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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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4 marzo: dalla "cabina" alla..."gabina"

Canottiera e…”Gabina elettorale”, così come la chiamava lui, nel 1993 erano due degli elementi distintivi della Lega Nord di Umberto Bossi, il “Senatùr” che dal prato di Pontida cominciava ad arringare le piazze del Nord Italia alla ricerca del consenso politico.
L’ebbe, e il partito nato dall’unione di sei movimenti autonomisti dell’Italia settentrionale, l’anno successivo riuscì ad arrivare addirittura al Governo del Paese, insieme alla neonata Forza Italia e con Silvio Berlusconi leader, Roberto Maroni agli Interni e Irene Pivetti, giovanissima Presidente della Camera dei Deputati.
Era nata la “Seconda Repubblica”, e come andò a finire è noto a tutti, perché s’aprì una fase che ancora non s’è ultimata.
Da allora sono passati cinque lustri, nel frattempo il partito ha cambiato più volte nome, inserendo e togliendo riferimenti all’autonomia o alla “Padania”, passando da quasi il 10% del consenso elettorale a meno della metà, per arrivare ai giorni nostri, con il nome del partito che è diventato…Lega (e basta), ed una visione che abbraccia l’Italia anziché cercare di dividerla.
Anche Bossi è finito in soffitta, sostituito da un leader, Matteo Salvini, giovane e abilissimo utilizzatore di social e comunicazione, e che ambisce a governare l’Italia intera (non solo il Nord!) con il centrodestra, anche perché i sondaggi che vedono la sua coalizione in netto vantaggio sugli altri schieramenti (PD, Movimento 5 Stelle e LEU)  lo accreditano di quasi il 15% dei voti, vicino a superare, pensate un po’, proprio… Berlusconi, di nuovo a cavallo sebbene non sia più Cavaliere dopo le sentenze che l’hanno azzoppato alcuni anni fa.
E tra gli argomenti di questa virulenta campagna elettorale quest’anno s’è anche inserita l’attività venatoria, complice la feroce campagna animalista ed anti-caccia mossa dalla solita ed inutile Maria Vittoria Brambilla, imbarcata proprio da Berlusconi alla ricerca di qualche voterello in più sparso qua e là; e dagli adepti dell’ex-comico genovese Beppe Grillo, ora alle prese con la terribile rogna dei “falsi rimborsi”, ma sempre pronti a demonizzare e criminalizzare i cacciatori, chiedendone l’eradicazione completa dalla nostra Società.
A schierarsi apertamente a favore di caccia e cacciatori sono stati però i due più forti alleati di Berlusconi, e cioè Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, ma specialmente lo stesso Matteo Salvini che è recentemente intervenuto a HIT Show 2018, la grande kermesse fieristica vicentina che da qualche anno s’è imposta come l’appuntamento principe italiano, ed uno dei più importanti a livello internazionale, per cacciatori ed appassionati d’armi, tiro e attività collegate a quelle discipline.
Salvini nella giornata di domenica 11 febbraio, a margine di un convegno sulla legittima difesa, ha incontrato i rappresentanti del mondo venatorio e di Assoarmieri, associazione che riunisce i produttori d’armi e munizioni italiane, un settore che fattura quasi 7,3 mld d’euro l’anno, regalandoci quasi mezzo punto di PIL e facendo lavorare 2334 con ben 87.000 lavoratori, in un comparto importantissimo per la nostra bilancia commerciale dato che armi e munizioni sono apprezzate ed esportate in tutto il mondo, che assorbe oltre il 90% della nostra produzione. 
La caccia è una parte essenziale di questo sistema, e chiede alla politica maggior interesse e rispetto, tanto che le sette Associazioni Venatorie riconosciute (ANLC, ANUUMigratoristi, ARCI Caccia, Enalcaccia, EPS, FIdC, Italcaccia), più CNCN (Comitato Nazionale Caccia e Natura), si sono recentemente unite in quella che è stata subito battezzata “Cabina di regia”, cercano di parlare con un’unica voce al mondo politico, e riaffermando il ruolo fondamentale dell’attività venatoria nella gestione dell’ambiente e di attività economiche ad esso collegato.
Le promesse da parte del leader leghista agli esponenti della “Cabina di regia” ci sono state, ed anche piuttosto consistenti, ma tutti noi sappiamo bene come quando si cercano i voti siano tutti propensi a farle, mentre il vero problema è poi quello di mantenerle a tempo debito.
Vedremo ora quale sarà la risposta di quell’altra cabina, o se preferite…”gabina”: quella elettorale! 
Il 4 marzo è dietro l’angolo.
 

