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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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OMICIDIO DI ALATRI: SEQUESTRATE LE ARMI AI PARENTI DELL' UCCISO

Dopo il drammatico omicidio di Alatri le forze dell'ordine hanno preso una decisione che sarà destinata a sollevare nuove polemiche: il sequestro delle armi alla famiglia di Emanuele Morganti.
Il ragazzo era cacciatore, e come lui i parenti, e così s'è pensato d'adottare un provvedimento previsto dalla normativa sulla detenzione delle armi, utilizzato in situazioni di conflittualità più comuni come le liti di vicinato. 
Voci di vendetta erano circolate nei giorni successivi all'omicidio, e già poche ore dopo la morte di Emanulele, il 27 marzo, erano iniziate  le ronde davanti alle abitazioni di Palmisani e Castagnacci, i due fratellastri indagati per l'atto crimoso.
In questo clima rovente a farne le spese i parenti del ragazzo ucciso, che così si sono visti sequestrare i fucili da caccia.
 
 

DATE DI MIGRAZIONE DEI TURDIDI. ISPRA MODIFICA LA SUA VALUTAZIONE

L’Istituto afferma di aver rivalutato la sua posizione in merito alla data di inizio della migrazione prenuziale di tordo e cesena posticipandola di dieci giorni. Un primo, parziale, passo nella direzione di una risoluzione dei contenziosi fra Stato e Regioni sui calendari venatori

Apprendiamo che Ispra ha modificato leggermente l’approccio sulla migrazione prenuziale delle due specie tordo bottaccio e cesena. Nei primi pareri alle Regioni, che richiamano una lettera al Ministero dell’Ambiente, l’Istituto afferma infatti che, a seguito di recenti analisi tecniche nell’ambito della procedura riguardante il previsto Atlante Europeo delle Migrazioni, le due specie iniziano lo spostamento pre nuziale nella terza decade di gennaio e non nella seconda, come oggi previsto nei dati Key Concept italiani, cioè con il posticipo di una decade.

Ispra afferma inoltre nella nota al Ministero che utilizzerà questa posizione nuova in tutti i pareri per le Regioni italiane riguardanti i calendari venatori della prossima stagione. L’Istituto propone dunque di chiudere la caccia ai turdidi il 20 gennaio e non più il 10, come avvenuto fino all’anno scorso, non riconoscendo la possibilità della decade di sovrapposizione, che è però una facoltà delle Regioni. Questo cambiamento può quindi offrire una parziale risoluzione dei contenziosi che si trascinano da sette anni, fra Regioni, Ministero, ISPRA, TAR e Associazioni Venatorie, e va nella direzione auspicata di una modifica dei KC italiani.

È evidente che le Regioni italiane che vorranno applicare la decade e ancor di più quelle in possesso di dati scientifici regionali potranno chiudere la caccia alle due specie al 31 gennaio. Non conosciamo i contenuti delle “analisi tecniche” che hanno portato a questo cambiamento, tuttavia i contenziosi attivati dalle Regioni e dalle Associazioni Venatorie, le conseguenti posizioni espresse dai TAR, nonché le ricerche e gli studi compiuti da FIdC, accompagnate dai contributi e dalla condivisione delle AAVV riunite in FENAVERI, e l’approccio tecnico scientifico hanno dato un primo favorevole risultato. Al momento in questo cambiamento di valutazione da parte di Ispra non è compresa la beccaccia, ma ci auguriamo e lavoreremo per modificare l’orientamento e il KC anche di questa specie. Auspichiamo anche che il processo di revisione dei dati continui, con l’utilizzo di tutte le fonti scientifiche disponibili.

