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La cabala che brutto scherzo

Questo racconto risale alla stagione venatoria 2004/2005

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Il mio primo cane da ferma fu un setter inglese di un anno di nome "Rasty, mi venne regalato nel giugno 2001 da un mio carissimo amico, "Ugo". Fu così che decisi di lasciare nell’armadietto le varie cartucciere per tordi ed allodole che avevano segnato circa quindici anni della mia attività venatoria  ed  incominciai ad andare su e giù per i boschi con qualche decina di cartucce in tasca.

Nei primi due anni gli incontri furono sporadici e limitatissimi, ma il fascino di questa nuova caccia mi entusiasmava sempre di più,  cosi con tenacia e costanza  decisi di rinforzare la squadra e consigliato dall’amico Ugo nel marzo del 2004 acquistai un altro cane, un cucciolo di Setter inglese colore bianco arancio, di appena tre mesi con pedigree di tutto rispetto, al quale diedi il nome di "Arno",.

Il cucciolo si presentava da subito estremamente sveglio, avido e forte.

Ad inizio primavera iniziarono le prime passeggiate per i campi dove più di qualche grillo o farfalla certo non si trova e fu proprio in queste occasioni che notai che già a poco più di quattro mesi fermava tutto quello che si muoveva, sembrava avere una dote innata, certo parliamo d’istinto cinofilo e non di altro, ma era sorprendente vederlo su e giù per i campi instancabile e pronto a fermarsi al minimo frullo o rumore, capi subito che se non avessi sbagliato nulla avrei avuto un ottimo cane.

Le uscite furono sempre più frequenti ed appassionanti alternate con un quasi quotidiano addestramento casalingo fatto con un batuffolo di piume di beccaccia, che avevo gelosamente conservato in freezer, fin quando, il mese successivo, maggio, fermò con mia grande gioia la sua prima quaglia. Mi accorsi subito che non era la  solita farfalla o il solito grillo, Arno era immobile e totalmente coinvolto nella ferma,  mi accostai ed iniziai ad accarezzarlo poi vidi l’orologio e contai i secondi dopo circa due minuti, più per compassione in quanto tremolante, decisi di fargli rompere la ferma e lo invitai ad accostare ma non si smuoveva allora avanzai di quel tanto che il selvatico, da circa 4 metri,  si involò ed al suo seguito schizzò come un fulmine il piccolo Arno.

Ero letteralmente entusiasta ed in preda all’apoteosi del cacciatore,  non smisi di accarezzarlo e  coccolarlo per tutto il giorno.

Passarono altri giorni ed altri mesi e l’allenamento continuò con sempre più entusiasmo, Arno era rapido e veloce ma soprattutto attento a tutto ciò che si muoveva, il suo raggio di cerca (200mt. circa) tanto da non celarsi quasi mai alla mia vista, anzi spesso si fermava quasi a cercare dove fossi e poi ripartiva a testa alta veloce più di prima, a detta degli amici che lo vedevano in azione la prossima stagione venatoria sarebbe stata per me già ricca di soddisfazioni.

Aspettati con ansia la data dell’apertura, anche perché rimaneva da verificare l’impatto al colpo di fucile, in quanto se bene fortemente tentato non volli mai portarlo in un quagliodromo,  ma ero tranquillo e sereno ero sicuro che l’avidità nel trovare il selvatico avrebbe prevalso.

Mi fermò diverse quaglie e puntualmente il più delle volte gli le abbattevo e lui con avidità e ingordigia le abboccava ma con un riporto estremamente leggero, anche in questo era sorprendente.

Aspettai impaziente la prima uscita a beccacce dove non feci alcun incontro ma la volta successiva  sabato 13 novembre 2004 ecco che all’improvviso, dopo poco mezz’ora dall’inizio della battuta di caccia, nell’incredulità mia e del mio compagno di caccia Giovanni, non senti più il suono del suo campano alzai gli occhi e lo vidi fermare ad una trentina di metri da me, sulla sinistra fra i sassi e l’erbetta rasa di alta montagna, notai subito che era qualcosa di serio, stava li immobile ed impassibile, l’adrenalina andò alle stelle già immaginavo la scena che speravo mi si sarebbe presentata da li a poco, mi avvicinai, pensando che qualora si involava la regina non avrei dovuto e potuto sbagliare. Affiancato ad Arno mi misi nella direzione migliore per tirare il colpo, evitando alcuni arbusti che avrebbero ostacolato la visuale, non vedevo l’ora di  invitare il cucciolone ad accostare e nello stesso tempo guardavo fra le pietre e l’erbetta se riuscivo a scorgere il volatile ma non vedevo nulla e pure era abbastanza pulito, cosi dopo qualche secondo col fiato in gola forzai ed al mio comando "Vai Vai" ecco che la fatidica si involò a circa 7 mt. dal cane diritta come uno spago "Bang" un colpo e giù, Arno corse la prese è fiero di se la riportò.

