Sulla raccolta di firme online per i referendum si esprime il Costituzionalista Stefano Ceccanti
- Scritto da Luca Gironi
- Dimensione font Riduci dimensione font Aumenta dimensione font
Riportiamo questa intervista al Costituzionalista Stefano Ceccanti, apparsa sul portale Filodiritto.com, che non parlando direttamente di caccia, però introduce alcuni aspetti interessanti sul problema della raccolta delle firme con procedura digitale. Questo il link al portale:
https://www.filodiritto.com/referendum-no-green-pass-lopinione-di-stefano-ceccanti
Referendum no green pass: l’opinione di Stefano Ceccanti
21 Settembre 2021
Referendum no green pass: il direttore di Filodiritto, Antonio Zama, intervista Stefano Ceccanti prestigioso costituzionalista, docente universitario e politico italiano, già senatore dal 2008 al 2013, dal 2018 deputato della Repubblica Italiana.
Periodicamente il tema del referendum si ripresenta all’attenzione dell’opinione pubblica, più per aspetti politico-sociali che per questioni prettamente giuridiche. Al riguardo, prima di entrare nel merito del dibattito, Le chiedo se secondo Lei, ammesso e non concesso che l’istituto sia da riformare, abbia senso farlo nell’ambito di una riforma ad ampio respiro della nostra forma di governo, tenendo conto dei pesi e contrappesi costituzionali e del nostro parlamentarismo – come da ultimo aveva provato la “riforma Renzi” – oppure se dobbiamo “accontentarci” di una riforma specifica relativa cioè al solo istituto. In quest’ultimo caso ci sono dei rischi da evitare?
La bocciatura della riforma Renzi ha portato con sé la scelta di procedere per riforme parziali, che si è rivelata positiva sia per la riduzione del numero dei parlamentari sia per il voto ai diciottenni al Senato.
Se non erro, tra le Sue più recenti proposte c’è quella di aumentare il numero di firme necessarie a promuovere la richiesta di referendum a 800.000 dalle attuali 500.000 – previste dagli articoli 7 e 27 della Legge 25 maggio 1970, n. 352 – ma soprattutto di abbassare il quorum deliberativo portandolo dalla metà più uno degli aventi diritto alla metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche. Quali sarebbero gli effetti in caso di introduzione di questa modifica? “Sbarramento all’ingresso” ma maggiore possibilità di approvazione visto l’effetto azzerato dei non votanti?
Sul referendum dobbiamo individuare i punti di tensione una volta facilitate le firme e intervenire su quelli.
Mi sembrano i seguenti:
- che la raccolta magari amplissima venga cestinata alla fine dalla Corte con grave frustrazione; per questo meglio prevedere il controllo dopo centomila firme;
- che la normativa di risulta venga poi censurata solo dopo il successo del Sì, con uno scontro tra un voto popolare e la Corte; per questo meglio estendere il controllo preventivo della Corte anche alla normativa di risulta;
- che si manchi di poco il quorum anche perché chi difende la legge si annette l'astensionismo strutturale; meglio abbassare il quorum riducendolo alla metà più uno dei votanti alle precedenti politiche.
Ci sono esperienze estere – eventualmente anche da forme di governo distanti per tempo e cultura dalla nostra – che secondo il Suo modo di vedere possono fornire utili spunti di riflessione?
Il referendum abrogativo è una storia tipicamente italiana. Caso mai si può tenere conto del fatto che un uso eccessivo del referendum crea problemi al circuito fiduciario parlamento-governo. Il referendum è usato di più dove il rapporto fiduciario non c'è, come negli stati Usa e in Svizzera. Possiamo quindi studiare questo insegnamento comparatistico per differenza.
A Suo avviso la riforma dell’istituto – organica o specifica – dovrebbe coinvolgere il referendum abrogativo o anche quello confermativo?
Terrei il confermativo com'è. Non ha dato riscontri negativi. Ci si potrebbe forse porre il problema se consentirlo anche oltre i due terzi perché oggi una maggioranza di due terzi in Parlamento può non corrispondere ad una popolare. questo però diminuirebbe l'incentivo a riforme condivise.
Venendo all’attualità della raccolta di firme per i diversi referendum (giustizia, eutanasia, cannabis, green pass), uno degli aspetti che ha suscitato maggiore interesse è quello della possibilità di aderire “da remoto”. Come sempre in questi casi si sono polarizzate le opinioni tra gli entusiasti e gli scettici. Quali vantaggi e, eventualmente, quali rischi vede in caso di istituzionalizzazione di questa modalità? Potrebbe addirittura determinare una variazione nel numero di firme necessarie, prevedendo ad esempio forme ibride, con tot firme “tradizionali” e tot firme “da remoto”?
Mi sembra difficile ormai negare la legittimità di firme anche da remoto, visto che le utilizziamo sempre più. È un passaggio ormai irreversibile.
Tra tutte le proposte di referendum che circolano in questo frangente, quale le sta più a cuore e la convince maggiormente?
Al momento non sono particolarmente attratto da nessuna. Nessuna mi sembra particolarmente incisiva, ma non escludo di cambiare opinione dopo uno studio più attento.
Personalmente non ritiene che il referendum viva un’eterna “ambivalenza”: come strumento fondamentale di partecipazione diretta ma al contempo come segno del fallimento della classe politica, sia perché non riesce a intervenire sui temi oggetto del referendum sia perché cerca di ottenere una legittimazione popolare semplificando argomenti che dovrebbero essere sviscerati in un dibattito parlamentare?
Sì, è vero che c'è una lentezza dei processi decisionali parlamentari che non sono strettamente legati all'iniziativa governativa (e quindi al programma di Governo che non copre vari temi) che stimola quesiti referendari. C'è una difficoltà a realizzare intese parlamentari fuori dagli accordi dei governi. In qualche caso però la presentazione dei quesiti può aiutare.
Da ultimo mi perdoni se abuso della Sua cortesia. Non Le chiedo di esprimersi sul delicato fronte del green pass e della vaccinazione. Le chiedo però se ritiene che la mia impressione circa una certa riottosità dei costituzionalisti a intervenire pubblicamente sul tema – in un senso o nell’altro – sia fondata o sia frutto di una mia malignità. Ho notato invece che i filosofi del diritto sono “scesi nell’agone” con maggiore determinazione. Penso male io o tutto sommato concorda con me? Nel caso quali sono secondo Lei le ragioni di questa titubanza?
In genere i costituzionalisti intervengono quando sono contrari, talora un po’ eccedendo in conservatorismo. Se sul green pass non ci sono particolari commenti è perché credo che si tratti di un sostanziale silenzio assenso. Forse però nel prosieguo diventerà anche esplicito.
Grazie infinite per la Sua cortesia!