S'è spento Franco Giachino, un grande della cinofilia venatoria

Questa notte cinofilia e caccia italiana hanno perso un altro loro grandissimo esponente, rappresentante di quella sana e mai troppo rimpianta categoria di gentleman prestati alle nostre passioni.
A Torino, città intorno alla quale s’è sviluppata la sua vita, s’è spento Franco Giachino, che chiunque s’interessi di cani non può non conoscere.
Aveva 83 anni, ed era figlio di quel Cav. Mario che nel secondo dopoguerra divenne famoso come dresseur di grandi cani, portando in gara e imponendosi a livello internazionale con campioni ancor oggi ricordati e rimpianti da chi ebbe modo di vederli in azione, come il mitico Or del Cecina, pointer che vinse tutto quello che c’era da vincere, Coppa Europa compresa, sino a che non sparì misteriosamente dopo un incidente stradale di ritorno dalla ex- Jugoslavia. Mario Giachino incaricò anche il famoso detective Tom Ponzi di trovargli il cane, che certamente fu rubato.
Il loro canile, aperto nel 1947 sulle colline di Moncalieri, divenne un punto di riferimento per tutti gli appassionati, e chi voleva ottenere grandi risultati dai suoi cani, spesso e volentieri li affidava a loro perché li addestrassero alla caccia.
Se quei box potessero raccontarci di chi li ha occupati, e dei loro padroni, troveremo nomi di altissimo livello, e dei tempi d’oro di quando la caccia veniva praticata senza doversene vergognare, mentre la cinofilia era appannaggio di uomini come Mario e Franco Giachino, assai lontana dal merchandising dei giorni nostri, e dalle fabbriche di cuccioli, tutti figli di campioni e venduti quasi a peso d'oro con promesse di grandi risultati venatori o agonistici.
Lo stile di casa, ed ancora così con Roberto, figlio di Franco, era quello molto riservato e signorile delle vecchie famiglie torinesi, mai oltre misura, e con quel sapore che ora, nell’epoca della tecnologia e delle realtà virtuali, sa molto di antico. 
Il DNA è proprio quello, e chi ha avuta la fortuna d’incontrarli sui monti mentre cacciavano, a me è capitato con Roberto più volte, non a potuto far a meno di apprezzarne l’educazione e la correttezza, merce rara in tempi nei quali…in molti corrono persino pur d’anticiparti mentre vai a servire il cane, o cerchi la rimessa del gallo piuttosto che della beccaccia che prima hai sbagliato.  
E come il padre anche Franco s’impegnò nella cinofilia d’altissimo livello, selezionato e vincitore con la squadra italiana in Coppa Europa, e imponendosi in innumerevoli gare in Italia e fuori dai confini, anche se la sua vera passione era la montagna, dove cacciava forcelli e coturnici con gli stessi cani che seppe portare alle splendide vittorie del Trofeo Saladini Pilastri, vinto ben tre volte, e nel Campionato Europeo su selvaggina d’alta montagna.
Quei cani, ma ve ne furono molti altri, Franco li ricordava spesso, e i loro nomi furono cari a tutti: Magia del Tirso e Asso, la prima pointer e il secondo setter inglese, perché la fama dei Giachino resta legata ai cani inglesi, portati in gara dopo esser stati sperimentati con passione sulle ciaplere della Val Pellice, piuttosto che negli ampi lariceti che rivestono le montagne della Val Germanasca. 
Ma non erano il Cacit o un Campionato il suo obiettivo primario, perché lui restava prima di tutto un grandissimo cacciatore di montagna: lassù Franco Giachino si sentiva a casa sua, respirava quell’aria indispensabile ad ossigenare i suoi muscoli, pompati dal cuore dell’autentico appassionato.
Il non poter più cacciare sulle Alpi fu probabilmente l’ultimo rammarico che questo grande uomo seppe portarsi con dignità e rispetto negli ultimi anni di una straordinaria vita.
Buon viaggio Franco, lassù troverai i tuoi vecchi campioni, e insieme potrete nuovamente cacciare. Naturalmente forcelli e coturnici.
 

