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ANUU - Il Ministero dell'ambiente sta a guardare

Ormai siamo tutti presi dall’impegno di non toccare gli animali selvatici perché devono essere assolutamente tutelati, nonostante certe popolazioni siano oltre misura e nonostante causino danni di ogni ordine sul territorio. Innumerevoli sono infatti gli incidenti, anche mortali, come il recente terribile e drammatico evento verificatosi nei primi giorni dell’anno sull’autostrada del Sole, tra Lodi e Casalpusterlengo, alle porte di Milano, a causa dell’attraversamento di alcuni cinghiali. Ma sembra che, finalmente, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica non voglia più saperne anche perchè le istituzioni più accreditate (Minambiente, ISPRA e Associazioni ambientaliste) non sanno più cosa dire se non schierarsi in una difesa – al di là di ogni reale visione dei fatti – veramente inimmaginabile, tanto da cadere nel ridicolo. Ancora una volta l’ISPRA, con il responsabile del Settore gestione e conservazione della fauna, difende i piani dallo stesso predisposti per la riduzione del numero dei capi che il predetto Istituto può approvare o meno in base ad una serie di linee guida tecnico-scientifiche, ormai obsolete e assolutamente restrittive rispetto alla situazione emergenziale su tutto il territorio, che sono da considerarsi superate. Si pretende ancora che, prima dell’abbattimento, si provino metodi dissuasivi ed ecologici o, quando si possono catturare (sic!), dovrebbero essere somministrati ai singoli capi tramite iniezione dei farmaci atti alla sterilizzazione (sic!), perché progetti di sterilizzazione di massa (così si esprime l’ISPRA) al momento non sono attuabili. Bontà loro! È ben lecito domandarsi se questo Istituto viva su un altro pianeta visto che gli interventi da esso proposti sono tutti tesi ad evitare “gli incidenti con gli animali coinvolti”, più protesi verso costoro che verso gli esseri umani! Poco importa se il vero problema è la tutela della persona, dei suoi mezzi e delle sue coltivazioni, quando i cinghiali stimabili in Italia sono oltre un milione. E tutto ciò in via meramente prudenziale, senza parlare di caprioli, cervi e daini. Siamo lieti per la biodiversità, ma ogni cosa deve avere un limite, come si può rivedere nel celebre e sempre attuale film “Gli uccelli” di Alfred Hitchcock!

 

 

Gennaio 2019

ANUUMigratoristi Stampa

Toscana: il Sindaco di Fucecchio interviene in difesa dei cacciatori sulla sospensione del Calendario. Legambiente lo attacca e lui replica.

Il  Sindaco di Fucecchio, Presidente della Consulta per il Padule di Fucecchio, interviene a difesa dei cacciatori sulla vicenda della sospensiva del calendario venatorio diffondendo questo comunicato:

“La Regione ricorra in tutte le sedi contro l’Ordinanza del Consiglio di Stato che ha previsto la sospensiva del calendario venatorio toscano per alcune specie”
Intervento del presidente della Consulta del Padule di Fucecchio Alessio Spinelli
Un’ordinanza del Consiglio di Stato del 17 dicembre scorso ha disposto la chiusura anticipata della caccia di alcune specie di uccelli, decurtando il calendario venatorio della Toscana di circa 15 giornate rispetto a quanto previsto dalla legge regionale.

Come presidente della Consulta del Padule di Fucecchio, il sindaco di Fucecchio Alessio Spinelli rivolge un appello alla Regione Toscana - al presidente Rossi e all’assessore Remaschi - affinché, quanto meno limitatamente alle ZPS – Zona Protezione Speciale -, ricorra in tutte le sedi possibili contro l’ordinanza del Consiglio di Stato che impone la chiusura anticipata della caccia ad alcune specie, tra le quali anche specie acquatiche come alzavola, marzaiola e germano reale.

“Imporre la chiusura anticipata anche a chi non ha usufruito della pre-apertura del 1° settembre – spiega Spinelli – mi sembra una scelta veramente grave che va a ledere anche i diritti di quei cacciatori che hanno regolarmente pagato le varie tasse per poi vedersi cancellati quindici giorni di attività. Ricordiamo che nelle zone protette come il Padule non solo i cacciatori non hanno goduto della giornata di preapertura ma anzi, nel rispetto delle leggi nazionali, fino al 1° di ottobre non hanno potuto cacciare nessuna specie ad eccezione del germano reale. Non si capisce quindi per quale motivo, per ridurre il periodo di caccia a chi ha usufruito della pre-apertura, peraltro scelta molto discutibile (si tolgono 15 giorni di caccia a chi ha usufruito effettivamente soltanto di un giorno), si colpisca indistintamente tutti i cacciatori. E’ evidente che quando si fanno scelte che non poggiano su basi reali si da l’impressione che siano state fatte solo sulla base di personali sensibilità che però non dovrebbero avere cittadinanza quando si scrivono ordinanze valide per tutti i cittadini italiani. Mi rivolgo anche ai sindaci dei comuni rivieraschi del Padule, facenti parte della Consulta, affinché appoggino la mia presa di posizione per tutelare le nostre tradizioni locali perché se si continua su questa strada si arriverà metter fine a antiche arti come la caccia e la pesca in un luogo nel quale da sempre sono state esercitate, tradizioni citate perfino dal poeta Renato Fucini nel racconto Il Matto delle Giuncaie” .

