CACCIA ALL’ORSO IN SLOVENIA” IL MIO MEDVED KAPITAL”
- Scritto da Marco Benecchi
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Quella che sto per raccontarvi è sicuramente una delle più belle ed emozionanti avventure della mia vita, durante la quale ho avuto la fortuna di abbattere un grandissimo orso bruno, un Kapital, come si usa definirlo nella cultura venatoria Mittleuropea, considerato addirittura il record dell’intera Slovenia. Ma come mia abitudine cominciamo dall’inizio, da quel fatidico 1° Maggio, precisamente all’ora di cena, quando ricevetti l’inaspettata, ma elettrizzante telefonata del mio amico sloveno Miro: “Marco, se sei interessato a cacciare l’orso, al carnaio ne viene uno grande!” Tutto qua, non ci fu bisogno di dire altro, tra appassionati cacciatori ci si capisce subito al volo. La mia risposta fu altrettanto semplice quanto concisa: “Dammi il tempo di organizzarmi e per venerdì prossimo cerco di essere in Slovenia per una prima uscita serale. Cominciate pure con i preparativi”. Per preparativi s’intende monitorare con le fototrappole e, con appostamenti diretti visivi, anche i vari “carnai”, le esche presenti nella zona di caccia, con la speranza che le nutritissime schiere di turisti che amano il trekking, le mountain bike e la montagna, non disturbino i selvatici presenti nella zona. L’orso è senza dubbio la mia preda d’elezione, la mia croce e delizia, perché in tutta la mia lunghissima carriera di cacciatore a palla gli ho davvero dedicato anima e corpo. L’ho cacciato in Croazia, in Svezia, in British Columbia ed anche in Slovenia, a volte con successo altre volte meno, perché purtroppo questa è una caccia molto particolare. Una volta la mia povera mamma (pace all’anima sua) mi disse: “Marco, a caccia tu sei già troppo bravo, non pretendere d’essere anche fortunato!”. Non so se mia madre avesse ragione oppure no, ma sta di fatto che nelle cacce d’appostamento, dove di abilità ce ne vuole molta meno di quella necessaria per praticare altre tecniche di caccia, un pizzico di fortuna spesso è determinante. Detto questo, è pur vero che, quando si parla di attendere un grande e diffidentissimo predatore presso un carnaio predisposto per lui, non deve essere tralasciato nessun particolare, specialmente cacciando di notte, dove muoversi è come entrare in un’altra dimensione. Tutte le attrezzature da utilizzare dovranno essere eccellenti come qualità e funzionalità e molto specialistiche. Come arma scelsi di portare la mia Blaser R 93 Professional calibro 300 Winchester Magnum, equipaggiata con un cannocchiale Swarovski Z6i 2,5 – 15 x 56 HD, di mirino notturno PARD NV007S e munizioni originali Browning BXC da 185 grani. Dopo aver verificato la taratura a 60 mt, riposi fiducioso l’arma smontata nella sua bella valigetta rigida. Poi preparai varie torce, dalla piccola stilo Maglite ad un potente faro Fenix, e decisi di portare anche la termocamera Pulsar XQ38, da utilizzare per una ipotetica cerca di un selvatico ferito nel bosco. Quando misi il tutto nello zaino, credo non pesasse meno di una ventina di chilogrammi! Nonostante fosse il primo finesettimana di bel tempo di una primavera decisamente anomala, raggiungere la Slovenia in auto non fu certo un problema. Fui fortunato a non trovare troppo traffico nei tre svincoli strategici di Firenze, Bologna e Mestre e circa sei ore dopo essere partito da casa, ero a Sézàna, in compagnia di Miro, un caro e sincero amico, un vero signore, nel senso letterale della parola, grande appassionato di storia e di caccia. Miro ottimisticamente mi garantì che avrei sparato quella sera stessa, perché la zona dove avrei cacciato era a ridosso di un Parco Nazionale e quindi davvero ricchissima di orsi. Da quello che avevano potuto vedere dalle fototrappole un bell’esemplare visitava il carnaio puntuale, ormai da diversi giorni. Dopo aver sostato nella bellissima casa di Miro giusto il tempo di sgranchirmi le ossa e bere un caffè, riprendemmo insieme il viaggio verso il Nord Est della Slovenia, dove avremmo cacciato a ridosso del Notranjski Regijski Park. Dopo poco più di un ora di macchina, raggiungemmo un bel confortevole agriturismo, situato all’interno di una foresta meravigliosa, rigogliosissima, colorata da una infinità di tonalità di verde. Sembrava di essere in una fiaba ed io ero eccitatissimo perché anche il plenilunio sarebbe stato all’apice del suo splendore. Ma quando cala la notte, prima ancora che la luna piena illumini la foresta, è tutto un altro mondo, ogni cosa diventa spettrale. Dopo qualche ora, che io sfruttai per fare una doccia e un pisolino, ci raggiunse Damian, il cacciatore esperto,che mi avrebbe accompagnato sulla Ceka in quell’avventura. Descrivere Damian è facilissimo: era praticamente il sosia di Aldo, il bravissimo comico componente del trio Aldo Giovanni e Giacomo. Mancò solo che mi salutasse con la sua battuta preferita “Mariaaaa” per essere davvero perfetto! Mi piacque subito, specialmente vedendo il suo fuoristrada Toyota tappezzato di adesivi e gadget raffigurante gli orsi. Com’era già accaduto in passato - tutte le altre volte che avevo cacciato l’orso in giro per il mondo - i due sloveni mi chiesero che arma avessi dietro, il calibro e soprattutto lo strumento ottico.
