La carne di selvaggina: fra valorizzazione di un’antica risorsa e problematiche igieniche
- Scritto da Ezio Ferroglio e Alessandra Avagnina. Università degli Studi di Torino
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Una delle prime risorse alimentari dell’uomo, la carne di selvaggina, non è stata oggetto di altrettanto precoci attenzioni da parte degli igienisti, rimanendo a lungo una pecora nera nell’ispezione degli alimenti.
Le sue caratteristiche nutrizionali sono molto apprezzate, la particolare composizione amminoacidica, la prevalenza di acidi grassi poliinsaturi e la presenza di omega 3 sono fra gli elementi che distinguono questa carne non solo da quella delle specie domestiche, ma anche da quella della selvaggina di allevamento. Una parte di consumatori sensibili ai problemi del benessere animale opta per questa carne anche per motivi etici e perché in essa si possono escludere problematiche legate alla presenza di residui di trattamenti terapeutici o di promotori di crescita.
A fianco di queste caratteristiche si pone però il problema di un tipo di produzione molto meno controllabile, soprattutto nelle fasi primarie. L’animale conduce infatti la sua vita in un contesto non limitato e standardizzato dall’uomo.
La caccia si svolge in condizioni di campo molto variabili e il fornire garanzie riguardo alla produzione primaria è in primo luogo appannaggio del cacciatore. Esso assume così un ruolo cardine di garante della sicurezza, che lo accomuna ad altri produttori primari. La sua formazione, come è stato precocemente intuito in altre realtà europee ha un ruolo fondamentale. Esso deve valutare la tecnica di caccia scelta, le condizioni di trasporto ed è responsabile delle prime manualità sulla carcassa. E’ il cacciatore inoltre la sola persona a poter praticare un’attenta osservazione dell’animale poco prima dell’abbattimento, sovrapponibile in termini molto approssimativi alla visita ante mortem praticata dal veterinario.
In questa fase è possibile evidenziare eventuali anomalie comportamentali o di altro genere che potrebbero denunciare uno stato patologico e che in caso di sospetto potranno essere denunciate ad un veterinario ufficiale. Una formazione ed un aggiornamento continuo riguardanti le buone pratiche di igiene e nozioni sulle principali malattie dei selvatici, con particolare accento su quelle di carattere zoonotico, sono requisito indispensabile per ottenere un prodotto di alta qualità igienica ed organolettica. Queste basi trasformano il cacciatore in una persona formata e permettono di valorizzare ed eventualmente commercializzare la carne di selvaggina. Spesso accade infatti che le carni di molti animali abbattuti durante piani di controllo demografico non possano essere utilizzate proprio perché non esiste un sistema in grado di garantirne la sicurezza e la commercializzazione.
Poco è ancora noto sul rischio di inquinanti ambientali e sulla presenza di microrganismi agenti di zoonosi nelle carni di selvaggina e risulta necessario implementare l’impegno anche sul fronte della ricerca. Trovare una soluzione idonea per una gestione igienicamente corretta della carne di selvaggina è una sfida tanto difficile quanto doverosa. Il pacchetto igiene del 2004 considera con maggiore attenzione questo settore e i paesi che, come l’Austria, si erano già movimentati per approfondire questo ambito un po’ dimenticato dell’ispezione, si sono trovati avvantaggiati e hanno dovuto apportare minime modifiche al loro sistema di gestione per adeguarsi ai requisiti imposti dalla legislazione europea. D’altro canto la legislazione europea non fa altro che riprendere quelle che in parte erano le misure già adottate e radicate in ambito austriaco e tedesco.
In futuro sarà inoltre necessario basare la formazione dei cacciatori su basi il più possibile uniformi per garantire un medesimo standard di qualità in Europa. Questa uniformità normativa si rivela fondamentale anche per il fatto che alcuni cacciatori praticano l’esercizio venatorio anche al di fuori del proprio stato di appartenenza, dove la loro licenza è comunque riconosciuta.
Con un po’ di impegno si potrebbe dunque arrivare a garantire quel principio, evocato dalla normativa, che tradotto in questo contesto suonerebbe come “dal bosco alla tavola”, assurgendo a simbolo del famoso criterio di tracciabilità, già garantito per altri alimenti.