 

La Regione Toscana, a seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato, ha chiesto d'urgenza un parere aggiuntivo all'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) rispetto alla possibilità di ripristinare le giornate di caccia tolte dal provvedimento giudiziario.

“Il problema – spiega il sindaco Spinelli – è che ancora una volta i cacciatori rischiano di finire nelle pastoie burocratiche dei vari enti nazionali che arriveranno a pronunciarsi quando la stagione venatoria in Toscana sarà già conclusa. Per questo chiedo che la Regione cerchi tutte le strade possibili. Non è una questione di essere favorevoli o contrari alla caccia, qui si tratta soltanto di non cancellare alcuni diritti acquisiti dai cacciatori cambiando le regole in corsa”.
29/12/2018 15.19

Legambiente non ha gradito ed ha diffuso questo comunicato:

https://www.gonews.it/2019/01/04/caccia-legambiente-spinelli-fucecchio-chiusura/

Pronta la replica di Spinelli che ha rilasciato questa dichiarazione:

https://www.gonews.it/2019/01/05/padule-fucecchio-sindaco-spinelli-difende-le-proprie-posizioni-caccia-rifiuti/

 

AIW - In merito al recente incidente automobilistico che ha coinvolto un branco di cinghiali e provocato un morto.

Oggi in Italia sono quattro le specie animali che creano problemi o fatto morti (quello dei cinghiali dell'altro giorno non è il primo caso, anche se spesso la stampa - quasi tutta filo animalista - ha sempre relegato le notizie in cronaca locale!) e che altri ne faranno ancora: cinghiali, cervi, caprioli e, - perché lasciarli fuori dalla lista? - lupi. Tutte specie in grande accrescimento numerico proprio perché, in un modo o nell'altro, favorite dall'uomo. Quindi è l'uomo che deve provvedere a contingentarle se vuole evitare, da un lato altri morti e dall'altro di pagare milioni di euro di danni (ne sanno qualcosa gli agricoltori e gli allevatori!). Purtroppo per gli animalisti, è proprio riducendo il numero di questi animali che li si protegge in quanto specie e in quanto popolazioni animali con diritto di continuare a vivere nei nostri boschi e nelle nostre montagne. Se non l'odio, almeno l'insofferenza, verso questi animali non lo si evita proteggendoli irragionevolmente, ma limitando il loro numero alla capacità di sopportazione ambientale; un equilibrio che l'uomo ha rotto e che l'uomo deve artificialmente ricreare e/o mantenere.

Murialdo, 5 Gennaio 2019 Franco Zunino
Segretario Generale AIW

AIW - I SIC: difesa democratica della Natura o vincoli imposti e vessatori?

Un paese malato di burocrazia e con una democrazia mai compiuta, era ovvio che finisse per coinvolgere anche l'ambientalismo e la cosiddetta conservazione della Natura. I SIC (ovvero le aree protette più antidemocratiche del mondo intero!) in Italia sono ben 2.332. Ora il nuovo Ministro dell'Ambiente si è premurato di comunicare di averne trasformato 1.889 in ZSC (Zone Speciali di Conservazione), mentre altri 612 sono ZPS (Zone di Protezione Speciale). Ma non è solo qui: 335 sono considerati di tipo C, ovvero SIC/ZPS coincidenti con ZPS (Zona di Protezione Speciale)! Chi ci capisce è bravo! Resta comunque il fatto che sono stati sottoposti a vincoli vessatori tutta una serie di zone e territori SENZA CHE MAI SIA STATO RICHIESTO UN CONSENSO AI COMUNI E TANTO MENO AI PROPRIETARI DEI SUOLI! E' questa l'Europa che volevamo? In America, dove la conservazione della natura è veramente cosa seria, non sarebbe MAI stato permesso! Non "Stati Uniti d'Europa", bensì, appunto, "Unione Europea", un termine che ricorda ben altra "democrazia"! E' con questo metodo che in Italia si pensa di difendere la Natura; solo che dopo 100 anni dai primi Parchi Nazionali istituiti con lo stesso metodo siamo ancora qui a batterci e a confrontarci con/contro le popolazioni locali per...salvarli!

