AIW :UN POLO DI MEDIAZIONE Per una ragionevole tutela del paesaggio che non neghi i diritti del mondo rurale
- Scritto da Cacciando.com
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RURALIA O DEL POPOLO RURALE
“Sfrattarci dalla nostra terra per proteggere la natura è profondamente colonialista e dannoso per l’ambiente. Dovremmo essere i leader della conservazione, non le sue vittime.”
Archana Soreng
Attivista della gente Adivasi del Kerala, l’unico vero popolo indigeno dell’India
(in un discorso al Summit ONU sulla biodiversità)
APPELLO
UN POLO DI MEDIAZIONE
Per una ragionevole tutela del paesaggio che non neghi i diritti del mondo rurale
La difesa della natura in Europa non può prescindere dal mondo rurale. Questa sembra un’ovvietà, ma va ribadita fino a divenire quasi uno slogan del mondo rurale; uno slogan da rivolgere al mondo dei naturalisti, degli ambientalisti e degli animalisti in genere, visto che spesso sono proprio queste categorie a non esserne coscienti, ed anzi a vedere il mondo rurale come un nemico da combattere e da sconfiggere. Questo accade a volte perché si ignora la complessità e l’importanza delle attività rurali, ma anche per negazione di una realtà che troppi ambientalisti ritengono in contrasto con le loro idee e finalità, quasi sempre egoistiche e spesso presuntuose: la certezza di essere nel giusto, di avere la visione corretta del rapporto uomo-natura. Mentre ciò, invece, non solo non è, ma è anche errato pensarlo, perché questa visione è distorta ed è basata sulla negazione delle regole che stanno alla base della vita su questo Pianeta dove l’uomo non è mai stato un essere a sé stante, ma parte cruciale dello stesso complesso vitale. La diversità tra le componenti del variegato mondo biologico esiste, ma non come molti sedicenti ecologisti la intendono o la interpretano: esiste nell’intelligenza superiore dell’uomo, nel suo essere non solo animale senziente, ma anche pensante, ragionevole e in grado di elevarsi spiritualmente. Solo l’uomo ha delle religioni in cui credere, essendosi posto delle domande che nessun animale è in grado di porsi. Pur trattandosi di creature senzienti gli animali obbediscono soprattutto all’istinto, una condizione che non ha mai consentito loro un’evoluzione intellettuale e spirituale come invece è accaduto per l’uomo. Così come si riproducevano, si cibavano, impegnavano le loro giornate nel Paleolitico (per restare ai tempi dell’uomo), così, nello stesso identico modo gli animali vivono oggi. Al di là delle trasformazioni morfologiche o comportamentali dettate dall’ambiente, e da limitate forme di apprendimento culturale, essi non hanno vissuto alcun altro genere di cambiamento; soprattutto risultano privi di una evoluzione intellettiva. Cosa che invece è avvenuta per l’uomo, segno che forse, come sostengono quasi tutte le religioni e la maggior parte degli studiosi, l’animale uomo è un essere senziente superiore perché dotato della capacità di elaborare un pensiero razionale e spirituale in grado di distinguere tra bene e male. Ecco perché la Bibbia lo indica quale “dominatore’’ della vita. Non come un tiranno, ma l’unico in grado di presiedere al governo del mondo: “Coltivate e custodite” si legge nella Genesi (2-15) riferito all’uomo. Quindi, una creatura responsabile posta al vertice della piramide ecologica. Soltanto con equilibrio e ragionevolezza, infatti, l’uomo può “coordinare” la vita sul pianeta Terra. Non si tratta di antropocentrismo, ma di differenza nei ruoli e nel comportamento. Il mondo rurale rappresenta la sorgente della nostra evoluzione: senza quel mondo rurale oggi non esisterebbero le città, né l’uomo avrebbe la capacità di progredire nelle scienze, nelle arti, nella cultura. Ma non solo: senza quelle radici che lo portarono a creare quello che oggi noi definiamo “mondo rurale” l’uomo morirebbe di fame e la sua specie sparirebbe! E quindi, quasi per assurdo, senza quelle radici andrebbero in rovina anche le metropoli e tutto il sistema sociale e civile da esso creato!
