Il canto del porciglione
- Scritto da Cacciando
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Si è fatta l’ora. Gli stampi paiono più lontani. Ogni tanto scollo lo stivale dal fondo limaccioso e sento un brivido nei piedi ormai freddi.
Regna il silenzio, gli amici sembrano delle macchie scure, un ciuffo di canne ombrose sull’acqua, traditi talvolta dal lumino di una sigaretta.
Ricordi Luca quando fischiavi quasi per scherzo in quell’occhio d’acqua tra le cannelle, e d’improvviso spuntarono tre germani, che incuriositi dal verso e da quei quattro stampi, decisero di farsi un giro da noi e ne buttai giù due con quella coppiola? Non abbiamo detto niente, ho ricaricato il fucile e ti ho chiesto una sigaretta.
Certo, mai come Bepi! Solo lui poteva fare fuori quello "sbardo" di otto fischioni che ha infilato di punta con tre prepotenti schioppettate! Li voleva tutti.
Dal nulla due alzavole, facciamo appena in tempo a sentirne il poso tra gli stampi, imbracciamo e poi la conta: uno,due…brruumm! Così decidemmo di fare, come diceva uno dei miei maestri, il grande Aldo, che nelle albe brumose nel suo cuccio mi sgocciolava consigli che mai ho dimenticato, ancora mi suonano nelle orecchie col suo accento romagnolo, mi diceva che le anatre di "butto" si tirano nella linea di congiunzione tra l’animale e la superfice .
Arrivate dal nulla, catapultate dal cielo e subito in acqua. Dopo il silenzio rotto dalle fucilate, come se stesse trattenendo il fiato tra il falasco, il canto del porciglione.
Piumini galleggiano sull’acqua scomposta.
E quando quella sera la palude era piena di cacciatori appostati ed io e te dondolando sulla barca facevamo frizzare l’acqua dalle schioppettate, e in mezzo agli stampi era un turbine di penne, bossoli ed anatre che galleggiavano e tutti non avevano neanche scaricato, e gli uccelli continuavano ad arrivare solo da noi, nel nostro angolo, e dalla eccitazione ridevamo con le lacrime caricando e sparando senza mandar via nulla, tanto da diventare imbarazzante per quelli che ormai erano solo spettatori.
Ali. Sì, proprio ali. Ormai il giorno sta morendo, conviene alternare lo sguardo tra l’acqua ed il cielo cercandone prima il riflesso di quelli che a volte chiamiamo pensieri, ché sembrano più immaginazione che voli reali.
Germani. Lo si capisce dal battito metallico, ritmico e potente, come un Fiit Fiit Fiit. Sono alti, questi transitano, non hanno voglia di prendere schioppettate stasera.
Le fucilate tra le dune squarciano il cielo con fiammate rossastre. Solo poche vanno a segno. Il cacciatore di valle tira ad un miraggio che si confonde tra il buio mentre imbraccia, mira e a volte scompare proprio mentre sfiora il grilletto. Dopo aspetta, sperando di sentirne il tonfo. Generalmente non è una caccia redditizia.
"Sì questi vanno via". Quando hanno voglia scendono senza esitazioni, solo mezzo giro per riempire le ali d’aria e virarti in faccia sul gioco, come quei cinque, che puntuali e decisi all’imbrunire in quel freddissimo pomeriggio di dicembre vidimo già accoppati,sincroni e determinati ad atterrare appena davanti agli stampi. Quando sfiorarono l’acqua ne buttammo giù tre.
Invece il volo delle alzavole si percepisce come uno spostamento d’aria, come un refolo, un soffio di vento tra le foglie. A volte mi viene da guardare le cime delle canne per percepirne il movimento, ma invece sono loro.
Si snocciolano tra gli stampi quasi tutte nello stesso momento e più sono e meno staranno, pronte subito ad alzarsi.
Ricordo un fine gennaio, le anatre affezionate al nostro padule erano oramai finite, si sparavano solo due fucilate giusto all’alba su qualche "pazzetto" impenitente e affezionato, ma ormai la sera più niente. Poi, di punto in bianco la palude pullulava di alzavole che cantavano chiassose ed insistenti. Forse in quei giorni di insolito clima mite avvertivano un preludio di primavera, ma sono certo solo della loro furbizia: arrivavano a buio fatto e si buttavano solo nell’ombra degli argini. Meglio così, ormai a stagione finita, preferivo vederle salve.
"E quella che si mise quasi in mezzo agli stivali ?". "Per non parlare poi di quella femmina che a momenti veniva su in barca con noi !".
Ora solo silenzio, il freddo umido sale dall’acqua sfiorando la faccia. Muovo le mani intorpidite.
Si accendono le stelle nel cielo. Non c’è luna stasera.