Cenni storici
Certamente la necessità di un’ispezione della carne di selvaggina è stata un problema già in epoca passata (Paulsen 2011); Kniewallner (1969) cita a tal proposito un riferimento del 1907. Una base razionale per la fattibilità di tale sistema di ispezione è stata discussa nelle successive decadi (Olt, 1943).
Le operazioni svolte sulla carne negli stabilimenti di lavorazione della selvaggina (scuoiamento. disosso, etc.,) sono sovrapponibili a quelli effettuati per gli animali di allevamento nei macelli e nei laboratori di sezionamento. Le condizioni della produzione primaria (abbattimento, eviscerazione, trasporto, tempestivo raffreddamento) al contrario sono talvolta profondamente differenti da quelle che caratterizzano la macellazione degli animali da reddito. Nonostante questa fase primaria, si riveli la più critica, proprio perché poco standardizzabile e svolta in condizioni “di campo”, essa non ha mai ricevuto le dovute attenzioni. Rivisitando la letteratura si può notare che negli anni ’30 il maggior testo per veterinari igienisti (Postolka, 1922) non tratta in alcun modo la carne di selvaggina e nella sua versione rivista (Postola, 1930) tocca solo alcuni aspetti (identificazione di specie, età, genere, deterioramento o “spoilage”), ma, in contrasto con quello che accade per gli animali domestici, non provvede informazioni specifiche sull’opportunità di adottare determinate pratiche durante l’eviscerazione, il raffreddamento e trasporto. In Germania il testo per l’ispezione delle carni (Ostertag, 1910) tratta in modo analogo la carne di selvaggina. Lerche (1957) da un punto di vista igienico fornisce maggiori informazioni sulla selvaggina, suggerisce temperature di mantenimento per le carcasse (0 °C).
Dal 1960’ in poi, le discussioni si intensificano e sono continue a riguardo della carne di selvaggina (Englert et al., 1965; Prändl, 1976; Rasschke, 1976) in parte indotte dalla necessità di ispezionare le carni importate dalla Nuova Zelanda e dall’Argentina (soggette all’ispezione) e in parte dalla conseguente discrepanza nel livello di attenzione consacrato alla selvaggina importata rispetto a quella prodotta localmente (per la quale solo l’ispezione di Trichinella era prevista come obbligatoria) (Kniewallner, 1969; Gruel, 1979; Riemer & Reuter 1979).
In seguito la tendenza ad introdurre nella gastronomia carni poco cotte (rosbeef) e preparazioni talvolta crude (carpaccio) ha indotto gli igienisti a studi sempre più approfonditi su aspetti riguardanti la produzione di carne di selvaggina (Ring et al., 1988; Deutz et al., 2000).
Riferimenti alla legislazione europea
L’utilizzo a scopo alimentare delle carni di selvaggina è regolamentato da norme a carattere nazionale e regionale e da norme di carattere comunitario.
Con l’entrata in vigore della nuova legislazione europea sui prodotti alimentari è sorto un regolamento europeo uniforme. Questo comprende tutte le fasi della produzione di un alimento secondo il principio della tracciabilità (“from stable to table, from farm to fork”) e vale per la produzione primaria di prodotti agricoli per la lavorazione e trasformazioni successive del prodotto primario fino alla cessione del prodotto finito al consumatore.
Il pacchetto igiene è costituito dai seguenti regolamenti
Reg. (EG) Nr.178/2002;
Reg (EU) Nr 852/2004: ”Igiene dei prodotti alimentari” e successive modifiche;
Reg (EU) Nr. 853/2004: ” Norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale” e successive modifiche;
Reg (EU) Nr. 854/2004: “Norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano” e successive modifiche.
Mentre il Reg. Nr. 852/2004 riguarda le norme igieniche generali inerenti i prodotti alimentari il Reg. 853/2004 tratta in dettaglio i prodotti di origine animale e il Reg. 854/2004 tratta le procedure per l’ispezione ufficiale dei prodotti di origine animale destinati al consumo umano.
