Eugenio Niccolini
- Scritto da Romano Pesenti
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Il nobile personaggio, di cui dirò alcune cose della sua vita, è l’Autore di uno dei più bei ed importanti libri di narrativa della Letteratura Venatoria Italiana. Libro che tutti hanno definito capolavoro.
Il Sen. Eugenio Niccolini, Marchese di Camugliano e Ponsacco, nacque a Firenze nel 1853.
Di nobile e ricca famiglia. eredita vastissime proprietà nei dintorni di Pisa nonché prestigiosi e antichi palazzi a Firenze. Di notevole importanza è il Palazzo Niccolini, costruito nella prima metà del ‘500 nel quartiere di Santa Maria Novella ed acquistato nel 1863 dal padre, Sen.Lorenzo Niccolini.
Vive gran parte della sua gioventù nella splendida tenuta di Camugliano, ex Palazzo Medici. acquistata nel 1637 dal suo avo Sen. Filippo Niccolini
Giovane di spiccata intelligenza e di pronto apprendimento, completerà il corso dei suoi studi laureandosi in legge.
Sin da giovane tanto attirò la simpatia fra le diverse fasce sociali, che da subito venne considerato “principe dei gentiluomini e dei cacciatori toscani.”
Cominciò a cacciare al “paretaio” e alle” reti aperte” di suo padre Lorenzo, poi, senza l’autorizzazione paterna, ma con la connivenza di una loro vecchia guardia, tirò con un fuciletto agli uccelletti nel cortile della tenuta, per passare, più grandicello, nella palude di Bientina,nei pressi di Camugliano a sparare ai beccaccini al salto e alle anitre all’aspetto.
Ci dice in uno scritto che molte furono le padelle, ma che poi, con un fucile a bacchetta, imparò presto la tecnica del tiro a volo e che lì nella palude apprese le abitudini della selvaggina palustre. Poi, fabbricati i primi fucili a retrocarica a spillo, gli fu, a suo dire, facilitata la "sparatoria".
Nel 1873, il 18 dicembre a Terracina, accompagnato dal suo fido guardia Gosto, fece un carniere record di 164 beccaccini…
Fu più volte ospite a caccia di Re Vittorio Emanuele II, di Re Umberto I e di Vittorio Emanuele III a S.Rossore, a Castelporziano ed anche sui monti in Valsavaranche a stambecchi e camosci e, su altre montagne in Stiria, ospite dell'Arciduca Ferdinando di Lorena, a battute a galli di monte con coturnici e marmotte.
Bellissimo l’episodio in una battuta al cinghiale a S.Rossore in cui, Niccolini presente, un capocaccia, valente tiratore incaricato a finir gli animali feriti, uccise un cinghiale a cui sparò dopo il tiro di S.M. Umberto I.
Al che il Niccolini, per riparare allo sgarbo del guardia e per nascondere la “padella” del Re, disse: ”Bel tiro che ha fatto Vostra Maestà !” Al che il Re rispose: “Mi prendi forse per “una ciùla?"
Uomo non comune per la facilità dialettica, bontà d’animo e per la disponibilità verso i più bisognosi, ottenne sempre testimonianze di grande rispetto e simpatia, non solo da parte dei notabili toscani, ma anche dal popolo e dai contadini, compresi quelli che lavoravano nelle sue proprietà. In seguito agli apprezzamenti dei toscani ed alla valenza per quelle sue doti, fu nominato consigliere comunale, e poi sindaco della città di Prato.
Nel 1913 venne eletto Senatore del Regno d’Italia.
Politico amato ed apprezzato, gli furono riconosciuti grandi meriti per quello che riguarda le proposte e le modifiche legislative a favore del mondo agricolo regionale e nazionale che, grazie alle sue alte competenze in questo ramo economico, dovute alle positive ed innovative esperienze e ai risultati ottenuti dall’oculata e proficua amministrazione dei suoi terreni - da cui traeva la maggior parte delle sue rendite- l’agricoltura ebbe notevole giovamento e progresso.
Fu tanto esperto anche nelle cose di caccia che il Duce, durante il periodo fascista, negli anni trenta lo volle alla presidenza della Commissione per la nuova Legge Venatoria, che seppe arricchire di contenuti per la sua competenza di esperto cacciatore e di ambientalista.
Appassionatissimo e valente cacciatore, alla caccia dedicava, e soprattutto nella sua Maremma, tutto il tempo che gli impegni politici lo lasciavano libero.
In quell’epoca, di miseria e nobiltà, per la sua spiccata dote di saper vivere sia con signorilità sia con semplicità... all’ occorrenza, seppe astutamente convivere e sopravvivere, senza però mai sottomettersi, ai pericolosi banditi che allora frequentavano i boschi della Maremma, come Domenico Tiburzi, condannato per omicidio in una rissa,
il Luciano Fioravanti, per omicidi e rapine e il Biagini Domenico, con nove mandati di cattura, colpevole di soli sette... omicidi. In quel tempo, temutissimi dai proprietari terrieri e dai nobili, a cui imponevano taglieggiamenti, furti e, qualche volta, violenze anche con scontri a fuoco mortali.
Il Niccolini in un capitolo del libro narra a un amico un episodio in cui, incontrando spesso il bandito Tiburzi mentre lui cacciava in boschi maremmani, lo descrive come ottimo tiratore e gran cacciatore di beccacce, aspetti che lui stesso aveva personalmente constatato, avendo con il Tiburzi qualche volta cacciato in quelle selve. Racconta anche di un fucile particolare promesso per un servizio in regalo al Tiburzi,.. ma non volendo io qui anticipare la fine della promessa, lascio al lettore la facoltà di scoprirlo leggendo il libro..