L’on. Renata Briano, vicepresidente dell’Intergruppo Biodiversità, Caccia e Attività Rurali del Parlamento Europeo, ha così commentato: “Sono molto soddisfatta perché vengono premiate le Regioni che hanno sostenuto i propri calendari con studi scientifici e vengono parzialmente riconosciute le posizioni che tanti soggetti hanno sostenuto con convinzione. Sono le stesse posizioni che ho sempre portato avanti prima come assessore della Regione Liguria e poi come eurodeputata. L'Ispra ha finalmente compiuto un passo nella direzione che ho più volte auspicato insieme a tanti colleghi di Bruxelles. Il prossimo passo dovrà essere la modifica dei Key Concepts”.

Roma, 31 marzo 2017 – FENAVERI (Federcaccia –Enalcaccia, Arci Caccia, ANUUMigratoristi)

La mamma degli imbecilli è sempre gravida

Il branco l’ha ucciso, e così come i lupi sbranano le loro prede, quell’italicissimo gruppo di delinquenti cerebrolesi ha massacrato a calci e pugni un giovane ragazzo che voleva solo difendere la propria ragazza.
È successo la notte del 24 marzo nel Lazio, in Ciociaria, ad Alatri, un paesone del frusinate, che non è città ma nemmeno borgo, e dove la discoteca dovrebbe essere luogo di contatto, socializzazione tra giovani, festa, ed invece quella sera s’è trasformato in un feroce mattatoio
Lì una rissa per un futile e banale motivo ha scatenato una terrificante caccia all’uomo, con un ragazzo costretto a subire violenze inaudite ad opera di altri ragazzi ottenebrati dall’odio e forse anche dagli stupefacenti, e sembra aiutati dagli stessi i buttafuori del locale che probabilmente hanno infierito persino loro su quella povera carne divenuta quasi subito inerme e sanguinolenta.
Emanuele Morganti è morto così, martirizzato da bastardi all’ennesima potenza di cui non vale nemmeno la pena fare il nome, e che ora bisogna solo augurarsi marciscano in galera, senza quella pietà umana che loro non hanno minimamente concessa alla povera ed innocente vittima.
Droga, controllo del territorio, delinquenza di piccolo cabotaggio, tutto questo è l’humus nel quale si sono sviluppate le vite di quei balordi che hanno fatto squadra per picchiare, uccidere.
Non fosse bastato questo terribile ed inutile delitto a buttare altra legna sul fuoco sacro dell’indignazione s’è aggiunto il folle delirio di chi, sui social, ha attaccato la figura di Emanuele colpevole, pensate un po’…d’essere un cacciatore!
Gioire per la morte d’un essere umano è una nefandezza della peggior specie, ma farlo solo perché questi aveva una passione legittima, condivisa da milioni d’altre persone, diventa meritevole d’una condanna esemplare, perché non si può permettere che lui venga ucciso una seconda volta.
Un cacciatore in meno” s’è letto su alcuni gruppi o pagine Facebook vicine al mondo animalista e vegano più estremi, e che andrebbero immediatamente oscurate,  nemmeno se quel ragazzo in vita fosse stato un killer seriale, uno stupratore di minori o si fosse macchiato di crimini contro l’umanità!
Ho vissuto questo sconcio morale solo pochi mesi fa, quando un amico morì tragicamente durante una battuta di caccia, e si trattava di quel veterinario che i media avevano già massacrato l’anno prima per una foto scattata durante un safari africano ed estorta dal profilo Facebook.
Ma abbiamo affrontato lo stesso sconforto in tanti, ogni volta che una tragedia colpisce uno dei nostri, sollevando cori di giubilo nel mondo di quei fanatici idioti che antepongono alla vita d’un uomo quella d’un uccello, un pesce o un qualsivoglia mammifero.  
Emanuele era uno dei nostri, e Dio l’abbia in gloria per l’eternità, ma per la mamma degli imbecilli, sempre gravida, sarebbe il momento d’augurarsi che insterilisca. Per sempre!
 

