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Arci Caccia presenta un proprio documento alla Commissione Europea

Arci Caccia presenta un proprio documento alla Commissione Europea

Lo scorso 12 Febbraio, la Commissione Europea ha ricevuto in audizione presso il Ministero dell’ambiente le Associazioni Venatorie. Tema della due giorni, in cui la Commissione ha incontrato tutti i portatori di interesse in campo agricolo ambientale, la revisione e l’aggiornamento delle Direttive Europee in materia ambientale. Arci Caccia, forte della sua tradizione di costruttore di buone tematiche agricolo-ambientali, ha presentato alla Commissione un proprio documento, tramite il Tecnico Faunistico Giovanni Ferrara. Il documento ha riscosso unanime approvazione dalla Commissione, per questo ve lo proponiamo nella sua versione integrale:

La PAC ha introdotto da un po’ di anni il giustissimo divieto della “bruciatura delle stoppie”, che in passato nel Centro/Sud Italia usualmente avveniva nel mese di agosto, di contro hanno preso piede una serie di pratiche agricole che determinano anch’esse non pochi problemi in ambiente mediterraneo alla fauna selvatica in riproduzione o ai giovani nati alle dipendenze dei genitori. Infatti come evidenziato nel documento prodotto dal “Centro Studi della FIdC” in merito all'”Applicazione delle “Direttive Natura” in Italia problemi ed auspicabili soluzioni” vi è un continuo declino della Biodiversità naturale soprattutto negli ecosistemi agricoli dovuta essenzialmente alla possibile inefficacia di alcuni obblighi o pratiche agricole introdotte della PAC e da eseguirsi in particolar modo nei terreni destinati alla coltivazione di cereali.
Purtroppo alcune di queste pratiche agricole si traducono in vere e proprie “trappole ecologiche” per la fauna stanziale e migratoria terricola in riproduzione con la conseguente distruzione di nidi, pullus e di piccoli non ancora autosufficienti.
Infatti la Pac 2018 impone alle aziende cerealicole, per percepire il pagamento di base e poter beneficiare dell’importo per la componente di pagamento legato all’inverdimento (greening), di rispettare 3 impegni, ovvero attuare sull’intera superficie aziendale tre pratiche agricole considerate benefiche per il clima, l’ambiente e la biodiversità, e precisamente:
1. Diversificazione delle colture;
2. Mantenimento di prati permanenti;
3. Presenza sulla superficie agricola di un’Area a valenza ambientale o Area d’interesse ecologico (EFA– Ecological Focus Area).
Esaminiamole.
1. Diversificazioni delle colture
La “diversificazione delle colture” è il primo impegno del greening che si applica ai soli
seminativi.
Questo impegno si applica, solo nelle aziende con più di 10 ettari a seminativo e varia in funzione
della superficie a seminativo:

a) almeno due colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è compresa tra 10 e 30 ha, nessuna delle quali copra più del 75% della superficie a seminativo;
b) almeno tre colture nelle aziende la cui superficie a seminativo è superiore a 30 ha, con la coltura principale che copre al massimo il 75% della superficie a seminativo e le due colture principali al massimo il 95%.

Purtroppo nessun obbligo rinviene dalla PAC verso gli agricoltori in merito alla permanenza dei residui colturali -paglia- e alla possibile posticipazione delle lavorazioni dei terreni almeno fino al 31 luglio al fine di consentire il completamento della riproduzione e lo svezzamento della prole della fauna selvatica tipica dei paesaggi agrari a cereali. Di fatto migliaia di ettari di graminacee successivamente alla mietitura con contemporanea trinciatura degli stocchi e la successiva raccolta della paglia ed aratura precoce dopo la raccolta si trasformano in delle vere e proprie “trappole ecologiche”
2. Mantenimento dei prati e pascoli permanenti Il “mantenimento dei prati e pascoli permanenti” è il secondo impegno del greening che è stato creato per salvaguardare tutti i prati e pascoli permanenti considerati estremamente sensibili da un punto di vista ambientale.
Ogni Stato deve assicurare il mantenimento di una certa quota di prato permanente ed è lo Stato che designa i prati e i pascoli permanenti nelle Zone Ecologicamente Sensibili sotto il profilo ambientale contemplate nelle zone “Natura 2000”.
Infatti gli agricoltori che hanno i prati e pascoli permanenti nelle Zone Ecologicamente Sensibili (Rete Natura 2000) non possono convertirli a seminativo.
Al di fuori di Rete Natura 2000 purtroppo si possono convertire i prati e pascoli permanenti, ma solo dopo l’autorizzazione di AGEA.
3. Aree a valenza ambientale o Aree d’interesse ecologico (EFA – Ecological Focus Area)
Destinare una quota del 5% dei seminativi dell’azienda ad “Areee a valenza ambientale o Aree d’interesse ecologico (EFA – Ecological Focus Area) rappresenta il terzo impegno del greening.
Le aziende di dimensione inferiore ai 15 ettari a seminativo purtroppo sono esonerate dall’obbligo delle aree di interesse ecologico.
Le superfici che si possono considerare come Aree d’interesse ecologico (EFA) sono:

