ALLODOLE IN PUGLIA: Un ricordo
- Scritto da Cesare Ricciarelli
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Credo che tutti o quasi abbiate frequentato una delle tante fiere che hanno come obiettivo la Caccia, dove è possibile ammirare armi modernissime, accessori di ogni genere, abbigliamento all’ultimo grido ecc. ecc.
L’ultima volta che sono stato in una di queste, mi sono stupito nel guardare i nuovi giochi realizzati per insidiare selvaggina di vario genere come colombi, storni, tordi allodole. Si, anche le mie vecchie, amate allodole di un tempo.
Passato e futuro a confronto
La mente, era inevitabile, è corsa al passato e a ciò che noi utilizzavamo ai nostri tempi e la reazione, nel veder funzionare questi nuovi frutti dell’ingegneria venatoria moderna è stata incredibile, piena di sorpresa e di stupore. Davvero.
Nel settore delle allodole, si passa da marchingegni che ruotano a diverse altezze persino cambiando direzione, ad altri realizzati su binari dove decine di allodole impagliate corrono battendo le ali e girano, spinte da potenti batterie. Altre addirittura camminano per terra beccando il terreno, simulando un branco di passo pasturato tra le stoppie…
E’ uno spettacolo da fotografare… credete a me.
Mettici vicino un paio di richiami e…il gioco è fatto: pulito, perfetto, vicinissimo alla realtà, micidiale nella resa (incredibile, a te che hai qualche anno sul groppone, ti vengono in mente Thomas Edison, Isac Newton e altri geni…).
Ricordo di aver guardato negli occhi un amico che per anni ha condiviso con me le avventure nelle stoppie della Puglia e insieme siamo scoppiati a ridere nel ripensare alle nostre attrezzature di un tempo…
Insieme abbiamo provato a ricordare quello che di fatto non è propriamente solo un lontano…ricordo, perché ogni cosa mantiene ancora oggi il suo fascino in un angolo polveroso del garage…ma due risate sincere erano davvero inevitabili.
Prova a pensare…
Il Capanno: inizialmente era fatto con un sacco di juta, di quella larga. Rotta in più punti. Dov’erano i buchi ci si inseriva la paglia delle stoppie. Poi il progresso ci portò quello di tela militare…quattro paletti per tenerlo su, un’apertura sul retro per uscire…. Successivamente una rete mimetica militare, tipo panzer, della quale quasi ti vergognavi da quanto era perfetta e aggressiva… oltre che invisibile.
Il Seggiolino era costituito a volte da un pacco da 250 cartucce che la Baschieri aveva creato in modo che si potessero prima trasportare e poi prelevare al bisogno aprendo il coperchio. Poi, una volta chiuso, ci si sedeva sopra per seguire il passo. Chi lo ricorda, sostiene che fosse il massimo…perché oltre che capiente era anche discretamente comodo per sedervisi sopra.
Della Civetta, impagliata e tenuta come le cose sante, ho già parlato in altre situazioni. Il suo movimento era delicato, fragile, ma funzionale. Andava trattata come l’effige dei santi dei quali si fa la processione nei paesi del Sud. Era delicata e facile alla rottura, ma se sana, quasi sempre piuttosto efficace.
Il problema reale era quello di tenerla su in modo il più possibile costante, malgrado l’altezza, il Favonio e gli inevitabili scossoni dovuti all’eccesso di furia e di entusiasmo, quando si cercava di azionarla con la fregola dell’eccitazione, durante gli arrivi.
Il Palo, inutile dirlo, era un discreto problema. Se non altro per lo spazio, oltre che per la funzionalità. In genere ci aiutavano le vecchie canne da pesca per le reine, un po’ modificate, perché i pali telescopici in alluminio leggero ed il blocco fissatore, erano ancora introvabili e in ogni caso troppo cari per le nostre sostanze.
Poi c’era il Macaco. Rigorosamente in legno. Veniva azionato con una cordicella lunga che, prima che arrivassero le pile, lavorava sfruttando una molla e tanto olio di gomito….
Chi poteva, ci attaccava sopra degli specchietti e l’effetto, nelle lande della Puglia, era efficace e piuttosto visibile tra le stoppie e gli spagnari. Il difficile era azionarlo specie quando il filo era bagnato o pieno di mota.
Ma nessuno se ne lamentava perché il tecnicismo esasperato di oggi, era sostituito da una grande, infinita, incommensurabile buona volontà ed una dose grande di speranza!
Avventure indimenticabili
In terra, intorno al capanno, un’infiorata di bossoli colorati. Non come adesso tutti verdi o tutti blu…ma di tutti i colori possibili, di tutte le altezze, col fondello alto o basso, ricaricati tre volte quando andava bene.
