Fagiani d'apertura
- Scritto da Alessandro Bassignana
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Se esiste un selvatico d’apertura, intendendo con questa definizione la così detta “apertura generale della caccia” stabilita dalla l.157/92 per la terza domenica di settembre, questi è certamente il fagiano.
Per carità, vi sono molti altri selvatici cacciabili in quel periodo, ma quello che forse incarna maggiormente l’appuntamento così tanto atteso dai nembrottini italiani è proprio l’affascinante uccello colchico, troppo spesso disprezzato per il solo fatto d’essere oggetto di selvagge immissioni…pronta caccia sul territorio poco prima dell’inizio della stagione, e talvolta anche durante.
In realtà il vituperato colorato galliforme è un pennuto molto inflazionato tutto l’anno, perché riserve ed aziende faunistiche lo annoverano quasi sempre tra i selvatici messi a disposizione della loro clientela, e laddove sono presenti campi addestramento “C” il fagiano viene anche molto apprezzato da coloro che vogliono allenare i propri cani.
Tutto ciò è certo dovuto alle sue dimensioni che lo rendono importante al cospetto della piccola quaglia, alla bellezza del piumaggio, ad un tiro che offre molte soddisfazioni e sembrerebbe essere abbastanza facile, ma anche alla bontà delle sue carni e alle difficoltà di cacciarlo in alcune situazioni specifiche.
Si faceva prima cenno al fatto che il fagiano sia spesso sottovalutato come selvatico, talvolta ingenerosamente definito un…pollo colorato, ma quelli che lo conoscono bene per averlo cacciato sanno come esso sia, al pari di starne o pernici, a buon titolo uccello in grado di regalarci soddisfazioni a raffica.
Prima di tutto bisogna precisare come la caccia classica a questo pennuto sia una di quelle che richiedono l’ausilio del cane, sia esso da ferma piuttosto che da cerca, perché quelli che lo insidiano privi del quattro zampe al seguito, magari cercando di rapina di sfruttare gli animali mossi da altri cacciatori, sono davvero un’esiguità. E meno male!
Il fagiano, a dispetto di quello che molti credono, è un discreto volatore, ed una volta lanciato raggiunge velocità davvero importanti rendendo difficoltoso il tiro a chiunque, richiedendo precisione e forti anticipi per abbatterlo in maniera pulita.
Corre anche, moltissimo, ed è per questo che talvolta si dice che possa “rovinare” i cani giovani, non reggendo a lungo la ferma e pedinandogli davanti, costringendo così setter, bracchi, ed altre razze da ferma, a dettagliare furiosamente, naso a terra, quasi fossero segugi.
Riesce a sottrarsi anche al più astuto degli inseguitori infilandosi in fossi che delimitano campi arati o medicai per lunghissime fughe, attraversando canalini di passaggio da un prativo all’altro, per poi involarsi, se proprio non può più farne a meno, molto lontano ed ormai fuori tiro.
Altre volte i pennuti si piantano all’interno di roveti così fitti che t’aspetteresti di trovarvi dentro un cinghiale o una volpe, e non certo un mongolia o un tenebroso, e dove forse uno scatenato springer è più adatto al compito di farli frullare a tiro del conduttore rispetto ad un massiccio e corpulento spinone, o ad un più delicato e veloce pointer.
Il fagiano d’apertura non è quello scaltro che può capitare d’incontrare a novembre, sopravvissuto a due mesi di inseguimenti e schioppettate, e dunque potrebbe farsi fermare facilmente e decollare fragoroso pochi metri avanti a cane e cacciatore. Ciò non deve però indurre a sottovalutarlo, perché…la padella è sempre in agguato!
A settembre il caldo può ancor far la differenza ed essere torrido come in agosto; ciò mette a dura prova la resistenza dei cani, ma anche dell’uomo che sarà costretto, fradicio di sudore, ad attraversare campi bollenti e invasi d’insetti alla ricerca di quegli angoli più umidi e freschi dov’è più probabile abbia trovato rifugio il selvatico.
Il problema semmai è che in molte zone in quel periodo il mais è ancora in piedi, molto alto, ricoprendo con un autentico mare di barbe giallastre aree immense ed estese a perdita d’occhio, e dove la probabilità di veder il cane fermare uno di quegli uccelli è pari a quella di incontrare…un panda sui monti della Cina!
E parlando di cani bisogna dire come molti di questi dopo la fine delle precedente stagione saranno rimasti a riposare parcheggiati in box e canili, e quindi dovranno ancora rodarsi a sufficienza, mentre altri, più fortunati di certo, avranno già potuto allenarsi già dalla primavera in aree apposite, per poi essere portati nelle settimane immediatamente precedenti all’apertura sul territorio a cercare i selvatici appositamente immessi.
Tutti i cani da ferma sono buoni per il fagiano, o lo possono diventare se portati su quel selvatico, ma certo ve ne sono che l’hanno nelle narici in maniera particolare, e lo cacciano con una foga che spesso diventa autentica cattiveria. Si pensi ad esempio al piccolo epagneul breton, il folletto francese capace di trasformarsi in autentica macchina da guerra quando percepisce l’effluvio del selvatico.
Ne ho avuti un paio, e di questi uno davvero formidabile che oltre ad essere un fermatore sicuro e potente aveva nel recupero e riporto le sue doti migliori. Con lui cacciai quasi sempre in montagna, ma qualche uscita in pianura ci scappava ad ogni stagione, ed allora non v’era fagiano che potesse sottrarvisi, vivo o morto, ma anche ferito, perché il quel caso lui era in grado di seguirne l’usta per centinaia di metri, e recuperarlo quasi fosse un bavarese o un annoveriano con caprioli o cinghiali.
In ogni caso il cane abile, e che caccia proficuamente il fagiano, riesce a sempre a coglierne bene i movimenti, e quando s’accorge che gli si sta sottraendo di pedina non induce mai troppo nella ferma, ma, naso al vento, cerca d’intercettarne le traiettorie, anticipandolo e chiudendogli ogni spazio di fuga, facendo in modo che esso debba involarsi verso il cacciatore pronto allo sparo.
I fagiani settembrini sceglieranno aree di pastura aperte, scendendo alle prime luci dell’alba dalle piante su cui si erano imbroccati per la notte, e preferendo campetti e coltivi, vigne piuttosto che prativi artificiali o naturali.
Una volta scovati dal cane, e costretti al frullo, gli uccelli tenderanno a dirigersi verso aree boscate o coperte, dov’è più facile far perdere le proprie tracce. Di tutto questo dovrà tener conto il cacciatore nella sua ricerca, ad evitare di trovarsi in posizione non favorevole nel momento del tiro.
In ogni caso quando, cane fermo e statuario, s’ode il classico “kokokoko” del maschio che parte tra erbe e frasche il cuore sobbalza in petto ad ogni cacciatore che si rispetti, perché, seppur allevato in voliera e rilasciato per fini venatori, il fagiano resta un selvatico magnifico.