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Cacciando.com

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I cinque stelle litigano sulla caccia

Continua la lite nel Movimento 5 stelle sui temi venatori. Oggetto del contendere la proposta di modifica della 157/92 che inserisce i cacciatori, al fianco degli organi di vigilanza tra gli attori degli interventi di controllo; proposta portata in commissione agricoltura dall'onorevole Gallinella, esponente pentastellato. Subito si è alzata la gazzarra animalista che ha gridato alla caccia tutto l'anno, mentre invece, il controllo non ha niente a che vedere con la caccia. Anche nel partito dell'onorevole Gallinella si è accesa la battaglia tra talebani e responsabili, probabilmente più consci della situazione. L'emendamento, infatti, mira a sbloccare definitivamente l'apporto dei cacciatori agli interventi di controllo, che se bloccato, priverebbe l'esercito in guerra con cinghiali ed altri ungulati, di migliaia di effettivi, oltretutto di quelli che lavorano gratis.

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/03/13/caos-caccia-irritazione_C2rPuRnVAJmZN5ULDEXsWJ.html

 

 

Clima: tra siccità al nord e alluvioni al sud

Questo inverno si è contraddistinto per la scarsità di precipitazioni. Le poche perturbazioni hanno flagellato il Sud lasciando a secco il settentrione. E mentre il Po ha livelli che di solito raggiunge durante la stagione estiva, occorre prepararsi ad una stagione estiva che si preannuncia rovente.

https://www.repubblica.it/ambiente/2019/03/10/news/siccita_al_nord_tempeste_al_sud_abbiamo_stravolto_il_clima-221216821/

Lupo: in Veneto 196 predazioni accertate e danni per 168 mila euro nel 2018. Assessore Pan, “urge piano nazionale di gestione del grande carnivoro”  

(AVN) – Venezia, 8 marzo 2019

 

Nel corso del 2018 il lupo in Veneto ha ucciso 400 capi di bestiame e ne ha feriti 50. Le prede preferite sono state pecore e capre (282 capi tra morti e feriti), seguiti dai bovini (125 capi tra morti e feriti) e dagli asini (33 capi). Altri 125 capi risultano dispersi a causa degli assalti del grande predatore. Complessivamente nel 2018 sono stati accertati 196 eventi di predazione da lupo; nel 2017 erano state 176.

Il valore economico delle predazioni accertate nel 2018 e avviate a liquidazione ammonta a 168.047 euro: per il 66 per cento dei casi il danno quantificato è inferiore ai mille euro; per il 28,4% si attesta tra i mille e i 2 mila euro; nel 5,3 per cento dei casi supera i 2 mila euro.

 

I territori provinciali più colpiti sono quelli di Vicenza e Verona, rispettivamente con 91 e 48 eventi di predazione accertati, seguiti da Belluno con 46 e Treviso con 11. Agli allevatori vicentini sono stati riconosciuti 87 mila euro di indennizzi tra danni diretti e indiretti, a quelli veronesi poco più di 37 mila euro, ai bellunesi circa 28 mila euro e ai trevigiani 5.100 euro.

 

È quanto emerge dal documento di sintesi dei dati riepilogativi sugli accertamenti di predazione e sugli indennizzi erogati dalla Regione per predazioni da grandi carnivori nell’anno 2018, di prossima pubblicazione sul BUR.

 

“A quasi tutte le istanze pervenute la Regione ha assicurato un indennizzo certo– commenta l’assessore regionale all’agricoltura Giuseppe Pan – Rispetto agli anni scorsi abbiamo cercato di accelerare al massimo le istruttorie di accertamento, quantificazione del danno e liquidazione risarcitoria, dando esecuzione a tutte le pratiche in corso. Ma l’azione riparativa della Regione nei confronti dei danni subiti dagli allevatori rappresenta solo una risposta parziale e insufficiente al problema della difficile convivenza tra la presenza predatoria di un grande carnivoro, come il lupo, e le produzioni zootecniche”.

 

“Ho inviato al ministro per l’Ambiente e ai colleghi della Commissione per le politiche agricole della Conferenza delle Regioni il riepilogo delle predazioni accertate negli ultimi due anni in Veneto e dei danni liquidati dalla Regione – informa Pan – per tornare a sollecitare la riapertura del confronto nazionale sul piano di gestione della presenza del lupo, in particolare nelle aree in quota tradizionalmente vocate alla pastorizia e all’allevamento. L’incremento del numero di attacchi e dei valori economici delle perdite subite deve imporre una rivisitazione complessiva delle strategie di prevenzione e contenimento della presenza del lupo, almeno nelle aree antropizzate e ad alta densità di allevamento”.

