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Alessandro Bassignana

Alessandro Bassignana

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SPAGNA: LA CACCIA FONDAMENTALE PER IL CONTROLLO DEL LUPO

Dura presa di posizione del mondo venatorio spagnolo a fianco del mondo agricolo.
In Spagna il lupo viene protetto nelle zone del sud mentre al nord, dov'è molto diffuso, viene cacciato da anni.
Si stima la presenza di oltre 2000 lupi, suddivisi in almeno 297 branchi, e sino al 2019 se ne potranno cacciare 143 l'anno, ma sembra ciò non basti a contenerne il numero, tanto che l' RFCE (Federazione Reale di Caccia Spagnola), chiede vengano aumentati i contingenti di abbattimento.
Le predazioni sono sempre più numerose, anche a ridosso di centri urbani di Galizia e Asturie, e qualche giorno fa vicino a Lugo un giovane agricoltore in un solo attacco ha perso ben 27 pecore e 5 agnelli. 
E dunque non solo misure di protezione e poderosi cani da guardiania (in Spagna si usano mastini spagnoli o cani dei Pirenei), ma anche azioni di contenimento più massiccie.
"L' RFCE e i cacciatori" si legge, "sono con la genti delle zone rurali, gli agricoltori hanno il pieno sostegno del mondo venatorio mondo e continueranno a lottare per una gestione logica, responsabile e sostenibile del lupo, facendo notare che l'uomo rurale viene sempre prima ". 
L'ambientalismo radicale, scrivono gli spagnoli, "strangolano gli abitanti del Paese ", con le sue parole d'ordine a buon mercato e le idee infondate, e se l'amministrazione continuerà a dargli ascolto alla fine arriverà ad esaurire la pazienza del popolo della campagna, un fatto che può portare conseguenze disastrose per l' intera società."
La RFEC conclude che essa è e sarà sempre con gli agricoltori, "veri custodi del territorio e dell'ambiente".
 
(fonte: cazawonke.com)

IRON ARMI "STAR BORE"...spara lungo!

  • Pubblicato in Le Armi
Iron Armi, innovativa e dinamica casa armiera, ha voluto presentare e introdurre sul mercato un fucile semiautomatico ARES HP (hight power ) meticolosamente indirizzato alla caccia agli anatidi, non accontentandosi di un'arma base semplicemente configurata con canna piu lunga, finitura camo, strozzatori e calciature in sintetico. 
Questo tipo di caccia merita un fucile davvero dedicato in tutta la sua impostazione, e soprattutto con un occhio di riguardo alle prestazioni della canna (STAR BORE) che devono essere di livello superiore nelle caratteristiche di balistica esterna e terminale.
Partiamo da un'estetica nuova della carcassa priva delle solite incisioni, ma con scarichi bilaterali moderni e indirizzati a definire, unitamente ad altre condizioni, una REALE BILANCIATURA dell'arma adatta a questa speciale attività di tiro.
La bilanciatura è uno dei segreti per sparare bene, con meno disturbo possibile e con buona stabilità nella SEQUENZA di tiro che viene per altro disturbata piu le cariche delle cartucce sono robuste (proprio nel caso di cartucce per anatidi!).
La parte inferiore della carcassa presenta scarichi inusuali ed arrotondamenti che agevolano al massimo, velocizzandole, le operazioni di caricamento e scaricamento del serbatoio che tutti noi sappiamo quanto siano difficoltose, specialmente in inverno col freddo e magari indossando guanti...
Le calciature,protette con pellicola tipo soft KARBON FIBER, per quella ottimizzazione di cui si parlava, sono in SINTETICO per l'astina (in modo da avere spessori che mi riducono le dimensioni), mentre sono in legno di noce per il calcio.
Questa soluzione, apparentemente strana ha invece una sua validità per quei vantaggi che solo il legno mi puo dare in termini di vibrazioni e di riduzione delle onde di rinculo. Anche questo va nella direzione di una maggior stabilità e riduzione del fastidio.
 