Il capitolo I (Allegato III, Sezione IV) del Reg. (EG) 853/2004 tratta la formazione del cacciatore. Almeno una persona, la “persona formata” di un gruppo di cacciatori deve possedere sufficienti nozioni di patologia dei selvatici, di produzione e manipolazione della selvaggina, in misura tale da essere in grado di riconoscere comportamenti anomali e mutamenti patologici sull’animale selvatico. 1. Le persone che cacciano selvaggina selvatica al fine di commercializzarla per il consumo umano devono disporre di sufficienti nozioni in materia di patologia della selvaggina e di produzione e trattamento della selvaggina e della carni di selvaggina dopo la caccia per poter eseguire un esame preliminare della selvaggina stessa sul posto. 2. Tuttavia è sufficiente se almeno una persona tra i componenti di un gruppo di cacciatori dispone delle nozioni di cui al punto 1. I riferimenti a una persona formata contenuti nella presente sezione riguardano tali persone. L226/50 IT Gazzetta Ufficiale dell’ Unione Europea 25.6.2004. Ulteriore requisito è una formazione sull’igiene e i procedimenti da seguire sul corpo dell’animale in seguito all’abbattimento e sulle norme giuridiche ed amministrative di importanza per l’immissione sul mercato di carni di selvaggina.
Il capitolo II tratta più in dettaglio il trattamento della selvaggina selvatica di grossa taglia.
Dopo l’abbattimento la selvaggina selvatica grossa deve essere privata dello stomaco e dell’intestino il più rapidamente possibile.
La persona formata deve effettuare un esame della carcassa e dei visceri asportati volto ad individuare eventuali caratteristiche indicanti che la carne presenta un rischio per la salute. L’ esame deve essere eseguito al più presto dopo l’abbattimento. Le carni di selvaggina cacciata grossa possono essere immesse sul mercato soltanto se la carcassa è trasportata ad un centro di lavorazione della selvaggina al più presto possibile dopo l’esame di cui al punto 2. I visceri devono accompagnare la carcassa come specificato al punto 4. I visceri devono essere identificabili come appartenenti ad un determinato animale. 4. Se durante l’esame di cui al punto 2. non è stata riscontrata alcuna caratteristica anomala né sono stati rilevati comportamenti anomali prima dell’abbattimento e non vi è un sospetto di contaminazione ambientale la persona formata deve allegare alla carcassa una dichiarazione con un numero di serie che attesti quanto sopra. La refrigerazione deve iniziare entro un ragionevole lasso di tempo dall’abbattimento e raggiungere un a temperatura in tutta la carne non superiore a 7 °C. Se le condizioni climatiche lo consentono, la refrigerazione attiva non è necessaria.
Nel caso della piuma e della selvaggina di piccola taglia valgono le stesse indicazioni con l’eccezione del fatto che la temperatura non deve essere portata oltre i 4 °C.
A fianco di questi regolamenti il cacciatore deve anche tenere presente un altro regolamento base (178/2002) in vigore già dal 2002, nel caso in cui esso non intenda utilizzare la selvaggina per autoconsumo, ma desideri cederla al commercio all’ingrosso o a stabilimenti di lavorazione della selvaggina.
Solo la produzione primaria per il privato consumo domestico o la lavorazione a livello domestico e lo stoccaggio per uso proprio.
In particolare il cacciatore è particolarmente responsabilizzato dall’articolo 14 del Reg Nr. 178/2002 così come dall’articolo 18 del medesimo regolamento ad osservare i principi sulla tracciabilità secondo il principio “un passo in avanti e uno indietro”.
Come il regolamento base 178/2002 anche il pacchetto igiene riguardano il cacciatore solo nel caso in cui egli venda la selvaggina all’ingrosso o a un impianto di trasformazione. Secondo quanto previsto dal pacchetto igiene i cacciatori si devono qualificare, così da poter garantire la qualità della loro carne per l’immissione sul mercato.
Come si evince dalla legislazione europea essa va proprio a toccare il punto problematico, la produzione primaria, che vede il cacciatore coinvolto come unico garante.
Il cacciatore che desidera vendere piccole quantità di selvaggina direttamente al consumatore finale o a un esercizio locale come una gastronomia, macelleria o simili esercizi per la vendita al dettaglio non sono toccati da questi regolamenti.
