Siamo quello che mangiamo?
- Scritto da Alessandro Bassignana
- Dimensione font Riduci dimensione font Aumenta dimensione font
Fu il padre della medicina Ippocrate, quattro secoli avanti Cristo, il primo ad intuire i benefici dell’alimentazione affermando: “Lasciate che il Cibo sia la vostra Medicina e la Medicina il vostro Cibo”.
Oltre 2.200 anni dopo il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach coniò la celebre frase: “L’uomo è ciò che mangia”, ad indicare come il cibo possa contribuire a migliorare lo stato di salute e il benessere di una popolazione.
E che il mangiare sia elemento centrale nella vita delle persone è cosa nota a tutti, anche talvolta si dimentica come esso sia impellente necessità quasi 800 milioni di persone sottonutrite, mentre diventi sfizio o moda per coloro che invece ne hanno in abbondanza, la così detta civiltà dei consumi.
La recente Expo milanese ha messo il nutrimento al centro della manifestazione, a significare come questo sia uno degli elementi, se non il principale insieme all’energia, che determinerà il futuro del nostro Pianeta
E mentre s’accendono polemiche sul consumo della carne, ed impazzano le dichiarazioni di fedeltà alla dieta vegana, a Torino si sta svolgendo una nuova edizione dell’evento “ Terra Madre–Salone del Gusto” in cui si è parlato di valorizzare la carne di selvaggina.
In questa occasione Fondazione UNA Onlus (Uomo, natura, Ambiente), i cui soci fondatori sono CNCN (Comitato Nazionale Caccia e Natura), Federazione Italiana della Caccia, Arci Caccia, EPS (Ente Produttori selvaggina) e l'Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, ha promosso dei corsi di formazione sulla cacciagione tenuti da esperti della materia e rinomati chef, aiutati dai giovani studenti di una scuola di ristorazione a realizzare degustazioni ed una cena a base di selvaggina e prodotti delle eccellenze artigianali piemontesi.
Raccontare delle proprietà di quelle straordinarie carni, fornendo informazioni su aspetti nutrizionali e organolettici della selvaggina, illustrare come funzioni il processo di filiera che consente alla carne di finire nel piatto, dall’abbattimento sino al trattamento della spoglia, e questo sia dal punto di vista tecnico che igienico-sanitario, è la strada giusta per avvicinare la gente al nostro mondo.
Vedere le reazioni di chi assaggia e s’entusiasma per un carpaccio di daino, polpettine di cinghiale piuttosto che una carne di capriolo tritata e appena scottata in padella con qualche aroma, è sicuramente elemento su cui riflettere; egualmente lo è constatare lo stupore di chi scopre come queste carni abbiano contenuti in proteine e grassi molto migliori di altre che abitualmente finiscono sulle nostre tavole, e tali da renderle molto adatte all’alimentazione, anche dei bambini.
Nemmeno va trascurato l’aspetto economico e le relative opportunità per la costruzione di una filiera partecipata e controllata che consenta anche a noi di incrementare il consumo di carne di selvaggina, portandolo al livello di altre nazioni, superando quelle diffidenze e gli steccati ideologici che ancora circondano la figura del cacciatore.
Il nostro immenso patrimonio d’ungulati, figlio di un territorio tanto diversificato da fare dell’Italia nazione ad elevatissima biodiversità, con il maggior numero di specie animali e vegetali d’Europa, devo essere non solo tutelato ma pure gestito e prelevato. E alla fine consumato, o se preferite mangiato, ma che ciò avvenga consapevoli d’essere dei privilegiati.
Anche a tavola!
Alessandro Bassignana