Vini di Umbria e Lazio
- Scritto da Giovanni Damiano
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San Martino beve il buon vino
e lascia l’acqua per il mulino
proverbio
Anche se l’Umbria non è così importante per la quantità delle sue produzioni vinicole, certamente eccelle per l’ottima qualità dei suoi vini, con l’Orvieto che, pur essendo un vino bianco, dà lustro alla Regione ben oltre i confini della stessa, o come i rossi Torgiano o il Montefalco Sagrantino. Di solito proposto nelle caratteristiche fiaschette a forma di cipolla, note come "pulcianelle", è ancora più piacevole assaporarlo nelle fresche cantine scavate nei tufi delle colline orvietane.
Quando, dopo la fase comunale e signorile, buona parte dell’odierna Umbria passò sotto il dominio pontificio furono emanate tutta una serie di severe disposizioni per regolamentare il commercio e la somministrazione di vini. Le più antiche sono quelle del comune di Perugina (risalenti al 1.342) che furono trascritte in latino ed in volgare, affinché potessero essere conosciute da tutti: dai massai, come dai gabellieri e ufficiali incaricati di farle rispettare. Gli articoli comunali sono abbastanza simili a quelli di altre regioni: si proibiva la vendita del vino il venerdì santo e, in tutti i giorni dell’anno, quando cominciava a calare la notte e il suono della campana avvertiva gli abitanti che era ora di rincasare. Gli osti dovevano dimostrarsi attenti e scrupolosi, vendendo il vino prescritto, nella quantità giusta ed al prezzo stabilito a livello locale. Era previsto un indennizzo a loro favore dovuto alla rottura di brocche e boccali da parte di avventori euforici o distratti, ma le disposizioni erano molto severe in caso di adulterazione o fraudolenta quantificazione del vino somministrato. Le unità di misura più diffuse erano il petito (un boccale da 2,27 litri) e la già citata fojetta (corrispondente a 0,56 litri).
‘l vino da calore d’inverno
refrigerio d’estate
proverbio umbro
Torgiano
Il vino, presente sia in versione bianca che rossa, prende il nome da un piccolo paese agricolo prossimo a Perugia, alla confluenza del Tevere con il fiume Chiascio. Suggestivo borgo fortificato su cui spicca un’antica torre (Torre di Giano, da cui il nome?), era sotto il dominio della famiglia dei Baglioni. Dalla sommità di queste colline si scorge in lontananza Assisi, che riporta con la mente al Santo Francesco ed alla sua vita dove, in molti episodi, è presente il vino e la vite, non solo come elemento della liturgia religiosa. Si narra infatti che, all’inizio dell’autunno, un fraticello del Santo cade infermo: Francesco lo condusse quindi in una vigna, a mangiare dell’uva e gustandola lui stesso. Il confratello del Patrono d’Italia si ristabilì, divenendo in breve perfettamente sano. Ed anche nella ricchissima arte locale l’immagine della vite e del vino è molto presente, come in Nicola e Giovanni Pisano, nei rilievi della Fontana maggiore di Perugina, con ben quattro formelle.
Il Torgiano rosso, in versione riserva, si ottiene da uve Sangiovese e da altre a bacca rossa, come il Lanaiolo e Trebbiano Toscano; ha colore rosso rubino, che con l’invecchiamento assume riflessi rubino-granato. Il profumo è vinoso, ma delicato, che ha sentori di mandorla con l’invecchiamento; ha sapore asciutto, armonico e di giusto corpo. Raggiunge tranquillamente i 13° e può essere affinato in botti. Questo vino nella versione rossa riserva ha la necessità di un giusto invecchiamento (minimo tre anni) avendo il suo maggior pregio in un gusto asciutto e particolarmente gradevole al palato e nel profumo che, nella quiete delle cantine di tufo, si esalta con il trascorrere degli anni, sino a diventare un vero aroma, asciutto e delicato. In cucina si abbina perfettamente agli arrosti di selvaggina nobile, come cervo e cinghiale, ma anche agli spiedi di volatili ed al pollame. Ottimo anche con i formaggi a pasta dura, va servito ad una temperatura di 18-20°.