E allora, perché di fronte ad ogni forma di sviluppo urbano e tecnologico gli interessi del mondo rurale vengono sottaciuti e calpestati?
Perché nel voler difendere la Natura, che è un concetto ideale, giusto e culturalmente elevato, si pretende quasi sempre di farlo calpestando i diritti del mondo rurale?
Perché ci si ostina a non voler comprendere le ragioni del mondo rurale quando accadono fatti ed eventi che lo danneggiano?
Per quale ragione la conservazione della natura, la preservazione della nostra varietà di flora e fauna, deve basarsi sulla negazione dei diritti del mondo rurale?
E’ mai possibile che non possa esistere un compromesso ragionevole che, pur soddisfacendo i diritti della cultura e della mutata sensibilità dell’uomo contemporaneo, non danneggi quelli del mondo rurale?
O forse è perché non lo si vuole trovare, in quanto trovarlo significherebbe dover rinunciare ad alcuni diritti della società metropolitana, ritenuti prevalenti, pur esistendo soluzioni compromissorie?
In definitiva, nella società di oggi, il mondo e il modello urbano, ritenuti culturalmente elevati, sono quasi sempre schierati contro la ruralità (vedasi il caso più eclatante della posizione animalista), senza rendersi conto che così staremmo semplicemente negando le nostre radici: e nulla è più deplorevole di un popolo che neghi le proprie radici e la propria storia! Purtroppo, in questo il modello urbano è vincente, anche e proprio per la forza che l’unità gli conferisce in quanto lobby capace di condizionare le scelte della politica. Di contro, il mondo rurale è diviso in troppi filoni, ed ognuno pensa solo ai propri interessi: e così sarà sempre perdente!
Almeno in Italia, l’Associazione Italiana per la Wilderness è praticamente l’unica associazione ambientalista che, sia direttamente che indirettamente, difende il mondo rurale, in quanto basa le proprie finalità conservazionistiche su una difesa pragmatica della natura selvaggia. Un’idea ispirata dalla cultura della cosiddetta civiltà aborigena americana, e quindi rigorosamente severa nella tutela delle terre vergini (o wilderness). L’AIW non nega però le radici comuni e quindi anche europee di questa esigenza conservazionistica. Esse sono quelle della cultura dei nativi, ma sono anche alle origini del nostro mondo rurale. Trasferita l’Idea in Italia e in Europa, l’Associazione Italiana per la Wilderness ha quindi saputo adattarla alla realtà rurale e fondiaria italiana (ma anche europea), con una soluzione conservazionista di alto livello liberal democratico che riesce ragionevolmente a conciliare sia le esigenze della società urbana sia quelle del mondo rurale. E forse proprio per questo è da sempre osteggiata da molti ambientalisti e dagli animalisti, che vi vedono una lesione di quelli che ritengono i propri diritti, le proprie esigenze, spesso talmente egoistiche da andare non solo contro quelle del mondo rurale, ma finanche contro quelle del mondo naturale; e ciò accade ogni volta che la crescente richiesta di spazi aperti delle genti urbane, vissuta ormai come “diritto’’ allo svago nel verde, si scontra con le esigenze del mondo rurale, e non poche volte anche contro quelle della fauna e della flora selvatiche che pure essi dicono di amare e di voler rispettare!
