Passione...colombi
- Scritto da Cesare Ricciarelli
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UNA MATTINA ALLA MARSILIANA
A COLOMBI, DAL PALCO.
Ogni volta che entro alla Marsiliana, non dormo di notte. E’ un classico.
E sì che ormai, come si dice a Roma, sono "scafato"…ma è così, perché questa riserva stupenda, è talmente particolare e fuori dal comune…e neanche poco, che l’emozione non riesco ad attutirla!
Per forza deve essere diversa la Marsiliana: è in Maremma, a un passo dal Tirreno, in un ambiente naturale selvaggio, incontaminato. Davanti, in lontananza, si intravede il Giglio. Talamone è a sinistra, l’Alberese a destra. Siamo nella storia della caccia e della tradizione maremmana. Mi sembra evidente.
Non è una riservuccia. Si parla di più di tremila ettari, in cui vivono più specie di selvaggina naturale. Il padrone è il principe Corsini, non uno qualsiasi.
Quando mi ritrovo al cancello di ingresso e, seduto nel Suzuki di Alberto che mi ha ospitato, guardo davanti a me tra la luce dei fari che spezza il buio della notte, mi accorgo che le mie pulsazioni vanno aumentando gradatamente…
Nel chiaro dei fari dell’auto che avanza su una delle stradine che portano nel suo interno, vedo due cinghialotti che l’attraversano, frettolosi.
Più avanti, un capriolo schizza dal bosco. Prima della piazzola dove lasceremo l’auto, sul bordo a destra, c’è una beccaccia in terra, tra l’erba. Deve essere una delle prime arrivate quest’anno nella riserva… Sono in trance. Lo saresti anche tu. Come fai a non emozionarti ?
Si scende dalla macchina. Alberto, porta il sacco dei volantini e la sua sacca con ogni ben di Dio. Io i due fucili, la borsa di cuoio con le cartucce e il tascapane. Mi fa luce con la pila in quel dedalo di arbusti, di tronchi, di macchia mediterranea. Inciampo dieci volte ma cerco di non perdere la sua scia, visto che lui cammina lì dentro come fosse sul Piazzale Michelangelo.
Ecco, siamo al traliccio del primo capanno. Poso le mie cose. Guardo in su ma vedo solo il cielo scuro e stelle che luccicano, a perdita d’occhio tra i rami neri.
Alberto tira giù le racchette che stridono nel silenzio. Lavora al buio come fosse mezzogiorno. Cerca prima i cimbelli che sistema sulle racchette rialzandole poi piano piano. Poi cerca i volantini giusti. Li prende in mano, li studia, li sceglie uno ad uno, poi parla con loro come fossero sue creature. Allaccia i nastrini di riconoscimento e li sistema perché i volantini si posino delicatamente sulle bacchette di legno del pollaietto, pronti per la loro missione.
E’ un grande Alberto. Al di là dell’amicizia che ci lega, lo guardo con ammirazione. E’ l’immagine reale di un cacciatore vero, non quello con la bava alla bocca e il grilletto facile. Lui è un poeta della caccia è vero, ma razionale, esperto, la testa sulle spalle, e comunque un grosso fucile. In ogni movimento, in ogni sua parola leggi la passione, l’ attaccamento a questa caccia particolare, la familiarità con l’ambiente, l’ esperienza…l’amore per i volantini che alleva e che sono anche "amici", non "cose che volano "e basta.
"Vieni-mi dice-ora andiamo sul tuo palco"
Ecco, non caccio con lui, ho il mio capanno a circa trenta metri dal suo, un po’ più in alto. Il traliccio è fatto con tubi Innocenti. La scala con i pioli di ferro punta dritta su nel buio.
"Sali su…dai, non c’è problema…"
Mi da una pacca sulla spalla, mi dice di tirare diritto e che potremo parlarci tranquillamente vista la vicinanza dei capanni. Faccio finta di salire spedito, ma ho una paura tremenda con la roba sulle spalle e il fucile…Alberto probabilmente ridacchia, ma signore com’è , fa finta di nulla.
