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Maria Cristina Caretta: Anche in materia di iniziative legislative popolari la Lega si piega al M5S

"Nel silenzio pressoché generale il M5S sta cercando di modificare l'art. 71 della Costituzione, in materia di iniziative legislative popolari. Modifiche che, di fatto, rischiano di consegnare il potere decisionale nelle mani di pochi e proprio per scongiurare questa pericolosa eventualità ho presentato un emendamento che chiedeva la soppressione dell’art. 2, che prevede un quorum del 25% degli aventi diritto al voto affinchè un quesito referendario sia valido.
Con il nostro emendamento si voleva evitare, nel caso in cui il quesito referendario si incentri su questioni minori, non percepite o comprese da gran parte dei cittadini, come nel caso dell'attività venatoria, che sia una minoranza a decidere.
Pensavo che la Lega condividesse questa legittima preoccupazione, ma evidentemente ho sopravvalutato la libertà decisionale dei leghisti rispetto alle volontà dei grillini e infatti la Lega ha votato contro il mio emendamento. Una scelta che si somma ad altre, evidentemente funzionali a mantenere la calma apparente e i precari equilibri di una maggioranza che non riesce a guardare oltre il qui e ora, tutto sempre a discapito del futuro degli italiani". É quanto dichiara l'on. Maria Cristina Caretta deputata di Fratelli d'Italia

 

La posizione della Valle d’Aosta sul nuovo Piano di gestione e conservazione del lupo in Italia

Il Governo regionale ha approvato la proposta progettuale “Life Wolfalps EU”, che ha come obiettivo quello di quello di implementare e coordinare azioni di conservazione della popolazione alpina di lupo nelle aree chiave particolarmente importanti per la specie e nell’intero ecosistema alpino, da ovest a est, per favorire la costituzione di un regime di convivenza stabile tra lupo e attività economiche nei territori di naturale ricolonizzazione del predatore.

Le caratteristiche orografiche e socio-economiche rendono difficile la coesistenza dell’allevamento tradizionale di montagna del bestiame con i grandi predatori e i cacciatori percepiscono i lupi come un concorrente, ha spiegato l’Assessore all'Ambiente, Risorse naturali e Corpo forestale Albert Chatrian rispondendo a un’interpellanza in Consiglio regionale oggi, mercoledì 20 febbraio.

Il progetto prevede il miglioramento del monitoraggio dei lupi presenti in regione tramite il personale forestale e il coinvolgimento dei cacciatori e il coordinamento di un tecnico faunistico, la creazione di due unità di pronto intervento in caso di attacco di lupo, con formazione del relativo personale, il coordinamento dell’attività di Intervento Lupo, la formazione del personale forestale in materia di problematica e gestione degli avvelenamenti e l’attività di divulgazione e comunicazione attraverso incontri con cacciatori e agricoltori tramite serate rivolte al grande pubblico e un workshop con la partecipazione di esperti del settore.

L’Assessore Chatrian ha proseguito il suo intervento ripercorrendo la storia del lupo nelle Alpi. Le popolazioni di lupo hanno subito tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 una drastica riduzione che ha portato al rischio di estinzione della specie e che ha determinato successivamente l’inserimento del lupo tra le specie considerate in Europa a massima protezione con l’obiettivo di evitare la scomparsa della specie.

La normativa nazionale e comunitaria – ha sottolineato l’Assessore Chatrian entrando nel merito dell’interpellanza – tutela in maniera rigorosa il lupo vietandone l’uccisione, ma allo stesso tempo queste stesse normative contemplano anche la possibilità di derogare a tale divieto in casi particolari: per prevenire gravi danni, segnatamente all'allevamento e nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica.

Il piano nazionale per la specie lupo, approvato dall’Italia nel 2002, pone come obbiettivo la protezione della specie; non a caso è stato denominato “Piano d’Azione per la conservazione del Lupo” ed esclude la possibilità di attivare le deroghe ai divieti di abbattimento della specie. La protezione riservata in Europa e in Italia al lupo ha consentito il suo recupero e negli ultimi decenni la specie ha rapidamente riconquistato i territori da dove era scomparsa. È noto che attualmente il lupo è presente in tutto l’arco alpino e che in alcune aree il numero degli individui è aumentato in maniera esponenziale raggiungendo densità elevatissime. In Valle d’Aosta, si stimano attualmente 5 branchi, per un numero di circa 30-40 animali.

