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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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Fusione tra FIERA VICENZA e RIMINI

  • Pubblicato in Eventi
Approvata la fusione tra Fiera di Vicenza SpA e Fiera di Rimini.
L'ultimo via libera è giunto dal Veneto dove anche l’assemblea dei soci di Fiera di Vicenza ha detto sì all'operazione, dopo che il 15 luglio i consigli di amministrazione dei due poli fieristici avevano approvato un documento comune con lo schema della newco che nascerà domani, 28 ottobre, nel quartiere fieristico nel quartiere fieristico di Rimini.
La fusione verrà presentata ufficialmente alla stampa con interventi di Lorenzo Cagnoni, presidente di Rimini Fiera, di Matteo Marzotto, presidente di Fiera di Vicenza e dei sindaci delle due città, Andrea Gnassi per Rimini e Achille Vairati per Vicenza.
L'assemblea ha indicato Luigi Dalla Via come componente del consiglio di amministrazione della società che si costituirà a seguito dell’integrazione, mantre da quello che si è saputo il Vice presidente della newco sarà Matteo Marzotto.
Nascerà così un enorme polo fieristico, secondo in Italia solo a Milano, e tra i primi posti in Europa.
 
 
 
 

ANALISI SULLA CACCIA: LA SELVAGGINA, SECONDO "SAPERE FOOD"

Interessante articolo apparso su "Sapere Food", un web magazine che si occupa di alimentare in Regione Umbria.
A scriverlo è Assunta Susanna Bramante, agronomo specializzato Produzioni Animali, Sanità e Igiene degli Alimenti.
Questa volta si parla delle proprietà delle carni selvatiche, e della complicata situazione della caccia.
Vista l'importanza dell'argomento, abbiamo pensato di riportare integralmente l'articolo, il cui link troverete a fondo pagina.
 