Cacciatori al voto

Ancora poco più di un mese e tutti i cacciatori italiani, e questo è certo trattandosi pur sempre di maggiorenni dotati di capacità e legittimazione giuridica ad esprimere un voto, saranno chiamati a scegliersi chi li dovrà governare per i prossimi cinque anni, almeno così si spera!
Caccia e politica si dice debbano starsene lontane l’una dall’altra, perché sebbene spesso siano considerate come due autentiche passioni la prima dovrebbe unire chi la pratica, e questo al di là della fede politica, mentre la seconda spesso divide, e accende gli animi di chi si trova su fronti opposti.
Le stesse associazioni venatorie nei loro roboanti, e talvolta disattesi, statuti si dichiarano apolitiche e apartitiche, ma poi, alla resa dei conti, non dimostrano d’esserlo mai pienamente, riuscendo a farsi tirare la giacchetta dall’uno o dall’altro.
Per la caccia tira aria di burrasca, e in molti se ne sono accorti, con una montante ondata vegano-animal-ambientalista che rischia di spazzare anni di lavoro e relegare l’Italia a ruolo di fanalino di coda dell’Europa anche su quest’argomento.
E allora questa volta cerchiamo anche noi d’essere pratici, e vediamo come dovrebbe agire il mondo venatorio in prossimità di elezioni politiche importanti come queste: astenersi dal prendere posizione, o invece fornire indicazioni di voto a tutti gli appassionati?
Io credo sia finito il tempo in cui i cacciatori potevano mettere la testa sotto la sabbia, ignorando i programmi elettorali o le storie dei candidati che s’andavano a votare, e questo perché stiamo vivendo anni piuttosto complicati, e il rischio si debbano…appendere doppiette e carabine al chiodo è meno remoto di quanto si pensi; a ciò s'aggiunge la pessima abitudine dei politici sempre pronti a promettere quando cercano i voti, altrettanto rapidi a fuggir dopo, quando c'è da mantenere.
Di caccia nei programmi elettorali dei vari schieramenti che si contenderanno la vittoria il 4 marzo se ne parla poco, ma qualcuno lo fa come la…pasionaria forzitaliana, la rossa Brambilla imbarcata da Berlusconi alla ricerca di qualche voto.
La nuova legge elettorale, varata “alla bisogna” secondo il consueto costume italiota, favorisce le coalizioni, ma consente la governabilità…senza inciuci…solo allo schieramento che riuscirà a superare il 40% dei consensi, impresa che al momento pare possibile solo per il centrodestra, or ora sospinto dai ritrovati entusiasmi intorno al redivivo ex-Cavaliere.
Difficilmente però il “Movimento Animalista” della…pasionaria forzitaliana andrà oltre il punto percentuale, e se lo raggiungerà sarà già molto, tenendosi molto lontano da quella soglia di sbarramento del 3% che consentirebbe alla sua pattuglia di fanatici animalisti di sbarcare in Parlamento.
Per lei, al più, vincesse il centrodestra potrebbe esserci qualche poltroncina di sottogoverno, ma molto difficilmente il Ministero dell’Ambiente come qualcuno paventa, o racconta in giro!
A garantire che non sia così nello stesso schieramento ci sono la Lega di Salvini, e Fratelli d’Italia della Meloni, molto più vicini alle istanze dei cacciatori di qualunque altra forza politica italiana, e che già governano in Regioni come il Veneto e la Liguria dove sono state varate leggi che puniscono il disturbo all’attività venatoria.
Saltando di sponda, all’altro grande schieramento, quello del centrosinistra, la situazione si complica parecchio, perché se in alcune regioni il PD appare abbastanza vicino al mondo venatorio, e ciò vale principalmente nel Centro Italia dove molti sono gli appassionati alle arti di Diana e Sant'Uberto, altrove, e qui dolorosamente penso al mio bistrattato Piemonte, il Partito Democratico sembra invece strizzare l’occhiolino al mondo ambientalista, penalizzando da alcuni anni i cacciatori subalpini.
Sono lontani i tempi in cui l’ex magistrato, e poi fondatore di Italia dei Valori, Di Pietro veniva candidato dal PDS (ex PCI e poi divenuto prima DS ed ora PD) nel Mugello, mostrandosi in vecchie foto che lo ritraevano con un bel carniere di fringuelli; ora chi va a caccia preferisce nasconderlo, anche se alla fine si scopre come in Parlamento ve ne siano stati sempre in gran numero.
Ma è guardando al terzo grande competitore che ai cacciatori vengono…i sudori freddi. 
Sto parlando del Movimento Cinque Stelle, i famosi “grillini”, adepti del ex-comico genovese, reclutati a piè sospinto in tutt’Italia quasi fossero stati fulminati sulla via di Damasco, o…unti del signore di Fantastico e Te la do io l’America!
Cinque Stelle è nato sul web e non sulle piazze, tra i blogger e non nelle fabbriche o nei circoli culturali, ma in pochi anni è diventato il primo partito italiano, superando, almeno così recitano i sondaggi, lo stesso PD, negli stessi anni rilanciato e poi ridimensionato da Renzi. 
Loro l’hanno sempre detto, dichiarandosi anticaccia ed io in Piemonte li ho visti all’opera, con la richiesta di vietare la caccia alla domenica, limitandola a tre sole specie, fagiano, lepre e cinghiale, oltre a numerosi altri vincoli che di fatto l’azzererebbero.
A ciò s’aggiungono i recenti proclami del premier designato qualora vincessero le prossime elezioni, Luigi Di Maio, che dimostra d’aver le idee chiare anche quando non bisticcia con i congiuntivi, quasi a far concorrenza a due eccellenti "trombati" di questa tornata elettorale: Di Pietro, che pietiva una candidatura nel PD, e il “vulcanico” Razzi, rispedito a casa, Abruzzo o Svizzera non fa differenza, dall’uomo di Arcore.
Di Maio, che non ama la caccia, l’ha poi ribadito pochi  giorni fa: niente più armi nelle case degli italiani, e dunque un’altra tegola che potrebbe cadere sulla testa dei poveri cacciatori italiani.
E allora, chiederete voi, ma alla fine...chi dobbiamo votare il 4 marzo?
Chi vi pare, come mi sembra logico, pur se in questo caso diventerebbe più semplice dirvi chi non votare, ma se alla fine riuscirete a scegliere uno schieramento e un candidato non ostili alla caccia anche voi avrete fornito un piccolo contributo alla causa del mondo venatorio.
 

