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Cacciando

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AREZZO, PROCESSO “FAGIANI D’ORO”, TUTTI ASSOLTI. ATC TOSCANI, STORIA DI UNA CAMPAGNA DIFFAMATORIA

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 “Il fatto non sussiste”: ad Arezzo sono andati tutti assolti gli imputati dell’inchiesta sui “fagiani d’oro” che aveva coinvolto i vertici del vecchio ATC 3 aretino, a partire dal presidente Giorgio Kiatowiatovski, il segretario generale della provincia Gabriele Chianucci e il titolare della ditta fornitrice. Caduta l’accusa di aver pilotato una gara d’appalto per la fornitura di fagiani, la Procura incassa una seconda sconfitta, dopo quella sui compensi ai presidenti ATC, su cui si era espressa anche la Cassazione confermando il non luogo a procedere.

Un esito che premia chi ritiene che si debbano attendere le sentenze e dovrebbe insegnare qualcosa a chi ha pensato che, la semplice apertura di una indagine, fosse l’occasione giusta per gettare discredito sul lavoro degli ATC che in Toscana hanno espresso punte di eccellenza nazionale.

La calunnia è un venticello, si sa e chi mesta nel torbido conta sul fatto che alla fine, nella mente dei cittadini, restino le giornalate dai titoli roboanti, le accuse ripetute negli incontri e nelle riunioni da qualche dirigente di associazioni venatorie convinte di guadagnare così qualche tessera. Non ci attendiamo che costoro facciano ammenda ma contiamo che i cacciatori ed i cittadini, grazie anche a questa esemplare vicenda, possano meglio riconoscere imbonitori e cattivi profeti che purtroppo ancora popolano il mondo venatorio e in qualche caso, ahimè, anche le istituzioni.

Un monito a chi, a processo ancora in corso, ha pensato di utilizzare questi fatti per uso di bottega.

 (www.ladeadellacaccia.it)

Toscana: Bufera sulle nomine Ekoclub all'ATC di Pistoia

Si è appena insediato l'ATC Pistoia 11 e già cominciano i problemi. Infatti, uno dei rappresentanti nominati dalla Fidc, Patrizio Zipoli, ha inviato, tramite il proprio legale, una lettera al Consiglio e alla Giunta Regionale denunciando iregolarità nella documentazione presentata dall'Associazione di Tutela Ambientale Ekoclub per ottenere il posto in ATC. A questo punto la palla dovrà passare alla politica, direttamente direttamente interpellata, e soprattutto alla magistratura, chiamate a verificare la veridicità di questa vera e propria denuncia.

 

Riceviamo e Pubblichiamo

CCT: PER L'EMERGENZA CARNIERI, RIPARTIRE DALLA GESTIONE

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Sarà a lungo ricordata questa stagione venatoria e, stando alle notizie che giungono quotidianamente dal territorio, non certo per le buone nuove.

I mesi che hanno preceduto l’apertura sono stati caratterizzati da più d’un evento nefasto per la fauna e la caccia ed è davvero difficile stabilire primati. Certo il tempo, decisamente anomalo e caratterizzato dalla gran siccità, ha fatto la sua parte. Poi ci sono stati gli incendi, con numeri drammatici e mai così tanti ettari devastati. Ma come negare un posto di rilievo alla Regione Toscana che, senza false modestie, c’ha messo del suo?

Si pensi alla famigerata legge obiettivo per la gestione degli ungulati ed ai risultati risibili conseguiti nel controllo del cinghiale, che non danneggiano solo gli agricoltori, in questi tempi particolarmente e legittimamente irritati da questa situazione ma non sempre lucidi nell’individuare responsabilità e rimedi. La biodiversità a rischio non è solo uno slogan ma sta diventando una realtà e la presenza abnorme di ungulati determina una obiettiva difficoltà di incentivare la presenza della piccola selvaggina stanziale.

Ma poi, in ordine di apparizione, c’è stato e c’è il clima di grande incertezza attorno all’insediamento ed alle competenze assegnate agli ATC che ha impedito una corretta ed efficace programmazione degli investimenti destinati alla gestione faunistica. Organismi questi chiamati a svolgere un ruolo decisivo a partire dalle Zone di Ripopolamento e Cattura. Per queste ultime, complici anche gli schiamazzi di certo ambientalismo becero, non si è riusciti a garantire provvedimenti adeguati di controllo dei predatori, volpe in primis, decisivi per la produzione di piccola selvaggina.

