Annibale Bocchiola
- Scritto da Romano Pesenti
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Nato a Ghiffa nel 1913 sul lago Maggiore, ai piedi delle Alpi, visse lunga vita a Verbania.
Ad eccezione di qualche breve parentesi di caccia ai beccaccini fra le risaie del Pavese, da dove proviene la sua famiglia di agricoltori, è stato un grande cacciatore di montagna con i cani da ferma alla tipica alpina, senza disdegnare qualche puntata alla caccia al camoscio.
Ama la caccia in solitudine fra le sue montagne, di cui è innamoratissimo e queste sue cacciate gli ispireranno pagine poetiche di rara bellezza. Agli inizi della sua carriera di giornalista, come lui stesso spesso dichiara, scrive per diletto personale, ma i suoi scritti portano nella letteratura venatoria una tal ventata di poesia, che lo renderanno scrittore richiestissimo dalle migliori testate delle riviste del tempo.
Dirigente industriale di professione, collaborò con assiduità a riviste di caccia, ammirato non soltanto per la bellezza dei suoi racconti, ma amato dai suoi lettori per la capacità di donare a loro una parte della gioia che la passione gli faceva sbocciare nell’anima, tanto piena di sentimenti, sì da avvincerli e farli partecipi delle sue proprie emozioni.
“Venatoria” e “Il Cacciatore Italiano” sono le prime riviste dell’epoca che si avvalgono dei suoi bellissimi articoli, poi, più avanti negli anni, scriverà anche per l’altrettanto importante rivista “Diana” (per 20 anni) e, negli ultimi anni della sua vita, anche per “Sentieri di caccia”, riviste tuttora in edicola.
I racconti di Annibale Bocchiola non sono soltanto episodi di vera caccia, ma sono specchio del suo stato d’animo di cacciatore,dei sentimenti che la passione crea, con diversa intensità; sono frutto dell’ambiente del monte, coi suoi paesaggi e dei panorami che da lassù si traguarda,non disgiunti dall’azione dei suoi bravi cani e dalle emozioni che la selvaggina di monte sempre gli procura.
La sua passione nulla ha a che fare con la mania della preda per far carniere. E’ una passione nobile che educa all’amore per la Natura, della vita semplice, come l’intende Bocchiola, per lavare l’anima e per spazzare via lo stress della vita quotidiana, ricca di desideri viziosi, di cose inutili, di fretta e di parole vuote, di lavori incompiuti. Ogni racconto è carico di calda umanità, nessuno è storia di stragi gratuite o impietose; sono piuttosto storia di tenerezze, di commozioni e di stati d’animo. La vera protagonista delle sue liriche pagine è la montagna o il lavoro dei suoi cani. La montagna “ la guardi e senti, così, di aver pregato”.
Lassù,fra boschi, malghe e cime,ogni tanto si sente il suono di campane lontane e – io dico - ti vien voglia,.. provare per credere, di sussurrare preghiere, di ringraziare Dio…
Conobbi Annibale Bocchiola negli anni ’90. Anch’io cacciatore di monte e collezionista bibliofilo, desideravo un suo libro ormai da tempo esaurito e introvabile. Gli telefonai e, per quanto lui già ammalato, mi accolse con gentilezza e disponibilità. Gli portai i saluti di un suo grande e comune amico, l’Avv.Adelio Ponce de Leon, con il quale in gioventù aveva cacciato beccaccini nelle risaie della Lomellina e, in quest’occasione, per ricambiare i saluti, mi chiese il suo numero e volle telefonargli. Al telefono, si commosse per la gradita chiaccherata, ricca di nostalgie e di lontani ricordi. Parlammo poi per più di un’ora di caccia alpina...e gli brillarono gli occhi, e non so se per lo struggente rimpianto delle sue montagne o per la gioia di raccontarle. Purtroppo, di quel libro che cercavo, ne aveva solo una copia: la sua. Dispiaciuto dal fatto di non potermi aiutare, mi regalò un suo manoscritto di circa 200 pagine già dattilografate e graffate, titolato “Andare in baita”, dicendomi che erano alcuni suoi racconti ancora non pubblicati. Saranno poi inseriti nell’ultimo suo libro, pubblicato nel 2003, col titolo “Fumo di baita”.
Quello scritto lo conservo con gelosia.
Uomo schivo, ma schietto e sincero, scevro di ogni vanteria, lo ricordo con ammirazione e grande affetto .
Morì a Verbania il 12 gennaio del 2006,circondato dall’affetto dei suoi cari e dal rimpianto commosso dei suoi tanti lettori.
In quel giorno è mancato il Poeta della caccia.
Le sue Opere.
Nel 1950 - VECCHIA CACCIATORA –Carpena Editore,Sarzana. in 16 grande, di 253 pagine- 23 bellissimi episodi di ricordi di caccia. Di alto valore sentimentale i racconti; La morte del cane Brut e Piccolo Padule, con la morte di un germano.
Questo bel libro, grazie al mio invio all’editore, che ne era sprovvisto, sarà rieditato in 2° edizione dall’Editoriale Olimpia nel 2006.
Nel 1976 – MAL DI CACCIA – Editoriale Olimpia, in 8 di 160 pagine, con sopra copertina a colori illustrata dal pittore Lemmi. Una raccolta di 25 racconti, uno più bello dall’altro, con un inno a un cane, Mirò, e alla Beccaccia nell’ultimo racconto - Una beccaccia per Mirò. Lirismo puro.
Nel 2003 – FUMO DI BAITA e altri racconti – Editoriale Olimpia, in 8 di pagine 174. 19 racconti di caccia in montagna, con una bella prefazione del nipote Andrea, che a un certo punto scrive…Così il mal(di caccia) abita oggi più che mai l’Andare in baita che titola il primo racconto del libro,andare che è anche, il lettore perdonerà il riferimento personale, un Andrea in baita, dinanzi ad un nonno che guarda ancora le montagne come se fosse sempre sul punto di calzare gli scarponi, come se fosse sempre sul bilico, prossimo al precipitare in esse.
Una curiosità bibliografica:Il libro doveva essere titolato “Fumo in baita” come voleva l’Autore, per significare certe situazioni che accadono in quelle casupole alpine, ma il correttore di bozze, pensando a un errore, lo corresse in Fumo di baita.
Tre libri...tre perle della Letteratura Venatoria italiana, che non possono assolutamente mancare nella biblioteca di un cacciatore.
Romano Pesenti