Le attuali densità fanno sì che oggi non si possa più pensare alla sola conservazione della specie (non essendo più, di fatto, in pericolo), bensì anche e soprattutto alla sua gestione, finalizzata alla tutela del selvatico in equilibrio con il territorio e con le attività antropiche che su di esso si svolgono. Sono ormai quotidiani gli avvistamenti di lupi, anche in contesti urbanizzati, e le predazioni a carico del patrimonio zootecnico che per la realtà montana, qual è la nostra, incidono in maniera pesante sul settore dell’allevamento tradizionale.

Per questi motivi, in sede di Conferenza Stato-Regioni, intendiamo continuare ad esprimerci a favore di un nuovo “Piano di gestione e conservazione del lupo in Italia” a condizione che al suo interno sia prevista la possibilità di attuare, nei casi indicati, le deroghe previste dalle normative in vigore, come peraltro figurava nella bozza di Piano di novembre 2016, elaborata dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare in collaborazione con l’Ispra e con l’Unione Zoologica Italiana.

Le dinamiche di crescita della popolazione del lupo e le ricadute che ne conseguono - sul fronte del mantenimento delle attività tradizionali legate alla montagna e su quello della pubblica sicurezza - interessano tutte le regioni dell’arco alpino, assumendo una valenza più generale che va ben oltre i confini regionali.

Nei giorni scorsi sono stati attivati dei momenti di coordinamento politico e tecnico tra le regioni e le province autonome alpine italiane, per assicurare il monitoraggio della situazione, lo scambio di informazioni e di buone pratiche e la definizione di piani o progetti comuni, in particolare per la gestione degli esemplari e dei branchi che gravitano nelle aree di confine.

In conclusione, l’Assessore Chatrian ha ricordato che in data 12 febbraio 2019 è stata inviata una lettera a firma congiunta dei Presidenti delle Regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Liguria e Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano, indirizzata al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, al Ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio, al Ministro dell’Interno Matteo Salvini e al Ministro per gli Affari regionali Erika Stefani, per richiedere “la celere assunzione delle necessarie azioni sul piano normativo, amministrativo e pianificatorio (ad esempio attraverso la definizione del Piano nazionale Lupo) con l’obiettivo di garantire, attraverso una diretta attribuzione di responsabilità al livello locale, nel pieno rispetto dei principi fissati dal quadro normativo comunitario, l’efficace gestione dei grandi carnivori e contemperare, quindi, le esigenze di conservazione delle specie con quelle sociali ed economiche connesse alla gestione equilibrata del territorio e al mantenimento di adeguati livelli di sicurezza pubblica”.

CCT: le autonomie e l’orizzonte di un paese che cambia

L’iniziativa di alcune Regioni come Veneto, Lombardia ed in termini diversi Emilia Romagna riguardante il tema delle “autonomie” sta scaldando il dibattito politico. E’ iniziato da giorni un vero e proprio pressing messo in atto da autorevoli esponenti della Lega sui Cinque Stelle, per concludere un lungo iter su un provvedimento che fa parte del contratto di governo. In buona sostanza si tratta dell’approvazione di tre documenti in attuazione dell’art. 116 della Costituzione. In particolare si individuano criteri applicativi per le materie concorrenti indicate dall’ art. 117 della Carta Costituzionale, espandendo in molti casi, funzioni già oggi in parte esercitate dalla Regioni, come scuola, sanità, ambiente, territorio, rifiuti, protezione civile, rapporti con l’ Europa, infrastrutture, demanio etc. Nel concreto vi sono poi anche aspetti legati ad una profonda revisione dei sistemi di finanziamento che rappresenta l’altro snodo fondamentale delle proposte in campo. Tuttavia, aldilà delle questioni puramente legate agli equilibri che si articoleranno per la gestione delle future deleghe, non vi è dubbio che la portata politica di questa iniziativa va ben oltre. Si stanno scontrando infatti, due visioni ben distinte dei poteri dello Stato e del rapporto tra esso e le Regioni. Si ripropone in verità, un tema piuttosto antico, e che ha fatto parte del dibattito in tempi passati, inerente alla contrapposizione tra una visione sostanzialmente centralista che mira a concentrare poteri in capo allo Stato, e quello di una dimensione volta all’allargamento dei luoghi della decisione e della delega al territorio e alle autonomie locali. Anche nel nostro caso, per i cacciatori, come probabilmente per l’intero comparto rurale, il centralismo spesso condito da una distorta applicazione delle Direttive comunitarie, può produrre gravi conseguenze e profonde ingiustizie per il diritto e la gestione del territorio.