Sentieri di Caccia aprile 2017

  • Pubblicato in Riviste
Sentieri di Caccia aprile 2017 (in edicola dal 28 marzo), in attesa del 30 marzo, giorno in cui i riflettori si poseranno nuovamente sul Piano lupo, si apre con le considerazioni dello zoologo Andrea Marsan sui contenuti del piano stesso e sulle criticità politiche e sociali nate intorno alla questione. 
Idee e progetti per migliorare la gestione della piccola selvaggina stanziale nelle regioni del centro-nord d’Italia è invece il tema affrontato dal tecnico faunistico Roberto Mazzoni della Stella: l'argomento era già stato affrontato sul numero di giugno del 2016 di Sentieri di Caccia; allora però, l'autore si era concentrato sulle regioni del sud del nostro Paese, mentre ora individua le azioni che sarebbe auspicabile mettere in campo per una migliore gestione della piccola selvaggina stanziale nelle regioni del centro-nord della nostra penisola.
Il racconto di Rosario Angelo Trimarchi, vincitore della terza edizione del concorso letterario “Caccia, passione e ricordi” indetto da Federcaccia Firenze, regala un momento di piacevole relax: è la storia di un’amicizia e di un modo di intendere la caccia d’altri tempi, che dà dell’attività venatoria un’immagine corretta e positiva, mostrandola come collante sociale, scuola di vita e di educazione, e non come mero esercizio di prelievo fine a se stesso.
L’impegno della caccia italiana per il sociale è evidenziato invece dall’iniziativa “Progetto Passioni” di cui Piero Regazzoni, intervistato dalla redazione, è la colonna portante, mentre ancora il lupo è protagonista, questa volta nelle note proposte dalla Confederazione cacciatori toscani. 
Nuovi metodi di addestramento del cane da ferma e come metterli in pratica è poi l’argomento affrontato da Rosssella Di Palma e dai cani da ferma si passa ai cani da seguita con il nostro Emanuele Nava, che propone alcune considerazioni in merito all’addestramento dei giovani segugi da indirizzare alla caccia alla lepre, attività che risulta essere da un lato lunga e impegnativa, ma dall’altro anche foriera di grandi gioie e soddisfazioni.
Lorena Tosi commenta invece la sentenza 3004/2016 del Consiglio di Stato che ha affrontato, sotto un profilo nuovo, il tema del rilascio e del rinnovo del porto d’armi in caso di sussistenza di procedimenti penali in corso, in relazione a reati gravi in materia di attività di impresa.
Di seguito Ivano Confortini prosegue con la descrizione dello stato e dell’evoluzione delle popolazioni di uccelli, sottoposte alla gestione faunistico-venatoria, così come desunto dal Rapporto nazionale (2008-2012) sull’applicazione della Direttiva europea 147/2009/CE (Direttiva Uccelli): questa volta è il turno di rallidi e limicoli. 
Gli appassionati beccacciai hanno invece un nuovo strumento per insidiare la regina: è il Beretta A400 Ultra Lite calibro 12, l’ultra leggero destinato al bosco e alla caccia alla beccaccia, testato da Simone Bertini che, insieme a Paolo Guerrucci e Alessandro Iacolina, illustra anche le caratteristiche e le potenzialità della Fiocchi linea Performance JK6 in calibro 20. 
Si conclude l’analisi della scelta del cane da cinghiale cominciata sul numero di marzo da Natale Francioso, che si è confrontato sul tema con esperti canai di diverse zone d’Italia, mentre Vittorio Taveggia ha messo sotto la lente il 270 Winchester, una delle camerature più diffuse sia nella patria di origine che nel Vecchio Continente; ed è così per ottime ragioni!
Torna la felice penna di Enrico Garelli Pachner che disegna la caccia al capriolo alla cerca come una vera palestra per i cacciatori di selezione: la capacità di saper variare le proprie azioni in base alle difficoltà, agli errori e alle sorprese che ogni azione di caccia può presentare, è infatti prerogativa indispensabile per il cacciatore che desideri evolversi tecnicamente, in particolare di fronte ad un avversario diffidente e imprevedibile come il capriolo in ambiente appenninico
Non mancano, infine, le vostre lettere, le vostre foto, news e attualità dal mondo della caccia.
A tutti buona lettura!