Per quanto riguarda le modificazioni che possono indurre a sospetto (Allegato I Sezione IV capitolo VIII Reg. Nr. 854/2004 esse si possono distinguere come di seguito elecato:
Comportamento anomalo e disturbi dello stato generale
Tumori generalizzati e ascessi
Artriti, orchiti, cambiamenti patologici del fegato o della milza, intestino o onfaliti
Corpi estranei nelle cavità con decolorazione della cavità toracica o addominale
Infestazione parassitaria
Eccesso di gas in stomaco o intestino con variazione di colore (decolorazione) degli organi
Rilevanti indebolimenti della muscolatura o degli organi in colore consistenza o odore
Fratture esposte
Cachessia o edema generalizzato o localizzato
Aderenze recenti con pleura o peritoneo
Altre rilevanti o estese alterazioni.
I citati regolamenti sono direttamente applicabili in tutti gli stati membri, ma non coprono tutte le aree e lasciano situazioni nelle quali ogni stato membro deve autonomamente formulare delle proprie regole.
Riferimenti legislativi oltre a quelli europei già citati
Provv. C.P.S.R. 9.02.06 “Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del D.L.vo 28.08.97 n.281, tra il ministero della salute, le regioni e le Provincie autonome relativo a “ Linee Guida applicative del Reg. N 852/2004/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari2 (Repertorio atti n. 2470).
Provv. C.P.S.R. 9.2.06. “Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del D.L.vo 28.0.97, n. 281, tra il Ministero della Salute, le Regione e le province autonome relativo a “ Linee Guida applicative del Reg. n. 853/2004/CE del Parlamento Europeo e del consiglio sull’igiene dei prodotti di origine animale” (Repertorio atti n. 2477)”.
Destinazione della selvaggina cacciata
La selvaggina cacciata può essere destinata ad uno dei seguenti impieghi diversamente trattati dal punto di vista legislativo e normativo
Autoconsumo
Fonitura diretta
Commercializzazione
Autoconsumo
La selvaggina cacciata e destinata solo ed esclusivamente ad autoconsumo non deve sottostare alle predette normative. Per questo utilizzo, ovviamente si consiglia l’applicazione delle corrette prassi igieniche, così come per qualunque altro alimento che si consuma.
Fornitura diretta
Con questo termine, si fa riferimento ai cacciatori che forniscono piccoli quantitativi di selvaggina selvatica o di carne di selvaggina selvatica direttamente al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono il consumatore finale. “La cessione deve avvenire sul mercato locale escludendo il trasporto sulle lunghe distanze: questo viene identificato sul territorio della provincia sul quale avviene l’abbattimento dell’animale nel territorio delle Province contermini. Anche alla fornitura diretta non si applicano i disposti legislativi dei Reg 852/2004 e 853/2004. Tuttavia rispetto all’autoconsumo, si applica il requisito della rintracciabilità: il cacciatore deve comunicare in forma scritta all’esercente l’attività di commercio al dettaglio o di sommistrazione la zona di provenienza degli animali cacciati, la data di abbattimento e i quantitativi ceduti al fine di poter adottare gli opportuni provvedimenti cautelari in caso di pericolo per la salute.
È opportuno precisare cosa si intenda per piccola quantità: Il Provvedimento C.P.S.R. 9.2.06 lo definisce in un massimo di 500/capi /anno per la piccola selvaggina e un capo cacciatore anno per la selvaggina di grossa taglia, fatte salve le pertinenti normative in materia venatoria.
Per quanto riguarda la cessione dei capi di selvaggina di grossa taglia abbattuti nell’ambito di piani selettivi di diradamento della fauna selvatica o comunque nel corso di programmi di abbattimento preventivamente autorizzati o battute di caccia organizzatesi applicano invece pienamente le disposizioni previste al punto 1.18, Sezione 1. dell’ Allegato I del Reg. n. 853/2004/CE: le carcasse devono essere trasferite in un centro di lavorazione della selvaggina per essere sottoposte a visita ispettiva veterinaria ed esitate al consumo solo dopo avere superato con esito favorevole il controllo veterinario ed essere state sottoposte a bollatura sanitaria. Nel caso di carni di suidi e degli altri animali selvatici soggetti alla Trichinellosi devono applicarsi i provvedimenti sanitari relativi alla Trichinella ai fini del rispetto dei principi di sicurezza alimentare.