La caccia oggi divide nettamente l’opinione pubblica, in chi è a favore o la pratica, e in chi invece la odia e la combatte per difendere i diritti degli animali. Ma questa attività antichissima in realtà è insita nel nostro DNA e ha un valore storico-culturale di grande importanza: già nella preistoria, 2,5 milioni di anni fa, l’Homo habilis cacciava le sue prede con utensili e armi rudimentali, come lance, archi e frecce, procacciando anche grossi animali per il suo sostentamento. Nel Medioevo la caccia divenne prerogativa delle classi sociali più abbienti, come aristocrazia e clero, per cui vi erano addirittura i cacciatori professionisti che portavano la selvaggina a palazzo, vista come un bottino pregiato, fonte di carne e pellicce, appannaggio dei ricchi.
Con la nascita e la diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento, la caccia non perse comunque la sua importanza, in quanto forniva materiali utili come ossa, pelli, pelo o penne, oltre che cibo e veniva praticata sia per difendere gli animali domestici dai predatori, sia come un passatempo esclusivo della nobiltà. Oggigiorno invece non è più indispensabile, tranne in quei paesi dove manca ancora l’industrializzazione, come le zone forestali o non urbanizzate, dove le popolazioni indigene vivono ancora in modo primitivo o in condizioni di povertà, basando la propria sopravvivenza completamente su caccia e pesca.
Nella maggior parte del mondo moderno la caccia non è solamente una semplice attività ludica, ma può essere praticata anche per gestire la fauna selvatica, attraverso l’abbattimento di un numero ben preciso di animali, così da mantenere una certa popolazione entro dei limiti, per garantire la sopravvivenza delle specie in quell’ambiente. Quindi la caccia, non solo possiede un consolidato valore storico culturale, ma anche antropologico, sociale e ambientale. Inoltre, l’importanza di trascorrere del tempo all’aria aperta in ambienti incontaminati, l’opportunità di vivere un rapporto intenso e vero con la natura, risvegliando impulsi ancestrali che sembravano dimenticati, la qualità superiore e il sapore più ricco della carne di selvaggina sono fattori essenziali e determinanti dell’attività venatoria.
La carne viene distinta in “selvaggina da pelo” o “cacciagione”, in cui troviamo cinghiale, cervo, capriolo, daino, lepre, coniglio selvatico, orso, lontra, volpe e in “selvaggina da piume”, cioè fagiani, pernici, beccacce, tordi, allodole, quaglie e anatre. La carne selvatica si presenta magra, ricca di tessuto connettivo, soda e compatta, perché gli animali liberi in natura si muovono molto ed esercitano i muscoli. Il colore è più scuro rispetto alle carni di allevamento, di un rosso bruno, per questo detta anche “carne nera”, perché più ossigenata e ricca di ferro.
Per renderla più digeribile viene sottoposta ad una lunga frollatura a causa della maggior durezza delle fibre muscolari, ma rispetto agli animali di allevamento vanta una minore quantità di grassi e di ottima qualità, essendo più ricca in acidi grassi polinsaturi, in quanto gli animali selvatici sono liberi di nutrirsi delle risorse naturali dell’ambiente in cui vivono, e ciò contribuisce anche alla formazione del peculiare sapore “di selvatico” che le contraddistingue. Le carni di selvaggina inoltre hanno in proporzione più proteine, ed in particolare di aminoacidi essenziali, caratteristica che contribuisce ad elevarne notevolmente il valore nutrizionale. E’ dunque una carne ottima dal punto di vista nutritivo e gastronomico, per cui si potrebbe definire un alimento “per intenditori” dato il suo gusto particolare.
C’è da dire che in Italia il rapporto con queste carni d’eccezione è controverso: una legge del 1992 ne consente l’utilizzo solamente per il consumo personale, ma ne vieta la commercializzazione per ragioni di sicurezza alimentare, per cui quelle che troviamo nei ristoranti sono in realtà di allevamento. Nuovi regolamenti comunitari in vigore dal 2006, invece, aprono le porte ad un mercato certamente in crescita, sottolineando che le carni di selvaggina di grossa taglia possono essere immesse sul mercato soltanto se la carcassa è trasportata a un centro di lavorazione riconosciuto a norma. Quindi il cacciatore, dopo aver seguito un’adeguata formazione, partecipa alla gestione sanitaria della selvaggina, fornendo informazioni sullo stato ante mortem che integra le valutazioni ispettive post mortem del veterinario.
Anche in questo contesto vige l’obbligo della tracciabilità, oggetto di verifica da parte del Servizio Veterinario della ASL competente per territorio: pertanto, nella commercializzazione delle carni, devono essere tenute in forma scritta le informazioni sulla zona di provenienza degli animali cacciati e il commerciante al dettaglio e il ristoratore hanno l’obbligo di documentare la provenienza delle carni acquistate e poste in vendita. Queste normative europee quindi consentirebbero ai “cacciatori formati” di vendere ogni anno fino a 1 capo di grossa selvaggina e 500 di piccola, a privati o esercizi commerciali. Queste norme definiscono anche i “Centri di Raccolta Selvaggina” dove è previsto il controllo sanitario del Medico Veterinario prima dell’immissione nel mercato.
Ciò nonostante in Italia il rapporto con la carne selvatica è ancora complicato: la selvaggina da piuma è vietata nei ristoranti, anche se acquistata regolarmente all’estero, dove invece è legale, controllata e certificata sul piano sanitario, perché in Italia non ci sono macelli che fanno la raccolta della selvaggina abbattuta regolarmente. Se pensiamo al proliferare di ristoranti giapponesi a cui è consentito servire pesce crudo, che necessita di particolari accortezze, tra cui l’abbattimento a -20 gradi per non arrecare danni alla salute, bandire dai menù dei nostri ristoranti la selvaggina nobile da penna è un po’ un controsenso.
In alcune regioni italiane, come Emilia Romagna, Veneto, Umbria e Toscana, sono già nati i primi “Centri di Lavorazione e Raccolta della Selvaggina” e organizzati i primi corsi di formazione per qualificare i cacciatori: un’opportunità per tutto il territorio di controllare e utilizzare in modo sostenibile una risorsa rinnovabile, una carne eccellente, di fatto biologica, dalle qualità organolettiche uniche e di incomparabile valore alimentare."
 
 
N.B. Assunta Susanna Bramante ha lavorato in Italia e all’estero come ricercatrice. Sostiene la Dieta Mediterranea e il mangiar bene. Vive in Inghilterra e ha un blog: GenBioAgroNutrition. Per Saperefood scrive articoli divulgativi sulle scienze alimentari.