Considerando le condizioni di luce con cui avrei dovuto tirare, quest’ultimo accessorio è sempre di fondamentale importanza. Agli esperti cacciatori d’oltralpe piacque moltissimo la mia combinazione carabina Blaser R 93 calibro 300 Winchester Magnum palla ad espansione controllatada180 grani, ma soprattutto definirono “Super” la possibilità di trasformare in pochi secondi il cannocchiale Swarovski in una versione “Night Vision”, semplicemente applicandogli il visore PARD. Loro erano ottimisti sul tiro crepuscolare col solo ausilio dell’ottica classica, ma io avevo i miei dubbi, perché non credo che i grossi maschi raggiungano un’età veneranda gironzolando alla luce del giorno. Intimamente sperai di concludere l’azione di caccia come loro prevedevano, entro breve tempo perché dover stare chiuso ermeticamente all’interno di un’altana soprelevata per tutta la notte non mi entusiasmava, visto che oltretutto soffro anche un pochino di claustrofobia. Ho quasi cinquanta licenze sulle spalle, durante le quali ho tirato “qualche migliaio di pallottole a caccia” ma come immancabilmente accade quando mi appresto ad affrontare un’avventura impegnativa, anche quel giorno il tasso adrenalinico nel mio sangue era ai massimi livelli: concedetemelo… un orso è pur sempre un orso! Damian mi aiutò a caricare zaino e carabina sul suo fuoristrada e poi ci inoltrammo nella foresta lungo una stradina spartana ma asfaltata. Dopo una quindicina di minuti di guida spericolata, tra buche e sgommate varie, finalmente parcheggiammo e silenziosissimi proseguimmo a piedi in un bosco fittissimo e molto rigoglioso. Durante il tragitto incontrammo diverse fatte di orso e in poco tempo raggiungemmo una minuscola Ceka che sovrastava una piccola radura di forma ovale lunga una novantina di metri per una cinquantina di larghezza, dove, quasi al centro di questo “occhio”, troneggiava un distributore automatico di granaglie circondato da carne putrescente, pane secco e grano turco. A differenza dell’altana dove avevo cacciato anni prima in Croazia, quella era veramente un incubo! Era talmente piccola che a malapena riuscivamo a starci in due. Damian sorridendo m’invitò a provare l’imbracciatura all’interno dell’angusto spazio, per controllare il coordinamento dei miei movimenti e per vedere se la canna della mia Blaser Professional dotata di freno di bocca fosse stata troppo lunga. Non tutti sanno che il novanta per certo degli insuccessi nella caccia all’orso al carnaio è dovuto ai rumori che si possono provocare proprio durante la delicata fase di puntamento. Proprio per questo motivo avevo scelto la R 93 che, pur essendo camerata in un calibro Magnum, manteneva delle dimensioni accettabili. Camerai in canna una cartuccia originale Browning con palla BXC da 185 grani e poi la riposi a portata di mano sulla mia sinistra. Damian si ritenne talmente soddisfatto dei miei preparativi che, dopo aver chiuso la minuscola finestrella, si esibì in un sorriso alla Aldo da farmi venire la voglia di rivedermi il film “Tre uomini e una gamba!”. Per ultimo sistemai una bottiglia per la pipì tra i miei piedi e mi preparai ad una lunga attesa. Per esperienza so che i primi minuti, come poi le prime ore, sono i peggiori, ma per fortuna non avevo lo stimolo a conversare perché sio non parlavo una parola in sloveno e Damian ne conosceva pochissime in italiano, delle quali quasi tutte…bestemmie. Ci accordammo che “OK, dobro” sarebbe stata l’autorizzazione allo sparo e se si fossero presentati contemporaneamente più animali, un dito sollevato avrebbe significato che avrei dovuto tirare al capo di destra, mentre due dita a quello di sinistra. Durante una battuta di caccia all’orso in Croazia, non ero riuscito a vedere nessun animale dopo essermi appostato per ben tre notti consecutive. Sperai con tutto il cuore che la cosa non si ripetesse.