Veniamo ora alla canna.
STAR BORE, questa è la denominazione commerciale, di questa canna da 76 cm di lunghezza che presenta le caratteristiche piu incisive per i risultati balistici necessari oggi sia per l'uso di cartucce con pallini in piombo che per pallini in acciaio, o comunque in materiali non tossici. 
La nostra pluriennale esperienza nella fabbricazione delle canne ci ha senza dubbio indirizzati ad una canna a strozzatura fissa dove la lunghezza del cono e l'entità del valore di strozzatura (rigorosamente 8 decimi di millimetro) rappresentano per noi la miglior configurazione soprattutto per l'utilizzo di cariche robuste, con una colonna di piombo piuttosto lunga e soprattutto per numerazione di pallini dal 6 in giu.
Star BORE è realizzata da barra piena in acciaio legato al cromo molibdeno e lavorata con FORATURA piena e con un ciclo di lavorazione tendenzialmente piu lungo per assicurare un'assenza di tensioni e stress meccanici e termici; dette tensioni producono in modo piu o meno evidente controindicazioni per una rosata efficiente e performante (naturalmente parlando di munizioni spezzate).
La sovraalesatura è in modo molto preciso indirizzata a un valore di 18,60 mentre il cono di raccordo tra camera e anima,contrariamente alle tendenze generali è relativamente corto per sfuttare al meglio la pressione generata dalla cartucce che muove la colonna di piombo nel tratto iniziale.
Al contrario la porzione conica della strozzatura è molto lunga per garantire una progressività di incanalamento dei pallini e ridurre le componenti radiali che tendono a danneggiare la sfericità dei pallini in piombo e a creare deformazioni della canna ( o strozzatori) usando invece pallini in acciaio.) Comunque sono condizioni sfavorevoli per ottenere rosate regolari ed efficaci soprattutto alla distanza. 
Canna e carcassa sono protette con nuove tecnologie ceramiche per aumentare le resistenze alla corrosione che si determinano in ambienti umidi e duri come quelli in cui generalmente si pratica questo tipo di caccia. La colorazione scelta è un grigio metallico ovviamente satinato e antiriflesso. Una tacca di mira viene posizionata ad alcuni centimetri di distanza dalla carcassa.
Il suo utilizzo non ricalca quello del tiro a palla ma serve ad acquisire al meglio il bersaglio anche in condizioni di scarsa luminosità. 
Si può a ragione definire Ares HP con canna STAR BORE un'evoluzione di un fucile che segue tutti i cambiamenti, le esigenze e le tendenze del cacciatore moderno, ma dove la prestazione ha un occhio di riguardo del tutto particolare.
  
 

Il fagiano e la caccia: guai a chiamarlo...pollo colorato!