Nel caso di prelievo selettivo del cinghiale, le Province potranno deliberare l’obbligo dell’esame sanitario per Trichinella anche nel caso di capi per autoconsumo e cessione diretta.
Commercializzazione
Le carcasse, per poter essere commercializzate, devono essere trasferite in un centro di lavorazione della selvaggina, riconosciuto ai sensi dell’articolo 4 del Re 853/2004.
I capi, appena abbattuti, devono essere privati di stomaco ed intestino, dissanguati, esaminati da un a persona formata, al fine di individuare eventuali rischi per la salute umana ed animale. Ciò può essere effettuato da un componente della squadra di caccia che abbia una formazione documentata in materia di igiene e sanità, come previsto dal Reg. 853/2004, all III, sez. IV, ca.I garantendo in questo modo uno controllo immediato; in alternativa, o in attesa degli interventi formativi, ciò può essere effettuato nei singoli centri di raccolta organizzati dagli ATC o da gli altri istituti faunistica nei quali viene esercitata la caccia in presenza di personale formato
La formazione deve comunque garantire che i cacciatori e gli operatori dispongano delle nozioni necessarie per tale attività e deve contemplare almeno le seguenti materie:
-Normale quadro anatomico, fisiologico, comportamentale della selvaggina selvatica
-Comportamenti anomali e modificazioni patologiche riscontrabili nella selvaggina a seguito di malattie, contaminazioni ambientali o altri fattori che possano incidere sulla salute umana dopo il consumo.
-Norme igienico sanitarie e tecniche adeguate per la manipolazione, il trasporto, l’eviscerazione ecc. dei capi di selvaggina dopo l’abbattimento
-disposizioni legislative ed amministrative concernenti le condizioni di sanità ed igiene pubblica e degli animali per la commercializzazione della selvaggina selvatica. Dal momento che l’eviscerazione deve essere il più rapida possibile, si ritiene importante un’ampia diffusione di questi piani di formazione, al fine di poter contare su un’ampia percentuale di cacciatori in grado di individuare i segni di alterazioni e malattia pertanto attivi nella segnalazione di possibili pericoli.
La selvaggina è sottoposta ad ispezione al più presto dopo l’ammissione allo stabilimento di manipolazione; qui il veterinario ufficiale, dopo aver esaminato la dichiarazione o le informazioni che la persona formata partecipante alla caccia dell’animale ha fornito conformemente al Reg. CE 854/2004 allegato I, capitolo VIII. Per la carcasse di cinghiali è obbligatoria anche la ricerca di Trichinella.
I centri riconosciuti, oltre a garantire una lavorazione idonea sotto il profilo igienico, permettono che venga effettuata correttamente la visita ispettiva di tutte le carcasse, le quali possono essere esitate al consumo soltanto dopo aver superato favorevolmente detta visita ed essere state sottoposte a bollatura sanitaria. Consentono, inoltre, che gli scarti della lavorazione, quali le pelli, o eventuali animali o parti non dichiarate idonee al consumo vengano raccolti rispettivamente come materiali di cat. III e II ai sensi del Reg. 1774/02 e sottoposti al relativo trattamento di smaltimento.
Un esempio europeo: la formazione del cacciatore secondo il modello del Niederösterreich
In Austria ed in Germania, dove la caccia è una pratica di lunga e ben radicata tradizione, il cacciatore è spesso coinvolto nella vendita a livello locale del prodotto ricavato.