Non tutte le montagne, le vallate, le foreste, le paludi, le coste marine possono e devono divenire delle aree Parco quando presentano aspetti meritevoli di una forma di tutela. A volte basterebbero dei moderati vincoli paesaggistici; a volte basterebbero forme di protezione mirate e non penalizzanti il mondo rurale; a volte, ai diversi vincoli, si dovrebbe abbinare un rimborso o un indennizzo per perdite economiche, o un contributo per l’aggravio d’uso del territorio, qualora i vincoli imposti impediscano opere rurali inconciliabili con gli stessi; a volte la stessa prevalenza del mondo rurale può essere riconosciuta a garanzia di salvaguardia di beni ambientali che nel nostro territorio sono quasi sempre modellati dall’uomo per effetto delle antiche e sapienti pratiche del mondo rurale. A volte però è anche il mondo rurale che deve riconoscere la prevalenza di esigenze ragionevoli di altre categorie sociali o della Natura. Magari sarà sempre difficile stabilire dove stia la ragionevolezza delle scelte, anche perché è lo stesso mondo rurale spesso a porsi con intransigenze altrettanto non conciliabili con le istanze culturali, biologiche e paesaggistiche che, una società civile non può ignorare; per cui servono posizioni che siano ragionevoli. Ma se già si riconosce e si accetta l’idea che, quale che sia la scelta, essa deve essere ragionevole, allora forse si sarà già fatto il primo passo.
Un ragionevole compromesso, quindi. Ecco l’altro slogan di questo appello per una difesa dei diritti del mondo rurale.
La società urbanizzata, che pure vive grazie al mondo rurale, è quasi sempre avversa ad esso, sebbene non siano pochi i suoi membri a che il latte provenga dai cartoni del supermercati, che i salumi e prosciutti siano mero “cibo” insaccato in pellicole di plastica o che le scatolette per gli amati cani e gatti urbanizzati (peraltro prevalentemente a base di carni di pollo, coniglio e selvaggina!) siano soltanto bocconcini sfiziosi destinati alla loro gioia. Tutto ciò magari per sola mera mancanza di riflessione. Questa umanità che si ritiene a “impatto zero’’ sulla natura, quando abbandona le città per gli svaghi domenicali o estivi, pretende di avere aree protette riservate solo alle loro esigenze ludiche, anche a costo di calpestare i diritti del mondo rurale che in quelle aree vive e lavora! Purtroppo, di fronte alle proteste del mondo rurale, la politica difende quasi sempre i desideri del mondo urbanizzato solo perché rappresenta un consistente bacino di voti per quasi tutti i Partiti.
Il mondo rurale deve invece presentarsi unito per potersi trasformare in una consistente forza elettorale capace di incidere sulle scelte della politica. Solo questa unità gli consentirà di trattare e di trovare quei compromessi ragionevoli che il mondo ambientalista ed animalista rifiuta di concedere per egoistico interesse e per una supposta supremazia intellettuale che è la negazione stessa di una vera democrazia!
Unirsi in un impegno comune che rafforzi tutta la categoria. Questo è il “bacino di voti” che può influire sulla politica, quale che sia la linea partitica dei singoli. Non sappiamo se mai si riuscirà nel compito che ci piacerebbe intraprendere, ovvero cercare un punto d’incontro per un’unione che dia forza politica e sociale alle istanze che, da nord a sud, in quanto minoritarie e sfaldate, raramente vengono ascoltate dal mondo politico e mediatico e dalle autorità locali, anche perché osteggiate da tante forze ambiental-animaliste!
Tuttavia, se ci si potesse presentare con un’idea comune che miri a difendere gli interessi delle singole categorie (allevatori, agricoltori, boscaioli, raccoglitori, cacciatori, pescatori e ambiental-conservazionisti), forse si potrebbe ottenere maggiore appoggio sia dalla stampa che dalla politica. La condizione dovrà essere che il mondo animal-ambientalista capisca finalmente le ragioni e le esigenze pragmatiche del mondo rurale, mentre, di solito, c’è una netta chiusura dettata dalla volontà di prevaricare sulla parte più debole. Serve invece ragionevolezza e tolleranza da entrambe le parti. Con queste premesse noi proponiamo di partire e di lavorare, per il bene comune e nell’interesse di tutti.
Si ritiene di riportare, come appendice del presente Documento, il Punto 2 della «Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle zone rurali» approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 27 novembre 2018, il quale recita: «La Dichiarazione si applica a qualsiasi persona impegnata nell’agricoltura artigianale o su piccola scala, nella semina, nell’allevamento del bestiame, nella pastorizia, nella pesca, nella silvicoltura, nella caccia o nella raccolta e nell’artigianato relativo all’agricoltura o ad un’occupazione correlata in un’area rurale.»