Amò tanto la caccia e la Maremma; territorio vario ed incontaminato, ricco di boschi, foreste e paludi, di macchia mediterranea, con pianure e montagna, con fauna di varie specie.
Nella sua vita cambiò di frequente luoghi e residenze, fino a prender dimora nel Forte delle Rocchette, nel Golfo di Castiglione della Pescaia, luogo suggestivo formato da un promontorio che si insinua per un centinaio di metri nel Mar Tirreno.
In questa località, dove il Niccolini si dedicò per molti anni alla caccia, diventerà amico e compagno di battute dei migliori e più noti personaggi della letteratura, dell’arte e della nobiltà dell’epoca: Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio, Renato Fucini, Fernando Paolieri, Eugenio Cecconi, Cecco Gioli, Mario Puccioni, Luigi Ugolini e tanti altri.
Alla fondazione nel 1906 della rivista Diana da parte dell’Editore Vallecchi, con Arturo Renault direttore, il Niccolini scriverà per il giornale diversi articoli cinegetici e ne diverrà, per molti anni, collaboratore fisso, con numerosi e competenti scritti di tecnica venatoria e anche di critica e di denuncia verso gli allora primi atti di prosciugamento e di bonifica di alcuni territori della Maremma.
Per quegli articoli, sempre ricchi di acute osservazioni e competenti suggerimenti venatori, ebbe da subito molto seguito ed ammirazione da parte dei lettori, ma ciò che lo rese veramente famoso presso un vasto pubblico, in tutta Italia, fu la pubblicazione nel 1915 del suo bellissimo libro
"Giornate di caccia “.
Eugenio Niccolini, marchese di Camugliano, senatore, cacciatore di maremma e letterato fra i più raffinati, ha raccolto nel libro molte delle sue esperienze venatorie, sempre veritiere, in un modo nostalgico rivolto ad ambienti che già a quei tempi stavano mutando o scomparendo, senza rinunciare al lirismo e all’accuratezza naturalistica nelle descrizioni della selvaggina e dei boschi di quel territorio. Da vero esteta, è testimone e attore della vera caccia, con una assidua frequentazione e competente pratica venatoria.
Non disdegnando una attenta critica al volere, da parte dell’uomo, modificare la natura in virtù del progresso.
Morì a Firenze nel 1939,
Nota.
Chi volesse approfondire la conoscenza di questo Illustre Personaggio, dovrebbe leggere il bel libro di Mario Puccioni - Cacce e Cacciatori di TOSCANA – Edito da Olimpia nel 1944, in 8 piccolo di 205 pagine, dove il Puccioni, amico di Niccolini, descrive nei vari capitoli i personaggi cacciatori toscani più importanti dell’epoca (Il Sen. Collacchioni, il musicista Giacomo Puccini, i banditi Tiburzi e il Fioravanti, il pittore Eugenio Cecconi, il Conte Sen. Giovanni P. Fabbroni, l’addestratore di civette On. Ferdinando Martini, l’Avv. Giovacchino Mazzini, il Marchese Piero degli Antinori, il Pricipe Corsini ecc, ecc). Il libro riporta anche altre gustose storielle di carucce, di cani e altro.
Un capitolo di oltre dieci pagine è dedicato ad una intervista fatta nel 1933 alle Rocchette da M. Puccioni all’amico Sen. Niccolini il quale, in questo capitolo racconta, in modo anche divertente, la sua vita di cacciatore.
Il suo meraviglioso libro.
Nel 1915- GIORNATE DI CACCIA – Edito da Istituto Micrografico Italiano, Firenze- in 4 di 121 pagine, con 35 racconti di caccia, illustrati da 64 foto dell’epoca e con 10 quadri, di cui 5 di Eugenio Cecconi, uno di F.Gioli e altri 4 da foto.
Il testo è preceduto da una lettera di lode scritta da Gabriele D’Annunzio.
L’Opera del Niccolini, elogiata anche da G. Carducci, va considerata come una delle massime espressioni della narrativa venatoria italiana. In essa sono descritti e ritratti cacciatori, ambienti e cacciate di stile. (Ceresoli)
Questo libro racconta un mondo e un ambiente che non c’è più….ed è stato scritto quando l’Autore era in degenza e in forzata inattività, colpito da una scarica di pallini alle gambe da un fucile impostato a scatto da un bracconiere di Alberese nella Maremma.
Nel 1926- Seconda Edizione – Edita da F.lli Alinari,Soc.An.I.D.E.A.- in 4.di 158 pagine
Nel 1943- Terza Edizione- Edita da Olimpia, Firenze, in 4 di 198 pagine
Nel 1950- Quarta Edizione - Olimpia, come sopra.
Nel 1959- Quinta edizione - Olimpia, come sopra, ma in tela rilegata.
Di questo libro poi verranno stampate altre diverse edizioni anche di altri Editori.
Nel 1993- ALTRE GIORNATE DI CACCIA - Edizione realizzata da Giunti Gruppo Editoriale –Firenze, con la sponsorizzazione della Cassa di Risparmio di Firenze. In 8, rilegato con sovracopertina ill. con foto di Niccolini( con una lunga barba bianca) in partenza per la caccia.
Questo libro dato alla stampa dal pronipote Lorenzo Niccolini, contiene 31 Racconti inediti di Eugenio Niccolini, con altrettante belle fotografie dell’epoca.
P.S. Il libro - Giornate di Caccia - non può assolutamente mancare nella biblioteca di un cacciatore, come non può...non essere letto.
Romano Pesenti