 

Capanno: Un'annata anomala 2 parte

Dal diario 2018

Domenica 21 ottobre

Dopo una serie infinita di giorni di tramontana tesa, che sul crinale dell’Appennino Toscano sono assolutamente deleterie, finalmente, ieri il vento ha cominciato a calare e mutare direzione. Le previsioni del tempo lo avevano annunciato e tutti aspettavamo con ansia. Ieri mattina c’era stato un bel movimento, una di quelle mattine di passo in cui non si vede molto nelle prime ore e tutto d’un tratto, ecco che arrivano, continuando a passare fino a mattinata inoltrata. Segno inequivocabile che, dopo un periodo di passo fermo finalmente la situazione comincia a sbloccarsi. Purtroppo, devo basarmi sui racconti degli amici, perché, causa impegni lavorativi, ho dovuto lasciare l’appostamento molto presto. Domenica mattina, quindi, pieno di fiducia mi reco all’appostamento con richiami e cane. Arrivo naturalmente quando è ancora buio e, scaricata l’attrezzatura, apro il capanno per riporre all’interno fucili, munizioni e il cane. Visto che è presto, approfitto per svolgere le pratiche burocratiche. Quest’anno ho voluto provare il tesserino elettronico, quindi la marcatura è un’incombenza decisamente veloce, basta aprire la giornata con l’applicazione sul telefonino ed il gioco è fatto. Ma con i fogli non è finita, infatti, per il secondo anno di fila ho deciso di aderire al monitoraggio dei carnieri degli appostamenti fissi promosso dalla Regione Toscana e quindi devo aggiornare anche questo registro, un sacrificio modesto per aiutare la scienza. L’alba si avvicina e quindi mi affretto ad appendere i richiami, ognuno al suo posto, guai cambiare una volta trovata la posizione gradita al nostro piccolo amico. Generalmente attacco i merli, 2-3, più lontani possibile e in una posizione in cui non si vedono l’uno con l’altro. I tordi cerco di metterli più in alto, riservando i posti con più visuale agli zirli, che devono avvertirci per tempo dell’arrivo dei consimili. Rientro nel capanno e carico le armi. La dotazione usuale è fatta da 3 fucili, un combinato .410/8, un sovrapposto calibro 28 e un semiautomatico calibro 12.

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Da due tre anni, uso in modo massiccio le silenziate, munizioni subsoniche che associano ad una buona efficacia una bassissima rumorosità. Ormai le ho provate tutte, sia in calibro .410 che 28, e il livello di eccellenza raggiunto è davvero eccezionale anche se fra tutte svettano tre case: Fiocchi, Cheddite e Danesi. Finalmente arriva l’alba di una bellissima giornata, con assenza di vento e un orizzonte sgombro da nubi. Una di quelle mattinate limpide come possiamo avere solo dopo una forte pioggia o alla fine, come in questo caso, di un periodo di forte tramontana. Piano piano il sole comincia a far capolino, e la luce aumenta in direzione del Passo della Collina, segno che tra poco sarà giorno davvero. Gli uccelli cominciano a cantare e, come sempre, è il merlo vecchio ad aprire le danze, seguito dal tordo strano che mi ha dato Francesco Pasquinelli uccellaio che abita a cavallo delle Province di Pistoia e Pescia. Si tratta di un soggetto curioso che, oltre a emettere il canto primaverile del tordo bottaccio, se ne esce ogni tanto con quello del tordo sassello. Poi, piano piano, a seguire arrivano tutti gli altri, finché l’orchestra suona al completo. Non è ancora completamente giorno, quando due bei merli vengono a farmi visita. Stamattina non sono solo nel capanno, quindi ci scappa una bella coppiola. La mattinata continua così, con le catture che si susseguono regolari, tanto che alla fine il carniere è di tutto rispetto. Quest’anno è la prima volta che ci scappa la quota, era ora…