"Dai passami una paglia, mi voglio scaldare le mani".
Poi un soffio di vento. Alzavole. Si buttano. "Uno, Due……..".
Regna il silenzio, gli amici sembrano delle macchie scure, un ciuffo di canne ombrose sull’acqua, traditi talvolta dal lumino di una sigaretta.
Ricordi Luca quando fischiavi quasi per scherzo in quell’occhio d’acqua tra le cannelle, e d’improvviso spuntarono tre germani, che incuriositi dal verso e da quei quattro stampi, decisero di farsi un giro da noi e ne buttai giù due con quella coppiola? Non abbiamo detto niente, ho ricaricato il fucile e ti ho chiesto una sigaretta.
Certo, mai come Bepi! Solo lui poteva fare fuori quello "sbardo" di otto fischioni che ha infilato di punta con tre prepotenti schioppettate! Li voleva tutti.
Dal nulla due alzavole, facciamo appena in tempo a sentirne il poso tra gli stampi, imbracciamo e poi la conta: uno,due…brruumm! Così decidemmo di fare, come diceva uno dei miei maestri, il grande Aldo, che nelle albe brumose nel suo cuccio mi sgocciolava consigli che mai ho dimenticato, ancora mi suonano nelle orecchie col suo accento romagnolo, mi diceva che le anatre di "butto" si tirano nella linea di congiunzione tra l’animale e la superfice .
Arrivate dal nulla, catapultate dal cielo e subito in acqua. Dopo il silenzio rotto dalle fucilate, come se stesse trattenendo il fiato tra il falasco, il canto del porciglione.
Piumini galleggiano sull’acqua scomposta.
E quando quella sera la palude era piena di cacciatori appostati ed io e te dondolando sulla barca facevamo frizzare l’acqua dalle schioppettate, e in mezzo agli stampi era un turbine di penne, bossoli ed anatre che galleggiavano e tutti non avevano neanche scaricato, e gli uccelli continuavano ad arrivare solo da noi, nel nostro angolo, e dalla eccitazione ridevamo con le lacrime caricando e sparando senza mandar via nulla, tanto da diventare imbarazzante per quelli che ormai erano solo spettatori.
Ali. Sì, proprio ali. Ormai il giorno sta morendo, conviene alternare lo sguardo tra l’acqua ed il cielo cercandone prima il riflesso di quelli che a volte chiamiamo pensieri, ché sembrano più immaginazione che voli reali.
Germani. Lo si capisce dal battito metallico, ritmico e potente, come un Fiit Fiit Fiit. Sono alti, questi transitano, non hanno voglia di prendere schioppettate stasera.
Le fucilate tra le dune squarciano il cielo con fiammate rossastre. Solo poche vanno a segno. Il cacciatore di valle tira ad un miraggio che si confonde tra il buio mentre imbraccia, mira e a volte scompare proprio mentre sfiora il grilletto. Dopo aspetta, sperando di sentirne il tonfo. Generalmente non è una caccia redditizia.
"Sì questi vanno via". Quando hanno voglia scendono senza esitazioni, solo mezzo giro per riempire le ali d’aria e virarti in faccia sul gioco, come quei cinque, che puntuali e decisi all’imbrunire in quel freddissimo pomeriggio di dicembre vidimo già accoppati,sincroni e determinati ad atterrare appena davanti agli stampi. Quando sfiorarono l’acqua ne buttammo giù tre.
Invece il volo delle alzavole si percepisce come uno spostamento d’aria, come un refolo, un soffio di vento tra le foglie. A volte mi viene da guardare le cime delle canne per percepirne il movimento, ma invece sono loro.
Si snocciolano tra gli stampi quasi tutte nello stesso momento e più sono e meno staranno, pronte subito ad alzarsi.
Ricordo un fine gennaio, le anatre affezionate al nostro padule erano oramai finite, si sparavano solo due fucilate giusto all’alba su qualche "pazzetto" impenitente e affezionato, ma ormai la sera più niente. Poi, di punto in bianco la palude pullulava di alzavole che cantavano chiassose ed insistenti. Forse in quei giorni di insolito clima mite avvertivano un preludio di primavera, ma sono certo solo della loro furbizia: arrivavano a buio fatto e si buttavano solo nell’ombra degli argini. Meglio così, ormai a stagione finita, preferivo vederle salve.
"E quella che si mise quasi in mezzo agli stivali ?". "Per non parlare poi di quella femmina che a momenti veniva su in barca con noi !".
Ora solo silenzio, il freddo umido sale dall’acqua sfiorando la faccia. Muovo le mani intorpidite.
Si accendono le stelle nel cielo. Non c’è luna stasera.
"Dai passami una paglia, mi voglio scaldare le mani".
Poi un soffio di vento. Alzavole. Si buttano. "Uno, Due……..".