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Luca Gironi

Luca Gironi

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FIDC: CONSUMO DI SUOLO IN ITALIA. UN TREND PREOCCUPANTE

federcacciaSiamo arrivati alla pubblicazione dell’ottava edizione del “Rapporto sul consumo del suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (SNPA 2021) e purtroppo non ci sono novità positive rispetto ai report precedenti in quanto in Italia si continua a consumare e a degradare il nostro terreno agrario e naturale


Roma, 21 luglio 2021 – Il suolo. Una risorsa fondamentale per l’esistenza dell’uomo, difficile da ripristinare in caso di degrado e soprattutto non rinnovabile e pertanto destinata a non aumentare nel tempo. I dati relativi al 2020 mostrano infatti un elevato trend di consumo del suolo che l’anno scorso ha raggiunto un + 56,7 km2 di nuove superfici artificiali e che corrispondono a quasi 2 metri quadrati di terreno perso ogni secondo.
La cosa che sorprende di più è che il processo di urbanizzazione e il consumo del suolo non hanno un legame diretto con lo sviluppo demografico della popolazione. Le superfici artificiali sono infatti cresciute l’anno scorso malgrado i rallentamenti delle attività nel 2020 per pandemia e malgrado anche la flessione demografica della nostra popolazione nazionale. Oggi a livello procapite abbiamo raggiunto i 359 m2 di suolo perso per abitante, contro i 349 m2/abitante di 5 anni fa, mentre la copertura artificiale del suolo a livello nazione si è assestata al 7,11%; un valore assai elevato specie se confrontato con la media UE del 4,2%.
Perdita del suolo che non risparmia nessun’area geografica della nostra penisola, ma che comunque risulta più critica nelle aree urbane e periurbane e soprattutto a scapito delle aree agricole e della vegetazione erbacea. Ciò rende sempre più frammentati e isolati i residui di suolo libero intorno alle aree urbanizzate, che a loro volta diventano più vulnerabili alla futura urbanizzazione in quanto resi più accessibili. I dati confermano così una densificazione delle aree urbane, per questa perdita continua di superfici naturali interne e limitrofe, che rende le nostre città sempre più compromesse e poco sostenibili in quanto meno efficienti in termini di regimazione delle acque e di mitigazione del clima locale.
Il consumo del suolo è risultato inoltre particolarmente accentuato in alcune regioni in particolare della pianura del nord come Lombardia e Veneto, ma elevato è stato anche in tutta la costa (in particolare la costa adriatica, la costa siciliana e nella Puglia meridionale) e in tutte le principali città metropolitane. Non si sono risparmiate nemmeno le aree vincolate a tutela paesaggistica, ad elevata pericolosità idraulica e di frane e nemmeno le aree ad alta pericolosità sismica. Tutte queste delicate aree hanno infatti subito ingenti perdite di suolo, nell’ordine di oltre 4 mila ettari rispetto all’ultimo anno.
Il pericolo di tutto ciò va letto chiaramente anche nella perdita di superfici naturali ed agrarie e soprattutto come una più complessa perdita di servizi ecosistemici che vengono forniti dal suolo e che vanno dalla produzione agraria allo stoccaggio di carbonio, dal controllo dell’erosione alla regolazione del microclima, dalla rimozione di particolato e ozono alla regimazione e regolazione del ciclo dell’acqua, a cui si aggiunge il più complesso valore in termine di qualità stessa del nostro ambiente.
Un danno economico che è stato anche quantificato in termini monetari e si stima intorno ai 3 miliardi di euro ogni anno a livello nazionale.
Tutto ciò premesso c’è da chiedersi quali potranno essere gli scenari futuri.
Sicuramente saranno pessimistici se continuiamo con questo trend e se continuiamo a non dare ascolto a questi rapporti. Con queste velocità siamo inoltre lontani dal raggiungimento del consumo zero del suolo previsto a fine decennio dall’Agenda 2030, ma soprattutto i costi che dovremmo sostenere per compensare la perdita di tutti i servizi ecosistemici mancati raggiungerebbero un valore complessivo nel periodo compreso tra il 2021 ed il 2030 di quasi 100 miliardi di euro.
Inutile sottolineare che bisogna fare qualcosa e soprattutto nell’immediato. Prima di tutto servirebbe una norma a livello nazionale sul consumo del suolo che ne regolamenti l’utilizzo e intervenga sul ripristino delle superfici degradate (un disegno di Legge è stato presentato al riguardo, ma è ancora in discussione al Senato da alcuni anni).
Al contempo servirebbe anche una maggiore consapevolezza di tutta l’opinione pubblica sulla problematica della tutela del suolo in quanto, in tematiche ambientali, è troppo spesso distratta e interessata ad altre questioni più coinvolgenti dal punto di vista emotivo e di cui purtroppo il consumo del suolo non sembra fare parte.
Per approfondimenti: https://www.snpambiente.it/2021/07/14/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2021/
Ufficio Studi e Ricerche Faunistiche e Agro-Ambientali Federcaccia