Murialdo, 5 Gennaio 2019

Franco Zunino
Segretario Generale AIW

Il Primo Gallo

Il bosco ampio e ombroso dell’alta montagna, tappezzato di mirtillo e rododendro, di ginepri contorti o larici lievi come ballerine, nasconde molti tesori faunistici, ed uno dei più preziosi è lui, il diavolo nero, il gallo forcello altresì chiamato fagiano di monte.
 
Testo e foto di Alessandro Bassignana
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La natura l’ha vestito d’un piumaggio unico, straordinario, nero bluastro quale fosse il mantello d’un mago, che però quando si distende ed apre le solide ali appare ancor più affascinante, con il bianco delle piume del sottocoda che spiccano come fosse la candida camicia di seta bianca sotto lo smoking d’un gentleman inglese, e il rosso carminio delle caruncole il suo splendido fiore all’occhiello.
Cacciarlo vuol dire innamorarsene, di uno di quegli amori che poi ti durano tutta una vita, non s’attenuano mai, semmai tornano prepotenti a galla quando sei lontano da loro, nel tempo o nello spazio.
Sarà per l’ambiente in cui vive, o forse per la difficoltà della sua caccia, ma quando si ha la fortuna di vederne uno frullare avanti al proprio cane in ferma è un tumulto d’emozioni, una raffica di flash che ti si stampano così bene nella mente tanto da ricordare ogni singolo forcello, anche a distanza d’anni.
Così è stato per me, a partire da quando, poco più che bambino, mio padre me ne raccontava.
Non che lui fosse uno specialista, al contrario in montagna ci andava molto poco, ma in quei tempi era ancora possibile cacciare tanto in pianura che in montagna e dunque qualche…puntatina in Paradiso la fece pure lui, accompagnato dal formidabile spinone Blek che certo era più abituato a beccacce e fagiani di pianura, ma seppe comunque fare dignitosa figura anche tra larici, ontani e rododendri.
Sulle Alpi Piemontesi il gallo è sempre stato ben diffuso, a partire da quei contrafforti montuosi che separano la regione subalpina dalla marittima Liguria e, via via snodandosi, lungo quell’arco di vette appuntite che confina anche con Francia, Valle d’Aosta, Svizzera e poi Lombardia, anche se lì più che altro si tratta di una prosecuzione.
Si tratta di un “recesso glaciale”, tanto che ad altre latitudini vive in pianura, mentre da noi lo si trova in zone di media e alta montagna, mediamente tra i 1.400 e i 2.200 metri, dove pini e larici lasciano il posto a muschi e licheni. L’ambiente è magico, e inoltrarsi tra mughi e mirtilli, o cercarlo all’ombra d’un contorto ginepro, è esperienza indimenticabile. Sempre!
Ancora ricordo del primo che abbattei, poco meno di una ventina d’anni fa alla mia seconda stagione alpina.
Ero andato con tre amici, due dei quali avevano con sé l’ausiliare:  breton l’uno e setter gordon l’altro, mentre io ero accompagnato da uno splendido ausiliare francese, Asterix un epagneul breton dotato di un fondo inesauribile e accanito cacciatore di ogni tipo di selvatico.
Si cacciava in Alta Val Chisone, a Pragelato comune che qualche anno dopo ospitò numerose gare dei giochi olimpici di Torino 2006.
Quei posti li conoscevo come le mie tasche, anche perché mio padre affittava casa lì dalla fine degli anni settanta, e sapevo bene come vi fosse una discreta presenza di galli forcelli, con alcune covate che ogni anno si ripetevano più o meno negli stessi posti.
Uscendo in addestramento con Asterix avevo fatto diversi incontri, anche di giovani, ma si sa che quando poi inizia la stagione tutto cambia, e quei selvatici che sino al mercoledì erano in quell’angolo del bosco ora non li trovi più, nemmeno se setacci l’area palmo a palmo.
E così fu anche quel giorno, tanto che dopo alcune ore di inutili ricerche stavamo ormai pensando di cambiare posto; i cani avevano battuto ogni angolo potesse offrire rifugio ai fagiani di monte, ma senza risultato se non quello di far correre numerosi caprioli che, purtroppo inseguivano sfiancandosi. Del prezioso “diavolo nero” nulla.
Un ultimo tentativo andava fatto, esplorando un‘area che sormontava un piccolo rimboschimento, protetto da una pericolosa recinzione di fili metallici, dove non era consentito entrare e nemmeno cacciare; normalmente cercavo d’evitarla perché capitava i cani ignorassero il divieto, e allora diventava problematico recuperarli, oltre al rischio che si ferissero tentando di superarla.
Il terreno era piuttosto difficile, perché dal solito cespugliame di rododendri e mirtilli spuntavano pietre e piccole rocce che rendevano disagevole il procedere. 
Eravamo a 2.200 metri d’altezza, limite estremo per trovare l’habitat ideale per il Lyrurus Tetrix, nome che al gallo forcello attribuì lo scienziato svedese Carl Nilsson Linnaeus, al secolo Linneo; oltre saremmo entrati nelle praterie alpine e gli sfasciumi di granito, regno dei camosci…
Asterix mostrò subito irrequietezza, cogliendo emanazioni sul terreno, mentre io ero piuttosto indietro rispetto allo scatenato folletto francese e così accelerai il passo per non perderne il contatto visivo.
Il cane scomparve rimontando un pendio piuttosto ripido tra mughi e larici per poi rallentare e bloccarsi.
Dal punto in cui mi trovavo sarebbe stato difficile salire a servirlo, anche perché avrei dovuto tenermi pronto a sparare se i selvatici fossero frullati improvvisamente. Mi spostai di lato cercando una posizione che m’offrisse buona visibilità e nel contempo per capire come raggiungere Asterix, ma tutto fu inutile perché i galli ci avevano sentiti e partirono avanti al breton.
Fortuna vuole che lui, pur correttissimo e dotato di solida ferma, così come altri soggetti della sua razza facevano sulla lepre avesse preso l’abitudine di dare un abbaio rabbioso di fronte all’animale che gli si sottraeva improvvisa.
Lo scagno mi mise in allarme e subito alzai lo sguardo verso il cielo appena in tempo per vedere una coppia di giovani galli che sfrecciava sopra le cime dei larici. 
La fucilata fu d’istinto, con una rapidissima torsione del busto che ora certo non mi riuscirebbe più, e lo sciame di pallini avvolse uno dei forcelli che chiuse le sue ali precipitando al suolo.
La velocità del volo fece precipitare il fagiano molto più in basso rispetto a dov’ero io, e Asterix lo recuperò proprio accanto alla recinzione del rimboschimento.
Quando tornò con il forcello, un giovane dell’anno, delicatamente tenuto in bocca, provai una fortissima emozione e subito capii che quella caccia sarebbe stata la grande passione venatoria della mia vita.
Ora Asterix non c’è più e caccio con due setter: Marilyn e suo figlio Lemon, formidabile cane da forcelli; da quel giorno ho abbattuto altri fagiani e tanti di più li ho mancati, alcuni con incredibili…padelle, ma tutte le volte che il cane mi porta un selvatico dal piumaggio nero bluastro, con coda a lira e sottocoda bianco, per me è come tornare a quel giorno. Al mio primo gallo.
 