Talvolta lo si chiama “pollo colorato”, ma questo è un modo piuttosto irrispettoso per definire un selvatico che quando è tale, davvero non deve patire complessi d’inferiorità nemmeno di fronte a prede ben più ambite e rinomate. Stiamo parlando del fagiano, uccello conosciutissimo e noto pure ai non cacciatori e al quale tutti i praticanti della nobile arte di Diana almeno una volta nella loro vita hanno sparato, magari in una riserva di caccia o in occasione di una quelle “fagianate” che le associazioni venatorie annualmente organizzano per i loro soci.
Questo vituperato gallinaceo, originario dell’Asia, è però quel selvatico che ha forse consentito al cacciatore di stanziale con il cane da ferma di continuare con la propria passione anche negli ultimi decenni, da quando da campi, coltivi e dalle colline italiane sparì la starna regina incontrastata di quel tipo di caccia.
Ciò avvenne verso la fine degli anni sessanta del secolo passato, quando la caccia divenne un fenomeno di massa ed aumentò considerevolmente il numero dei cacciatori, sino a raggiungere il numero di due milioni di praticanti. A ciò s’aggiunsero imponenti modificazioni nella struttura sociale ed economica del Paese con l’abbandono di alcune attività tradizionali a vantaggio di altre: l’agricoltura fu meccanizzata e resa produttiva attraverso l’uso di concimi chimici, pesticidi e diserbanti che distrussero quelle condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo e alla sopravvivenza di starne e pernici rosse, un tempo abbondanti un po’ ovunque. 
Le monoculture, e si pensi solo alle immense distese di mais che a fine estate creano oceani di barbe gialle nella Pianura Padana, si sostituirono ai piccoli campetti coltivati a rotazione e orlati da siepi e boschetti, inframezzati da prati irrigui. In più l’enorme e incontrollata crescita numerica di corvidi e rapaci, capaci di predare e distruggere ogni tipo di nido d’uccelli…venabili, ha fatto sì che solo ove vengono messi in atto seri piani di controllo nocivi qualche covata s’ottenga ancora; ma queste sono situazioni piuttosto rare e confinate a zone di protezione o aree ove operano gestori illuminati, pure loro razza in estinzione.
All’amante della caccia con il cane da ferma, esclusi quei fortunati che ancora possono cacciare forcelli, coturnici e pernici bianche in alta montagna, restano pochi veri selvatici, e per lo più tutti migratori come la quaglia e la beccaccia, o molto particolari come i rallidi; ecco perché, con calendari venatori che escludono il mese di agosto quando le quaglie sono ancor presenti, molti di questi rivolgono le loro attenzioni verso il vituperato fasianide, al più dedicandosi nell’ultima parte della loro stagione alla Regina. 
Proviamo ora a fare un po’ di giustizia, restituendo al nostro fagiano la dignità che pur esso merita.
Molti lo definiscono “pollo colorato”, è questo per la facilità d’allevamento che consente di disporre di migliaia di capi in un qualunque momento della caccia, e dunque anche a stagione ormai avanzata: si tratta dei famosi “fagiani pronta caccia”, i maggiori responsabili della cattiva nomea della specie.
Un tempo gli animali venivano rilasciati a febbraio, a caccia chiusa da poco e spesso con la neve sul terreno, e questi “selvatici d’allevamento” imparavano subito a difendersi e si riproducevano con facilità, regalando ai cacciatori che li avrebbero insidiati in settembre emozioni e soddisfazioni in quantità.
Ora tutto è cambiato, e gli animali vengono immessi sul terreno solo poco prima dell’inizio della stagione venatoria, diversamente i cacciatori troverebbero ben poco. 
Facciamo un po’ di chiarezza sulla specie e torniamo indietro di qualche millennio, quando i fagiani erano certamente “selvatici autentici”.
Il bell’uccello da caccia venne importato dall’Asia in Grecia verso il 1500 a.C. (gli stessi Romani l’apprezzarono) e quello originario era detto Colchico, privo del collare bianco, ma venne poi successivamente incrociato con altre varietà dagli allevatori e così furono diverse quelle che si diffusero rapidamente in tutta Europa.
Alcune ebbero prettamente funzione ornamentale, come il Dorato e l’Argentato, tanto da vivere solo in grandi voliere o parchi privati, mentre altre vennero utilizzate a scopo venatorio. 
Le più conosciute di queste sono il Mongolia, il Venerato, il Cinese, il Tenebroso, quello dal Collare e il Versicolore ma per lo più ormai vengono rilasciati ibridi che garantiscono una buona resa venatoria, come l’Americanino, più piccolo, scuro e dal volo veloce.
Veniamo alla caccia: il fagiano viene cacciato in battuta o con il cane da cerca o da ferma
La battuta avviene per lo più in vaste estensioni di terreno, e si pratica molto in Gran Bretagna o in alcune grandi riserve dove la concentrazione degli animali è tale da consentire molte fucilate, e tanto da essere più indicata ai grandi…tiratori piuttosto che ai cacciatori. Si tratta di eventi organizzati una o due volte all’anno, incontri mondani più che altro, e cui vengono invitate un gran numero di persone. 
I partecipanti vengono messi alle poste e poi i battitori iniziano la loro azione, facendo involare i selvatici che s’alzano in gran numero. 
Alla fine della giornata vengono esposti i tableau seguendo un cerimoniale ben definito. Il rito si completa con gli onori per i migliori fucili della giornata e naturalmente con tutto quel contorno di attività che la mondanità richiedono.
Passiamo ora alla caccia con il cane, quella preferita a molti, accennando brevemente a quella con il cane da cerca per concentrarci poi su quella con quello da ferma. 
