria.
 
 
 
 

Prova "Sant'Uberto Avancarica"

Fa piacere scoprire il fascino delle cose antiche, classiche, e cacciare o sparare con una bella doppietta avancarica è certamente parte di queste.
 
 
Domenica 4/09/16 si e'svolta nell'A.A.T.V Monteacuto Pareto (AL) la prova S.Uberto Avancarica per accedere alla finale del 5'Trofeo Nazionale i 16 partecipanti sono scesi in campo nonostante un caldo torrido dando prova con i propri ausiliari di vera sportività.
Giudice della manifestazione il Signor Tani Antonio di Torino.
Nella relazione finale si complimentava con i concorrenti  menzionando sia i terreni che la selvaggina (fagiani) validi per il tipo di prova ringraziando poi l'organizzazione per l'impegno e la passione nelle persone di Bruno Pronzato e Luisa Albertin, dando poi  lettura alla classifica:
       
Under 25 : 1°FERRERO STEFANO ausiliare Niki E.B Piemonte P.48.  
                    
ASSOLUTI:
                                                         
1° MORELLI GIUSEPPE ausiliare Arno ST LIGURIA.      P.67
2° ETERE DAMIANO ausiliare  FOX ST PIEMONTE. P.63
3° AVRAMO MARCO ausiliare  LINDO ST LIGURIA. P.54
4° MINETTO STEFANO ausiliare  NIKI ST.    LIGURIA. P.49
5° PONTE LUIGI ausiliare MIGHEL.   LIGURIA. P.48
6° RAMOINO ausiliare LADY ST.   LIGURIA P.46
 
Gradita e'stata la presenza del Presidente di Federcaccia Piemonte, BRUNO MORENA, che ha avuto parole di elogio con tutti i partecipanti.
L'avancarica è disciplina che andrebbe incentivata, ricca di contenuti e valori, di tradizione e classicità; un modo equilibrato per vivere il proprio rapporto con la passione venatoria.
 
 
 

Domande e risposte, a cura di C.Ricciarelli

  • Pubblicato in Le Armi

Giovanni, di Lucca, ci chiede: "Gentilissimo sig. Cesare, sto per acquistare un nuovo semiautomatico per l’apertura della caccia. Premesso che avevo un vecchio Browning di mio padre con una canna da 81 cm. ed una stella, vi chiedo quale canna rappresenta l’ideale per la caccia in termini di lunghezza e di strozzatura?"

Caro Giovanni, mi fai una buona domanda ma ti dimentichi di dirmi che tipo di caccia pratichi ! 

A mio parere infatti, fare la migratoria o la stanziale con il proprio cane, richiede forzatamente una differenza lunghezza ed apertura della canna. Come puoi capire infatti, tirare ad un colombaccio al passo reale, o ad un fagiano sotto la ferma del cane, implica forzatamente una tecnologia molto differente.

Per la caccia agli acquatici ed a certa migratoria difficile, una canna più lunga è certamente preferibile. Ricorda però in ogni caso che non è così determinante la lunghezza ma l’accoppiata lunghezza-strozzatura.
Non pensare comunque che l’elevata lunghezza della canna, consenta da sola grossi vantaggi in termini di distanza di tiro. Il metraggio raggiunto sopra i 40 metri epiù si traduce infatti con pochi centimetri di vantaggio, contrariamente a ciò che si pensa.
Il pregio è chela canna lunga permette sicuramente un miglior puntamento specie su uccelli che volano alti (per esempio il colpo del re ecc.). E’ altrettanto evidente che la canna corta, potendo in genere fornire una rosata più larga, facilita spesso il tiro, specie sotto ferma del cane.
Il grande Greener ( uno dei più noti tecnici e costruttori del passato) sosteneva , prove alla mano, che una canna dalla lunghezza di tra i 68 ed i 70 cm. rappresenterebbe l’ideale per molti tipi di caccia.
Rifletti comunque sull’importanza della strozzatura che può dare un aiuto sensibile in più tipi di caccia.
Una cosa da non dimenticare è anche l’importanza ed il ruolo della cartuccia. Ti cito la forte differenza balistica che sussiste tra una dispersante, in grado di offrirti un’ottima rosata a pochi metri di distanza ed una HP o una Magnum in caso di tiri a lunga distanza.
Cosa farei io? Prenderei un semiautomatico con una canna intorno ai 70 centimetri, predisposto con strozzatori intercambiabili, dalla cilindrica alla piena strozzatura.
Sul modello hai solo l’imbarazzo della scelta anche se personalmente propenderei per canne come le Bore, Tribore, Crio ecc.ecc. che magari possono offrire una balistica migliore.
Il resto, caro Giovanni, dipende solo dalla tua abilità o meno….ma questo, come credo, lo sapevi di sicuro!!
Un cordiale in bocca al lupo!