L’ episodio che proprio ieri abbiamo avuto modo di commentare, sulla presentazione di un emendamento alla Camera dei Deputati a firma di una parlamentare di LeU per conferire all’ Ispra poteri assoluti ed inviolabili in tema di calendario venatorio, tempi e specie cacciabili, è forse la dimostrazione plastica di come in Parlamento si possano determinare scorciatoie pericolose che scavalcano il confronto con amministratori e cittadini.

Sicuramente non è tutto oro ciò che luccica; anche nelle Regioni spesso si è assistito a scelte di governo discutibili e dettate da logiche politiche strumentali. La raffazzonata riforma del rapporto tra Regioni e Provincie ha in molti casi finito per rappresentare un ulteriore aspetto negativo per la gestione della materia caccia e dei processi autorizzativi e gestionali. Forse è anche vero che nell’attuale battaglia che vede oggi alla testa alcune Regioni, vi siano dei lati oscuri da analizzare meglio per evitare che il paese si trasformi in un entità che viaggia a due o più velocità. Obiezioni giuste queste come altre.

La cosa certa è che su temi di prospettiva come quello di cui sopra o sugli strumenti democratici come i referendum e le sue regole, non possiamo dimostrarci attori distratti ed inermi. Il mondo venatorio italiano ha bisogno di ricreare un pensiero alto e di prendere parte con orgoglio alla discussione sul futuro; una discussione che non possiamo delegare solo agli altri!

Arci Caccia: Un emendamento al giorno, basta trovare visibilità

In merito al parere espresso dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati sul disegno di legge sugli obblighi relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, il Presidente Nazionale Sergio Sorrentino ha dichiarato:

“L’emendamento dell’on. Giuseppina Occhionero, che mirava a rendere vincolante il parere all’ISPRA sui calendari venatori, ha visto il voto contrario espresso dalla maggioranza della Commissione, presieduta dall’on. Filippo Gallinella e l’astensione di una parte dell’opposizione. La nostra gratitudine per un parere negativo che, ci auguriamo serva a far riflettere. Quando e se l’emendamento sarà ripresentato in Aula, l’auspicio è che ne prevalga l’isolamento e vincano senno e ragione. L’interesse generale del Paese necessita di gestione della fauna selvatica e non di prediche ideologiche. Si può evitare lo snervante e costoso rito dei ricorsi ai TAR che le Regioni hanno vinto, assieme ai cacciatori, grazie anche ai dati raccolti da questi. Noi ci permettiamo di riproporre una soluzione duratura ed incontrovertibile già indicata più volte: l’ISPRA dia gli indirizzi, le regole, i parametri su cui tutti, tecnici, Università e Associazioni possano raccogliere i dati; e questi dati valgano sempre e dovunque. Altro che emendamenti, vincoli e divieti. Non servono agli italiani, ne siamo sicuri e allora: a chi giovano?”.

 

Roma, 20 febbraio 2019

Toscana: ANLC non firma il protocollo d'intesa con la Regione

LIBERA CACCIA TOSCANA NON FIRMA L'ACCORDO CON LA REGIONE TOSCANA

MOTIVAZIONI:

Oggetto : L.R.T. N°10/2016 detta “ Legge Obbiettivo”

Prendiamo atto che nonostante l'apparente concertazione sulla Legge Obbiettivo, praticamente niente in meglio, a nostro avviso, è stato cambiato, anzi. Per questo la Libera
Caccia, come tre anni fa esprime il suo parere NEGATIVO su questa legge che aumenterà ancora di più le distanze tra cacciatori, agricoltori e mondo politico. Staremo a vedere quando quegli agricoltori abituati a ricevere l'aiuto delle squadre del cinghiale per mettere recinzioni, fili elettrici ed altre opere di prevenzione danni, si sentiranno rispondere di rivolgersi ad altri, chi li aiuterà?

Di seguito riportiamo le nostre richieste alla Regione, ad oggi praticamente non ascoltate:

- Non autorizzare il foraggiamento per la caccia di selezione come riportato nel parere ISPRA del 9 gennaio 2019 e nelle modifiche della 157/92 riportate sul COLLEGATO AMBIENTALE pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 2016.

