A caccia di acquatici nella Maremma Laziale 1 Parte
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A caccia di acquatici nella Maremma Laziale 1 Parte
Testo e foto di Paolo Bocchini
La Maremma Maremma laziale è un ampia fascia litoranea a cavallo tra Lazio e Toscana, divisa tra le Province di Viterbo e Roma. Si estende dal confine toscano delimitato dalla foce del Fiume Chiarone, ed arriva fino alla piana di Cerveteri che rappresenta la parte finale dei Monti della Tolfa.
In questo territorio sono comprese diverse località con una storia venatoria antichissima, come: Montalto di Castro, Tuscania, Canino, Tarquinia, Tolfa, Ladispoli e Cerveteri, dove la grande diversificazione dell’ambiente ha permesso ai cacciatori residenti nella zona di dedicarsi in diverse attività venatorie, sia su selvaggina stanziale che migratoria.
La maremma è sempre stata interessata da un abbondante transito di uccelli migratori, che ha determinato una specializzazione dei cacciatori in base alla loro ubicazione.
Infatti là dove erano (ed in parte sono ancora) presenti le reti fluviali, le zone umide e i laghi, la caccia agli uccelli acquatici è sempre stata abbondantemente praticata e in passato, come vedremo in seguito, utilizzata anche come mezzo di sostentamento per intere famiglie se non paesi.
La linea di costa, l’autostrada dei migratori che attraversano il nostro paese, nel corso dei decenni è stata soggetta a profondi cambiamenti.
Negli anni ’30, ancor prima che iniziassero le bonifiche, l’ambiente e la pianura litoranea era una grande zona umida, mentre al giorno d’oggi a parte la rete di fiumi, canali e torrenti, le zone umide litoranee sono pressoché scomparse.
Lo sviluppo edilizio perpetrato nel corso degli anni ha trasformato la linea di costa creando, laddove transitavano centinaia di migliaia di migratori acquatici, un susseguirsi continuo di case, ville, villette, paesi, località turistiche e un dedalo di strade asfaltate dove al posto di pittime, pavoncelle, alzavole, marzaiole, adesso si trova una grande distesa di…cemento!
Anche questo è avvenuto grazie al benessere, alla modernità, allo sviluppo di una società che però ha iniziato a perdere di vista la cultura rurale: le nostre radici.
A ridosso del litorale nonché lungo il corso dei fiumi principali della maremma laziale, il Mignone, il Marta, il Fiora, il Tafone, si sono sempre creati invasi d’acqua, “piscine” naturali causate dall’esondazione degli stessi fiumi o canali.
Il territorio pianeggiante, grazie alle piogge che in questo tratto della regione Lazio sono sempre state abbondanti, era – ma lo è ancora - meta ideale di una grande varietà di specie acquatiche che svernavano in queste zone.
Gli anatidi spesso venivano cacciati lungo il mare, sulla spiaggia, nelle paludi costiere o negli stagni che si formavano nei tomboli retrodunali.
Ad inizio stagione sono le alzavole e i germani nidificanti a riempire i carnieri dei cacciatori di palude; ma quando la caccia apriva ad agosto lo erano anche le tante marzaiole di passo che tornavano dai luoghi di nidificazione del Nord Europa.
Il proseguo della stagione era scandito dalla migrazione vera e propria delle altre specie, quella che ai giorni nostri quasi non accade più.
Ad ottobre iniziavano i fischioni, moriglioni, i rallidi con le folaghe in testa, poi toccavano ai codoni arrivare con i freddo seguiti dalle canapiglie, senza mai dimenticare le onnipresenti alzavole.