Il ripopolamento invernale dei fagiani riproduttori
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Tra le pratiche di ripopolamento più diffuse c’è, senza dubbio, l’immissione a Febbraio dei cosiddetti fagiani riproduttori. E’ un ripopolamento attuato da alcuni Ambiti Territoriali di Caccia ma, non di rado, è autogestito direttamente dai cacciatori, che acquistano per conto proprio questi fagiani e provvedono a liberali nel territorio.
Prima di disquisire sull’efficacia di tali immissioni, chiariamoci le idee su chi sono veramente questi mitici riproduttori. Sono, a tutti gli effetti, fagiani che, nati nella precedente primavera, se ne sono stati in voliera per circa nove mesi. In altre parole, sono fagiani totalmente condizionati dalla vita in cattività. Per tutto questo tempo, infatti, sono vissuti in ambienti più o meno angusti, senza avere, nella stragrande maggioranza dei casi, la possibilità di imparare ad imbroccarsi per trascorrere la notte al sicuro dai predatori. Sono fagiani abituati ad una dieta artificiale e sottoposti ad una costante profilassi sanitaria.
Ci si trova cioè di fronte a soggetti del tutto inadeguati ad affrontare con successo la vita selvatica, quindi del tutto impreparati a sfuggire alle insidie della predazione. Volendo dare una definizione simpatica di questi riproduttori li potremmo definire dei veri e propri bocconcini per volpi. E’ infatti la totale impreparazione di questi riproduttori ad affrontare i predatori che ne pregiudica, in misura nettamente maggiore rispetto a qualsiasi altro elemento, la sopravvivenza all’interno dell’ambiente naturale nel periodo immediatamente successivo alla loro immissione.
Limitarsi ad aprire i cartoni e ad assistere compiaciuti all’involo dei fagiani è garanzia di sicuro insuccesso. Quale agricoltore metterebbe in piedi un pollaio senza alcuna protezione nei confronti dei predatori? Solo un pazzo o uno sprovveduto. Invece, liberare polli, perché questo e non altro sono i riproduttori al momento della loro liberazione, appare invece, chissà perché, del tutto sensato.
Nei casi in cui, al contrario, l’immissione dei riproduttori è in qualche modo assistita, i risultati, in termini di sopravvivenza, possono risultare meno disastrosi. In questo caso infatti i cacciatori si devono fare carico di creare le condizioni idonee per il progressivo adattamento di questi fagiani alla vita selvatica. A tale scopo assume un’importanza assolutamente strategica la preventiva adozione (la stagione venatoria della volpe termina il 31 Gennaio) di misure idonee a contenere, per quanto ragionevolmente possibile, la presenza dei predatori nelle aree destinate al ripopolamento. Identica importanza ha l’alimentazione dei fagiani immessi. Essi infatti devono essere accuditi consentendo loro un graduale passaggio da un’alimentazione artificiale ad una del tutto naturale.
La sopravvivenza dei riproduttori, se adeguatamente seguiti, può certo migliorare, ma non altrettanto la loro capacità riproduttiva nella successiva primavera. Qualcuno pensa che le fagiane immesse non siano capaci di covare e allevare con successo una nidiata. Il problema, invece, non è questo. Le fagiane immesse sono in grado di riprodursi con successo. Se non lo fanno è per altri motivi, essenzialmente sanitari.
E’ stato dimostrato, infatti, che le fagiane immesse che riescono bene o male a raggiungere vive l’epoca della riproduzione, subiscono in primavera pesantissime perdite a causa della predazione. La causa che facilita oltremisura la predazione di queste fagiane risiede nel loro precario stato di salute, a sua volta dovuto al rimanifestarsi di patologie contratte in precedenza durante il periodo dell’allevamento. Sono dunque le spesso pessime condizioni sanitarie di queste fagiane a facilitarne la predazione. Ecco la vera ragione, per chi ne voglia tener conto, dello scarsissimo successo dei ripopolamenti attuati con i tanto decantati riproduttori.
Roberto Mazzoni della Stella