 

Ci scrive Marchino da Pistoia: "Salve, ho letto con attenzione il vs. bel servizio sullo Sporting realizzato in Luglio. Mi permetto di fare alcune domande per chiarire alcuni aspetti. Premetto che ho fatto alcune prove sul campo di Tiro di Laterina per provare questo divertente sport. Ho sparato alcune serie con il mio attuale fucile da caccia che è un Fabarm, con canna Tribore da 71 cm. con strozzatore. Devo confessare che ho avuto alcune difficoltà a colpire piattelli, fermo restando la mia scarsa pratica sullo Sporting, e specie sui piattelli traversali la cui uscita dalla macchina, oltre che veloce, consente un bersaglio limitato. Secondo punto: ho utilizzato una cartuccia da Trap con 28 g. di piombo del 7 ½ , con la quale ho ottenuto discrete rotture a distanza, ma piuttosto scarse sui piattelli più vicini o più lenti. Vi chiedo un possibile consiglio: cosa posso fare per migliorare i risultati e quale strozzatore o cartuccia può potenziare la performance a vostro parere?" 

Carissimo Marco, apprezzo molto la tua voglia di iniziare questo Sport e capisco che specie all’inizio, le cose non siano così semplici… Le domande che mi fai sono comunque più di una e piuttosto complesse da spiegare, comunque:

1. Sparare sulle piazzole di un campo di Sporting, non è così semplice come qualcuno può pensare, specie all’inizio. E’ vero che alcuni lanci assomigliano in qualche modo al tiro che viene effettuato a caccia, ma a parte la bravura del tiratore, occorrono sia una bella esperienza prima di ottenere risultati di livello, sia un’ arma e una cartuccia che rispondono a requisiti ottimali.
2. Come accennavo sullo Speciale di Luglio, il semiautomatico è un ottimo fucile, ma di certo non è l’optimum per il tiro. Devi pensare che è vero che è il fucile che si ha sempre in mano a caccia e al quale siamo abituati, ma è altrettanto vero che può essere troppo leggero ( se non è di quelli di nuova generazione costruiti appositamente per il Compak o lo Sporting. La stessa Azienda ha infatti, come altre ultimamente, produce una versione differente e più specifica). Mi citi canne da 71 cm. che non sono le più usate nello Sporting dove si utilizza in genere, una lunghezza maggiore ( 76 o addirittura 81 cm). La leggerezza dell’arma, sia pure sparando cartucce da 28 g. non può offrirti l’equilibrio di un fucile più adeguato e pesante specie nelle rapide rotazioni.
Un sovrapposto specifico, con 76 cm.di canna e con un peso più accentuato, offre ovviamente maggiori chances, fermo restando che ti garantisce due strozzature differenti che potrai migliorare all’evenienza con uno o due strozzatori ad hoc. L’equilibrio dell’arma è forzatamente migliore, specie in fase di rotazione ed allo stesso tempo è ridotta la tendenza a “scappare”come si dice in gergo, che è per forza molto più limitata.
La possibilità di utilizzare uno strozzatore in prima canna per la prima fucilata, facilita l’ampiezza della rosata sui piattelli più semplici ed al tempo stesso una seconda canna più o meno vicina al full-choke, può aiutare il recupero di piattelli ad una maggiore distanza.
3. L’azione di tiro deve essere fluida, ma c’è anche la necessità di un solido posizionamento e di equilibrio del corpo, in modo da garantire stabilità e solidità allo sparo.
4. Mi dici che nella tua esperienza hai sbagliato tendenzialmente piattelli apparentemente più vicini o più facili, come hai detto. Questo può dipendere da diversi fattori: un eccesso di velocità di fuoco, una strozzatura troppo stretta, una cartuccia che tende a stringere e che sarebbe più adatta sulla lunga distanza, o magari un eccesso di “sottovalutazione” del tiro ecc. ecc. Cosa questa diversa dall’errore sul traversone veloce, sul quale normalmente si tende a dare poco anticipo restando dietro con la fucilata. D’altra parte, come sai e come succede anche a caccia, sono poche le situazioni in cui si può sparare “addosso” al bersaglio!!
5. In tema di cartucce, occorre una certa attenzione. La cartuccia ideale, come si dice da sempre: è quella sulla quale si fonda la nostra fiducia, e che al tempo stesso offre maggior rendimento sul nostro fucile. E’ una vita che si dice così…
Ma nello Sporting, occorre anche pensare che l’elevata diversità nel lancio dei piattelli, che è diversa da quelli pur molto difficili della Fossa Olimpica, richiede la necessità di tirare cartucce adeguate alle diverse situazioni ed alle distanze, ma anche al tipo di strozzatura impiegata. Ti posso assicurare che da un punto di vista qualitativo, in commercio ci sono attualmente delle cartucce eccezionali e con prestazioni balistiche notevoli. La scelta quindi (anche se poi un tiratore fa ciò che vuole) può essere sulla dimensione del pallino : un 8 o un 8 ½ per i piattelli più vicini, un 7 ½ per la seconda canna, ovviamente in conformità della strozzatura delle canne e aggiungerei, del suo modo di sparare lento, veloce o velocissimo, secondo le caratteristiche di fuoco che gli ha dato madre Natura.
Per questo molte Aziende producono cartucce ad hoc per la corta distanza ( shorth range) la media ( le medium range) o la lunga ( long range), che per come sono caricate, il tipo di borra ecc. offrono maggiori chances al tiratore nelle differenti situazioni.
Ma qui io mi tiro indietro…. Ognuno tira ciò che crede e, ripeto, in cui ha più fiducia ed è giusto che sia così. Personalmente credo anche che portarsi dietro tre tipi di cartucce sui lunghi percorsi tra piazzola e piazzola sia oltretutto abbastanza problematico….Per concludere quindi, il “ Top” dovrebbe essere un logico bilancio tra le proprie abitudini di sparo, le caratteristiche dell’arma e una logica simbiosi con la cartuccia, non dimenticando mai i risultati che si ottengono, che contano più di ogni altra cosa per rafforzare scelte e decisioni.

