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Faville

 

Un’ incredibile luna, da un cratere del cielo velato, illuminava d’incanto quei monti sperduti. Spiccavano in basso, nel prato antinstante la masseria più vicina, le bianche sagome di uno sparuto gruppo di ovini, ultimi rimasti delle innumerevoli greggi che d’estate popolavano quei luoghi. Più in alto i passcoli , puliti dalle mandrie come giardini inglesi, sulle dorsali più dolci contendevano spazio alle foreste di faggi dai tronchi argentati e le chiome ancora indorate, per una stagione stranamente clemente. Cupe, di uno scuro profondo, macchie di agrifoglio disegnavano strane figure.

Le bianche mura di un’umile dimora, residenza estiva di pastori, spiccavano adagiate in quel luogo solitario come una casupola in un presepe.

Intorno, alcuni fantasmi scuri vagavano quieti pascolando al lento rintocco del loro campano: muli.

Un Signore di quei posti, cui il tempo trascorso aveva appena spruzzato di neve i capelli, assurgeva quella casupola, nei mesi tardo autunnali, a rifugio di caccia per sè e gli amici che di volta in volta amava ospitare.

Dal grande camino un bel fuoco vivace, di grossi ceppi di faggio ardenti, emanava in tutta la stanza, unico locale adibito a cucina, camera e soggiorno, luce e calore. Alla trave mestra, per un lungo gancio di ferro, era appeso un quarto di agnello e, ornato di rami di agrifoglio, un bel mazzo di uccelli regali, il più bel dono raccolto nel bosco.

Tutto tra quelle mura parlava di caccia, le giacche disordinatamente stese ad asciugare, le cartuccere sulle mensole, gli scarponi, le ghette, i cani uggliolanti alla porta e quelli, raccomandati, che erano già entrati.

Stavano gli amici discorrendo, ora seri or scherzosi, di cose di vita e, sopratutto, di quella passione che li aveva fatti incontrare, che aveva spinto alcuni di loro a percorrere pianure, valicare monti ed attraversare il mare, per essere lì a quell’appuntamento, a godere di quel magico momento. Parlavan di cani, di polveri e fucili, di venti e migrazioni e di quello strano inverno,camuffato da primavera, che certo non le favoriva.

E ancora di quella volta che ..... tante volte già detta e mille volte ascoltata, per il piacere di raccontare e per quello, ancor più grande, di stare a sentire.

Denso, palpabile, respiravano il condiviso piacere d’essere insieme. Cacciatori.

Fuori, dal possente comignolo, il fumo saliva nel cielo trascinando faville disperse dal vento in quella notte incantata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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