La cerca è un tipo di caccia che va sempre più imponendosi, utilizzando cani che cercano e scovano il selvatico senza fermarlo; springer e cocker paiono i preferiti ma qualcuno comincia a cacciare anche con il labrador che unisce alla dote del riporto e del recupero anche un fiuto finissimo e l’istinto allo scovo. Questi ausiliari si muovono a breve distanza dal cacciatore e a tiro di fucile, frugando ovunque possa celarsi un selvatico, infilandosi in roveti e folti, battendo con sagacia ogni riva o canale. 
Un uccello come il fagiano, facilmente incline alla pedina, viene subito costretto all’involo e dunque l’utilizzo di queste “macchine da guerra” appare estremamente redditizio; s’aggiunga poi che si tratta sempre d’eccellenti riportatori e si comprende perfettamente perché springer e cocker conquistino sempre più il cuore degli appassionati.
Ma la caccia classica al fagiano è quella con il cane da ferma, inglese o continentale che sia.
Dire quale di questi sia il migliore è molto difficile, perché dipende da gusti e inclinazioni personali. 
Il fagiano ha indubbiamente una caratteristica che lo rende la selvaggina più diffusa per il cacciatore con il cane da ferma: si alleva facilmente, è piuttosto rustico ed è un discreto volatore, e così le immissioni sul territorio sono frequenti e ripetute; talvolta, ed è questa pratica non condivisa da tutti, avvengono a stagione venatoria ormai iniziata.
Come già detto i fagiani che un tempo venivano immessi sul terreno in inverno sopravvivevano e si riproducevano con facilità, tanto che a settembre la consistenza di selvaggina era tale da soddisfare anche i palati più raffinati.  Ora, con l’urbanizzazione e le nuove le tecniche agricole, che vedono l’affermarsi delle grandi estensioni monocolturali e l’uso massivo di pesticidi e diserbanti, non sarebbe più garantita la sopravvivenza delle chiocce; quando poi tra settembre ed ottobre sono stati tagliati mais e altri coltivi gli uccelli non trovano quasi più rifugio, tra campi ripuliti e lisci come un biliardo!
Insidiare un fagiano che sia da un po’ libero sul territorio è tutt’altro che una passeggiata, e se poi si ha la fortuna di cercare qualcuno di quelli nati in selvaticità, rari ma ancor esistenti, allora il divertimento è assicurato e la beffa sempre in agguato perché il bel pollastro multicolore si trasforma in un diffidentissimo uccello, scaltro, attento e pronto ad involarsi ben prima che cane e cacciatore lo possano avvicinare.
Pedinatore instancabile, il fagiano sa anche essere un volatore eccellente e una volta sfrullato in pochissimi metri è già in grado di raggiungere velocità consistenti; quando capita di dover sparare ad uno di questi che si sia ormai alzato in volo allora pare di puntare un missile e le padelle possono essere scongiurate solo tirando con un notevole anticipo. Quando parte, rumorosamente e spesso cantando se maschio, il rischio è quello di sottovalutarne la velocità e capita spesso che qualche uccello riesca a beffare il cacciatore che già pregustava la gioia del carniere. Solo la perfetta conoscenza del territorio, l’uso di cani corretti e l’affiatamento con il proprio compagno di caccia consente di ottenere dei buoni carnieri. 
Il fagiano vive bene tanto in pianura quanto in collina, purché vi siano aree boscate, siepi o fossati che possano offrirgli rifugio e pastura in abbondanza. Si nutre di erbe e granaglie ma pure di piccoli frutti, bacche o anche insetti, per cui in suo habitat può essere quanto mai vario; sa nascondersi molto, e capita spesso di passargli vicino senza poterlo vedere, in particolar modo per le femmine protette da un piumaggio marrone chiaro che le aiuta a mimetizzarsi anche sul nudo terreno, dove riescono a rendersi invisibili tra le zolle dei campi lavorati.
Durante la bella stagione ama trattenersi per la pastura nei prati o nei campi di granturco e girasole, e lì il cacciatore accorto lo cercherà nel mese di settembre e nella calde giornate d’ottobre; coltivi e vigne gli offriranno rifugio e i cani non dovranno trascurarli, anche se il rischio è che l’uccello accortosi del pericolo pedini velocemente sino a portarsi molto lontano prima di frullare rumorosamente con il classico co-coo-coo.
Naturalmente il fagiano stabilisce la sua abituale dimora là dove esistono le condizioni favorevoli, e dunque cerca boschi d’alto fusto (durante la notte s’appollaia sulle piante) con sottobosco che abbia abbondanza di felci, arbusti e cespugli; importante la presenza di acqua.
Con l’avanzare della stagione e i primi freddi lo si cercherà proprio nei boschi e qui sarà più facile l’azione del cane, reggendo lui meglio la ferma del cane, forse perché il folto lo rende più tranquillo e sicuro di non essere scoperto. Talvolta si è costretti a battere violentemente su rovi e arbusti per costringerlo al volo.
Ma anche qui non ci si confonda: se si ha a che fare con un fagiano selvatico allora le possibilità di sopravvivenza sono elevate e quando lui partirà, cogliendoci di sorpresa, difficilmente riusciremo ad esplodere entrambe le fucilate senza sventagliare di piombo le piante che ne proteggeranno la fuga.
Un tempo c’era la sana abitudine di rispettare le femmine, cui non si sparava più con l’avanzare della stagione,  e questo valeva anche nelle riserve più importanti dove s’organizzavano grandi battute.
Si racconta che un grandissimo riservista, il Conte Emilio Scheibler, oltre a vietare si tirasse alle femmine, le sere dopo le battute pretendesse di controllare personalmente la selvaggina uccisa per controllare come i suoi ospiti avessero sparato: quelli che non lo soddisfacevano venivano…depennati ed esclusi dalle successive cacciate.
Erano altri tempi, e a quell’epoca nessuno si sognava certo di snobbare un selvatico tanto bello e interessante per ogni autentico cacciatore. Erano altri tempi, ed erano certo anche altri cacciatori! 
 
