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Un maledetto filo spinato...

Si era seduto all’ultimo banco di un’aula bunker sin troppo affollata di avvocati.
Il Presidente aveva assicurato che il processo si sarebbe rinviato non appena si fossero adempiute le prime formalità, senza aprire il dibattimento.
E poi aveva promesso al cliente che sarebbe venuto all'udienza e non voleva venire meno all’impegno assunto.
Certo, avrebbe potuto chiedere ad un collega di sostituirlo, ma non lo aveva fatto, né avrebbe potuto farlo perché solo a tarda sera, attardatosi per caso in studio, aveva  ricevuto la telefonata del pastore suo vecchio e affezionato cliente.
" Sa, avvocato, stamattina mio figlio, portando gli animali al pascolo, ne ha visto sette di pernici che camminavano avanti agli animali. Erano grosse che sembravano galline".
Quel pensiero non lo aveva fatto dormire : sette pernici a novembre!
Doveva essere una brigata di coturnici che era riuscita a resistere quasi intatta.
Già a novembre inoltrato , del resto, gli altri cacciatori preferivano andare a tordi, a beccacce, ad acquatici.
Tentò di concentrarsi all'udienza :il cancelliere leggeva i nomi degli imputati con una lentezza esasperante, sembrava lo facesse apposta.
Finalmente la data del rinvio , un saluto ai colleghi e un frettoloso arrivederci al cliente.
Poi, subito in macchina. Aveva lasciato vestiti da caccia e fucile nello studio, ed appena arrivato fu lesto a cambiarsi.
Prese solo una manciata di cartucce, ( tanto, sicuramente, non avrebbe volato niente) , ed uno spuntino che affettuosamente Pina gli aveva fatto trovare prima di augurargli un sincero in bocca al lupo ( questo sì che lo aveva imparato quasi subito, intimorita delle sue iniziali occhiatacce all’augurio di  "buona caccia") !
I cani quasi si stupirono di quell’uscita ad ora così tarda , ma, ubbidienti salirono sul baule della vecchia "TIPO" , pregustando la giornata di caccia.
Fu duro uscire dal traffico cittadino, particolarmente intenso il sabato mattina, prima di immettersi in autostrada!
Finalmente imboccò la strada delle montagne.
Gli aveva detto il pastore che si sarebbe fatto trovare in mattinata dopo la forestale, dove conduceva le sue pecore a pascolare.
Poi lo avrebbe accompagnato col  fuoristrada  sul posto di caccia.
Ed, infatti, lo scorse da lontano mentre il fumo azzurrognolo del suo sigaro , pigramente descriveva evanescenti coreografie.
Appena sceso dalla macchina, richiamando i suoi cani, gli venne tranquillamente incontro.
"Come sta avvocato, come mai così tardi? Ma stia tranquillo, le pernici sono lì dove le ha  viste mio figlio ieri, stamane cantavano che era una meraviglia!"
A sentire queste parole lui si era sentito rinascere ed a mala pena riuscì a nascondere la sua impazienza mentre usciva il fucile dal fodero.
Fece salire i cani  sul  cassone del fuoristrada del pastore, mentre lui prese posto accanto al conducente.
"Si ricorda che belle cacciate facevamo con suo padre, avvocato?Son finiti quei tempi !

Lo guardava compiaciuto quel vecchio pastore, sul viso del quale ogni  anno il tempo lasciava inesorabile qualche ruga in più.
Si sentiva a suo agio tra quella gente genuina e schietta.
"Poi che fa avvocato, viene a mangiarsi la ricotta nella masseria o vuole che ci passiamo subito?"