Beeper o non beeper...questo il dilemma!

Da qualche anno a questa parte una delle discussioni che più dividono gli amanti della caccia con il cane da ferma è quella sull’uso del beeper, quello che i francesi definiscono, e non senza ragioni, il… “sonaglio elettronico”. 
Ma cos’è questo “diabolico” strumento che da una ventina d’anni ha trovato diffusione tra migliaia d’appassionati beccacciai o di incalliti codaioli?
Noi cercheremo d’ analizzarne le principali caratteristiche, illustrando le ragioni che inducono gli uni a utilizzarlo e gli altri a demonizzarlo.
Il beeper trae il suo nome da quel segnale, per l’appunto il beep, che un congegno elettronico, generalmente posto al collo dei cani, emette a intervalli regolari tracciandone il percorso oppure facendosi udire quando setter, pointer, breton o bracchi sono fermi di fronte ad un selvatico. 
E così i boschi fitti delle pianure e i calanchi delle colline, oppure i lariceti d’alta montagna inframezzati da rododendri e ginepri, possono tranquillamente essere esplorati dai cani mentre i loro conduttori sono in grado di capire in ogni momento cosa stia facendo il proprio ausiliare. 
Il beeper in definitiva, come giustamente osservano i cugini d’oltralpe, assume quella stessa funzione che il cacciatore ha sempre delegato a campani, sonagli o bubboli, ma potendo essere comandato e sentito a grande distanza consente un maggior utilizzo e grande versatilità; se poi il cane è bloccato a ridosso d’una Regina, o d’un gallo forcello, mentre il campano ha cessato ogni tipo di suono e nulla ci dice sulla sua posizione, il nostro congegno ci offre invece la possibilità di individuarlo e di condurre rapidamente il cacciatore sul proprio ausiliare bloccato in ferma.
A questo punto vediamo d’affrontare un po’ meglio la questione, e proviamo a spiegare quali siano i vantaggi e quali le pecche di questo strumento.
Intanto è bene sgombrare il campo da alcuni equivoci che fanno sì che le opinioni sul beeper spesso accendano gli animi, spaccando i cacciatori tra coloro che l’amano e l’usano con soddisfazione e quelli che invece l’odiano e vorrebbero addirittura metterlo fuori legge.
Quaranta o cinquant’anni fa del beeper i cacciatori non sentivano affatto la necessità, anche perché il territorio era ben diverso da quello attuale e la consistenza di selvaggina nemmeno confrontabile con quella dei giorni nostri; negli anni sessanta, e fino all’inizio degli ottanta, l’agricoltura era ancora molto differente con rotazione di coltivazioni, campetti inframezzati da barriere, siepi e, dulcis in fundo, il tutto si realizzava senza quell’uso spropositato di diserbanti e anticrittogamici che ormai hanno distrutto tutta la microfauna di cui si nutriva la selvaggina stanziale. 
I selvatici trovavano rifugio e avevano alimentazione sufficiente, sopravvivevano alla stagione venatoria e si riproducevano in libertà consentendo ad ogni cacciatore incontri frequenti e ripetuti nella stessa giornata; gli stessi cani potevano effettuare una proficua azione di cerca senza allontanarsi di centinaia di metri dal cacciatore, e che fossero inglesi o continentali il discorso non cambiava un granché. 
Si cacciava la quaglia già a partire da fine agosto e poi fagiani e starne, allora piuttosto diffuse, sino a fine stagione mentre le beccacce erano selvaggina “residuale”, oppure riservata agli specialisti che ci si dedicavano ad essa a partire dai primi di novembre, dal “periodo dei morti” come dicevano i nostri vecchi, quando nel bosco tra profumi marcescenti e gli afrori di sottobosco, muschio e funghi comparivano le prime Regine.