 
 
 
Il gallo forcello
 
Presente in tutto l'arco alpino, è il più elegante dei tetraonidi di montagna con la livrea nero-blu lucente dei maschi che contrasto con le penne bianche di sottocoda e sottoala, quasi fosse in smoking; ad ornare tutto la caruncola rosso vivo sopra l'occhio. La femmina invece ha piumaggio screziato di bruno, di grigio e di nero, mimetica col sottobosco, cosa molto utile nel periodo riproduttivo.
Lo si trova dagli 800 metri fino ai 2000/2200, limite della vegetazione arborea, ma predilige la fascia del limite superiore delle conifere, tra i 1500 e i 1700 metri, tra i mughi, i rododendri, i larici e gli ontani.
Il nome scientifico è Tetrao tetrix, ma anche Lyrurus tetrix.
Il nome tetrao deriva dal greco, e significa “che schiamazza”, per i versi che fa nelle parate amorose; tetrix ha le stesse origini, era il nome dato ad un uccello, mentre Lyrurus significa “con la coda a forma di lira”.
Grosso più o meno come un fagiano comune ha un peso medio di 1100/1250 g. per i maschi e 750/900 g. per le femmine.
 
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Fucili e cartucce
 
Per insidiare il forcello, selvatico pregiatissimo, è bene evitare le mode dei piccoli calibri, utilizzando un 12 o un 20. Il maschio, si caccia solo quello, è uccello molto veloce capace di reggere bene le fucilate protetto com’è da un piumaggio che sui monti infoltisce in fretta; sarebbe un crimine ferirlo senza poterlo recuperare.
Per quel tipo di caccia si usano quasi esclusivamente il sovrapposto o la classica doppietta, quasi mai il semiautomatico. Canne da 66 sino a 71 e strozzature adeguate, tenendo presente che può capitare il tiro improvviso nel bosco, ma anche quello lungo all’uccello lanciato verso valle. Le due classiche combinazioni *** e * oppure **** e **.
Per quanto concerne e munizioni serve piombo (o acciaio dove richiesto dalla legge!) di numerazione adeguata, sparando 36/38 grammi. Io uso in prima canna un 6 borra feltro, ma scendo al 5 con l’avanzare della stagione, mentre in seconda un 4 con contenitore. 
 

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