Sarebbero divertenti se non fossero decisamente fuori tema e fuori tempo massimo, i bla bla sulla necessità di miglioramenti ambientali, ascoltati in un recente “convegno”; dove i colleghi di alcune associazioni venatorie, hanno steso il red carpet all’Assessore Remaschi accolto in veste di special guest ed hanno rinunciato ad una pur minima critica all’operato della Regione glissando sulle numerose emergenze esistenti.

La Confederazione Cacciatori Toscani è convinta che dalla buona gestione si debba ripartire: con il tempo ed i suoi capricci certo è difficile discutere ma la Regione può e deve sostenere lo sforzo del mondo venatorio; per la caccia ma anche nell’interesse dell’ambiente, della biodiversità, della sicurezza e della tutela dei redditi agricoli.

Lepre ambiente e siccità


Si fa un gran parlare in questa torrida estate del disagio della fauna selvatica. Tuttavia, se c’è un animale al quale la siccità giova, quello è senz’altro la lepre. La lepre essendo un animale originario delle steppe euroasiatiche, si adatta abbastanza bene ad ambienti siccitosi.
Ciò che maggiormente danneggia questo animale è, infatti, l’esatto contrario: l’umidità. Non a caso i mesi dell’anno nei quali si registrano le maggiori perdite di lepri sono proprio novembre e dicembre, ovvero i mesi più umidi. Guai a lasciare, ad esempio, le lepri all’interno dei recinti di ambientamento e/o di allevamento durante la stagione delle piogge. Questa autentica cavolata si paga nella stragrande maggioranza dei casi con il rinvenimento di elevate quantità di soggetti morti.
Le primavere e le estati piovose sono dunque da considerarsi per i leprotti alla stregua di una vera e propria iattura. Non a caso le lepri fanno di tutto per evitare ambienti con forti ristagni di acqua e i terreni, come quelli argillosi, che prolungano la permanenza dell’acqua sul terreno.
L’avversione, se così ci si può esprimere, per l’umidità che manifesta la lepre è fortemente legata alla sua estrema vulnerabilità nei confronti delle parassitosi intestinali e delle infezioni polmonari. Tutte patologie legate, appunto, agli effetti indotti nell’organismo della lepre da forti precipitazioni e prolungati ristagni dell’acqua sul terreno.
L’eccezionale siccità che quest’anno ha caratterizzato la primavera e l’estate nel nostro Paese, ed in particolare nel centro-sud, non dovrebbe aver danneggiato più di tanto la riproduzione naturale delle lepri. Al contrario, può ragionevolmente aver ridotto il tasso di mortalità giovanile.
D’altra parte, le esigenze idriche della lepre sono tali che essa è in grado di soddisfarle tramite la normale assunzione di foraggio verde, reso ancor più ricco d’acqua dalla semplice rugiada.
Ciò detto, se ci soffermiamo per un momento a riflettere sui cambiamenti in corso negli ambienti collinari, non possiamo fare a meno di osservare come, a seguito dell’abbandono più o meno marcato della cerealicoltura e in conseguenza dell’adozione delle misure agroalimentari dell’Unione Europea, si sia venuta formando in queste aree una sorta di vera e propria prateria. Vasti ambienti agricoli lasciati a riposo colturale, se non addirittura abbandonati, hanno dato luogo ad una realtà del tutto nuova. Se ritorniamo con la mente ai deserti arativi che un tempo non tanto lontano caratterizzavano i terreni cerealicoli e che riducevano in modo drastico le possibilità di alimentazione delle lepri per il lungo periodo compreso tra l’autunno ed il tardo inverno, è del tutto evidente che le condizioni di vita della lepre sono profondamente cambiate. La stessa adozione in tanti vigneti D.O.C.G. di un tappeto erboso di leguminose per contrastare le erbe infestanti ha indubbiamente favorito le lepri. Se non altro assai più dei diserbi!
Però attenzione! Tutto questo, pur favorendo indubbiamente le popolazioni di lepri (e il contenuto aumento dei carnieri lo dimostra), non ha certo indotto un vero e proprio boom demografico della specie. Le lepri, infatti, raggiungono le loro maggiori densità nelle arie ad elevata variabilità ambientale, così come era la campagna prima dell’industrializzazione dell’agricoltura, non certo negli ambienti monotoni quali appunto le praterie o le steppe.
Ovviamente la lepre non è l’unico animale ad essersi avvantaggiato di questi cambiamenti ambientali. C’è un’altra specie che ne è stata favorita in misura ben superiore alla lepre : il capriolo. Un animale, quest’ultimo, assai meno dipendente dalla variabilità ambientale. A questo piccolo cervide va benissimo la prateria in quanto tale e il suo prodigioso sviluppo demografico lo testimonia. C’è invece una specie, ahinoi granivora, che è stata pesantemente sfavorita dalla drastica riduzione dei terreni coltivati a cereali: il fagiano. E anche questo si vede. Eccome si vede!