Caro Marchino, non so cosa aggiungere a questa mia teoria un po’ scontata che magari non ti sarà sufficiente. Una cosa insindacabile in ogni caso è che l’esperienza sul campo e su più tipologie di piattelli, unita alle tante cartucce sparate con un buon fucile, è quella che potrà consentirti di fare progressi. Per diventare Campioni, credimi, occorre parecchio tempo, compreso una grande costanza, modestia, fiducia in se stessi e in chi ti può dare una mano per affinare, specie all’inizio, le tue tecniche nella specialità… Non dimenticarlo!!!
La cosa importante è crederci e soprattutto divertirsi, credi a me…se poi non funzionasse….ascolta me: ci sono tanti altri sport a disposizione e così il problema non si pone !
In ogni caso: un grosso in bocca al lupo... avanti tutta e…tiragli addosso!!!

 

Cesare Ricciarelli

Romano di nascita, toscano di adozione, vive a Prato. Acquisisce il diploma di Liceo Classico e si iscrive alla Facoltà di Farmacia a Padova. Inizia la sua attività lavorativa facendo ricerca sui farmaci in una importante Azienda Farmaceutica Americana.

Grande appassionato di caccia, si avvicina anche alle pedane del Tiro a Volo dove ottiene ottimi risultati vincendo gare a livello Regionale e Nazionale e Campionati Italiani nella Fossa Olimpica e nel Double Trap.
Dal 2007 ha scritto e pubblicato 10 libri di racconti, di cui 8 di caccia, partecipando anche a numerosi concorsi letterari di rilevanza; dal 2014 è uno dei giudici del concorso di letteratura venatoria "Scrivendo & Cacciando".
In funzione dell’esperienza acquisita in tanti anni, esegue test per Aziende produttrici di armi da Caccia e da Tiro, nonché di cartucce.
Attualmente scrive articoli e servizi su Riviste come Diana Armi-Diana- Caccia+ e sulla Rivista di Tiro a Volo.