Sono sul palco. Che spettacolo! Il capanno è racchiuso sulla cima di un cerro enorme, perfettamente mimetizzato: foglie e rami sono tutto intorno a me, ma la visuale è perfetta. C’è un tavolato di legno in terra, l’apertura per l’uscita, un piccolo ripiano per appoggiare le cose e le cartucce. Non so come spiegarlo: è come un …cespuglio sopra ad un albero… Con la giacca mimetica, finisci col far parte dell’ambiente.
Ora posso godere a pieno della Riserva. A sinistra (nella direzione del passo) ha inizio la lunga vallata. Noi siamo sul versante a Nord, a metà strada tra essa e la collina. Comincia a schiarire, e quelle masse informi e nere prendono forma, lasciando percepire i primi tenui colori di un autunno freddo, già parecchio inoltrato. Il crinale scende sulla destra ed il declivio va ad incanalarsi verso l’interno, al centro della grande riserva. In alto, su un piccolo pianoro, si vede il castello Corsini troneggiare imponente. E’ un bel colpo d’occhio davvero. Un pezzo di passato tagliato negli anni duemila… Davanti, prima della costa, si scorgono i contorni delle colline più basse dove si arrampicano gli ulivi a perdita d’occhio. Alle mie spalle c’è un’altura più grande, dietro alla quale tra un attimo, sorgerà il sole. Ovunque si vedono lecci, macchia mediterranea, querce secolari, quercioli. Diverse piante di mortella, le cui bacche sono amatissime dai colombi, spiccano qua e là con il loro verde intenso. Ogni tanto dalla macchia sbuca un ciuffo di cipressi che danno un pizzico di eleganza al bosco selvaggio, quasi impenetrabile. Giù, più in basso, verso il castello, si vedono alcuni pini marittimi.
Sopra a me, per togliermi dall’incanto, lo zirlo di un tordo che entra dal mare. Uno, due, dieci….cinquanta… è incredibile, passano uno dietro l’altro a non più di quindici metri da me, sulla mia testa, mostrando la pancia chiara e una discreta fretta. Sto male.
Mi è stato chiesto di non sparare. Rinuncio ubbidiente, ma con infinito rammarico… e l’indice che mi prude.
Alberto mi chiama : " Attento… c’è un branco …"
Risale da sotto la valle e non riesco a localizzarlo subito. Poi sento due, tre colpi e li vedo all’improvviso, uno a pochi metri da me, con le sue splendide ali bluastre che mi sfiorano, altri sei o sette sulla destra. Il primo colpo, col cuore in bocca, lo tiro dietro e troppo vicino, col secondo ne fermo uno, il terzo è troppo lontano e va via spennottando.
Un emozione incredibile mi strappa la fucilata…sembra un tiro facile, ma in un attimo, con un colpo d’ali , sono fuori tiro. Li vedo andare, mentre dall’alto cade ancora qualche penna e Alberto scende per il recupero insieme al suo vecchio springer. In terra ce ne dovrebbero essere almeno tre.
Non vediamo niente per una quindicina di minuti. Alberto mi dice che se il branco verrà da sotto, sarà lui ad avvertirmi e mi invita comunque a farli entrare per poter sparare insieme… i volantini poi,faranno il resto.
Poi mi accorgo di un bel branco di passo che viene da destra, sopra la collina. Grido ad Alberto. I volantini fanno il loro giro con il loro nastrino attaccato. Sono schiacciato sotto le transenne del palco, con un ramo che mi punge la schiena e mi fa un male cane…ma resto così in attesa che mi siano sopra.
Sento Alberto che dice: " Falli entrare….aspetta…."