Roberto Mazzoni della Stella

Arci Caccia Toscana: Considerazioni sull'apertura del coordinatore provinciale di Arezzo

Riceviamo e pubblichiamo


In merito all’apertura generale del 17 settembre Giancarlo Zaraffi Responsabile dell’ARCI Caccia di Arezzo e Consigliere Nazionale ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Si torna a caccia e questa volta con i nostri fedeli amici, i cani. Si rinnova la festa della vita delle nostre belle ed invidiate campagne.

Con noi è la speranza di belle giornate e di tanti “incontri”. Abbiamo consapevolezza dei molti errori commessi dagli ATC nella gestione e che, ha confermato la prova dei cani. I ripopolamenti sbagliati per la piccola selvaggina potrebbero essere premonitori di magri carnieri. È insito nel cacciatore non disperare, andremo a caccia fiduciosi. Sarà impegno dell’ARCI Caccia battersi nei nuovi ATC per eliminare le ombre e i limiti che hanno impedito quella gestione virtuosa e gratificante storicamente propria della provincia di Arezzo. Che chi come me ha avuto il piacere di vivere quella stagione da cacciatore e volontario impegnato nel mondo venatorio non può che rimpiangere. Purtroppo per interessi meno venatori, è andata dispersa. C’è necessità urgente di sgomberare il campo dai tatticismi di sopravvivenza della FIDC e degli ex ARCI Caccia che condizionano e hanno penalizzato l’attività unitaria per organizzare “matriosche” utili solo alle annessioni che ancora, malgrado siano comprovate dai fatti, si continuano a negare. Con lo scopo di arricchire la “dote” utile a chi di caccia vive, ma non a migliorare i carnieri anche di quella piccola selvaggina, che è cultura per gli aretini.

Nel mondo venatorio urge sincerità e trasparenza.

Un esempio la propaganda sulle modifiche alla legge sulle aree protette. Se salteranno le modifiche alla legge sarà perché il mondo ambientalista ha presentato oltre 1000 emendamenti, certo non filo caccia, attraverso i parlamentari che fanno ostruzionismo. Non per merito del mondo venatorio isolato e inascoltato che si compiace di conferenze stampa per appropriarsi di falsi titoli. Vendere fumo è pratica squalificante. Le pratiche di annessione sono concluse, speriamo si torni a lavorare per la caccia. Il cambio di nome annunciato dalla FIDC/ARCT per farne una delle diverse tessere FIDC produca non solo una “faccia” unica con gli “annessi”. Le responsabilità e l’attesa di risultati che fanno capo alla FIDC per i numeri e gli uomini messi in campo con varie sigle negli ATC aretini, non possono essere nella vita e nel futuro di enti che sono i soli che permettono la caccia popolare e sociale.

Si scioglierà la FIDC nazionale, come annunciato dai federcacciatori/ARCT sui social? Sarà solo CCT il nuovo nome di Federcaccia e annessi? Il tutto per consolidare i mali della gestione faunistica?

Intanto in Bocca al Lupo ai federcacciatori di tutte le sezioni, anche di quella FIDC/ARCT. A quanti sanno di essere iscritti e a chi sembra lo stia scoprendo in questi giorni. In Bocca al Lupo ai componenti di tutte le altre associazioni.

Preparare, unitariamente tra le associazioni venatorie nazionali presenti in Toscana un 2018 che sia venatoriamente gratificante, è l’ambizione che vorremmo realizzare condividendola con la più ampia platea possibile.

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