Oh, sia ben inteso, le beccacce vi sono ancor oggi, e pure abbastanza numerose, ma sono forse uno degli ultimi veri selvatici rimasti al moderno nembrottino, rese scaltre e leggere dal fatto d’essere cacciate per tutto il loro ciclo migratorio e per questo anche molto più difficili da reperire, nascoste in boschi fitti e dove il cane deve esplorare grandi porzioni di terreno prima di reperirne l’usta.
Ed è proprio questo uno dei motivi che hanno reso così popolare il beeper: la possibilità d’avere cani che cercano lontano dal conduttore senza doversi preoccupare se con loro viene meno il collegamento visivo; la penuria di selvaggina ha portato poi a selezionare ausiliari che sviluppano l’azione di caccia secondo i principi della grande cerca, e ormai anche gli stessi continentali, un tempo considerati molto più “gestibili” degli inglesi, hanno acquisito dinamismo e velocità un tempo impensabili.
Certo, ancor oggi uno spinone allunga meno d’un pointer, e un bracco ispeziona meno terreno d’un setter, ma sappiamo tutti come le preferenze dei cacciatori si siano ormai indirizzate verso i cani inglesi, e in particolar modo il setter inglese, tanto che quest’ultimo risulta di gran lunga il più iscritto annualmente al registro ENCI, secondo solo tra le razze canine al popolarissimo pastore tedesco. 
Il beeper quindi offre al cacciatore la possibilità di arrivare a servire il proprio ausiliare pur se questo è molto lontano da lui, e consente al medesimo di spegnere a comando il dispositivo, evitando così che il selvatico, infastidito o spaventato da quel suono elettronico, possa tentar la fuga anzitempo.
In realtà la tecnologia offre ormai diverse soluzioni e, dopo i primi beeper che emettevano solo un suono acuto e innaturale, l’industria ha prodotto apparecchi che segnalano il cane in ferma con vibrazioni o una vasta gamma di suoni, compresi alcuni che simulano perfettamente il grido del falco, o d’altri rapaci, in modo da costringere il selvatico a restar a terra, nascosto tra erbe o arbusti per paura di finir…sotto le grinfie d’un predatore alato.  
Abbandoniamo un attimo il campo degli utilizzatori per riferire di quali siano le critiche di chi ostacola uso e diffusione del…sonaglio elettronico!
“E’ poco sportivo…” questo si sente dire dai detrattori, che spesso aggiungono la frasetta tipica di chi cerca sempre d’ergersi a…cacciatore migliore degli altri: “…e non è nemmeno etico”, quasi che l’etica potesse rinvenirsi in un circuito stampato alimentato da una batteria!
Vediamo insieme se queste osservazioni hanno ragione d’essere espresse, e se almeno, e qui libertà d’opinione assoluta, vi sia possibilità di superare l’obiezione.
Premesso che la caccia…non è uno sport, bensì una passione, pensare che un’azione di caccia sia poco etica o antisportiva solo perché trae benefici dalla tecnica e dal progresso ha un senso solo per chi davvero pratica questa attività senza fruire minimamente di questi vantaggi; tra l’altro dobbiamo ricordarci che noi andiamo per boschi e montagne con un fucile e, guarda caso, alla ricerca di selvatici cui…vogliamo sparare, togliere la vita, mica fare una foto! E ad essere davvero sinceri è questo l’aspetto che ci viene contestato dai nostri avversari, non certo gli altri. 
Proviamo allora a continuare la nostra discussione tra cacciatori e ritorniamo alle critiche “etiche” che giungono da parte di alcuni di essi, supponendo infine abbiano ragione. 
