Col sopraggiungere dell’inverno, noi poveri migratoristi veniamo scacciati dai passi di montagna dalle nevicate oppure, molto più spesso, dalla mancanza di prede. Ormai sono due tre anni che gli uccelli del freddo non si fanno vedere, pochi sasselli e cesene che, estremo nord a parte, arrivano a frotte solo a febbraio quando le ostilità sono terminate. E noi, rimasti senza le nostre cacce abituali, restiamo con l’atroce dilemma: a cosa ci dedichiamo per finire la stagione?
Le possibilità direi che non sono molte: potremmo dedicarci agli ungulati, cinghiali, caprioli e affini, ma credo che pochi siano coloro che alternano due tipi di caccia tanto diversi. Chi possiede un cane potrebbe andare ad insidiare uno dei fagiani sopravvissuti all’apertura, anche se, secondo me, un povero gallo arrivato fino a dicembre, si è conquistato il diritto a campare tranquillo fino alla chiusura. Oppure potremmo andare in cerca di beccacce, ma tenendo conto dei ridotti contingenti in cui transita questo animale (siamo più noi di loro) non ci sono da aspettarsi grandi risultati. E poi diciamocelo, nessuno di questi animali, almeno per me, può sostituire i tordi o i colombacci, che d’altra parte sono presenti in forti contingenti, per tutto l’inverno, in molte zone del nostro paese.
Quando i turdidi cessano il passo e diventano svernanti, gli unici modi di insidiarli, sono l’attesa all’uscita e al rientro, quando vanno dagli appolli notturni ai luoghi di pastura e viceversa, la ricerca alle pasture oppure la scaccia. Infatti, una volta che tordi e merli hanno raggiunto i luoghi di pastura, sono assai restii a compiere grandi spostamenti, si limitano solo a passare da una macchia all’altra, alla ricerca di frutti e piccoli insetti ancora presenti nella lettiera, per questo insidiarli durante il giorno necessita di un minimo di organizzazione. Il problema maggiore consiste nel riuscire a raggiungerli e può essere affrontato in solitaria, ricorrendo ad una pratica che sta lentamente tornando in auge e cioè il chioccolo, oppure con una che sicuramente dà le migliori chance di carniere, la pratica della scaccia. Per la caccia col chioccolo si usa appostarsi presso una pastura, ed emettere richiami con fischi a bocca per attirare le prede. Qual è il limite? E’ difficilissimo riuscire a padroneggiare con efficacia la tecnica del chioccolo. Quindi, se non si ha tempo di esercitarsi nell’utilizzo dei fischi, conviene orientarsi verso l’altra opzione. Ma in che consiste questa famigerata scaccia? Si tratta di una caccia di gruppo, che si svolge facendo dividere i cacciatori in due squadre: i postaioli che si apposteranno attorno ad un boschetto o lungo ad una siepe ed uno o più battitori che entreranno nel folto con o senza i cani facendo più baccano possibile. In questo modo gli animali che avevano trovato rifugio fra le piante saranno costretti ad abbandonare il loro nascondiglio finendo alla portata dei fucili dei compagni appostati. Il tempio di questa forma di caccia sono le colline coltivate, intervallate da boschetti e siepi, che offrono protezione e cibo ai nostri amici volatili. In queste condizioni si riesce ad ottenere il massimo risultato, perché le nostre prede sono concentrate in luoghi ben riconoscibili e lo sparo avviene generalmente “al pulito” come si dice in Toscana.
Io stesso, negli ultimi tempi, mi sono dedicato spesso a queste attività con una certa soddisfazione: con il chioccolo ho un rapporto un pochino complicato, nel senso che mi piacerebbe molto praticare questa storica forma di caccia, ma sono un chioccolatore tanto appassionato quanto scarso.