Raccontare la gioia di quel momento per me è indescrivibile, i complimenti e le carezze al cane non mancarono cosi come aumentò la stima e la fiducia che riponevo in Lui. Era una mattina del 13 Novembre 2004.

Il mercoledì successivo, il 17 Novembre partimmo per una nuova avventura "tragica avventura" dopo alcune ore di caccia dove a causa del vento, non eccessivamente forte ma sostenuto, le poche beccacce che incontrammo si involavano da sole ed a lunghissima distanza, d’altronde col vento c’è da aspettarselo, ma senza perderci d’animo decidemmo di cambiare posto e così dopo circa un ora raggiungemmo un altro colle ma anche li dopo un ora e mezza circa la stessa musica, Rasty accennò una ferma ma la beccaccia partii lunghissima. Il piccolo Arno per tutta la giornata si era comportato, nel suo piccolo, egregiamente si era mosso con discreta velocità non perdendo mai di vista il mio riferimento come era diventato il suo solito.

Giunti in macchina verso le 12.30 chiamai al cellulare il mio carissimo amico Ugo, colui che mi aveva regalato Rasty ed iniziato a far amare la caccia coi cani da ferma,  anche lui aveva avuto i nostri stessi problemi ma una beccaccia era riuscito ad incarnierarla, così  concordammo di incontrarci di li a 1 ora, per una battuta congiunta sperando che avremmo potuto avere la meglio sugli scherzi del vento.

Accucciolati i cani nella apposita gabbia  mi misi alla guida ed iniziai la discesa dal colle, dopo circa dieci minuti senti un piccolo gemito quasi un sibilo, che strano ci chiedemmo io ed il mio amico Giovanni, più per curiosità che per preoccupazione decisi di fermarmi e controllare cose fosse successo, ecco che ai miei occhi si presento ciò che non avrei mai immaginato e voluto vedere, Arno giaceva lungo ed immobile quasi che dormisse chiamato non rispondeva, subito capì che era successo qualcosa di grave lo presi in braccio, sentii il suo cuore non batteva più, spirò e mi mori tra le braccia.

Incredulo per l’accaduto non riuscivo a darmi una spiegazione rimasi li immobile pensando che fosse un sogno che non poteva essere vero, soprattutto nel modo con cui era successo, ci eravamo messi in macchina da poco il trasportino era capiente non vi era stato alcun tafferuglio con l’altro cane, chiamai subito al cellulare il mio amico Ugo che incredulo pensò che fosse uno scherzo poi alle mie insistenze accetto anch’egli l’amara realtà. Cosi, con le lacrime agli occhi e dopo un po’ con mente lucida iniziai a ipotizzare che forse il suo cuore il suo piccolo cuore non aveva retto, in quanto non vi erano segni di avvelenamento.

Infatti, dopo il consulto veterinario,  il suo cuore era rimasto piccolo non era cresciuto, Arno a mia insaputa era un soggetto a rischio, aveva una patologia cardiaca congenita, il suo cuore era rimasto da cucciolotto mentre lui stava meravigliosamente crescendo, era una mattina del 17 novembre dell’anno 2004.

La cabala mi ha tirato un brutto scherzo, sembra quasi essersi presa gioco di me, il 13 la sua prima beccaccia il 17 il suo triste addio.

Il legame di complicità e di affetto che avevo instaurato con Arno è stato per me qualcosa di inimmaginabile e di indescrivibile nella sua brevissima esistenza mi ha dato gioie e soddisfazioni nell’addestrarlo che a tutt’oggi non ho più rivissuto con tale intensità e non so se mai vi riuscirò.

Dedicato:Ad Arno, da me volutamente seppellito in montagna tra le alte cime degli alberi al passo     delle beccacce, la dove la cattiva sorte me l’ha portato via.
E a tutti i cani da ferma per le emozioni che ci fanno vivere.

P.S. Questo racconto lo scrissi due giorni dopo l’accaduto Venerdi 19 novembre 2004, sentii un irrefrenabile bisogno di stendere queste poche righe in ricordo di Arno,  quasi come un dovere di riconoscenza per le prime vere emozioni che mi aveva regalato.



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