Carne di selvaggina per solidarietà alimentare, prima consegna al Banco alimentare toscano

logo regione toscanaE’ prevista per oggi, mercoledì 21 luglio, alle ore 9.30, nella sede del Banco alimentare di Firenze, all’interno del Mercato ortofrutticolo

Si tratta della prima consegna di un lotto di carne di selvaggina cacciata, in seguito all’impegno congiunto degli assessorati regionali alla salute e all’agroalimentare, delle Asl, degli Ambiti territoriali caccia toscani e del settore venatorio.
Questa iniziativa benefica è progettata e finanziata dalla Regione Toscana con la delibera di Giunta 1147 del 2020 ed è finalizzata al sostentamento delle famiglie in difficoltà, anche a causa della particolare congiuntura sanitaria ed economica.

Interverranno gli assessori regionali alla salute, Simone Bezzini e all’agricoltura Stefania Saccardi, il presidente del Banco alimentare toscano Leonardo Berni, il coordinatore degli Ambiti territoriali caccia toscani Roberto Vivarelli, alcuni rappresentanti delle Aziende sanitarie locali, i dirigenti dei settori regionali interessati (Prevenzione collettiva e Attività faunistico-venatoria).

E’ prevista, inoltre, la presenza di rappresentanti dei Lions Clubs locali, che – in sinergia con il Banco e i Centri di lavorazione selvaggina coinvolti nell’iniziativa – hanno finanziato una fase post-produttiva che permette, attraverso il surgelamento, di allungare i tempi di conservazione della carne confezionata.

FIDC: PER LE ASSOCIAZIONI ANTICACCIA L’EUROPA CONTA SOLO A PIACIMENTO

federcacciaSempre pronti a richiamare l’Europa per ridurre tempi e specie, per la tortora selvatica invece non bastano i pareri della Commissione: il solito gruppo di associazioni anticaccia utilizza ancora una volta le bugie e la mistificazione come strategia contro i cacciatori

Roma, 17 luglio 2021 - Le solite sigle animal-ambientaliste hanno inviato una lettera alle Regioni Italiane in cui chiedono, sulla base di argomentazioni errate o superate, il divieto di caccia alla tortora selvatica per la prossima stagione venatoria.
Incredibilmente tali sigle omettono la decisione conclusiva concordata a livello europeo nel Gruppo di Lavoro Internazionale per il Prelievo Adattativo sulla tortora, formalizzata nei documenti della Commissione Europea disponibili al pubblico nel sito https://circabc.europa.eu. Una decisione che ha stabilito per l’areale europeo centro-orientale il mantenimento della caccia a questo selvatico nel corso della prossima stagione con un prelievo ridotto del 50% rispetto agli anni precedenti.
La decisione è quindi la continuazione della caccia alla specie con queste prescrizioni e non il divieto.
L’Italia è inserita nell’areale centro-orientale con tutte le regioni ad eccezione di Piemonte e Liguria che fanno parte dell’areale occidentale, dove la proposta della Commissione (non concordata) è di sospensione del prelievo.
Federcaccia sta lavorando a fianco delle Regioni italiane per far recepire entrambe le decisioni europee e la gran parte delle Regioni sta emanando calendari che riducono della metà il prelievo massimo stagionale (10 capi invece di 20), le giornate di pre apertura e il periodo di caccia dopo la terza domenica di settembre. Così, ad esempio il Veneto ha ridotto a 10 capi il carniere stagionale, lo stesso ha fatto la Basilicata e così l’Abruzzo. Altre Regioni seguiranno questa proposta riducendo anche le giornate di preapertura.
Indubbiamente un sacrificio, ma comunque preferibile all’assoluto divieto di prelievo e in ogni caso una riduzione che interesserebbe solo questa stagione in attesa di rivedere i dati.
Questi i fatti, evidentemente non graditi alle sigle anticaccia sopra citate che, colpite nel segno in una delle loro battaglie ideologiche, cercano maldestramente di minacciare gli Assessori e i Funzionari regionali o di dare una giustificazione a quelli allineati con le loro idee: un comportamento a dir poco vergognoso, che allontana sempre di più il loro mondo dalle Istituzioni, da una società correttamente informata e dalla possibilità di dialogo per la conservazione della biodiversità.
Federcaccia si è già attivata presso le Regioni Italiane sollecitando il recepimento della proposta della Commissione e invitandole a non tenere in considerazione le argomentazioni inconsistenti e tendenziose presenti nella lettera a firma delle sigle anticaccia.