Il Niederösterreich è la provincia più grande dell’Austria anche in termini di contributo di carne di selvaggina cacciata/anno. Questa regione contribuisce con circa 2/3 alla produzione di selvaggina cacciata in Austria. Non tutte le carcasse sono lavorate in stabilimenti, al contrario una frazione importante è commercializzata direttamente dal cacciatore o da esercizi di sezionamento che riforniscono direttamente il consumatore (“local trade”, Paulsen & Winkelmayer, 2008). L’associazione di cacciatori del Niederösterriech, in cooperazione con esperti esterni e autorità veterinarie ha sviluppato un concetto di formazione e valutazione basato su quattro pilastri:
1 Collaborazione di persone formate dal 1994
2 Corsi di formazione sulla lavorazione delle carni con esercitazioni pratiche in locali di sezionamento approvati e sotto la supervisione veterinaria.
3 Tests di autovalutazione e riscontro del rispetto delle corrette pratiche
4 Esercitazioni inerenti la microbiologia e l’igiene.
Ben consci che il produttore è il primo responsabile della sicurezza degli alimenti, con l’intento di porre questa figura in condizioni di adempiere ai suoi doveri, la regione austriaca del Niederösterreich ha offerto da tempo dei corsi di formazione per la commercializzazione diretta di carne fresca di selvaggina e prodotti derivati. Questi corsi hanno una struttura modulare e si fondano sulla formazione base nell’ispezione e nell’igiene della selvaggina (Winkelmayer et al., 2011). Una rete di istituti agrari, dotate di locali di sezionamento e refrigerazione approvati, garantisce la presenza delle infrastrutture necessarie per la pratica. Similmente a quanto la legislazione europea legislazione sugli alimenti suggerisce per le differenti branche dell’industria alimentare in Austria e in diversi paesi europei sono state pubblicate guide integrative a riguardo l’ispezione e il trattamento di selvaggina. Recentemente è stato pubblicato in Austria un manuale che mette in rilievo tutti i problemi rilevanti toccati dalla legislazione europea sugli alimenti (Winkelmayer et al., 2007, 2008). Particolare enfasi è posta sui requisiti per i locali temporaneamente o primariamente utilizzati per lo stoccaggio nel senso inteso dal Reg. (EC) No. 852/2004., Allegato II, Capitolo III (EC 2004a).
Tutto il materiale formativo arricchito periodicamente da un team di autori che garantiscono uniformità ed affidabilità al progetto, dando una consistenza sempre maggiore alle basi che costituiscono un sistema di garanzia della qualità “from field to forest”.
Un buon esempio di questo tipo di organizzazione è fornito dal lavoro svolto al riguardo del controllo della presenza del parassita Trichinella nelle carni di cinghiale.
Abilitazione all’esame trichinoscopico
La parte di commercio locale in Austria come si è visto coinvolge un importante numero di capi e ispezione di questo commercio locale è regolata a livello nazionale.
Siccome il commercio locale e il consumo diretto non sono coperti dal Regolamento europeo l’Austria ha dato la possibilità di implementare il controllo per Trichinella, formando persone in grado di effettuarlo con il metodo trichinoscopico. Questa opzione esiste infatti dal 1994 e ha fatto sì che solo minori adattamenti si rivelassero necessari per aderire al Reg. 2075/2005. Questo è stato possibile anche grazie al fatto che la situazione epidemiologica è stabile e all’assenza di Trichinella pseudospiralis, difficilmente identificabile con il metodo del trichinoscopio, cui si fa riferimento in questo tipo di esperienza.
Corso base
Il corso base è un corso di un giorno e consiste di parti teoriche (4 ore) e parti pratiche (4 ore).
Nella prima parte pratica, il partecipante si esercita
a) il lavoro con il microscopio
b) l’esame trichinoscopico su carne contenente larve inattivate
c) campionamento di carcasse di cinghiale
La seconda parte pratica è una sorta di test di competenza (abilità). Ogni partecipante deve esaminare 7 campi numerati in un vetrino per compressione precedentemente allestito. L’unica informazione fornita è che un solo vetrino contiene Trichinella. Il risultato viene riportato e in caso di discrepanze il test è ripetuto insieme con un veterinario esperto. Questo passaggio di verifica ed eventuale ripetizione si è rivelato molto efficace per aumentare la sensibilità, e di conseguenza l’accuratezza dell’esame trichinoscopico. Basandosi sul risultato, l’autorità competente riceve un report riepilogativo annuale.