E allora, così fosse, via i telefonini o le radio usate per comunicare; via i gps, per alcuni indispensabili a non smarrire l’orientamento ed ormai anche al collo dei cani; via anche a strada o piste forestali, percorsi con fuoristrada e auto in grado di raggiungere posti un tempo difficilissimi per nonni e padri; via infine a tutti quelle innovazioni che hanno reso anche la caccia e il tiro più facili, come le canne raggiate, o le cartucce dispersanti. Al limite estremo eliminiamo pure la visione o la lettura delle previsioni meteorologiche, perché anche quella altera le condizioni di equilibrio tra cacciatore e prede consentendo al primo di sapere quale tempo incontrerà, scongiurando il pericolo di acquazzoni o altri eventi atmosferici sfavorevoli ed in grado di vanificare l'azione venatoria.
Suvvia, siamo seri, ma quanti solo coloro che rifiutando il progresso e i benefici della tecnica cacciano ancora come facevano i nostri nonni? Quanti di noi rinunciano a quei mezzi che facilitano la vita d’ogni giorno e rendono ogni tipo d’attività più agevole? 
Forse che l’alpinista rinuncia ai nuovi materiali o agli strumenti di controllo per tentare di scalare una vetta alpina o himalaiana? O il ciclista dilettante pedala sulle stesse biciclette, pesanti e con un unico rapporto, che usarono Ganna e Petit Breton per vincere il primo Giro d’Italia o il primo Tour de France? 
E restando alla nostra caccia, spostandoci però alla canna rigata, alzi la mano chi non usa il telemetro per calcolare le distanze di tiro o utilizza ancora cannocchiali con soli quattro ingrandimenti (ormai s’arriva, e si supera agevolmente, ai venti), cercando d’avvicinare il selvatico invece di sparargli da due, trecento metri e spesso anche più! 
La verità, cari amici, è che con la modernità ormai ci conviviamo da un pezzo, e dunque non è certo un congegno elettronico a cambiare le regole del gioco se noi, badate bene, le…regole della caccia le rispettiamo tutte!
Se il cacciatore utilizza il beeper in maniera corretta poi non lo fa solamente per ottenere un carniere maggiore, ma anche per garantirsi di cacciare in perfetta sicurezza, lui e il cane, potendo individuare in ogni momento l’ausiliare e intervenendo in situazioni di pericolo piuttosto ricorrenti quando uno frequenta certi ambienti (si pensi solo ai rischi all’alta montagna).
Molti sono i cacciatori che scelgono di tenere il beeper in posizione d’attesa, inseribile a comando talvolta a centinaia di metri, anche perché dare un colpo e sentire il beep lontano tranquillizza anche il più apprensivo dei padroni che riesce così a cacciare senza ansie o patemi d’animo.
Io , oltre ad usarlo a beccacce, l’ho anche sperimentato in alta montagna, a galli forcelli, e con grandi risultati. 
Infatti il diavolo nero non appena inizia la stagione s’è fatto ormai scaltro se giovane dell’anno, e s’è incattivito se con qualche stagione in più sulle… ali, e si rende quasi imprendibile, pronto com’è a involarsi al primo rumore sospetto. Cacciarlo in perfetto silenzio diventa quasi una necessità, e l’ambiente stesso rende quella disciplina venatoria pratica entusiasmante; un beeper potente ed efficiente consentirà sempre di sapere dov’è il proprio cane, capendo se è rimontato alla cerca del gallo in qualche ripido canalino tappezzato d’ontani, oppure s’è tuffato in un mare di rododendri ove s’è rifugiata una covata dell’anno. Se invece si tratta della "Regina", la magnifica arcera, allora avere il beeper diventa indispensabile, cacciando in zone montane ove l'abbandono dell'uomo ha reso i boschi fitti ed ostici, e dove si perde subito il contatto visivo con il proprio cane. Verò è che il campano potrebbe aiutare a seguirne i movimenti, ma cercare un cane fermo nel folto, magari schiacciato a terra, e piuttosto complicato.Tra l’altro utilizzare il beeper al posto del campano, e in modo che emetta suoni solo su comando o nell’atto della ferma, è di beneficio alla salute del cane perché rispetto all’altro ne salvaguarda udito, e sono molti i cani che dopo alcune stagioni di caccia con campanacci al collo sono diventati sordi. 
