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Benelli e Fiocchi: accoppiata vincente per l’Ethos 28 Magnum 2 parte

  • Pubblicato in Armi

La posizione è strategica, ci troviamo nel corridoio che divide due faunistico venatorie dove dormono migliaia di colombi. Quando questi escono per recarsi in pastura, teoricamente dovrebbero passare dalle nostre parti e noi avremo la possibilità di tentare il tiro. Alle nostre spalle, uno splendido bosco di latifoglie mediterranee, con sulla sommità un gruppo di altissimi pini. Una specie di paradiso per colombacci, ricco di ghiande, edera e vischio, tutte fruttificazioni molto appetite dai colombacci e con i pini, appollo sempre gradito, posto in posizione dominante. Che sia un buon posto lo capisco subito, anche tralasciando la conformazione orografica. Infatti, mentre cerco di mimetizzarmi al meglio noto diverse spennate e un buon numero di bossoli, segno che lì attorno sono stati abbattuti colombi ed è sicuramente passato qualche incivile. Finalmente sfodero e carico, per l’occasione ho montato sull’arma uno strozzatore una stella e inserisco 3 delle nostre Fiocchi Magnum, una in canna e due a seguire, predisponendomi all’attesa. La giornata è limpida e molto fredda, come testimonia la brina che ricopre il terreno, purtroppo la totale assenza di vento non promette bene, i colombacci veleggeranno sicuramente alti. Passa poco e vediamo i primi branchetti lasciare la riserva e sorvolare la valle. Siamo in quattro, io, mio fratello Diego, Alessio e Riccardo, tutti schierati giù per la vallata. Purtroppo i colombacci sembrano aver preso la direttrice che li porterà al sicuro nell’altra riserva, snobbando del tutto le nostre postazioni. Dopo un paio d’ore decisamente infruttuose decidiamo di spostarci e abbastanza sconsolati ci avviamo verso la macchina. Ci fermiamo a mangiare qualcosa e, proprio in quel momento, notiamo uno svolazzare sospetto nel canalone che si apre davanti a noi. Ecco dov’erano i colombacci…
Ci piazziamo sul bordo del canalone in modo da chiudere tutto il calanco, si tratta di una valle stretta percorsa da un rigagnolo d’acqua, quasi una ferita nel fianco della montagna.

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Fucile e cartuccia
Il Raffaello Ethos 28, con un peso che si aggira sui 2.400 grammi con canna da cm 65, rappresenta un carico sicuramente ridotto rispetto ai calibri superiori, ma che comunque, grazie agli ingegneri di casa Benelli, è perfettamente in grado di domare le notevoli quantità di moto prodotte dallo sparo di munizioni magnum. Infatti, presenta una particolare regolazione delle chiusure ed è dotato della calciatura che contiene tutti i sistemi di riduzione di rinculo e di rilevamento del sistema Progressive Comfort. Questa grande innovazione tecnologica, comparsa per la prima volta sui Raffaello Power Bore, ha avuto un tale successo da essere ovviamente riproposta sui modelli Raffaello Ethos 20 e infine sul Raffaello Ethos 28. Ovviamente il sistema è stato riprogettato ad ogni passaggio di calibro, perché una regola aurea di casa Benelli vuole che tutti i fucili che escono dallo stabilimento di Urbino siano progettati intorno alla cartuccia che devono camerare. Questo per dare sicuramente la giusta importanza all’estetica, ma soprattutto una questione funzionale, legata ai bilanciamenti delle masse, all’affidabilità e all’efficacia nella riduzione del rinculo.
Infatti, il Progressive Comfort dell’Ethos 28 riduce il picco della forza di rinculo sia con i caricamenti a basse che ad alta energia, niente a che vedere con un normale calciolo in poliuretano.

Benelli e Fiocchi: accoppiata vincente per l’Ethos 28 Magnum 1 parte

  • Pubblicato in Armi

Sono molto affezionato a queste due aziende, di cui sono un consumatore da tanti anni, così, quando ho avuto la possibilità di testare l’ultimo prodotto dell’ingegno dei progettisti di queste due eccellenze italiane non me la sono certo fatta scappare.

Realizzare il primo calibro 28 camerato in 76 mm era una sfida che soltanto Benelli poteva raccogliere con successo, e chi, meglio di Fiocchi poteva fornire una munizione all’altezza della situazione? La domanda ovviamente è retorica. Avevo letto e sentito molto su quest’arma, ma devo dire che non ero preparato alla sensazione che dà tenerlo in mano. Si tratta infatti di un fucile leggerissimo, eccezionalmente maneggevole, ottimamente bilanciato e, come deve essere un fucile Benelli, decisamente bello. Ma veniamo al nostro “test”, come provare adeguatamente un’accoppiata di questo genere? Intendo fucile e munizioni magnum? Sicuramente facendogli affrontare uno dei selvatici più impegnativi, nellecondizioni climatiche peggiori, ovvero metterlo a confronto con i colombacci invernali.