 

 

CIA Alessandria: contenere le nutrie

Nutrie: necessarie misure urgenti di contenimento 
 
Rimane ancora irrisolto il problema della gestione delle nutrie che stanno causando gravi danni all'agricoltura e al territorio.
La zona del Casalese è particolarmente colpita dai danneggiamenti delle nutrie, che rovinano i raccolti e scavano buchi nei canali irrigui e negli argini delle risaie.
Purtroppo una serie di complicazioni burocratiche hanno reso impossibile l’attuazione dei piani di contenimento provinciali che in passato consentivano il controllo di questa specie dannosa.
Su istanza del mondo agricolo e degli Enti Locali, il Parlamento, con la legge 221/2015, ha  finalmente stabilito che è possibile realizzare, a cura delle Regioni, interventi di controllo ed eradicazione  di specie esotiche, inclusa la nutria.
Con due note (del 4 settembre 2016 e del 1° settembre 2016) la Regione Piemonte, in base a quanto disposto dalla L.R. 17/99,  ha ribadito che sono confermate le deleghe alle Province per il contenimento delle specie dannose.
Le associazioni agricole hanno pertanto chiesto alla Presidente della Provincia Rita Rossa un incontro urgente  affinché siano messi in atto gli interventi necessari.
In altre Province, come nella vicina Asti, sono stati effettuati abbattimenti significativi; il problema riscontrato nell'Alessandrino è molto sentito e occorre intervenire al più presto.
L'allarme è concreto, lo abbiamo lanciato più volte e continueremo a farlo – commenta Gian Piero Ameglio, presidente provinciale Cia Alessandria -. Per ottenere risultati, il nostro impegno va rafforzato dalla collaborazione di chi amministra i nostri territori. Il problema è serio: oltre ad affrontare la crisi economica e le difficoltà legate ai prezzi, siamo determinati a difendere i diritti degli agricoltori a produrre nelle condizioni idonee”.
Spiega Giuseppe Botto, vicedirettore provinciale Cia: "Nell’incontro con la Provincia chiederemo  come si è proceduto e come si intende procedere per la nutria e  anche per le altre specie dannose. Ricordiamo, in particolare: cinghiali, caprioli e altri cervidi, corvidi e piccioni”.