In ogni caso esiste sempre la possibilità d’utilizzare assieme beeper e campano, e io talvolta lo faccio.
Ebbene sì, ormai l’avete capito, anch’io sono un felice utilizzatore del beeper e non posso che parlarne bene, ma vediamo adesso cosa fare per scegliere quello giusto.
Intanto bisogna dire che sono diverse le aziende che producono i beeper, alcune nazionali ed altre straniere, ma quasi tutte in grado d’offrire buoni prodotti.
Bisogna che l’utilizzatore sappia esattamente a cosa va incontro, e conosca bene le caratteristiche del beeper che va ad acquistare; infatti l’apparecchio generalmente viene fissato a mezzo d’un collare molto vicino all’apparato uditivo del cane che, non dimentichiamolo mai, è molto più sensibile di quello umano: si dice almeno quattro volte, e dunque i suoni acuti del congegno possono risultare molto lesivi.
Io che caccio con tre setter, un maschio e due femmine che alterno, ho adottato per le cagne un sistema suggeritomi dal grande beccacciaio Giancarlo Bravaccini, e che mi consente di proteggerne l’udito: il beeper lo allaccio attorno alla vita della setter, sistemato in modo che il tromboncino sia girato verso la coda. A far da contrappeso, aiutando lo strumento a rimaner posizionato correttamente, a questo punto può essere utilizzato anche un pesante campano, che si trova così ad essere sotto la pancia della cagna, e ben lontano dalle sue orecchie.
Altro aspetto da non trascurare è quello delle frequenze emesse, e qui gli esperti suggeriscono quelli stanno al disotto dei 1000 Herz, ben sapendo come i cani non gradiscano i suoni troppo acuti.
A volte però, proprio come capitava al mio compagno d’avventure venatorie, è il cacciatore stesso ad avere problemi d’udito e allora la scelta cade su quello che lui sente meglio, pure se per farlo deve regolarlo ad un volume capace di far superare la soglia del dolore al povero cane, incolpevole vittima d’un padrone sordo.
Bisogna comunque scartare prodotti di cui non s’è sicuri, senza una rete d’assistenza consolidata; quelli privi di certificazioni che ne attestino le qualità e il rispetto a normative CEE o analoghe; quelli costruiti con materiale di scarsa qualità, magari del peggior…Made in China o giù di lì, e con questo non me ne vogliano i cinesi o coloro che in molti altri casi laggiù riescono a costruire validi prodotti!
Ricordiamo che lo strumento verrà utilizzato in differenti condizioni e dev’essere assolutamente impermeabile, tanto alla guazza mattutina quanto all’immersione completa in uno stagno o un ruscello.
Di beeper attualmente se ne producono d’ottimi in Italia, Francia, Corea del Sud, Stati Uniti, insomma un po’ in tutti quei paesi ove l’industria elettronica è fortemente sviluppata, e l’innovazione costante, continua.
Affidarsi ad aziende presenti da anni sul mercato è una garanzia in più, cosa da non trascurare quando insorgono i primi problemi.
Le forme sono differenti, e vanno da quelli a barilotto, quasi fosse la fiaschetta di brandy allacciata al collo d’un San Bernardo da salvataggio alpino, sino a quelli che hanno un piccolo tromboncino capace d’emettere suoni acuti ed intensi, talvolta udibili come la sirena d’una pattuglia…della Madama!
I primi erano attivati a mezzo di un piccolo magnete e andavano regolati prima d’essere fissati al collo del cane, ma ormai ne esistono di quelli che vengono totalmente comandati con un telecomando, attraverso il quale vengono accesi o spenti, se ne modificano le funzioni o si regola il volume; alcuni poi hanno incluse le funzioni…correttive, garantite da impulsi che vengono inviati e sono avvertiti dal cane come vibrazioni o piccole scariche elettrostatiche. 