Ufficio Stampa Federazione Italiana della Caccia

Il Presidente Nazionale Arci Caccia Maffei scrive a Michele Serra per complimentarsi per l’articolo scritto “in memoria” del cane Uno

Nello scorso mese di Giugno, nella Rassegna Stampa del proprio sito, Arci Caccia ha segnalato un bell’articolo scritto da Michele Serra su Repubblica. L’articolo che potete trovare a questo link, https://www.arcicaccianazionale.it/rassegna-stampa-da-repubblica-in-memoria-di-uno-il-cane-ucciso-dai-lupi-per-salvare-il-gregge/, racconta la storia di Uno, un cane pastore morto nel tentativo di difendere il gregge dall’attacco dei lupi. Colpito dal contenuto dell’articolo che apre una riflessione, mettendo al centro, una volta tanto, il cane anziché il lupo, il Presidente Nazionale Arci Caccia ha inviato al giornalista una lettera di apprezzamento a cui sono seguiti i ringraziamenti di Michele Serra:

Gentile Serra,
le esprimiamo il convinto compiacimento per il ricordo di “UNO” nel suo articolo su La Repubblica del 17 giugno. Altri da Lei, non ne dubitiamo, vorranno leggere la mia come strumentale tentativo a sostegno della caccia al Lupo quale prospettiva alla quale guarda un dirigente del mondo venatorio, ancorché di nuova generazione. FALSO. Il bracconaggio lo contrasto senza remore, perplessità o retropensieri. Tantomeno il mio amore per il cane e il dispiacere per la cruenta morte, tra i tanti amici fedeli, di “UNO” mi spingono a non fare il tifo per i lupi. W il Lupo! Le esprimo l’apprezzamento per il suo articolo essendo convintamente un seguace dell’arte di Diana. Non vedo contraddizioni. Chi pensa che il diritto di parola sia riservato ad una élite ristretta di titolati … se ne farà una ragione. Necessita agevolare una riflessione di merito, pubblica e senza veti pregiudiziali e fare. Indispensabile è l’operatività per affrontare, con rapidità, pacatezza e ragionevolezza nello specifico, il tema. La valorizzazione della biodiversità e con essa la necessaria conservazione dell’attuale patrimonio dei lupi è da contestualizzare alla tutela della attività zootecniche degli uomini, dei cani e degli altri animali, anche allevati, che sono attori indispensabili del nostro “bel Paese”. L’Italia dell’ARTE dei centri urbani piccoli e grandi, ma anche quella delle campagne, la qualità della vita con la Pandemia – e Lei ne ha scritto – è da ripensare profondamente e non sarà da ricercare solo nelle grandi metropoli. “Decongestionare” le presenze nei grandi centri urbani è anche il trasferimento libero e consapevole di donne e uomini nei borghi più o meno piccoli. La “convivenza condivisa” tra specie selvatiche, allevate e uomo sapiente, è questione di “conciliazione”, di rapporti. Questa è responsabilità politica di governo della cosa pubblica, del bene comune. Sarà utile che le “proteine” sane e non inquinanti di animali vissuti in libertà e allo stato brado integrino l’alimentazione, magari a chilometro zero, dei nuovi, futuri cittadini di campagna in sostituzione degli allevamenti intensivi (abolendo quelli fuori legge), togliendo così qualche boccone selvatico ai lupi, sostituendolo con una “alimentazione” organizzata e “servita” dall’uomo che non derivi dall’aggressività del lupo cattivo che c’è solo nella favola di Cappuccetto Rosso. Potrà concorrere l’attività degli Enti gestori della fauna selvatica in Aree Protette e non con un maggiore presidio preventivo, “comandati dalla scienza”. Parte della tassazione nazionale anche quella dei cacciatori e non solo, potrebbe tornare agli enti per prevenire i danni, anche quelli mortali che hanno portato via UNO. Quell’uomo che cacciava, caccia e caccerà per alimentarsi ma che, superando errori, dovrà farsi carico – anche nella predazione – della vita degli esseri viventi tutti. Odio, scontri che contraddistinguono oggi qualsiasi approccio al “diverso”, sia immigrato, sia altra specie, o sia cacciatore, che pensi in altro modo dalla cultura fondamentalista dominante, hanno aggravato una politica ambientale che è in un vicolo cieco. Sindaci che volevano sparare agli immigrati come lepri, protezionismo antiumano o “killer”, delinquenti che propongono di sparare ai lupi dagli elicotteri. Sempre odio, quello che offusca la ragione che sempre più pare una parola astratta. Quel convincimento ironico del contagio tra uomini rissosi e guerrafondai e animali selvatici che potrebbe far presagire che cinghiali e gabbiani abbiano più titoli della specie “politici” di candidarsi Sindaci, non sarà poi così incredibile!! Se ci sarà politica della ragione questa sarà progressista oppure la povertà potrebbe crescere ulteriormente e, in particolare per i giovani, ma non sarà un problema dell’uomo lupo di ieri, di oggi e, peggio ancora, di domani.
Cordialmente
Christian Maffei

