Arci Caccia Umbria: su caccia di selezione a cervidi e bovidi dal Wwf l’ennesima falsità
- Scritto da Luca Gironi
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Il comunicato diramato dal Wwf Umbria circa l’illegittimità della caccia di selezione a cervidi e bovidi è l’ennesima falsità atta a creare un clima di terrorismo nei confronti del mondo venatorio e a mistificare la realtà agli occhi dell’opinione pubblica. Stupisce poi l’accanimento del Wwf umbro. Che sia di valenza elettorale? La caccia è regolamentata da una legge dello Stato dal titolo «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e il prelievo venatorio»; una normativa stringente scritta, tra gli altri, dalla “mamma” dell’ambientalismo italiano, la professoressa Laura Conti. Altro che un mondo venatorio che rivendica di cacciare sempre e dovunque come raccontano le barzellette animaliste! La legge affida compiti importanti per la gestione della fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato agli Atc dove ci sono anche gli ambientalisti e i rappresentanti del WWF in molte parti d’Italia. La caccia di selezione ai cervidi e bovidi, nello specifico, è uno strumento per garantire un giusto rapporto tra la fauna selvatica e le attività antropiche. A chi vuol fare piacere il Wwf che sbandiera notizie volte a screditare la caccia e i sele-controllori? Questi, come risaputo, operano secondo precisi piani di abbattimento distinti per classi di sesso e di età, autorizzati preventivamente dall’Ispra, dai tecnici ufficiali dello Stato italiano, non estremisti del mondo venatorio! I piani di contenimento sono previsti dalla legge 157/1992, consentiti le modifiche apportate all’articolo 18 della stessa, approvata nel 2005, quindi successivamente alla sentenza richiamata dal Wwf nel suo comunicato. Segnaliamo che dette modifiche volute dal parlamento sono anche a tutela degli ungulati di cui si parla sopra.
Salvaguardia del patrimonio Il terrorismo psicologico, non degno del “Panda”, gioca su un approccio sentimentale e non scientifico e vuole dare un’idea di caccia da bracconieri. Non è l’Italia e non lo sono i cacciatori, hanno sbagliato paese! La verità è proprio un’altra: la gestione attenta e responsabile negli ultimi trent’anni ha prodotto un patrimonio faunistico italiano in crescita e in maniera consistente. Secondo un recente rapporto pubblicato Centro interuniversitario di ricerca sulla selvaggina e sui miglioramenti ambientali ai fini faunistici (Cirsemaf), risulta che gli ungulati in Italia sono abbondantemente sopra alla media europea, entrando troppo spesso in conflitto con l’agricoltura e altre attività umane fino all’esasperazione di chi dalla terra trae il proprio sostentamento e permette agli italiani di alimentarsi. La fauna è ricchezza del paesaggio che va saputa “curare” nell’interesse di donne e uomini che, anche attraverso azioni di riequilibrio tra le specie selvatiche assicurano un futuro di conservazione del creato. Il cacciatore, oggi più che mai, assolve a un compito fondamentale per il bene della comunità. Ce la vedremo in tribunale con chi continuerà a gettare fango sulla categoria!