Alpe Campo
- Scritto da Lirurus Tetrix
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Seduto sulle rocce prospicenti l’ingresso, attendo che le luci del tramonto trascolorino nelle ombre della notte.
Le cime dei monti che coronano la conca dell’ alpe, attizzate di rosso, come brace che lentamente consuma pian piano si spengono. Sfumano i contorni degli antichi muretti a secco traccianti sul pascolo geometrici disegni.
Più profonda e buia appare la sinuosa cicatrice che per tutto un lato segna l’alpeggio ed al cui fondo l’Artogna gorgoglia tra i sassi prima di precipitare a valle, cascando da una gola, in una tinozza blù, specchio del cielo. Lo accompagna, alle volte, fondendosi in unica melodia il rugolare di un gallo.
La solitudine è così vasta e profonda che dilaga nell’animo uno struggente sgomento strizzando dal cuore voglie di pianto.
Nel buio incipiente, le umili dimore estive di antichi alpigiani paion stringersi l’un l’altra sostenendosi; son baite che conoscono l’ angoscia senza cielo della sepoltura invernale.
Dalle piode sconnesse del tetto filtrano i tremuli bagliori del fuoco; il fumo, invece, ne esce quando gli aggrada.
E’ tempo d’entrare. Consumi in fretta la minestra, in cui hai sciolto generose fette di toma, prima che il freddo ne smorzi il tepore ed i sapori.
I cani, stanchi, fanno prima la giostra poi di sè ciambella, mugugnando le recenti fatiche, accanto all’ incerta fiamma che arde di silenziosi ontani. I riflessi del fuoco, varcando la soglia delle palpebre socchiuse, tessono fluttuanti ragnatele di luce.
La notte sembra non finire mai. Notte tanto chiara d’argentea luce con una fetta di luna nel limpido cielo, quanto buia, che buia più non potrebbe, se basse nuvole prendon possesso dell’alpe, tutto avvolgendo e nascondendolo alle stelle. Già, le stelle; cammini nella notte e ti vien di farlo chinato, quasi inconsciamente ad evitare di battervi il capo, tremula volta di milioni di luci sfavillanti, tanto bassa da rimanervi impigliati; alle volte ti vien voglia di alzare un braccio e provare a toccarla, poi non lo fai per timore che s’avveri.
Intanto il freddo si fa pungente, ti cali il berretto sulle orecchie e, prima di rannicchiarti in fondo alle coperte, dai uno sguardo alla finestrella strologando il tempo dalla luce che filtra attraverso i vetri incrinati dalle ingiurie del tempo....e degli uomini.
Ma chi te lo fa fare ?!?
Sorridi.
Vi sono momenti e luoghi il cui incanto lascia estasiati, senza respiro, dove la terra si fonde al cielo e tu con loro; la tua anima, come un piccolo banco di nebbia sospinto dal vento, lambisce le cime e si disperde nell’azzurro infinito.
Lirurus Tetrix