Capanno: Un'annata anomala 1 parte

Mentre mi accingo a scrivervi, ottobre sta volgendo al termine. Un ottobre strano quello 2018, con temperature più settembrine che veramente autunnali, tanto che anche nella mia Toscana la stagione balneare si è protratta ben più del consueto. Un clima, quindi, di sicuro non propizio per il transito dei migratori, che infatti hanno fatto disperare tutti gli appassionati.
Gli esordi della stagione
I miei posti di caccia sono relativamente vicino alla mia abitazione. Non sono uno a cui piace fare chilometri e chilometri per andare a caccia, ogni tanto va bene, magari per fare una zingarata fra amici ma, nel continuo, sono piuttosto abitudinario. Questo, essenzialmente per due motivi: punto primo perché penso che migliore è la conoscenza del territorio e migliori sono le opportunità che avremo di cacciare con soddisfazione e, secondo, a me piace molto cacciare nei luoghi in cui mi sono sempre mosso fin dall'infanzia. Luoghi che per me hanno una storia, in cui mi sono successe, mille cose, dove ogni albero e ogni pietra sono capaci di evocare ricordi. Questo tipo di atteggiamento sottintende che il cacciatore sia disponibile ad accettare quello che gli riserva la sorte, comprese le bizzarrie climatiche come quelle di questo ottobre.
Le mie prime uscite al capanno, come sempre, sono state accompagnate dall'entusiasmo per la nuova stagione e da una cronistoria favorevole che, negli scorsi anni, anche in un periodo acerbo per la migrazione aveva regalato qualche piccola soddisfazione. Anche perché cacciando sull'Appennino tosco-emiliano ad un’altitudine di 7-800 metri si poteva contare fu un discreto tesoretto di tordi e merli diciamo stanziali. Purtroppo, quest'anno è stato così, infatti, degli uccelli locali nemmeno l’ombra e, complici le elevate temperature presenti sulla nostra penisola e anche sul resto d'Europa, la migrazione e risultata pressoché assente. Tanto è vero che il primo weekend di passo vero, almeno dalle mie parti, si è avuto attorno al 20 di ottobre, in un’epoca in cui i tordi bottacci dovevano essere ormai agli sgoccioli.

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Roba da mettere alla prova anche il più convinto degli appassionati. Prova comunque superata a pieni voti dalla maggior parte di capannisti che conosco, perché, per smontarci, ci vuole ben altro. Questo perché, i due mesi scarsi a cui si riduce il passo, volendo metterci, oltre a quello di tordi i merli, anche quello di sasselli e cesene non sono che una minima parte di questa caccia. Per il capannista, infatti, il lavoro non finisce mai: i richiami, infatti, vogliono essere accuditi 365 giorni all'anno e anche la cura dell’appostamento non si ferma mai, regolata com’è dal ciclo delle stagioni. La “piazza” al cui centro sorge il nostro capanno, infatti, è un piccolo giardino dove convivono essenze arboree e arbustive diverse che devono essere piegate da una mano sapiente in modo che risultino massimamente attrattive per gli uccelli, consentendo la massima visibilità al cacciatore. Per questo, finita la caccia, prima che le piante si risveglino, occorre intervenire con le necessarie potature, che poi potranno essere rifinite subito prima dell’apertura. Questo perché dovremo raggiungere il giusto compromesso tra una buona visibilità, che consenta di individuare immediatamente gli uccelli buttati e una pianta sufficientemente “infogliata” da risultare ancora attrattiva. Spesso, negli appostamenti vengono piantate essenze fruttifere a maturazione autunnale, i cachi per esempio, e anche queste hanno bisogno della giusta manutenzione. Anche l’erba del prato deve essere ben curata, per consentire un agevole recupero dei capi abbattuti e di individuare agevolmente gli uccelli che eventualmente decidessero di posarcisi. Tutto questo, richiede una cura costante durante il corso dell’anno, una bella fatica, ricompensata però dalla soddisfazione di vedere la tesa migliorare anno dopo anno. Anche i richiami hanno bisogno delle medesime attenzioni, infatti, dalla loro corretta detenzione dipende la loro salute, condizione basilare perché emettano il canto. Potrete tentare ogni tipo di accorgimento, ma se gli uccelli non saranno in perfetta forma sarà molto difficile che vadano in estro e che quindi emettano il canto di primavera. Quindi andranno puliti con frequenza, alimentati adeguatamente e tenuti in un luogo protetto, non troppo caldo in estate e non troppo freddo d’inverno, arieggiato ma privo di correnti d’aria e con un giusto tasso di umidità.
Un’agenda fitta, in grado di tenere occupato anche il più irrequieto dei cacciatori. Un lavoro che dà soddisfazione già di per sé, quando osserviamo l’appostamento finito e pronto per la battaglia o quando dal suo interno sentiamo, finalmente, i richiami emettere il loro canto melodioso. Queste sono le cose che riescono a mettere un capannista in pace col mondo. Certo, se poi si riuscisse anche a fare un po’ di carniere…

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