Il branco si divide in due: cinque o sei girano a sinistra, gli altri picchiano sul palco di Alberto. Sento di sotto due colpi serrati e vedo due colombi cadere vicini, ne prendo uno mentre un altro lo tocco su un ala e lo vedo cadere a un centinaio di metri…
Mamma mia…per uno che non è abituato a questa caccia, non c’è un momento di respiro anche se il passo oggi è piuttosto limitato. Vedere la bellezza di questi animali in volo e la velocità con la quale scendono, scartano o si allontanano, ti tiene il cuore a mille. Non sai mai se il branco lontano scenderà o no e crederà ai volantini… Così vivi di speranza, di emozioni, calcolando continuamente come dovresti metterti, dove girare, come guardare o sparare…senza un attimo di tregua.
Tiro a un colombo che arriva all’improvviso sui volantini. E’ un tiro facile anche se lo prendo di seconda… Mi è venuta una fame tremenda. Apro il tascapane e addento il mio panino…l’odore forte del prosciutto toscano provoca subito acquolina e desiderio…ma Alberto chiama ancora…"Attento sopra a destra….quattro…."
Faccio casino, metto male il fucile, strappo due colpi malamente…il terzo lo prendo per caso…ci pensa Alberto a fermarne un altro con un gran tiro…. Inutile scusarsi….Poteva andar meglio. Cavoli miei e basta.
Alberto cerca sotto. Il mio panino è laggiù da qualche parte nel pungitopo, insieme ai tre bossoli gialli di JK6 che ho sparato.
Sulle dieci, due grossi branchi ci snobbano tirando diritto. C’è poco movimento ora…Ma dal fondo della valle, cominciano a girare i colombi stanziali in cerca di pastura: uno, due o tre, al massimo. Qualcuno ci casca e il gruzzolo aumenta di parecchie unità, sia pure lentamente. Alberto è un cecchino, ma anche io ora comincio a tirargli addosso, per fortuna.
L’ultima soddisfazione me la tolgo mentre lui ha già cominciato a tirare giù i volantini e sta armeggiando con le racchette. Ne vengono quattro che dopo un giro largo, mi tornano indietro proprio sopra al capanno. Faccio un bel doppietto e mi viene voglia di urlare dalla gioia…Niente male per un vecchietto!
E’ quasi mezzogiorno, Alberto sale sul mio capanno.
Passiamo ancora quasi mezzora a parlare, a scambiare pareri su questa caccia meravigliosa…Lui mi confessa che a parte il disagio di arrivare qui da Perugia e della discreta cifra che spende per il capanno, non saprebbe proprio farne a meno, visto che questa è la sua passione.
Credo abbia ragione. E’ difficile fare confronti , ma qui, in questo ambiente, che ha sei capanni soli costruiti nella riserva in più di 3.000 ettari di bosco, è veramente difficile rinunziare al fascino di questa caccia. E non è solo per i colombi.
Ce lo confermiamo ancora una volta davanti a una tazza di caffè caldo al caffè della Marsiliana: spesso non importa prendere a caccia…ma come e dove si prende. Io lo dico da anni. Ognuno di noi ha le sue passioni e segue la caccia che vuole, con i mezzi che ha a disposizione, pochi o tanti che siano. Va bene così. Devo riconoscere però che qui, in questo ambiente naturale, di bellezza incomparabile, si riesce inevitabilmente ad essere più vicini alla natura, ed ogni cosa, vista e vissuta, è in grado di darti qualcosa in più, confermando ancora una volta il legame che esiste tra questa passione e l’ambiente in cui la vivi.
Per qualcuno una ventina o più di colombacci sono un carniere relativo…
Per me, una soddisfazione senza nome, perché ho sempre pensato che a caccia non sono i numeri stratosferici che alla fine possono renderti felice.
Per questo sono contento più che mai di aver fatto questa bellissima esperienza….
In qualche foto fatta con la mia piccola digitale, ma soprattutto nella mia mente, è stampato il ricordo indelebile.
Sarebbe bello poterla ripetere ogni tanto. Ne varrebbe veramente la pena, ma non solo perché "sei andato in Riserva.."credetemi.
So che non è facile da spiegare…
Ma chi mi può capire sarà sicuramente d’accordo con me.
Chi non ci riesce….ciccia.
Si ringrazia Caccia+ per aver fornito il contenuto