 

Beccacce che Passione, maggio 2017

  • Pubblicato in Riviste
Torna la firma di Giorgio Lugaresi su Beccacce che Passione, che apre questo numero (3 maggio-giugno 2017) con l’editoriale “Basta darsi una regolata”.
Immancabile come sempre, invece, David Stocchi che propone un approfondimento sull’importanza della valutazione dei segni di caccia quando, nel bosco, si insegue la regina con il proprio ausiliare.
Per quanto riguarda la cinofilia venatoria, questa volta è il kurzhaar protagonista delle note di Giorgio Palazzo dedicate alla caccia alla beccaccia con il fermatore tedesco.
Emozionante e istruttivo il racconto del beccacciaio di lungo corso Giuliano Rizzi, che precede l’articolo di Paolo Pennacchini che propone un vademecum per il cacciatore di beccacce consapevole: regole scritte e non per presentare alla società il volto sostenibile della caccia.
Si torna a parlare di cinofilia con Rossella Di Palma, che continua ad approfondire il tema dell’intelligenza canina, per proseguire poi con le note di Renato Quircio che, forte della sua esperienza lavorativa trentennale presso l’Ufficio Armi della Questura di Roma, spiega che cosa fare quando un’arma ci arriva in eredità.
Tutte le anticipazioni sulla Conferenza internazionale sulla beccaccia - International Woodcock Conference, un incontro aperto a tutti i beccacciai (ingresso gratuito e servizio di traduzione simultanea previsto dall’organizzazione) organizzato dalla Fanbpo, che si svolgerà sabato 17 giugno a Villa La Stella a Firenze.
Due, infine, gli approfondimenti scientifici su questo numero: “Trasporto dei pulcini e adattamento anatomico della beccaccia” di Enrico Cavina e “Beccacce breve-collo, a che punto siamo?” di Gianfranco Guidali.
Per quanto riguarda fucili e munizioni per la caccia alla beccaccia, in primo piano il super test di Simone Bertini del Benelli Ethos calibro 28 magnum, il primo calibro 28 magnum apparso sul mercato europeo, mentre il nostro trio “Bertini, Guerrucci, Iacolina” ha sottoposto a una severa prova la Fiocchi Woodcock calibro 20 linea Excellence.
Non manca la ricetta di ricarica, questa volta per mettere a punto una cartuccia dispersante in calibro 20: semplice ma alquanto affidabile.
Completano il numero alcune curiosità, nuove e consuete rubriche, le vostre esperienze di caccia e le vostre foto, e tante altre informazioni e news sul mondo della beccaccia.
A tutti buona lettura.
 

