FEDERCACCIA MARCHE RISPONDE AL TG3 REGIONALE
- Scritto da Luca Gironi
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In riferimento al servizio del TG 3 Marche andato in onda nella edizione delle ore 14 del 25 Gennaio che aveva come argomento l’attività venatoria nella nostra regione, Federazione Italiana della Caccia Marche, citata nel servizio, ritiene opportuno esprimere alcune considerazioni sui contenuti espressi, riconducibili a un comunicato congiunto di sette associazioni ambientaliste.
Ancora una volta si dimostra come l’ideologia anticaccia di alcune associazioni – per fortuna non tutte – ha il sopravvento sulla legittima e condivisibile preoccupazione per l’ambiente nel suo complesso. Così facendo, queste, invece di dare una corretta informazione volta a risolvere le numerose problematiche che coinvolgono il mondo agricolo e la gestione di fauna e ambiente, si limitano a fare sterile propaganda anticaccia, cercando visibilità mediatica col creare inutile clamore e vuoto allarmismo.
Nella regione Marche ad esempio, non è stato approvato nessun atto volto ad allungare la stagione venatoria rispetto agli atti adottati dalla Regione nel giugno 2017. La caccia si concluderà quindi nei tempi decisi e approvati dalla Regione Marche, nel pieno rispetto della normativa nazionale, regionale e internazionale.
Ancora più grave, e ci tocca anche come cittadini, è il procurato allarme sul presunto avvelenamento da piombo con i conseguenti effetti inquinanti e sulla salute pubblica attribuito ai caricamenti delle cartucce da caccia, i cosiddetti “pallini”. I dati scientifici più recenti, seguiti dal mondo venatorio con attenzione, permettono di affermare che non vi sono prove a supporto di un problema di saturnismo nell’uomo indotto dalle cartucce da caccia. Da ricordare che il piombo è rilasciato nell’ambiente umano da innumerevoli altre fonti, tra cui anche vecchie tubature idriche, combustibili, vernici ed altro. Ciò nonostante, chi si dedica alla caccia in zone umide della Rete Natura2000 deve obbligatoriamente utilizzare cartucce senza piombo e quest’accortezza è fatta propria, in modo del tutto autonomo e come segno di attenzione all’ambiente che ci ospita, anche da molti cacciatori al di fuori da queste circostanze. Anche questo un segno evidente, al di là di quanto le associazioni anticaccia affermano, dell’evoluzione del cacciatore nel tempo e della sua attenzione in termini di gestione del territorio e della fauna, oltre al rispetto di tutte le direttive nazionali e comunitarie in termini ambientali.
Per quanto riguarda infine la diminuzione dei praticanti, nell’ultimo decennio nelle Marche come nel resto del Paese si è riscontrato un calo fisiologico dei cacciatori dovuto a molte cause, ma certamente non nei termini riportati nel servizio. Ma questo non fa certo della caccia una attività in via di estinzione.
In conclusione è palesemente noto che ambiente ed agricoltura non possono fare a meno dell’attività venatoria al servizio della gestione delle specie selvatiche nelle campagne, nei boschi, nei fiumi e in tutti gli habitat del nostro Paese. (www.ladeadellacaccia.it)