Per questo mi sono dedicato di preferenza alla scaccia sia nelle mie zone che in altre parti della Toscana. In questi giorni con una squadretta di amici ho approfittato delle forti nevicate in Appennino per recarmi sulle colline del Montalbano. La campagna attorno alla mia città, Pistoia, infatti, pur essendo molto frequentata dai turdidi è in gran parte off-limits perché prevalentemente coltivata a vivaio, che come sappiamo tutti, è una coltura in atto per trecentosessantacinque giorni all’anno. Quindi la caccia in quei luoghi deve avvenire sempre in modo estremamente rispettoso delle regole e del lavoro degli agricoltori che ci ospitano. Fortunatamente basta fare qualche chilometro e quando i primi contrafforti dell’Appennino sono imbiancati possiamo sbarcare in Valdinievole che con le sue basse colline e il padule di Fucecchio offre ottimi territori di caccia, specialmente in questa stagione. Per questo, una delle prime domeniche di dicembre, abbiamo organizzato una scaccia in questi luoghi.
Il ritrovo è nella piazza della piccola frazione di Bizzarrino: ci siamo io, mio padre, mio fratello, Andrea e Giacomo. La giornata non è adattissima, il cielo è coperto e c’è una fastidiosa umidità ma decidiamo di procedere lo stesso. Io decido di cominciare facendo lo scaccino e insieme ad Andrea, che conosce il posto meglio di me, mi accingo a risalire un canalone che divide in due un’oliveta. Gli altri, facendo un largo giro per non spaventare gli uccelli si appostano in fondo e ai lati. Arriviamo in cima, un rapido scambio di informazioni col cb per sincerarci che tutti siano in posizione e, fatta una buona scorta di sassi, ci addentriamo nel canalone. Cominciamo a fare baccano, urlando, fischiando e tirando sassi nell’intrico del folto. Passa pochissimo e sentiamo le prime fucilate, vedo i tordi uscire dall’edera che avvolge le grandi acacie e saettare verso gli olivi dove sono in attesa i nostri compagni. Quando arriviamo a metà strada, da un’enorme cerro si involano quattro colombacci, due dei quali cadono a terra fulminati. Mentre Giacomo si affanna per ritrovare uno dei colombi, che ha pensato bene di cadere in uno dei cespugli di rovi più grandi d’Europa, noi arriviamo in fondo.
Cambiamo zona , abbassandoci di quota. Troviamo un bel boschetto, circondato da stoppie di granoturco, e reimpostiamo la battuta. Subito notiamo un buon movimento di tordi, entriamo nel bosco e cominciamo lo show. Solito copione di fucilate, con tordi e merli che però, poco collaborativi, vanno via dai pungitopo solo all’ultimo momento. Arriviamo ad una piccola depressione e subito, al primo sasso lanciato, da quell’acquitrino, salta fuori una splendida beccaccia. Non gli sparo, se ne va bassa in direzione dei compagni appostati. Nessuno la vede uscire dal bosco, chissà come avrà fatto a svanire così….
Alla fine il bottino di tordi e merli, impreziosito da un colombaccio, due sasselli e un paio di ghiandaie fa da coronamento ad una mattinata davvero divertente.
Questa forma di caccia mi piace molto, ma ha alcune controindicazioni, un po’ come i medicinali.
Non deve essere fatta troppo assiduamente e in troppe persone perché il disturbo che arreca alla fauna è veramente notevole. Ed è molto importante che venga fatta nel rispetto delle colture, delle persone che sono sul territorio e soprattutto dei cacciatori che stanno esercitando altre forme di caccia. Solo così non si creeranno gli attriti che non ci renderanno bene accetti mentre esercitiamo la nostra passione.
Le Armi
Sicuramente consiglio un semiautomatico, mai come in questo tipo di caccia, è stata plateale l’utilità del terzo colpo. Il calibro non è importante, è solo una questione di abitudine, io uso il mio fido Benelli calibro 12, ma convengo che in una caccia di movimento come questa anche un calibro 20 o addirittura uno dei nuovissimi calibro 28 possa essere tranquillamente utilizzato. La maggior leggerezza, e la minor grammatura di piombo, che penalizzano nelle cacce ai grandi animali, qui possono risparmiare una bella fatica. Le cartucce vanno decise al momento, se gli animali viaggiano rasoterra uscendo improvvisi dal bosco opteremo per le dispersanti, come le ottime Special Regina della Cheddite. Se invece escono dal bosco svettando in cima alle piante, cosa c’è meglio di una cartuccia bior?