Sentieri di Caccia maggio 2017

  • Pubblicato in Riviste
È in edicola Sentieri di Caccia maggio 2017, la rivista dedicata alla pratica venatoria a tutto tondo.
 
Il bracconaggio costituisce un reato e una piaga per l’equilibrio dell’ecosistema: Samuele Tofani è riuscito a ottenere i numeri del fenomeno per l’inchiesta che apre Sentieri di Caccia maggio 2017, in edicola dal 28 aprile.
A proposito di legge, Lorena Tosi approfondisce la legge regionale del Veneto che, nonostante l’impugnazione del governo, tenta di difendere i cacciatori dal disturbo venatorio.
La sezione dedicata alla cinofilia si apre con l’articolo di Ottavio Mencio dedicato al pointer e prosegue con lo studio di Emanuele Nava sulle caratteristiche del segugio.
La gestione è al solito affidata a Roberto Mazzoni della Stella e a Ivano Confortini: si parla di caccia e conservazione della starna e dei risvolti pratici della Direttiva Uccelli.
C’è ovviamente anche la caccia cacciata: Natale Francioso e Gabriele Sperandio si dividono i compiti approfondendo la caccia alla lepre e alla migratoria.
Danni ingenti alle colture, problemi di igiene e salute pubblica: nella rubrica della Confederazione Cacciatori Toscani Giorgio Pettinà analizza i motivi per cui sarebbe opportuno intraprendere un’azione radicale contro lo storno che però continua a essere annoverato tra le specie non cacciabili.
La parte tecnica di Sentieri di Caccia maggio 2017 si apre con la presentazione della doppietta F.A.I.R. Iside Vintage calibro 20, provata da Simone Bertini che recensisce anche le munizioni Lepre calibro 12 della Collezione di Nobel Sport Italia. La canna rigata è affidata a Matteo Brogi, che regala la preview della carabina Franchi Horizon, e a Vittorio Taveggia, stavolta concentrato sulle munizioni commerciali e sulla ricarica del calibro .30-06 Springfield.
Lo stesso Brogi ha provato uno strumento classico e un’intrigante novità: il cannocchiale Schmidt und Bender  1-8x24 Exos LM è un’ottica buona per il cinghiale, ma non solo, mentre il Bushnell PowerSync SolarWrap Mini è un pannello solare pressoché tascabile che permette di avere una fonte di energia sempre a portata di mano.
Chiude Serena Donnini con la ricetta delle polpette di brasato di cervo, una declinazione particolare della cosiddetta cucina degli avanzi.
E poi non manca l’appuntamento tradizionale con le news, l’attualità, le domande e le foto dei lettori e gli scatti delle più significative emozioni della caccia.
 

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