Sardegna o...Vecchio West?

Capita anche questo: tre cacciatori cagliaritani sono stati rapinati dei loro fucili mentre a bordo del loro fuoristrada percorrevano una strada provinciale dell'isola, in piena Barbagia e nel cuore della Sardegna più selvaggia.
I due malviventi, che si sono presentati come i banditi del Far West che assalissero una diligenza, li hanno bloccati mettendo un grosso tronco sulla strada e poi, una volta che i cacciatori sono scesi dall'auto per rimuovere l'ostacolo, a volto coperto li hanno minacciati con le armi e costretti a coricarsi a terra.
Alla fine sono saliti sul Land Rover e sono fuggiti verso Orgosolo sottraendo le armi ai malcapitati cacciatori. Immediate le ricerche dopo la denuncia, e caccia all'uomo nelle campagne della zona, ma è solo stato recuperato il fuoristrada.
Un episodio analogo è accaduto un po' più sud, nelle campagne ogliastrine tra Talana e Urzulei, dove altri cacciatori sono stati depredati con  modalità quasi uguali, ma questa volta sull'auto insieme ai fucili c'erano anche i cani.
I carabinieri indagano su questo secondo atto di banditismo puro.
Sardegna o...Vecchio West?
La domanda pare legittima, ma va ricordato come chi possiede, ed usa legittimamente, un'arma in Italia per uso caccia od altro ancora non debba avere conti aperti con la giustizia, o la fedina penale macchiata in alcun modo, pure se ad essere criminalizzati sono spesso i cacciatori.
Vedrete che alla fine a rimetterci anche in questo saranno loro.
 

Il lupo...può diventare un problema?