IMMAGINE LIBRO MICHELE SERRA 211x300Consigli di lettura:

Per gli amanti delle storie a sfondo naturalistico, segnaliamo questo bel libro di Michele Serra dedicato ai più giovani e ne lasciamo la descrizione alla recensione fatta dall’agenzia ANSA:

E poi la stupefacente potenza dei sentimenti, che possono sorprenderci a ogni età e la cui semplicità è un valore da riscoprire. Sta tutto in una carezza il senso di “Osso”, la favola per ragazzi, ma in fondo senza età, scritta da Michele Serra per Feltrinelli e impreziosita dalle illustrazioni di Alessandro Sanna. Al centro della storia c’è un vecchio solo e stanco che un giorno, nel giardino della sua casa situata vicino a un bosco, vede apparire un cane denutrito e affamato. Il vecchio, che ormai si emoziona solo quando trascorre del tempo con la sua nipotina, non ha mai avuto un cane e non sa come comportarsi: segue l’istinto e gli dà da mangiare, poi coltiva con pazienza e un po’ di speranza la possibilità di prendersene cura. Ma il cane, a cui la nipotina dà il nome di Osso, appare e scompare: forse deciderà di restare, ma non prima di aver riscoperto la fiducia verso gli uomini. Breve e intensa, questa storia per piccoli lettori non ha colpi di scena né grandi avventure, ma è un condensato di emozioni forti: “La solitudine di un uomo e di un cane trovano un incastro casuale: è vero, è un libro immobile in cui accade pochissimo, ma in realtà un piccolo movimento c’è, quello di una carezza. Mi ha emozionato scrivere proprio pensando alla carezza che il vecchio dà al cane, un grande avvenimento che chiude un cerchio”, dice Michele Serra intervistato dall’ANSA. Al suo esordio nella narrativa per ragazzi, l’autore ammette di esser stato all’inizio “spaventato da questa esperienza inedita perché avevo paura di scrivere concetti troppo complessi, poi però mi ha stimolato l’idea del libro illustrato, con un artista che desse colori e fisionomia alle parole”. Nel libro la natura è vibrante, con il bosco che è protagonista accanto al vecchio, alla nipote e al cane. C’è un pensiero ecologista dietro a questa scelta? “L’ecologia è troppo di moda, solo per questo risponderei di no”, dice con una battuta, “di certo c’è però una riflessione sulla natura: l’ho raccontata non come idillio o acquerello ma come qualcosa che è molto più potente dell’uomo.
La natura è vita ma anche morte, caccia e predazione: ho cercato di dirlo in modo non respingente, ma non bisogna sottovalutare i ragazzi: ho voluto trasmettere l’idea di un bosco che è insieme luci e ombre, un luogo attraente e pauroso al tempo stesso, proprio come appare negli archetipi delle fiabe. Noi siamo dentro alla natura, ne siamo parte, godiamo della sua meraviglia ma patiamo della sua durezza e la pandemia in questi ultimi mesi ce lo ha dimostrato”. Nel libro sceglie un cane forse poco attraente, molto malridotto e denutrito, ma che con il suo comportamento “animale” dimostra da un lato l’appartenenza alla natura dall’altro l’elemento cardine che, da tempi immemori, lega i cani all’uomo, ossia la fiducia. “Il marketing del pet certo non parla di Osso, che non sarebbe mai scelto come testimonial di articoli per cani. Ma è per questo che mi piace: io ho cani e gatti e amo il fatto che siano bestie”, afferma, “la bambinizzazione degli animali domestici, sostitutivi dei bambini che non si fanno più, non mi piace. Le bestie sono bestie ed è il motivo per cui le trovo straordinarie. Dovremmo riscoprire il contatto con il mistero, cani e gatti sono eredi del lupo e della tigre”. Ma nel libro c’è anche la figura di un uomo anziano innamorato di sua nipote: un rapporto che lei descrive con grande delicatezza e nessuna retorica. “Quello tra nonni e nipoti è un rapporto speciale, semplice e ingenuo, alleggerito dal carico simbolico che invece c’è in quello tra figli e genitori. I nonni e i nipoti sono gli estremi della vita che si toccano e si tengono per mano: anagraficamente, non retoricamente, è davvero il cerchio della vita”, dice ancora, “in questa storia mi sono proiettato anche io: vivo in un modo non troppo dissimile dal protagonista, soprattutto nel mio legame con il bosco. Ho scelto un protagonista vecchio per dare un’immagine di stanchezza non fisica ma piscologica. Quest’uomo pensava di non dover scoprire più niente, e invece il bosco è carico di sorprese”. (ansa)

