Il cane e la nascita della cinofilia venatoria- seconda parte
- Scritto da Alessandro Bassignana
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segue da prima parte...
In quegli anni la caccia era una disciplina assimilata allo sport, e le pagine di molti giornali del tempo riportavano notizie sull’attività venatoria, basti pensare come lo stesso Delor collaborasse al più importante settimanale "Lo Sport Illustrato "(1882) di Milano in qualità di direttore e con l'incarico, per le pagine dedicate alla caccia, di scrivere e procurare articoli dei migliori autori del campo.
Sempre a Milano venne fondata nel 1886, tra gli altri da Angelo Vecchio e Delor, un’altra rivista famosa, “Caccia e tiri”, destinata a diventare il primo giornale di riferimento del Kennel Club; così come nel 1897 con “La Rivista Cinegetica”, forse il più importante giornale venatorio italiano e che divenne lei stessa organo ufficiale.
Si può dire che la “cinofilia venatoria” nacque proprio in quegli anni, e agli inizi del primo ventennio del Novecento, con un gran fermento di attività, consolidandosi con gli scritti di famosi giornalisti dell’epoca e importazioni da parte di ricchi allevatori di importanti soggetti dall’estero, Gran Bretagna in testa.
Setter e pointer delle migliori correnti giunsero in Italia stimolando le prime prove e competizioni canine, non solo di bellezza ma pure di lavoro sullo stile dei “field trial” inglesi; fu l’immancabile Ferdinando Delor ad organizzare in Milano la prima Esposizione Canina, nel 1881, mentre si dovrà aspettare sino al 1892 a Genova per vedere i cani in azione in una prova di lavoro.
Milano, Torino e Genova sono i luoghi dove queste mostre zootecniche si tennero con più frequenza, cominciando ad interessare tutti gli appassionati e arrivando a vedere la presenza contemporanea di quasi 400 cani.
La primissima gara tra cani da caccia aera avvenuta molti anni prima in Inghilterra, e a darcene testimonianza fu invece Angelo Vecchio con un suo libro pubblicato nel 1899: IL CANE IN AZIONE o Le Prove sul Terreno, edito da Baldini e Castoldi di Milano.
Vecchio racconta della gara fra due cani, un setter inglese (Roth) e un pointer (Barton), entrambi di proprietà di due ricchi ed influenti Lord inglesi ognuno dei quali vantava la superiorità del proprio soggetto nella caccia alle grouses. A decidere chi avesse ragione fu la competizione che si tenne nella principesca tenuta di caccia di uno dei due proprietari; giudicarono i migliori allevatori di setters e pointers dell’epoca e vinse, dopo ore di caccia alle grouses, con giudizio unanime il pointer Barton.
Tra l’Ottocento e il Novecento si concentrano tutti quei grandi nomi che chiunque…mastichi un minimo di cani o di cinofilia venatoria conosce bene, che fossero, scrittori, allevatori, addestratori o giudici.
Eccone qui alcuni, sicuramente non tutti e non certo elencati in ordine di merito o cronologico: Vecchio, Delor, Broglio, Radice, Bosisio, Pastrone, Cajelli, Cavalli, Bosatra, Quadrone, Gaspar Voli, Solaro, B.Roncalli, Ciceri, Ceserani, Griziotti, Puttini, Delfino, Pollacci, Bionda, Zacchetti, Ridella; una menzione particolare va però al Prof. Giuseppe Solaro, considerato il vero e proprio padre della cinofilia italiana, che redasse gran parte degli “standard” delle razze dei cani da caccia, da difesa e da compagnia, spesso illustrati con splendide tavole che disegnava personalmente.
Ma torniamo al Kennel Club e al Libro delle Origini, su cui venivano iscritti i cani, con la elencazione delle genealogie e i titoli conquistati sul ring o sui terreni delle prove dei cani genitori e degli avi.
Nel 1897 l'Assemblea dei soci ratificò lo Statuto, aggiornando le norme che regolamentavano le iscrizioni al LOI (ora diventato ROI).
Pochi anni dopo, nel 1904, si contavano già 1033 cani.
Nel 1926 venne chiesto il riconoscimento ufficiale della personalità giuridica al Ministero dell'Economia Nazionale.