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Capita quindi a fagiolo l’invito da parte di due amici, Alessio e Riccardo, a recarci a Siena per cercare di insidiare qualche uccello blu. La terra del Palio, infatti, con le sue sconfinate distese di boschi di querce, è una delle località di svernamento preferite del colombaccio. Questo perché le foreste di querce vogliono dire rifugio per le ore notturne e una riserva quasi inesauribile di ghiande, oltre ad una coma base di appoggio per raggiungere le stoppie e le semine poste nelle vicinanze e che sono così importanti per l’alimentazione invernale di un gran numero di selvatici. Pensate, l’interramento precoce delle stoppie, per molti, potrebbe essere, insieme ai pesticidi e al proliferare degli storni, una delle cause del declino del passero. Il colombaccio, invece, sembra godere di ottima salute, infatti, popola ogni anno più numeroso la nostra penisola, tanto che praticamente ovunque è divenuto una presenza fissa, che dimora nelle nostre campagne per 365 giorni all’anno. Questa presenza ovviamente si infittisce in alcuni periodi dell’anno, ovvero nei periodi di passo e ripasso e durante lo svernamento. In questi periodi, ai contingenti stanziali si uniscono quelli in transito, e nei mesi invernali, quelli che scelgono il nostro paese per attendere la fine del freddo nei loro territori di nidificazione. Il nostro calendario venatorio ci dà la possibilità di cacciare i colombacci sia durante il passo ottobrino che per tutto il proseguire della stagione, che si concluderà col 31 gennaio, che in alcune regioni può diventare anche il 7-10 febbraio. La nostra uscita, si svolge nei giorni che precedono il Natale, in una fredda ma limpida giornata di sole. L’appuntamento è per un’ora più che affrontabile, infatti, arriviamo sul luogo di caccia che il sole è già sorto da un pezzo. Posteggiata l’auto su un crinalino occupato da un agriturismo, ci avviamo per una strada sterrata che, dopo poco più di un chilometro, ci conduce in una grande tagliata che digrada in una larga vallata tenuta prato.

ARCI Caccia Puglia: Provocazioni anticaccia…che noia!

In merito alla proposta di VAS di vietare la caccia a 500 mt dalla costa marina il Presidente Regionale dell’ARCI Caccia della Puglia, avv. Giuseppe De Bartolomeo ha dichiarato:

“Il tema del divieto di caccia a 500 metri dalla costa marina, affrontato con tanto di documenti inviati alle autorità competenti, sostenuti dall’ARCI Caccia con condivisione unanime del Gruppo dirigente regionale e nazionale è stato proposto da anticaccia di professione con toni intimidatori e infuocati che non fanno “calore”.

Il nostro dissenso è totale e continueremo esprimerlo in tutte le sedi.

Ribadiamo che agiremo anche legalmente contro quanti si propongono disonestamente di abbinare il bracconaggio all’attività venatoria o di incolpare i cacciatori di responsabilità inesistenti quale quella degli incendi boschivi, vergognose diffamazioni.

Invitiamo le altre Associazioni Venatorie nazionali riconosciute a coordinare unitariamente le azioni per sconfiggere le provocazioni in essere, anche con attività comuni di lotta al bracconaggio sotto la direzione dei Carabinieri Forestali così da dimostrare concretamente chi fa “chiacchiere” e chi i fatti.

Ai toni, talvolta intimidatori dei sacerdoti dell’animalismo anticaccia, rispondiamo con la pacatezza della ragione e della normativa. La legge in vigore così recita:

Articolo 1 legge 157/92: diversamente da quanto affermato da VAS, l’articolo 1 comma 5 stabilisce che le regioni devono istituire zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna. La Regione Puglia ha istituito, da molti anni, numerose zone di protezione lungo le rotte di migrazione, sotto vari istituti. Su questo punto non vi è alcuna benché minima mancanza da parte della Regione Puglia, e ancora meno alcuna inadempienza riguardo la Direttiva 147/2009/CE.

Articolo 21 comma 2 legge 157/92: questo articolo prevede che scatti il divieto di caccia a 500 metri dal mare, solo nel caso in cui le regioni non abbiano istituito zone di protezione lungo le rotte di migrazione. La Regione Puglia ha istituito un numero elevatissimo di aree sottoposte a protezione, che limitano lo svolgimento dell’attività venatoria agli uccelli acquatici, sebbene consentita dalla legge.

Il resto è noia di cui si alimentano gli anticaccia.

Invitiamo le donne e gli uomini di buon senso e buona volontà ad isolare “provocazioni” e “provocatori” che nulla hanno a che fare con i problemi reali dei cittadini della nostra Regione e con la tutela e la valorizzazione dei beni naturali e paesaggistici della Puglia.

L’Europa non ascolti le parole di chi la chiama in causa perché vuole denigrare la nostra Patria”.

