Il pennino della beccaccia. Natale 2015
- Scritto da Marco Sartori
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“Il Signore prende, il Signore da”
Devo dire di essere un buon credente. Penso sempre che le buone azioni paghino e sono fermamente convinto che, a lungo andare, un comportamento corretto abbia sempre il suo ritorno.
Non che io intenda conquistarmi così il Paradiso e garantirmi un posticino calduccio e confortevole nell’Aldilà! Non punto così in alto. Diciamo che è piuttosto una specie di infrangibile regola divina per cui il Signore dovrebbe ripagare a ogni uomo i comportamenti virtuosi, l’umiltà e l’impegno con un corrispondente in soddisfazione e momenti di serenità. Il mio unico problema è che non ho ancora capito bene se questa regola in cui credo funziona per davvero oppure no! E la caccia è appunto uno degli ambiti in cui mi impegno a metterla in pratica con maggior rigore e da cui traggo le risposte più contraddittorie. Questa settimana per esempio ho affrontato l’ennesima prova che ha insinuato in me il terribile dubbio!
Qualche tempo fa, si parla ormai di più di un mese, mi trovavo a passeggiare tranquillamente per il solito bosco di betulle in compagnia del mio fido compare, che percorreva il fianco della montagna in scorribande più o meno ampie, dal sentiero dove mi trovavo il fino al canale grande. Cercavo una beccaccia beffarda che già una volta mi aveva gabbato la settimana prima: davo la colpa all’influenza, alla doppietta, ai pallini d’acciaio e all’ora tarda, ma l’unica ineludibile verità resta il fatto che sono una schiappa con lo schioppo. E dunque camminavo e riflettevo, domandandomi se questa stagione calda e secca mi avrebbe concesso ancora qualche incontro, quando ad un certo punto il folletto dei boschi mi passò sotto, si infilò tra le betulle e cominciò a guidare; cinque o sei passi al massimo e andò in ferma, perentorio e convinto. Io, che qualcosa alla fine ho imparato in fatto di beccacce, cercai di non stargli dietro, ma gli feci il giro di sopra, mettendomi davanti. Ad un mio passo falso la signora si involò un po’ a candela, come ormai fanno quasi solo più nei libri, e una mia fortunata schioppettata la buttò giù senza appello. Riporto, fotografie di rito e poi via, contenti ed appagati.
Con quel piccolo peso nello zaino mi sentivo il cuore colmo e la testa più leggera e così le gambe mi portarono avanti più rapidamente, su e giù per canaloni, in alto fino alle pietraie e in basso a setacciare la macchia di larici. Stavo per decidermi a fermarmi per mangiare quando alla mia destra vidi il bracco in dettaglio in un posto dove non avevo mai trovato niente; qualche passo e poi un’altra ferma statuaria. Col cuore in gola strinsi il ferro vecchio, ma lui si mosse. Camminò, scese in mezzo ai pini e poi fermò di nuovo. Un flap-flap tra le fronde verdi, un colpo sganciato alla veloce e la signora cadde giù nella paglia in attesa di un riporto. Questa sì che una giornata! Altre foto, feste e coccarde perché mica succede tutti i giorni. E mentre mi ricomponevo lui era di nuovo un po’ più in là, che fermava e guidava poi via, come una freccia in mezzo al bosco di betulle. Possibile? Eppure c’era! Per non cadere in tentazione non ricaricai neppure: misi via il fucile e preparai la Canon, accingendomi a seguire il cane. Qualcuno a questo punto potrebbe aver da ridire sulla mia palese scarsa predisposizione al prelievo venatorio, storcendo il naso di fronte all’incapacità di sfruttare situazioni vantaggiose. Forse sarebbe stato più divertente tentare il colpaccio di una tripletta mai ottenuta in vita mia, forse sarebbe stato meglio servire il cane e tentar di fargliene abboccare un’altra. Forse sono soltanto un babbeo, punto e basta. Non lo so. Fatto sta che quando a caccia tutto funziona come si deve, mi scatta dentro una sorta di strano blocco mentale che mi costringe a fermarmi e a non strafare. E’ più forte di me! Perciò, macchina fotografica alla mano, mi misi alla ricerca di quella furbastra, deciso a rubarle qualche scatto. Una volta, per puro caso, la feci ripartire io coi piedi e poi, una dopo l’altra, il cane la trovò e la ritrovò e la ritrovò ancora, finché dovetti trascinarlo via a forza per rimetterlo in macchina. Mi volò via in tutti i modi: vicina, pulita, tra le frasche, in basso, di traversone, lunga. Si può quasi dire che quel pomeriggio diventammo amici! Fu una bella giornata di caccia, ricca ed appagante, addolcita da quella consapevolezza di non aver esagerato che tanto mi fa stare bene. Da lassù, mi pareva, qualcuno mi guardava compiaciuto e sorrideva. In quel bosco c’era ancora una beccaccia che mi aspettava e che, sicuramente, mi avrebbe fatto divertire ancora un po’ la settimana successiva.
Ecco, alla fine non ho capito se la regola funziona! La simpatica signora è rimasta lassù e ancora oggi pastura riempiendosi la pancia di vermi succulenti. Io e il mio bracchetto l’abbiamo incontrata ancora, ma mai più come quel primo incontro fatto di giochi a nascondino e voli brevi. Un paio di volte l’ho sbagliata facile, ma per lo più è stata una battaglia contro la più astuta delle avversarie, capace di farmi correre fino al tramonto tra rovi e boscaglia, lingua lunga e braccia graffiate. Ieri sera tornavo giù lungo il sentiero che ormai era buio e non ci vedevo più. Ero deluso perché mi sembrava di essermi comportato bene ed ero convinto di meritarmi di più. A credito di buoni comportamenti, aspettavo un bonifico che cadesse dal cielo. Mi sono voltato indietro un’ultima volta a guardare il cielo che sbiadiva quando ecco, oltre la linea scura dei pini, la sagoma nera della signora dell’autunno sfarfallare contro le stelle che già ammiccavano. Una visione che a qualunque amante della beccaccia non può che far battere il cuore. Mi è sembrato uno strano pagamento del debito, certamente qualcosa che non mi ero aspettato: qualche secondo di gioia nell’oscurità dopo tanti passi e padelle, con lo zaino vuoto e le gambe dolenti. Ma al ritorno lungo la strada non ero più deluso perché avevo capito che qualche volta un cuore saturo e soddisfatto vale più di mille carnieri pieni.
E così continuo a credere che tutto funziona in maniera un po’ diversa da come noi desideriamo, ma che vale sempre la pena di comportarsi bene.
Buone feste a tutti.