Che il lupo attacchi l’uomo, e spesso con conseguenze fatali, non è una sterile fantasia di coloro che non ne gradiscono, o temono, la presenza, semmai quello che ci raccontano secoli di storia, non certo novelle o fiabe raccontate ai bimbi, ma puntuali cronache del tempo raccolte persino nei registri parrocchiali ove si scrivevano anche questo tipo di informazioni.
Si trattava ovviamente di situazioni molto differenti da quelle odierne, e spesso le vittime delle aggressioni erano fanciulli mandati al pascolo con le bestie, donne o anziani che non erano in grado di difendersi.
Talvolta gli attacchi erano opera di soggetti rabidi, ma certo il problema era molto sentito dalle comunità umane dell'epoca, tanto da aver istituito figure che s’occupavano stabilmente della caccia e dell’abbattimento di questi lupi, sui quali venivano messe delle vere e proprie taglie.
In verità il lupo creava grande preoccupazione principalmente perché, mancando di altre prede selvatiche, poteva facilmente uccidere animali domestici per cibarsene, togliendo sostentamento a famiglie che dovevano già fare i conti con guerre e carestie piuttosto frequenti e ripetute.
Ormai tutto è cambiato e di certo questi problemi, almeno nei contesti in cui viviamo noi, non vi sono più.
È cambiato anche l’ambiente, con l’abbandono di molte zone, per lo più montane o collinari, sino a pochi decenni fa ancora abitate e coltivate, con il bosco capace di riappropriarsi di quei territori. 
La conseguenza diretta di questa riforestazione è stata il ritorno massiccio dei grandi ungulati, cinghiali, cervi e caprioli in primis, ma anche dei predatori carnivori che di essi si nutrono.
E così orsi, linci, sciacalli, ma specialmente i lupi, sono tornati a far parte della fauna italiana.
Il lupo venne protetto a partire dagli anni settanta del secolo passato perché a rischio estinzione, e ancora attualmente gode di un regime di protezione assoluta (l.157/92, Convenzione di Berna e altro ancora) anche se ormai è in fortissima diffusione e nessuno può richiederne l’eradicazione.
Avvistamenti e segnalazione di predazioni sono all’ordine del giorno quasi ovunque in Italia, e i lupi si fanno vedere sempre più di frequente anche nelle pianure o a ridosso di grandi città come Torino, Alessandria, Cuneo, Genova, Parma, Piacenza, Trento, Bologna, Firenze e così via scendendo lungo lo stivale e coinvolgendo Marche, Umbria, Abruzzo, Campania, Molise, Basilicata, Calabria ed ora anche la Puglia.
Insomma i lupi stanno tornando ad occupare tutte quelle zone da cui erano stati scacciati oltre un secolo fa.
Quanti siano però è una sorte di mistero, perché i dati ufficiali non sembrano mai collimare con la percezione generale di chi si trova ad affrontare il problema; per dirla in soldoni, i conti non tornano! 
Il mondo agricolo è sul piede di guerra, con pastori e allevatori che minacciano l’abbandono dell’attività e di pascoli o alpeggi, mentre i cacciatori, che pure loro vivono il territorio, cominciano ad osservare con preoccupazione la situazione; anche molti sindaci di paesi o borgate rurali hanno lanciato l’allarme, chiedendo interventi politici che affrontino e risolvano il problema, così come si fa già in molte altre nazioni europee come Francia, Svizzera, Spagna, Finlandia, Norvegia e Svezia, solo per restare a quelle ove il problema è più sentito.
Non solo bestiame domestico, bovini, ovicaprini ed equini,  ma anche animali d’affezione come i cani divengono sempre più spesso preda del grande predatore carnivoro, ma specialmente ci s’interroga se, e quando, toccherà…anche all’uomo!
Per molti il lupo va difeso a prescindere, e viene trattato come fosse un animale totemico, altri invece chiedono che venga cacciato per i pericoli che esso rappresenta.
Qui la polemica si fa feroce, perché letteratura e cronache anche recenti raccontano di attacchi all’uomo in tempi recenti, il caso di Giaveno chi scrive l’ha vissuto in prima persona, e pure di morti (Russia, Spagna, Stati Uniti, India), mentre gli esperti continuano a rassicurare tutti sul fatto che i lupi non siano affatto pericolosi, e certamente disinteressati all’uomo.
A settembre fu segnalato, e ne parlarono diffusamente i principali organi d’informazione anglosassone tra cui la prestigiosa BBC, il caso di una turista inglese attaccata e sbranata nel nord della Grecia, con il coroner incaricato delle indagini che attribuì l’aggressione ai lupi, mentre è recentissima la notizia di un pescatore aggredito da un lupo in Kazakhistan.
Noi non sappiamo come evolverà in futuro il problema, e nemmeno se Cappuccetto Rosso e la nonna correranno nuovi rischi, ma certo crediamo che il problema sia ampiamente sottovalutato da tante,troppe, persone, e che forse bisognerebbe cominciare a guardare in faccia la realtà, parlando seriamente di gestione della specie senza aver paura di infrangere un tabù.
Questo anche per proteggere un animale che, al di là di ogni considerazione emotiva o di parte, è preziosa ed arricchisce la biodiversità del nostro ambiente.
 

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