Liguria: il governo attacca le 5 giornate alla migratoria

Non c'è pace per i cacciatori liguri. Dopo un esposto presentato dalle associazioni animaliste, il governo ha deviso di impugnare la legge 29 nella parte che concedeva 5 giornate di caccia alla migratoria per settimana nei periodi di ottobre e novembre.

http://www.sanremonews.it/2019/02/27/leggi-notizia/argomenti/altre-notizie/articolo/caccia-e-pesca-il-governo-impugna-parti-della-legge-292018-della-regione-liguria.html

 

A caccia di acquatici nella Maremma Laziale 3 parte

A caccia di acquatici nella Maremma Laziale
Testo e foto di Paolo Bocchini

Una tipologia di caccia praticata ampiamente in toscana, ma anche sul litorale della maremma laziale ha trovato molti estimatori fino agli anni 80: la caccia in mare con la barca o pattino.
Nel periodo di ripasso era comune vedere al largo, a qualche centinaio di metri dalla battigia, le barchette circondate da cannucce di palude, stuoini di canna o occultate da vegetazione e circondate da centinaia di stampi.
Erano proprio i barchini a dare inizio alle raffiche di colpi che preannunciavano il passaggio dei branchi di anatre in migrazione.

Oggi, nel tratto di costa della Maremma Laziale, le cose sono molto cambiate.
Le zone umide presenti e abbondanti fino agli anni ’50 sono scomparse. L’antropizzazione della linea di costa ha determinato una riduzione progressiva di presenze di uccelli migratori.
Anche il passo autunnale pare essere cambiato e per diversi motivi concomitanti: carenza di habitat per gli uccelli acquatici, modifiche al clima che tengono sempre di più a latitudini settentrionali i contingenti dei migratori, parco mania dilagante, ma anche la ormai diffusissima pasturazione delle grandi valli venete che tengono ferme centinaia di migliaia di anatre, ma queste sono alcune delle variabili che incidono sulla caccia dei giorni nostri.

Fino a dieci anni fa si aveva la percezione del passo.
Tra ottobre e novembre, quando iniziavano a soffiare i venti dal quadrante nord, sul mare si poteva assistere a spettacoli eccezionali.
Ogni tipo di uccello acquatico e non transitava lungo la battigia per spostarsi verso sud.
I cacciatori specializzati nella caccia in mare riuscivano a fare bei bottini di anatidi.
Oggi purtroppo la tramontana tesa sembra scomparsa.
Lungo la spiaggia sono pochissimi i posti dove si può cacciare: campeggi, chioschi, strade fino a riva al mare, pescatori senza rispetto per i cacciatori, ma anche normative della capitaneria di porto che limitano di molto anche la caccia sulla spiaggia costringe i cacciatori a trovare alternative nell’entroterra o lungo i corsi d’acqua.
Le tante difficoltà che si incontrano il più delle volte fanno passare la voglia a chi vuole cimentarsi in questa difficile arte.

Al giorno d’oggi l’impianto degli appostamenti fissi è quello che rende maggiormente in termini di catture, i gestori e titolari di questi piccoli gioielli dell’ambiente spesso riescono a vivere belle giornate di caccia così da essere ripagati dai tanti sacrifici, in termini di tempo e denaro, che compiono durante l’interno anno e non solo per i quattro mesi di caccia aperta.
L’amministrazione pubblica dovrebbe ampliare la possibilità di creare questi appostamenti, soprattutto perché sono fonte di reale biodiversità a costo zero per lo stato, e non come le oasi, ambienti cristallizzati e non fruibili da nessuno che costano milioni di euro l’anno.

I cacciatori di acquatici della maremma laziale sono costretti ad una forzata specializzazione, dedicandosi per la maggior parte dei casi solo a questa tipologia di caccia.
In questo modo si riesce ad avere risultati accettabili anche se i “tempi” sono molto cambiati rispetto gli anni in cui la generazione dei nostri padri o nonni frequentava questo litorale.
Ormai belle cacciate si riescono a fare quasi esclusivamente quando arrivano i grandi freddi siberiani che fanno scendere le temperature abbondantemente sotto lo zero e costringono le anatre a spostarsi.
La migrazione post nuziale pare che sia stata soppiantata dagli spostamenti erratici degli uccelli in cerca di quelle sostanze trofiche che il ghiaccio non gli permette di reperire al nord Europa/Italia.
Ormai siamo costretti a monitorare costantemente tutti i bollettini meteo, o i siti web specializzati, invocando un freddo e la tramontana che ormai sempre più raramente si affaccia sulla costa tirrenica.

Ma cerchiamo di essere ottimisti e fiduciosi: continueremo a sognare i branchi di anatre in arrivo sui nostri giochi, ma qualche volta il sogno diventa realtà e tutte le delusioni vengono cancellate immediatamente.
Spesso si rimpiange il passato venatorio, ma occorre a tutti i costi impegnarsi affinché il futuro nostro e dei nostri figli ci regali ancora quelle giornate eccezionali trascorse nella Maremma Laziale dei nostri padri.

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