La cinofilia appassionò sempre più, facendo presa anche sui politici tanto che nel 1929 il Governo presieduto da Mussolini decise di assegnarle l’importante contributo economico di cinquemila lire; mentre l’anno successivo otterranno un riconoscimento come “soci collettivi” tutte quelle associazioni cinofile, tanto si tratti di quelle generiche piuttosto che quelle invece specializzate nella tutela di singole razze, costituitesi in tutta Italia. Nasce l’ENCI, Ente Nazionale della Cinofilia Italiana.
L’agognata gratificazione arrivò nel 1940, da parte del Ministero dell'Agricoltura; ma quello è anche l’anno in cui l’Italia scende in guerra a fianco della Germania e anche l’attività cinofila rallentò.
Ripartì tutto alla fine del conflitto, che aveva causato ingentissimi danni al patrimonio zootecnico nazionale compromesso, specialmente dopo l’Armistizio, dall’occupazione e dalla successiva ritirata tedesca; molti allevamenti furono distrutti e ci vollero anni per tornare alla normalità.
Anche l’ENCI riprese la sua attività e vennero approvati i primi regolamenti relativi a manifestazioni zootecniche e prove attitudinali.
Aumentarono anche gli iscritti al LOI, raggiungendo le 8.636 unità mentre e nel 1950 nacque la prima grande competizione sportiva internazionale per i cani inglesi da ferma, una prova di “grande cerca”, la Coppa Europa.
La prima edizione, pur senza l’ufficialità della Federazione Cinofila Internazionale, venne disputata nel 1950 a Bolgheri fra Italia e Francia.
La prova, con la collaborazione di due giudici stranieri, venne giudicata da Giulio Colombo.
Si aggiudicò la vittoria la setter italiana Diva del Tidone condotta da Semino. Il regolamento, negli anni successivi, verrà approvato definitivamente dall’ENCI e dalla F.C.I (Federazione Cinologica Internazionale).
Il cane diventerà sempre più presenza abituale presso le famiglie italiane e si cominceranno ad effettuare censimenti della popolazione canina, tanto che al primo di questi verranno contati ben 1.063.267 soggetti in 13 Regioni; cinologia e la cinotecnia assumeranno sempre di più una veste tecnica e scientifica e la materia diverrà anche oggetto di corsi Universitari.
Nel 1970 le Nazioni federate alla Federazione Cinologica Internazionale stabiliranno che i certificati genealogici emessi dalle diverse Nazioni portino un comune contrassegno. A tutt'oggi le Nazioni federate alla F.C.I. sono ben 70.
E’ l’ENCI stessa ha fornirci i numeri, segnalando come le iscrizioni ai Libri Genealogici Nazionali siano circa 160.000, le manifestazioni zootecniche oltre 2.000 di cui circa 1.200 prove di lavoro e oltre 400 esposizioni con la partecipazione annuale di oltre 100.000 cani. I soci allevatori sono circa 2.000 mentre quelli “aggregati” circa 100.000; oltre 100 le Delegazioni ENCI a coprire capillarmente tutto il territorio nazionale.
L'ENCI pubblica il periodico mensile “i Nostri Cani” che vanta una tiratura di 100.000 copie, spedite a tutti gli associati.
L’ultimo dato disponibile, quello del 2013, ci fa capire quale sia stato l’immenso sviluppo della cinofilia italiana, specialmente se si confrontano i numeri di inizio secolo che vedevano iscritti al registro poche migliaia di cani contro il ragguardevole numero di 139.992 toccato lo scorso anno (in sensibile calo rispetto al massimo storico).
Solo il Gruppo 7, quello delle razze da ferma, vede l’iscrizione di 24.448 cani, di cui più di metà (12.536) sono setter inglesi, da molti anni il secondo cane nelle preferenze degli italiani dopo il pastore tedesco che invece registra 15.237 iscrizioni.
Nel Gruppo 6, ove si possono trovare racchiuse tutte le razze da seguita, sono 12.361 gli iscritti, con i segugi italiani a pelo raso e duro, e il maremmano a farla da padrone.
Labrador, golden e spaniel, cani certamente da caccia, ma pure amati da coloro che li vogliono sul divano o nel giardino di casa, (Gruppo 8) si fermano a 19.700. In ogni caso le razze da caccia restano il 40% del totale.