Attraverso le limpidissime lenti del mio Leica Geovid 8 x 42 HD spiai i movimenti di una moltitudine di uccelli che gravitavano intorno al carnaio, grato che mi offrissero una pur piccola distrazione. Dopo un po’ controllai l’ora, erano quasi le venti ed il sole stava calando rapidamente. Mi sembrava di esser lì da una vita, quando invece c’ero soltanto da poco più di un’ora. Ripresi a controllare pigramente la radura non so per quanto tempo finché ad un tratto sentimmo…urlare e poi addirittura un lungo colpo di clacson. A quel punto mi caddero le braccia per terra! Fui invaso da uno sconforto totale. Damian si esibì nel suo miglior repertorio di bestemmie e parolacce in tutte le lingue da lui conosciute. Io riuscii soltanto a capire che quegli schiamazzi dovevano provenire da dei turisti che evidentemente si erano smarriti. Fortunatamente poco dopo ritornò il silenzio, ma pensai che ormai il danno era fatto, che ci sarebbe convenuto tornarcene a casa per cenare e dormire. Ma visto che la speranza è l’ultima a morire e che eravamo ben attrezzati sia per rimanere tutta la notte sulla Ceka sia per poter sparare in ogni condizione di luce, decidemmo di restare. Intanto il tempo passava inesorabile e presto mi accorsi che non ci si vedeva quasi più. Aspettai che il buio fosse totale e poi, a tastoni, ma senza alcun problema, innestai il PARD sull’oculare dello Swarovski. La mia guida sussurrò: “dobro!”. Il tempo trascorreva al rallentatore e dal vetro clima della finestrella che s’affacciava sulla radura oramai vedevo soltanto una macchia indistinta color inchiostro. Concentrandomi col Leica riuscivo a distinguere a malapena i contorni degli alberi del bosco e quelli del distributore di cereali del carnaio. Quando le lancette luminose del mio Citizen segnarono le ventuno e trenta in punto, constatai con rammarico che la visibilità era ormai nulla, perché la luna non s’era ancora alzata e le folte chiome degli alberi oscuravano completamente la radura. L’aria cominciava ad essere viziata, opprimente, mi sembrava di essere all’interno di una cabina telefonica. Cosa avrei dato per poter aprire un po’ la finestra in modo da saziarmi di aria fresca e pura e per provare l’imbracciatura della mia arma con sopra il mirino notturno… Purtroppo, anche se sono un grandissimo appassionato della caccia all’aspetto, la pazienza non è mai stata il mio forte. Meno male che ero ancora stanco del viaggio ed ogni tanto adagiavo la testa sulla parete di legno chiudendo gli occhi alcuni minuti per farli riposare. Ad un tratto Damian sussurrò: “Orso”. Lo fece con calma, senza scomporsi, perché evidentemente “credeva di conoscere” bene sia l’animale sia ogni ombra di quella radura, ma si sbagliava… Immediatamente accesi il PARD e l’illuminatore infrarosso ma non sapendo dove puntare l’arma chiesi a Damian istruzioni. “Orso! Destra palo! Dobro! Ok, ok”. Mi rispose. Poi, non convinto che avessi capito bene, come un mimo mi fece capire che avrei potuto sparargli. Il cuore mi batteva forte, ma dovevo evitare che l’emozione prendesse il sopravvento perché una scarica di adrenalina aveva invaso tutto il mio corpo. D’istinto allungai il collo verso la finestra, ma per quanto mi sforzassi non riuscii a vedere niente. Damian cominciò ad aprire la finestrella che dava sulla radura e immediatamente una piacevole folata d’aria fresca e cristallina mi colpì il viso facendomi quasi lacrimare. Lentamente sollevai la carabina facendomela aderire a dovere e sporsi la canna dalla feritoia. Con una tacca di infrarosso non vedevo molto bene, ma come gliene diedi due la radura sembrò illuminarsi a giorno, con al centro un mostro nero come il carbone grosso come un vecchio pulmino Fiat 850! Quel che vidi mi fece rimanere letteralmente senza fiato…. L’orso era semplicemente immenso, splendido aveva una pelliccia folta e lucente e quel che mi colpì di più, oltre ai suoi movimenti fluidi e silenziosi furono le sue dimensioni. Per me era davvero troppo grande. Per qualche secondo rimasi incantato da quella magica visione, poi l’istinto e l’esperienza presero il sopravvento. Lo inquadrai nel reticolo e chiesi a Damian di darmi l’ennesima conferma al tiro: “E’ buono? Dobro? Sparo?”