Il Montefalco Sagrantino
E’ un vino prodotto nel territorio di alcuni Comuni umbri posti a sud di Perugia, tra cui Montefalco, da cui prende il nome. E’ prodotto sia in versione rossa che passita, dalla lavorazione delle uve dell’omonimo vitigno. Nella versione secca, ha colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei, tendenti al granato con l’invecchiamento; ha sapore asciutto e sapido; delicato all’olfatto con sentori di mora. Raggiunge senza problemi i 13°. Molto indicato con gli splendidi piatti della cucina regionale, si adatta a tutte le carni (da quella del suino, al capretto ed all’agnello, a tutte le portate di selvaggina). Può essere commercializzato solo dopo trenta mesi di maturazione, come stabilisce il regolamento del Consorzio di tutela di questo antico vino.
- Non sai che l’alcol è un lento veleno?
- Pazienza, non ho fretta.
Da "Il vero bevitore" di Paolo Monelli
Il Lazio, dal canto suo, potrebbe essere considerato come un luogo di sintesi, in qualche modo d’incontro, tra i grandi vini del settentrione e quelli altrettanto eccellenti del meridione d’Italia. Anche se sono più diffusi e noti i bianchi dei tanti colli (Albani, di Frascati, di Marino, dei Castelli, all’Est! Est! Est! di Montefiascone), fanno bella figura anche i rossi, che tante volte sono solo la versione "in rosso" degli altri, portando lo stesso appellativo.Molto valorizzati in questi ultimi anni, si esprimono attraverso il Cesanese del Piglio, come con il Genazzano o il Merlot Aprilia. In questa Regione, dove la cordialità popolaresca è nota, è più facile fare amicizia con un paio di "fojette" all’osteria di paese, in un clima d’intensa e scanzonata umanità.
Il Cesanese del Piglio o Piglio
E’, crediamo, il rosso più importante della Regione, che ha il cuore della sua produzione in Provincia di Frosinone. Forte delle sue antichissime origini che risalgono alle origini della civiltà romana, ha saputo imporsi nel panorama enologico di questa terra, facendosi posto tra ben più diffusi vini bianchi. E’ stato il primo ad ottenere qualche anno fa (2008) la prestigiosa DOCG. Commercializzato nella versione Piglio e Piglio Superiore, è ottenuto dal vitigno Cesanese a cui vengono aggiunte una piccola percentuale di altre uve a bacca rossa. Colore rosso rubino tendente al granato con il passare del tempo; ha odore intenso e caratteristico, più fruttato nella versione superiore; al sapore si presenta più morbido e leggermente amarognolo nella versione base, ha sapore secco, armonico e di buona struttura nella versione superiore. Vino "a tutto pasto" nella versione ordinaria, si adatta molto bene alle carni alla brace e agli arrosti: fa la sua bella figura anche con i saporiti formaggi dei colli laziali.
Il Genazzano Rosso
E’ un vino ottenuto da uve Sangiovese in proporzione variabile, unitamente ad altre di Cesanese Comune o d’Affile, si fregia della DOC. Presente in commercio nelle tre versioni secco, amabile o novello è un vino che va bevuto giovane: nell’ultima tipologia proposta va evidenziato il ricco bouquet di profumi che esso è in grado di sprigionare. La sua briosità ben lo porta ad essere abbinato alle carni di selvaggina da penna (in particolare gli spiedi) o all’abbacchio al forno, ai carciofi, ai formaggi della tradizione.
Merlot Aprilia
Vino che si fregia della DOC, è prodotto in Provincia di Latina ed in parte in quella di Roma. Si caratterizza per la particolarità di essere coltivato in siti poco lontani dal mare. Il disciplinare prevede che esso sia prodotto da uve Merlot in una proporzione pari al 95%, mentre per la restante parte con altre uve locali a bacca rossa. Il vino così ottenuto si presenta corposo, con un caratteristico profumo erbaceo e fruttato sempre piacevole.