VENETO: AL VIA IL CALENDARIO VENATORIO DELLA STAGIONE 2021-2022. LA STAGIONE SI APRIRA’ DOMENICA 19 SETTEMBRE CON ALCUNE GIORNATE DI PREAPERTURA E TRE GIORNI SETTIMANALI DI CACCIA

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venetoAL VIA IL CALENDARIO VENATORIO DELLA STAGIONE 2021-2022. LA STAGIONE SI APRIRA’ DOMENICA 19 SETTEMBRE CON ALCUNE GIORNATE DI PREAPERTURA E TRE GIORNI SETTIMANALI DI CACCIA
giovedì 15 luglio 2021

La Giunta regionale del Veneto ha approvato il “Calendario Venatorio della Stagione 2021-2022”, su proposta dell’Assessore alla Caccia, Cristiano Corazzari, col parere positivo dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).

 

Secondo il nuovo calendario, la stagione aprirà domenica 19 settembre e, si chiuderà, lunedì 31 gennaio 2022. Il calendario prevede, inoltre, anche per quest’anno alcune giornate di preapertura (1, 2, 4, 5 e 6 settembre) per le specie merlo, ghiandaia, gazza, cornacchia nera e cornacchia grigia. Viene confermata la caccia al colombaccio, nelle due giornate di preapertura dell'1 e 2 settembre, anche in considerazione del buono stato della popolazione nel territorio regionale. Via libera anche per la preapertura alla specie tortora nelle giornate del 1 e 2 settembre prossimi.

 

Il calendario venatorio specifica le specie ammesse a prelievo ed i relativi periodi di caccia; il numero delle giornate settimanali di caccia, che non può essere superiore a tre, con possibilità di libera scelta al cacciatore, ad esclusione dei giorni di martedì e venerdì, con integrazione di due giornate per la sola caccia alla fauna migratoria da appostamento nei mesi di ottobre e novembre; il massimo giornaliero e stagionale di selvaggina presa e l’ora di inizio e di termine della giornata venatoria.

 

“Anche quest’anno – ha dichiarato l’Assessore regionale alla caccia, Cristiano Corazzari - il lungo e approfondito lavoro istruttorio, ha prodotto un calendario equilibrato, rispettoso dell’ambiente, delle normative europee e nazionali, della consistenza numerica delle diverse specie e del diritto dei cacciatori ad esercitare la loro passione”.

 

Si evidenzia che, anche per la prossima stagione venatoria, viene confermata la caccia alla tortora nelle prime due giornate di preapertura, per consentire, da un lato, ai cacciatori di prelevare la tortora e, dall’altro, alla Regione di far rispettare le norme previste dal calendario definendo un carniere giornaliero stagionale pari a 10 capi per cacciatore.

 

Particolare rilevanza riguarda anche la questione della caccia al Moriglione, che sulla base di quanto accaduto nella passata stagione, ha visto soccombente nella parte che prevedeva il prelievo della specie in parola, in sede di Tribunale amministrativo, non solo il calendario del Veneto ma i calendari di tutte le Regioni italiane.

 

Riguardo la selvaggina stanziale, l’Amministrazione regionale ripropone un calendario unico a livello regionale, senza differenziazioni tra i diversi territori provinciali e tra ambiti territoriali di caccia. Questa scelta consente di semplificare e razionalizzare l’attività venatoria in Veneto.

 

Infine, la caccia agli ungulati (daino, camoscio alpino, capriolo, cervo, muflone) è autorizzata e regolamentata dalle sedi territoriali, la cui area ricade in tutto o in parte nella zona faunistica delle Alpi. Negli altri territori, non compresi nella zona faunistica delle Alpi, è consentito solo il prelievo selettivo, basato su piani di abbattimento qualitativo e quantitativo, autorizzati e regolamentati dalle sedi medesime.

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