L'importanza dei dati
- Scritto da Luca Gironi
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Finalmente una buona notizia, quasi una vittoria... l'Ispra si è accorto di quella che a tutti noi sembrava un'ovvietà: tordi e cesene che transitano sui celi della penisola non hanno abitudini migratorie diverse da quelli portoghesi, francesi, spagnoli o greci. Certo, non lasciamoci andare a facili entusiasmi, niente aperture sconvolgenti, solo quei dieci giorni in più che, comunque, permetteranno alle regioni di portare la chiusura della caccia a queste specie al 31 gennaio senza incorrere in problemi di ordine legislativo. Un plauso totale a quelle regioni che in questi anni hanno raccolto dati e, avvalendosi di strutture universitarie, hanno presentato calendari in contrasto con le disposizioni dell'Istituto, resistendo addirittura agli strali provenienti dal ministero. Un grande ringraziamento anche alle Associazioni Venatorie che hanno fatto ricorso contro tutti i provvedimenti presi dal ministero. Ma soprattutto dobbiamo riconoscere l'impegno della pattuglia di parlamentari europei riuniti nell'Intergruppo Biodiversità, Caccia ed Attività Rurali che con un lavoro assolutamente maiuscolo presso le istituzioni europee hanno fatto in modo che le procedure EU Pilot in materia di caccia non si trasformassero mai, malgrado le carenze dello stato italiano, in procedure d'infrazione.
Certo questo è un punto di inizio, basti pensare che nonostante la copiosa bibliografia che si sta sviluppando sull'argomento, niente è stato detto sulla beccaccia.
Quindi questa vicenda deve essere uno sprone per tutti i cacciatori, il futuro della nostra passione passa per due punti importanti: un comportamento esemplare, che ci renda figure positive e virtuose agli occhi della società e la raccolta di dati che dimostri, in mondo incontrovertibile, che il prelievo che noi applichiamo sia sostenibile dalle popolazioni di selvatici.
Per questo una corretta e puntuale marcatura dei tesserini, il rispetto dei limiti di carniere e la collaborazione ai progetti di monitoraggio e rilevamento, che vengono promossi ogni anno, ad esempio quello della beccaccia, quello del colombaccio o il progetto che promuove la lettura delle ali dei turdidi, dovrebbero essere il pensiero principale del cacciatore del Ventunesimo secolo. Un gestore, che preleva solo quanto e quando si può e collabora attivamente all'amministrazione del territorio; decisamente diverso dal “predatore” tipico dell'era della caccia consumistica.