Re di Pietra
- Scritto da Alessandro Bassignana
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foto di Ivano Pura
Lacrime fresche gli scavan il viso,
acque sorgive del grande narciso,
d’un nobil monte che s’erge isolato
e svetta nel cielo del nostro creato.
Dell’Alpi Cozie è il primo campione,
come piramide d’un faraone,
nell’arco alpino tra le più belle,
la punta aguzza lusinga le stelle.
Le sue pareti son ritte mura
tra neve e ghiaccio dell’aspra natura,
ardite guglie sul ripid pendio
qual chiese gotiche nascan a Dio.
Il fiero Monviso, monarca di pietra,
sembra cupido con arco e faretra,
fa innamorar chi l’osa guardare,
come l’Ulisse si fece legare.
Sull’erte rupi delle sue cime
s’incova l’aquila dal volo sublime,
scalan camosci e stambecchi potenti,
corron tra sassi e quarzi taglienti.
Sbocciano i fiori dai mille colori
spandendo attorno balsamici odori,
genziane azzurre e ranuncoli gialli
le stelle alpine con gli astri fratelli.
I verdi prati son da cornice,
larici e cirmoli lo rendon felice,
vicino al ciel, in punta al Monviso,
par d’essere proprio in Paradiso.
Da sempre veglia come soldato,
del piemontese miglior alleato,
dietro la Francia, ora sorella,
mira pur lei la gran sentinella
Al pian reale delle sue rocce
nasce il gran fiume a piccole gocce,
dalla provincia che chiaman La Granda
scende impetuoso in quella landa.
Padus latino, Po cisalpino,
rapido scorre sino a Torino,
civita Augusta dei celti Taurini
col Sacro Tel nello splendor del Guarini.
La città magica, e di molti mestieri,
dove poetò il celebre Alfieri,
lì il regno piccol della Savoia
fece l’Italia tra pianti e gioia.
Si gonfia d’acque l’alveo piatto,
percorre placido un’ampio tratto,
sfiora colline, mammelle ubertose,
che nutrono bimbi di mamme orgogliose.
Il Grande Fiume, figlio del monte,
arriva al piano e lascia il Piemonte,
rallenta il corso e fa un bel sorriso,
lontano ancor vede, suo padre Monviso.
foto di Sillvano Camandona