Tre gambe e il naso fino

La natura spesso gioca brutti scherzi, ma quando può li corregge.
Billy era nato con un’anomalia ad un arto e il cane, ancor cucciolo, aveva imparato a camminare con  tre sole gambe.
L’anteriore destra era diventata atrofica e lui la portava sempre piegata verso l’alto, senza mai appoggiarla a terra.
Un tavolino a tre gambe sta in piedi lo stesso, ma è  sempre meno stabile di uno che ne abbia quattro; figuriamoci se, a differenza di un mobile condannato ad una vita statica,  deve anche muoversi e correre dietro ai selvatici.
Billy era un  segugio, solo simile nell’aspetto a quello italiano e non certo di razza  pura.
Nelle campagne piemontesi degli anni sessanta ogni cagnolo, dotato di  grinta e naso decente, poteva essere buono per la caccia.
Se poi s’aveva la fortuna d’averne uno davvero abile, allora lo si incrociava senza badare a genealogie e linee di sangue.
Peli lunghi, duri o rasi venivano miscelati senza troppe attenzioni, dando origine a cani da seguita particolari, i  “cravin”  così detti per l’aver un pelame simile a quello di alcune piccole capre alpine. 
Era stato Giacu, amico e compagno di caccia di papà, a trovarselo in una cucciolata.
Subito non se n’era preoccupato, credendo che quella zoppia fosse temporanea.
Ma  il cane non migliorava e lui, a malincuore, decise di disfarsene. 
Non c’era cattiveria nel suo gesto ma Giacu faceva l’operaio e non poteva permettersi di mantenere troppi cani, specialmente se inadatti alla caccia, cui erano destinati.
Troppe bocche da sfamare, seppur a pane secco e avanzi di cucina.
Papà era più fortunato. Aveva un’attività redditizia e poteva tenerlo senza troppi sacrifici.
E così Billy andò a fare compagnia agli altri “sus” (segugi) della sua muta personale. 
Nei suoi momenti migliori la squadra degli amici disponeva di un nutrito gruppo di cani e poteva schierare in campo dieci o quindici buoni soggetti.
La lepre era il loro animale d’elezione, e l’insidiavano dalla prima giornata di caccia sino a novembre inoltrato. Poi smettevano perché c’era il rischio che le femmine fossero gravide e allora le risparmiavano per l’anno dopo.
Le strade non tagliavano ancora tutto il territorio e le coltivazioni erano rimaste  quelle dei tempi passati; i campi di mais, ora stesi a perdita d’occhio come un mare di barbe verdastre, erano piccoli appezzamenti e il territorio veniva delimitato da siepi, boschetti ed altri ostacoli naturali a renderlo diseguale e sempre vario.
Pur abitando nella cintura della grande città industriale a papà non serviva l’auto per andare a caccia. 
Bastava uscisse di casa che subito poteva aspettarsi lo schizzo della lepre o il frullo delle starne.
C’era quel gusto delle cose antiche che ripetono, eguali e mai monotoni, i propri riti, quasi fossero scritti a fuoco nella memoria della gente.
Chi cacciava consumava la selvaggina, sapendo d’esercitare un’azione violenta ma necessaria. La sera poi tutti al bar a raccontarsi le storie della giornata.
Vigeva sana competizione tra ogni squadra di cacciatori e chi era contadino, o amico di questi, era privilegiato perché poteva sapere dove si fossero rifugiati i selvatici.
S’andava via al mattino presto e si lasciavano i cani ad esplorare prati e medicai.
Naso a terra e coda dimenata alta, a sciabola, sino a che veniva rintracciata la pastura notturna. 
Era il momento atteso. Lo scagno, dapprima timido e sporadico, si faceva forte e cadenzato: la lepre c’era ancora, e s’era rimessa lì vicino! 
I cacciatori correvano ad appostarsi, e quando la canizza si faceva furiosa era perché i segugi avevano avvistato l’orecchiona.
Billy, penalizzato com’era nella corsa, non poteva competere in quanto a fondo e atletismo e spesso non veniva nemmeno scaricato dall’auto. 
Papà però s’era accorto che il cane, a dispetto dei suoi sfortunati natali, aveva qualcosa in più degli altri, e non in meno.
Il giovane segugio possedeva quella rara dote d’un perfetto connubio tra naso potentissimo ed intelligenza acuta.
Quando gli altri cani insistevano troppo sulla passata senza risolvere, allora arrivava il suo momento: qualcuno tornava all’auto e lo prendeva. 
Billy veniva condotto al guinzaglio, per evitare s’allontanasse, e poi rilasciato. 
Lui si portava a ridosso degli altri e poggiava a terra il potente tartufo.
Quasi fosse un potente aspirapolvere, le sue sensibilissime cellule olfattive captavano ogni minimo effluvio, discernendolo tra l’intrico degli odori.
Partiva saltellando e quando dava il primo abbaio si poteva esser certi che avrebbe svelato l’enigma.
A quel punto tutto il resto della muta diventava superflua, anzi d’impaccio, e si poteva anche legarli tutti.
“ Iap, iap, iap! ” il formidabile tregambe s’infilava in sorghi, lavorati o granturcheti fittissimi, sempre sull’orma della lepre.
I minuti passavano lentamente e se continuava l’abbaio ritmato il selvatico era ancora in zona, e stava usando tutte le sue astuzie per seminare l’implacabile inseguitore.
Billy non mollava, aumentando solo il volume dei latrati, quasi volesse segnalare agli uomini che la lepre c’era davvero,  e lui l’aveva scovata e fatta fuggire.
Fuori la tensione aumentava, s’alzavano verso la spalla i fucili e si tendevano le orecchie, a cogliere ogni rumore.
“Pum, pum ”,  dall’altra parte della melia uno di loro aveva sparato e forse ucciso la lepre.
Nessuno si muoveva e tutti aspettavano in silenzio che Billy sbucasse dal mais, proprio dov’era uscita la preda, e la raggiungesse: quell’animale era suo e tutti lo sapevano.
Ma come spesso accade in tutte le belle storie, le miserie umane non hanno confini.
Quel cane, brutto e sciancato, suscitava ormai l’invidia di molti.
Chi perché vedeva umiliati i suoi, e chi invece per sola gelosia.
Forse, ma non lo saprò mai, era mio padre a stare sulle palle a qualcuno!
E così in una notte agostana, mentre noi eravamo al mare, una mano assassina scagliò un boccone avvelenato oltre il muretto che divideva il nostro giardino dalla strada.
Lì c’era il serraglio dei cani, e quel bastardo certamente lo sapeva. 
Billy mangiò quel pezzo di carne venefica e morì tra atroci sofferenze.
Non esistevano ancora i telefonini e solo il mattino successivo papà fu avvisato.
Partì subito, ma solo per seppellire quel suo grande cane che da scherzo della natura s’era trasformato in autentico fuoriclasse.
Un uomo saggio ha scritto che l’unico dolore che un cane può dare al suo padrone è quando muore. Lo credo anch’io!

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