Dopo aver superato un corso base la persona formata è tenuta a registrarsi su un registro dell’amministrazione del distretto veterinario. Le persone formate devono essere regolarmente valutate da un veterinario ufficiale. Nel Niederösterriech la frequenza e l’estensione di tali controlli sarà basata sull’evidenza di passaggio di corsi avanzati e test di performance.
Corsi avanzati
I corsi avanzati sono eventi della durata di una mezza giornata a cui possono partecipare solo persone formate già registrate per l’esame di Trichinella alle quali si richiede di portare con sé il microscopio. La parte teorica consiste di un’ora e mezza (modificabile per legge) e 2,5 ore invece sono destinate alla pratica.
La prima prova pratica è sull’adeguamento dello strumento e problemi meccanici relativi.
Per la seconda parte ciascun partecipante riceve 4 campioni di carne codificati, da una a 4 possono contenere larve di Trichinella e questi devono essere esaminati con il microscopio.
I risultati sono riportati e le discrepanze discusse..
I corsi avanzati sono iniziati nel 2008 e un totale di 1874 partecipante è astato registrato. Essi sono ripetuti annualmente, con una possibilità totale di 40-60 partecipanti/anno (2 corsi per anno).
L’autorità preposta (competente) riceve una relazione basato sui risultati.
Test di competenza
Il primo test di competenza è stato effettuato nel 2001. Similmente a quanto è accaduto per i corsi base, quando i candidati, che hanno ottenuto risultati discrepanti (86,3%) sono sottoposti ad un secondo test, la relativa accuratezza aumenta del 97,1%.
Questo sistema garantisce verifiche periodiche, ma resta difficile assicurarsi che l’operato sia sempre perfettamente corretto e coerente con la legislazione. Un controllo crociato della corrispondenza fra certificato affisso ed esame della carcassa potrebbe fornire un’indicazione se la persona formata opera correttamente. Questo è svolto di routine in stabilimenti per il trattamento della selvaggina e su un piano di valutazione dei rischi nei locali di stoccaggio.
Conclusioni
La carne di selvaggina come quella degli animali macellati, è un alimento facilmente deperibile e le peculiari condizioni che caratterizzano il contesto venatorio possono ulteriormente condizionare le qualità organolettiche ed igieniche di tale alimento. Ai fini della tutela del consumatore occorre individuare le possibili fonti di rischio presenti in questo settore, per intervenire con adeguate misure preventive, il rispetto e l’adempimento delle quali è in questo caso in buona parte devoluto ai cacciatori. Inesperienza e disorganizzazione determinano una diminuzione della qualità igienica del prodotto, con conseguenti rischi per la salute del consumatore. Altre conseguenze riguardano poi anche la qualità organolettica e la conservabilità del prodotto. Un migliore utilizzo di questa risorsa potrebbe meglio rispondere ad una richiesta che nasce anche da un rinnovato interesse di una parte dei consumatori, sempre più disposti a guardare a questo prodotto come ad una valida alternativa. Questa tendenza potrebbe anche portare ad un ampliamento del mercato di questo prodotto e rientrare in un’ottica, sempre più auspicabile di riduzione delle quantità pro capite di carne consumata e aumento della qualità.
Una visione lungimirante è alla base di una equilibrata gestione e regolamentazione della caccia e dei prodotti derivanti. Come abbiamo visto dall’esperienza di area germanica ed austriaca la formazione continua deve essere fortemente incentivata. Il sistema austriaco si rifà e si basa su persone formate animate da grande motivazione e pone da tempo la responsabilità individuale del produttore primario. Questo sistema garantisce verifiche periodiche. Risulta talvolta ancora difficile assicurarsi che l’operato sia sempre perfettamente corretto e coerente con la legislazione e una sfida sempre attuale resta l’elaborazione di un più preciso schema valutativo in condizioni di campo.
Condizione indispensabile è la grande motivazione dei cacciatori e lo sviluppo della coscienza del produttore primario.
L’adeguamento alle normative che in un primo tempo possono sembrare di difficile interpretazione e attuazione nelle diverse realtà locali può essere interpretato anche come un opportunità per valorizzare un prodotto pregiato ed evitarne lo spreco o il deprezzamento in caso di sovrabbondanza.