. Lui mi rispose a raffica nello stesso modo: “Dobro, Buono, vai. Schissen!” L’animale era nel punto perfetto, dove avrei voluto che fosse, ma si vedeva che era irrequieto. Era fermo e annusava l’aria come un cane. Misi il reticolo fra spalla e collo e sparai subito. L’orso crollò sulle zampe come se fosse stato “matato” da un torero, poi lanciò un ruggito spaventoso da far accapponare la pelle. Una seconda palla lo raggiunse in pieno facendo ripiombare la foresta nel silenzio più totale. Era fatta! Ora avrei potuto tornare a respirare, perché credo di non averlo fatto durante tutta l’azione dello sparo. Mi rimisi comunque in punteria controllando che quella montagna pelosa di muscoli, zanne e artigli fosse sempre immobile per alcuni minuti, poi spensi il PARD e Damian ed io accendemmo le nostre torce tascabili per illuminare la radura. L’orso era là, dove doveva essere, perfettamente immobile, Damian mi propose di aspettare una decina di minuti prima di andare a vedere, ma io non ne volli sapere di attendere così tanto così lo pregai di scendere dalla Ceka e lui con un sorriso mi accontentò. Con la 300 WM nella mano sinistra e la torcia nella destra aprii io la fila. Nella radura regnava un silenzio talmente assoluto da sembrare innaturale.
Raggiungemmo il punto dov’era l’orso al momento del tiro e lo trovammo morto, immobile…gigantesco. Le palle Browning BXC avevano svolto un lavoro davvero eccezionale fulminandolo sul posto, cosa auspicabile cacciando pur sempre una belva. Era un bellissimo maschio, che in seguito venne stimato di circa 14 anni. Semplicemente meraviglioso, stupendo, eccezionale. Damian ripeteva ininterrottamente come un mantra: “Medved Kapital, medved Kapital, medved Kapital!” Lo ammirammo per diversi minuti complimentandoci a vicenda, poi la mia guida slovena onorò me e l’animale pronunciando un caloroso Lowskyblogor e porgendomi il Bruch. Nonostante abbia assistito a quel rito centinaia di volte, da protagonista o da spettatore, mi vennero ancora gli occhi lucidi. Poi partirono le telefonate a raffica. Damian stette al telefonino per diversi minuti e poco dopo cominciarono ad arrivare anche dei fuoristrada carichi di persone. Strano ma vero, ci sono zone al mondo dove quando si abbatte un grosso carnivoro come un orso è…festa grande in tutto il circondario! Vai un po’a dirlo ai nostri politici o, peggio ancora, ai nostri amici animalisti! Dopo le immancabili foto ed una piccola ripresa video, caricammo l’orso su un rimorchio trainato da un fuoristrada e lo portammo alla casa di caccia, dove mi toccò assaggiare non ricordo più quanti tipi di grappa locale, di birre e una interminabile serie di salsicce e salami. Perché in quell’angolo di paradiso i cacciatori che catturano un orso li festeggiano, più o meno come se lo avessi preso in Italia … Un orso non si abbatte tutti i giorni, né tanto meno uno meraviglioso come quello! Nonostante lo si cacci all’aspetto e da un’ altana chiusa soprelevata, posso garantirvi che forse è una delle forme di caccia più emozionanti in assoluto che auguro a tutti di poter provare, almeno una volta nella vita. Alla bilancia l’animale superò i trecento chilogrammi e molti dei presenti ipotizzarono che sicuramente doveva essere l’orso più bello e maestoso abbattuto quell’anno in Slovenia. Non credo fosse stato possibile poter descrivere la mia felicità in quel momento. “A volte i sogni si avverano”. Quel giorno ne è la testimonianza diretta. Comunque volete sapere cosa mi rattristò un pochino durante tutta quella splendida, memorabile avventura? Che il giorno dopo, quando tornammo alla casa di caccia non fu possibile scattare qualche foto all’orso con la luce del giorno, perché non c’erano abbastanza persone ad aiutarci per portarlo fuori della cella frigorifera e per metterlo in posa nel prato!
Il mio carissimo amico, pittore Naturalista trentino Giulio Tasca ha voluto festeggiare con me l’eccezionale cattura donandomi una sua opera!
E per chi volesse guardare anche il video….
https://www.youtube.com/watch?v=b2UYl7NAC5A&t=43s