Nuovi adattatori fotografici Leica per tutti gli smartphone

  • Pubblicato in Ottiche
Novità importanti da Leica Sport Optics, con un prodotto che, importato da Forest Italia, certo farà la felicità di molti cacciatori, e non solo!
 
Perfetti con il telescopio da osservazione, incredibili con il cannocchiale da puntamento.
I nuovi adattatori fotografici per le ottiche Leica sono una novità assoluta per il cacciatore che fino ad oggi aveva possibilità limitate per poter utilizzare il suo smartphone durante le uscite di caccia. 
 
 
Finalmente Leica dà la possibilità di collegare qualsiasi modello di smarphone con il telescopio da osservazione e in più, qui sta la grande novità, permette di fotografare o fare video attraverso il cannocchiale da puntamento. Per la prima volta il cacciatore può fissare l’immagine che vede attraverso il reticolo cogliendo attimi e sensazioni di caccia indimenticabili.
L’utilizzo è semplice e rapidissimo. Il kit per smartphone è composto di due parti. Una custodia per contenere lo smartphone e un tubo.  La custodia si avvita in modo semplice al tubo che si fissa sull’oculare del telescopio Leica APO Televid 65 o 82, oppure su qualsiasi cannocchiale da puntamento della linea Leica Magnus, LRS o ERi.
Gli adattatori sono costruiti con un composto in polimeri molto robusto, ma allo stesso tempo leggero e sono prodotti su misura per gli strumenti Leica da un’ Azienda italiana specializzata nella creazione di accessori di precisione per utilizzo in campo scientifico.
Per i modelli I-Phone 5 C,S, SE -  6, 6S, 6plus, (in arrivo anche la custodia per il 7) e i Galaxy S6, S7 e S7 Edge, il kit è dotato di custodia su misura, mentre per tutti gli altri smartphone si utilizza una staffa universale.
Per ordinare l’adattatore presso un Rivenditore autorizzato Leica Sport Optics basta indicare il proprio modello di smartphone e lo strumento di osservazione Leica (Televid 65 o 82, ERi, Magnus o LRS) su cui si intende utilizzarlo.
I prezzi di listino iva compresa sono i seguenti:
 
 
Per info: Forest Italia Srl, Agente Esclusivo per l’Italia Leica Sport Optics |Tel 045 877 877 2
 

Cacciatori...di droni?

Doveva accadere, prima o poi, ma che sia stato un cacciatore a farlo è ancora tutto da dimostrare.
I fatti: TGCOM 24 ha proposto un video, che v'alleghiamo, ed in cui si vede un uomo correre all'interno d'una grande proprietà, imbracciando quello che sembra proprio essere un fucile da caccia, legittimando ad un amante dell'arte di Diana e Sant'Uberto l'attribuzione del bizzarro gesto.
L'arma viene puntata verso...l'intruso, un moderno drone che stava sorvolando e filmando l'interno della proprietà, e dopo viene esploso un colpo che abbatte all'istante la diavoleria elettronica. 
Che quest'uomo sia un cacciatore o meno nulla importa, ma che il suo gesto abbia creato un precedente questo è fuor dubbio.
Attenzione dunque in futuro con i droni, a dove usarli e cosa filmare; e chissà che prima o poi qualcuno non l'inserisca nel calendario venatorio!
Comunque eccovi il video:
 

CACCIATORE STRONCATO DA INFARTO DURANTE CENSIMENTO

Una nuova tragedia che ha coinvolto il mondo della caccia è accaduta nel vicentino, nei boschi di Bocchetta Gabellele, a tre chilometri di cammino dal rifugio Bertagnoli alla Piatta di Crespadoro, dove l'altro giorno un cacciatore è stato stroncato da un infarto mentre stava partecipando ad un’attività di censimento venatorio organizzato dalla Polizia provinciale.
La vittima, un pensionato di 69 anni di Creazzo di nome Walter Giaretta era un volontario di Federcaccia, operatore di controllo e la tutela della fauna selvatica.
L'uomo si è accasciato al suolo improvvisamente, ed ogni tentantivo di salvarlo, anche praticando massaggio cardiaco, s'è rivelato inutile.

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