Cordialmente gli aveva risposto che prima avrebbe fatto un giro con i cani, e che al ritorno, magari, lo avrebbe raggiunto nella masseria.
Lo salutò e rimase a guardare il fuoristrada che si allontanava sobbalzando nella carrata , richiamò i cani, caricò il fucile e aspettò.
Amava quell’odore di inverno incipiente, di muschio, di fumo, di ricotta,di terra bagnata.
Si rilassava sentendo  i campanacci degli animali che tranquillamente pascolavano in lontananza. 
Poco a poco un senso di benessere si impadronì di lui.
Il suo cuore, la sua mente parvero immergersi in quella natura così selvaggia ma al tempo stesso così spontanea e generosa.
Camminando il terreno gradatamente si  faceva più aspro , mentre le macchie di rovi sembravano volessero trattenerlo, aggrappandosi ai pantaloni.
Proprio lì da ragazzo,quattordicenne, aveva preso la sua prima coturnice.
Quel giorno il vecchio "damasco" del nonno , a cani esterni, più lungo di lui,  sparava solo da una canna.
Il cane di destra, infatti, per un difetto del percussore, non riusciva a far esplodere la cartuccia.
Con l’entusiasmo dei ragazzi lui non se ne era preoccupato ed aveva continuato a cacciare. 
E quando il suo Foch, nato dall’incrocio tra una vecchia bracca ed un pointer, dalle oscure genealogie , aveva fermato lassù, tra le pietraie, lui era corso.
E mentre la pernice si preparava a scendere  a valle, l’aveva tirata giù con l'unica fucilata, quasi senza imbracciare il fucile per l'emozione.
Ricordò la gioia nel raccoglierla ed il sorriso compiaciuto di suo padre, dal quale subito era corso narrandogli l’impresa del suo giovane cucciolone.
Quanti anni passati, quanti ricordi rievocava la sua mente!
Ma suvvia, niente malinconia!
Sia il setter che il pointer battevano il terreno con voracità.
Ogni tanto un rovo lo fermava, tirandolo ora dai pantaloni ora dalla giacca.
L’aria si faceva più frizzante.
Di tanto in tanto un tordo schizzava via dai forti rovi , lanciando il suo allarmato strillo.
Poi ebbe l’impressione che il vento si fosse calmato, sentì solo il suo respiro affannoso ed in quel momento non percepì alcun movimento di cani.
Eppure fino a pochi attimi prima li aveva visti su quel dosso, lì sul crinale, vuoi vedere che…
Corse subito su, scivolando sulle umide pietre, mentre i rovi facevano a gara per lacerargli le mani e le braccia.
Il ramo di una rosa selvatica si impigliò tra i capelli, facendolo imprecare.
Finalmente riuscì a raggiungere il crinale!
Lillo, il setter, era in ferma ed Athos a qualche metro, rispettosamente consentiva.
Il cuore cessò di battere, o forse prese a battere così forte da sembrare fermo.
I cani erano vicini,ma lui era forse troppo in alto, sarebbe bastato scendere un po’ più in basso per avere tutto sotto controllo.
Si accertò, per l’ennesima volta, che la sicura fosse tolta, e che il carrello fosse ben chiuso.
Poi cominciò ad avanzare.
Tra i grossi macchioni di rovi e l’intrico delle ginestre i buoi avevano tracciato una sorta di viottolo.
Si affrettò a percorrerlo, mentre i cani rimanevano immobili.
Camminava,come sempre affascinato da quella scena, senza neanche guardare dove metteva i piedi.
Ancora poco e avrebbe avuto la situazione sotto controllo. Ma, inaspettatamente, qualcosa lo bloccò.
Un vecchio filo spinato che ,tra l'intrico della vegetazione, non aveva visto.
Poco male: sarebbe bastato abbassarlo un tantino e scavalcarlo.
Così fece, alzò una gamba,scavalcando il filo: si accingeva ad alzare l’altra gamba , quando si accorse che il filo spinato si era impigliato nei suoi pantaloni , proprio lì, nel cavallo.
I cani ,nel frattempo,lo guardavano aspettando un cenno .
Diventavano più impazienti, fino a quando avrebbero resistito?
Passò il fucile nella mano destra e inutilmente,con la sinistra, cercò di staccare quel maledetto filo spinato che poco a poco, ma inesorabilmente, sembrava penetrare all’interno dei suoi pantaloni , cominciandolo a graffiare !
La situazione era al tempo stesso tragica e buffa: era rimasto come un salame a cavallo del filo spinato e per di più con il pericolo di vedere compromessa la sua virilità!
Fu a quel punto che,convulsamente, pensò di dare uno strattone  più deciso al filo spinato, e che a rimetterci fossero stati solo i pantaloni, poco male!
Ma nello stesso tempo  il paletto di legno, che reggeva il filo spinato, fradicio per la vetustà ed i tarli, improvvisamente cedette con un inaspettato fragore.
E mentre il filo spinato squarciava i pantaloni all’altezza della coscia ( salvando, miracolosamente i suoi attributi), le sette pernici ,allarmate, strepitando rumorosamente, con un frullo robusto, si impennarono al cielo.
Rimase a guardarle, quasi affascinato da quello spettacolo, e mentre l’allegra brigata guadagnava la sicurezza, fiondandosi verso valle, tre rabbiose ma inutili fucilate  coronarono l’insuccesso.
Maledicendo la cattiva sorte ed il filo spinato,preferì evitare  lo sguardo dei suoi cani, fingendo di aggiustare lo strappo ai pantaloni.
E mentre il sole cominciava a nascondersi dietro il severo profilo dell’Etna, imprecando ,ma felice, si avviò verso la macchina.
Richiamò all'ordine  i cani; che la smettessero di ignorarlo!
La prossima volta non avrebbe scavalcato alcun filo spinato!
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