a. terreni lasciati a riposo;
b. terrazze;
c. elementi del paesaggio, compresi gli elementi adiacenti ai seminativi aziendali;
d. fasce tampone, comprese quelle occupate da prati permanenti, a condizione che queste siano distinte dalla superficie agricola ammissibile adiacente;
e. ettari agroforestali che ricevono o hanno ricevuto sostegno dallo sviluppo rurale;
f. fasce di ettari ammissibili lungo le zone periferiche delle foreste;
g. superfici con bosco ceduo a rotazione rapida, senza impiego di concime minerale/o prodotti fitosanitari;
h. superfici oggetto di imboschimento secondo le norme dello sviluppo rurale;
i. superfici con colture intercalari o copertura verde ottenuta mediante l’impianto o la germinazione di sementi (aree soggette a fattori di ponderazione);
j. superfici con colture azotofissatrici.
Fortunatamente a partire dal 01/01/2018 nell’ambito della gestione del greening (pagamento legato all’inverdimento), la Commissione Europea ha introdotto alcune novità, recepite dall’Italia,
come il divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari sulle Aree di interesse ecologico (EFA), ma consente alle Regioni Italiane di variare il periodo di divieto sia di sfalcio che di procedere alle lavorazioni agricole.
A nostro avviso, sui terreni a riposo utilizzati per il rispetto delle EFA, il divieto di sfalcio e ogni altra operazione di gestione del suolo è troppo breve a causa delle deroghe regionali. Infatti consentire la pratica dello sfalcio e le operazioni di aratura già nel mese di maggio, di fatto non consente il completamento della riproduzione e lo svezzamento della prole di numerose specie di fauna selvatica attratte dalla presenza di erbe spontanee ricche di entomofauna, con fortissime perdite di nidi, pullus e giovani ancora alle dipendenze dei genitori.
A detta della scrivente Associazione, prescindendo se all’interno di Rete Natura o in terreni non sottoposti a vincoli particolari, le aziende agricole che ricevono aiuti legati alla PAC nell’esecuzione delle pratiche agricole non devono comunque determinare perdite alle popolazioni di fauna selvatica in riproduzione, o che le stesse siano comunque tollerabili nel lungo periodo dalla fauna nell’esclusivo interesse dell’intera Collettività Europea ed Internazionale e non solo del Mondo Venatorio. A tal proposito, per raggiungere detto obiettivo, potrebbero essere ritoccati in aumento il pagamento di base e l’importo per la componente di pagamento legato all’inverdimento (greening).
In merito al “IKB” ed al “Piano Nazionale Antibracconaggio” ed alle numerose aree al suo interno indicate ad alto rischio di bracconaggio (black-spot) si suggerisce di risolvere il problema con una corretta pianificazione nella redazione dei Piani faunistici venatori regionali, con la perimetrazione delle “Oasi di protezione” in modo che le stesse includano al loro interno quelle aree dove i fenomeni di bracconaggio sono più diffusi, liberando contemporaneamente le aree doveper tradizione e cultura venatoria certi deprecabili fenomeni non si verificano o sono meno diffusi.
Es Bracconaggio diurno agli acquatici con l’ausilio di richiami acustici sul mare nella zona della Capitanata. Per debellare detto triste fenomeno andrebbe istituita un’Oasi di protezione lungo tuttala costa per i 500 mt dalla battigia, al fine di utilizzare il deterrente del reato penale di caccia in area protetta e dando attuazione all’art. 1c. 5 della L.n. 157/92 (istituzione di aree protette lungo le rotte di migrazione segnalate da INFS oggi ISPRA).

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