- Vorremmo una VERA caccia di selezione, come richiesto da ISPRA nella risposta al Piano di prelievo della specie cinghiale nelle aree non vocate per il periodo 2019/2021 del 9 gennaio 2019 ed anche nella risposta sul Piano di Controllo per la specie cinghiale, con piani di abbattimento eseguiti su censimenti certi, fatti per distretti e non per province, con periodi specifici per sesso e classi di età.

- Sospendere la caccia di selezione alle femmine di cinghiale per un periodo biologico che permetta i parti e l'accudimento della prole dal mese di aprile al mese di luglio;

- Limitare il periodo di validità di NUI al solo periodo di possibilità del danno, quindi quando non esiste più tale rischio il NUI deve automaticamente decadere, non è ammissibile tenerlo aperto 1 anno solare ;

- Siamo completamente contrari che venga concessa l'esclusività ai proprietari o conduttori di fondi di esercitare la CACCIA di selezione sui propri territori, se tale opzione venisse malauguratamente approvata, si richiede che eventuali danni ricadenti in tali zone, non siamo risarciti ;

- Assegnare alle squadre un'area di competenza, di almeno 400 metri a confine con le aree vocate (tale misura viene consigliata per una questione di praticità perché corrisponde al lato del quadrato costituito da latitudine e longitudine delle carte topografiche) oppure una zona delimitata da confini certi, di area non vocata al cinghiale, adiacente ai distretti, per una gestione e responsabilità totale. Quindi caccia di selezione con gli iscritti alle squadre del distretto, abbattimenti in regime di articolo 37 e disponibilità delle medesime in opere di prevenzione danni da concordare con l'agricoltore, del tipo recinti elettrificati realizzati prima delle semine e /o della maturazione del prodotto . Naturalmente il tutto sotto il controllo dell' ATC che potrà a suo insindacabile giudizio, là dove si manifestino delle carenze e/o mancanze, apportare modifiche temporali alla gestione di tale area. I DANNI all'interno di tali aree saranno comunque sempre a carico dall'ATC come avviene su tutto il territorio a caccia programmata ;

- Assegnare alle squadre le zone non vocate poste all'interno di più ampie aree vocate dove provvederanno ad effettuare gli interventi in selezione con I soli componenti delle squadre facenti parte del distretto ove è ubicata tale area ;

- Inserire una norma che permetta di aumentare il numero dei cacciatori ospiti presenti nella braccata e cioè la lista deve essere composta da almeno 10 iscritti alla squadra ed da 8 invitati in possesso dei requisiti specifici previsti, inoltre possono essere aggiunti ulteriori invitati anche senza resquisiti in numero non superiore a 30 ;

- Sarebbe auspicabile una direttiva che richieda in primis il coinvolgimento dei capo distretto e dei capo caccia delle squadre nella gestione dei contenimenti del territorio adiacente alle aree vocate, sia in zone interdette alla caccia sia aree non vocate ;

- Che tutti gli animali abbattuti in controllo con l'Art 37, sia selezione, girata o braccata siano portati ai Centri di raccolta, e quindi venduti affinché il ricavato sia utilizzato per risarcire i danni agli agricoltori sia le eventuali spese veterinarie per i cani impiegati negli interventi in girata e braccata, oppure ceduti gratuitamente a centri benefici ;

- Togliere l'obbligo di certificazione ENCI per i cani da cinghiale utilizzati durante gli interventi di braccata in controllo ;

- Specificare che la forma di caccia singola vuol dire 1 solo cacciatore e non un numero maggiore ;

- Nelle definizioni di area non vocata togliere la dizione “potenzialmente coltivabili" da rimettere a coltura”;

- Al fine di evitare danni alle colture agricole e conseguenzialmente allontanare gli ungulati dalle zone urbanizzate e dalle strade, scopo della Legge Obbiettivo, dovranno essere previsti come obbligatori dei Progetti di Miglioramento ambientale, da parte dell'ATC concordati con le squadre e gli agricoltori della zona, per il recupero di campi in disuso posti in zona vocata a debita distanza dalle aree coltivate.

Libera Caccia continuerà nella propria opera di rappresentante delle richieste del mondo venatorio ed invita le altre Associazioni Venatorie a dichiarare subito ed in maniera esplicita, la loro posizione, visto che alcune hanno già firmato con la Regione un protocollo dove accettano il prolungamento della legge Obbiettivo. Non vorremmo che accada, come in passato, che si possa giocare poi sull'ambiguità del "Anche noi lo avevamo detto".

Sisto Dati
Vicepresidente vicario Associazione Nazionale Libera Caccia

Normative

Ambiente

Enogastronomia

Attrezzatura