Anche in questo caso la scelta è molto personale, ma alcune regole debbono valere per tutti: intanto il “cono” da cui s’irradiano i beep deve essere posizionato in modo da offendere il meno possibile l’orecchio del cane, e orientato in maniera che la diffusione del suono sia ottimale; dunque non verso il basso perché il suolo assorbe i rumori, ma nemmeno verso l’alto a scongiurare l’effetto eco e la difficile individuazione del cane; infine non avanti ad evitare sia esposto all’intrusione di foglie o arbusti. 
Anche il peso deve essere preso in considerazione perché tutti noi che cacciamo e camminiamo per ore in ambienti difficili sappiamo quanto possa farsi sentire alla sera anche un solo mezzo chilo in più!
In una normale giornata di caccia un cane resta in azione diverse ore, da due o tre sino a sette/otto, e dunque le sollecitazioni subite dallo strumento sono davvero tante; in più, è questo è ancor più ovvio, l’ambiente in cui si sviluppa l’azione di caccia potrebbe essere ostico con rocce, piante e arbusti, acque ferme o correnti, e dunque il beeper andrebbe incontro ad urti, vibrazioni, immersioni e mille altre condizioni da…Camel Trophy!
Fosse messo in condizione di lavorare…a banco…un beeper potrebbe durare all’infinito, questo perché il prodotto generalmente è robusto ed assemblato con materiali che sono testati per reggere a quel tipo d’utilizzo, ma il nostro sonaglio elettronico viene usato all’aperto, allacciato ad animali che sono presi dalla foga venatica e non si risparmiano: decine di migliaia di vibrazioni, capaci di dissaldare i contatti di un qualunque apparecchio domestico, condizioni che vanno dal caldo africano al gelo siberiano; dall’umido del palude o della risaia al secco di pietraie e calanchi assolati. 
Il nostro beeper deve funzionare sempre, anche in queste situazioni limite; avere autonomia o batterie facilmente caricabili, meglio quelle al litio piuttosto che essere costretti a cambiarle ogni due o tre uscite; essere sempre…affidabile, esattamente come l’ausiliare cui l’abbiamo messo al collo.
Importante anche il telecomando, ovviamente per quelli che lo prevedono, che dev’essere pure lui impermeabile e capace di inviare gli impulsi a grande distanza.
Per molti anni ne ho ignorato l’uso perché non lo conoscevo, poi ho continuato a farlo perché ne sottovalutavo le potenzialità, ma da quando l’ho provato anch’io mi sono reso conto dei vantaggi che esso può offrire, e da un utilizzo prettamente saltuario ho preso a farne uso con regolarità, apprezzandone quelle caratteristiche che lo rendono strumento ideale per avere sempre il controllo dell’azione del cane, sicuro di poterlo individuare rapidamente in ogni istante.
Sono diventato uno sperimentatore e ne ho provati diversi, riscontrandone vizi e virtù, per orientarmi alla fine solo su prodotti che garantiscano l’affidabilità, non si spengano mai senza ragione e siano comandabili anche a distanze importanti (talvolta basta un poggio o quattro piante perché il telecomando non agisca più).
Ad ogni buon conto pure io mi rendo conto di come il beeper potrebbe alterare le condizioni tra cacciatore e selvatico, favorendo il primo a discapito del secondo, e dunque cerco sempre di non abusare di questi vantaggi, rispettando il selvatico che vado cacciando.
Beeper sì, in conclusione, ma sempre nel rispetto di tutte le regole e le norme che devono fare della Caccia un’attività sostenibile e rispettosa di fauna e ambiente.
 

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