Poi c’erano le Allodole da richiamo, di varia natura. Di plastica, attaccate al filo nella parte più alta del pezzo tenuto sollevato da bastoncini infilati in terra, con una V in alto che migliorava il movimento durante le tirate.
Chi aveva soldi faceva lo stesso con le allodole vive (finché fu possibile usarle). Erano legate per la coda e successivamente imbracate alla perfezione come voleva la legge. Queste, se ben legate, funzionavano davvero e quei voletti raso terra che facevano, quando tiravi il filo, facevano precipitare le allodole di passo anche da altezze impossibili e ne derivava un gran divertimento, almeno finché nel tirare, a volte non si staccava anche la coda, e il richiamo amato, ambito e così costoso per noi, se ne andava facendoti le pernacchie. Giustamente.
Ricordo le giornate di caccia trascorse in Basilicata o in Puglia, sotto il bel sole del Sud. Dal mattino al levar del sole, fino al primo pomeriggio, con qualche breve intervallo per mangiare qualcosa o bere. La caccia era tutto un lavorio micidiale specie quando il passo era abbondante.
Un “traffico” tipico della caccia alle allodole, che si ripresentava ogni anno e in modo sempre più pesante, col passare degli anni ….
Prova a pensare:
Guardare in ogni direzione, di continuo, per osservare un possibile avvicinamento…
Tirare il macaco, azionare la civetta o il gioco a seconda del vento e della direzione di passo, rimettere a posto quello che cadeva o si rompeva.
Cercare e raccattare le allodole che non sempre vedevi bene tra le stoppie anche quando le avevi accanto ai piedi. Tirare su il palo che si rovesciava a terra per il vento, rovinarsi le labbra a forza di fischiare con quei fischietti di ottone, efficaci sì…ma anche taglienti a lungo andare… mentre restavi senza una stilla di saliva, non appena finivano le indispensabili caramelline nere della Saila…
E ancora…Ribattere un’allodola che non eri riuscito a colpire, mentre si alzava dalle stoppie all’improvviso ed inseguirla per chilometri…magari continuando spesso a spararle fuori tiro…o a sbagliarla!
In terra, intorno al capanno, un’infiorata di bossoli colorati. Non come adesso tutti verdi o tutti blu…ma di tutti i colori possibili, di tutte le altezze, col fondello alto o basso, ricaricati tre volte quando andava bene…spesso col borraggio sintetico o addirittura con la farina! E soprattutto…tante risate tra amici sinceri, forti solo della loro semplicità…Un divertimento tranquillo e genuino, lontano dal creare problemi o fare fesserie a chiunque ti fosse venuto vicino, venatoria compresa…il tutto in quell’atmosfera calda, a volte quasi estiva, che quando eri stufo ti favoriva il sonno…Il tutto in serio contrasto con le brinate e le nebbie che avevamo lasciato nel Nord.
Da un pezzo non vado più in Puglia, soprattutto perché ho perso i due amici più cari assieme ai quali ho diviso laggiù momenti spensierati e notevoli giornate di passo.
Lo so che questa caccia è ben lontana da un arte venatoria più impegnativa, dal fascino della ricerca attenta di selvaggina pregiata nei luoghi stupendi della mia Toscana o della Maremma. Lo so che il cane che cerca e si affanna a scovare qualcosa di pregio è uno spettacolo incredibile…ma… dico la verità: rimpiango davvero quei momenti, per l’allegria, il divertimento che riuscivamo a tirar fuori in quei posti grezzi e al tempo stesso meravigliosi, combattendo con il tempo a disposizione… sempre troppo breve. Una parentesi indimenticabile, ricca di serenità e di amicizia per una sacra settimana all’anno, qualsiasi cosa capitasse.
E la sera, alle dieci, dopo un ricco piatto di stupende orecchiette alle cime di rapa e un bicchiere di vino che sostituiva senza problemi le gocce di valeriana: il crollo… atteso… inevitabile… ma in fondo amato.
L’unico vero desiderio era il letto… per continuare a sognare… almeno fino alle 5 del mattino successivo in cui quella maledetta sveglia sbraitava per farti alzare ancora una volta… accidenti a lei.
Grande, piccola allodola…difficile dimenticarti…Altro che Romania…
Non cambierei un solo giorno del passato con questa specie di “tiro all’allodola”, cui la gente è convinta che “sia caccia” sparare all’impazzata per una settimana agli uccelli più simpatici del mondo… magari lasciandoli lassù.
Perdonatemi: sono il solito, eterno idealista… Ma non è colpa mia… La caccia (quella vera), per me si vive in un modo solo. Gli altri possono pensare quello che vogliono. Ma a me, che me ne frega?