Il recupero della grossa selvaggina
- Scritto da Marco Benecchi
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“Marco, nei tuoi racconti ci spieghi nei dettagli l’azione di caccia, la marca e il calibro dell’arma, il peso e il tipo del proiettile, l’ottica utilizzata e la reazione del capo abbattuto, perché non ci racconti anche come ti sei adoperato per recuperarlo e per portare a casa la preziosa spoglia? Hai usato una semplice autovettura oppure un pick up? Come hai trattato il capo? Lo hai spellato e sventrato sul posto? Come tratti le carni? Le congeli secondo i tagli; lombata, filetto, controfiletto, coscia, spalla ecc.? Il trofeo come lo prepari? Oppure consegni tutto com’è al Centro di Raccolta?” Un caro saluto, Daniele!”.
Per una volta ho voluto iniziare con interessantissima domanda che mi ha fatto un lettore nel mio Blog.
Sollevando un quesito che davo per scontat invece, evidentemente, non è così.
Come Daniele mi ha confidato in seguito, abitando sull’Appennino, e quindi cacciando grossi selvatici come cinghiali, daini e cervi, spesso si è trovato in serie difficoltà per recuperare un grosso selvatico abbattuto, specialmente quando si è trovato solo e lontano dalla vettura, semplice utilitaria o jeep che sia.
Ma cominciamo dall’inizio.
Per quanto riguarda la vettura, quasi sempre utilizzo la mia vecchia Ford Fusion, opportunamente “modificata per la caccia”, altre volte invece, per ovvie esigenze, mi sono dovuto fare aiutare da amici proprietari di fuoristrada più idonei e prestanti. Cacciando prevalentemente in zone molto comode da raggiungere, ma piuttosto lontane come chilometraggio, preferisco viaggiare con una macchina diciamo “normale”, che “abbia dei costi di esercizio” più tranquilli, che non influiscano troppo nel limitato budget di un modesto cacciatore a palla.
Conosco tantissimi colleghi Selecontrollori che per fare dieci, massimo quindici uscite all’anno si sono comperati dei fuoristrada degni di un organizzazione venatoria di Safari africani.
Sono scelte personali che, tutto sommato, potrei anche condividere, se potessi permettermelo. Comunque, sono convinto che quando hai una macchina sobria, robusta, con un buon bagagliaio mumito di un contenitore stagno in plastica o alluminio per contenere sangue, fango, pelo e sporcizia varia, dei buoni pneumatici misti strada – campagna e magari che abbia anche la scocca sufficientemente alta, non dovrebbero esserci troppi problemi.
Per quanto riguarda la pulizia dei selvatici abbattuti, io provengo dalla scuola mitteleuropea, da quella slovena, austriaca, croata ed in particolare da quella ungherese,che impone la eviscerazione del selvatico SUBITO dopo averlo abbattuto. Perdonatemi se non mi preoccupo molto di dove lascerò le interiora, a volte (se non devono essere consegnate!) abbandono sul terreno persino le teste e le zampe, senza sentirmi in colpa per aver inquinato l’ambiente.
E’ tutto materiale organico biodegradabile che nel giro di qualche giorno verrà “assorbito” dall’Ecosistema senza problemi, anzi sicuramente potrà portare persino dei benefici ai piccoli predatori, agli spazzini del bosco.
Il resto del lavoro si fa a casa con calma e con l’ausilio di tutte le attrezzature e le comodità necessarie.
Come operare per “smacchiare” un grosso selvatico?
Un capriolo, un camoscio ed anche un muflone possono essere comodamente trasportati in un capiente e robustissimo zaino senza troppi problemi. Mentre per quanto riguarda un cinghiale, un daino o un cervo occorree operare in uno di questi tre modi.
1) Il metodo più semplice e/o auspicabile sarebbe quello di arrivare fin dove si trova il grosso selvatico con un fuoristrada, ma è ovvio che non sempre è possibile farlo.
2) Se il terreno lo consente si può tentare di trascinare il selvatico.
Non storcete subito il naso, perché non è molto difficile come potrebbe sembrare a prima vista. Sull’eba, magari bagnata di rugiada, se trascinato per il muso, quindi NON contropelo, il selvatico scivola bene, specialmente se in leggera pendenza. Viceversa, se invece c’è da tirarlo in salita le difficoltà sono enormi.
3) A volte, se proprio non se ne può fare a meno, occorre recuperare la spoglia facendola a pezzi, in tagli più o meno grandi secondo esigenza e capacità di carico. In questo modo ho visto recuperare in pochi minuti un maschio adulto di alce senza problemi! Lo so, è un lavoro sporco, igenicamente scorretto e possibilmente da evitare, ma quando non si vedono all’orizzonte altre alternative…
Per fare ciò non è necessario portarsi dietro un ascia o un seghetto, con il solo ausilio di un buon coltello è possibile smembrare un cervo o un cinghiale in pochissimo tempo.
Cominciando dalla testa, poi le spalle, i cosci ed infine il tronco. Per questa evenienza sarà sempre auspicabile avere nello zaino, oppure in macchina, una buona scorta di robuste buste di nylon.
Giunti a casa, nella zona destinata alla macellazione dei capi abbattuti, si può procedere con la lavorazione vera e propria della spoglia.
Purtroppo non sono un esperto nella selezione dei tagli pregiati di carne, io lavoro più di mannaia che di coltello.
Dopo aver spellato il capo procedo col togliere tutte le parti rovinate dai colpi (che non getterò via, ma cuocerò in seguito per i i cani!), poi seziono la carcassa separando le spalle, i cosci e le due pacche di costato centrale.
Dopo aver lasciato raffreddare la carne in una cantina ventilata per un giorno intero provvederò a congelare il tutto.
A volte porto a casa un cosciotto per fare dello spezzatino per le pappardelle ma di solito quasi tutta la carne della selvaggina la trasformo con calma e con le condizioni climatiche giuste (freddo con vento di Tramontana!) in in salumi e salcicce.
Qualche bel trancio di carne lo lascio sempre per regalarlo agli amici o a chi si è prodigato nel farti quialche favore.
Non conosco nessuno infatti, che rifiuta un bel pezzo di selvaggina pregiata in omaggio. La preparazione dei trofei è molto semplice.
Quelli di grossa selvaggina come cervi, daini, mufloni li preparo SUBITO, per ovvi problemi di spazio, mentre quelli di capriolo e di cinghiale (solo le zanne: difese e coti) li congelo per poi bollirne almeno tre alla volta.
Nel caso specifico di animali da consegnare al tassidermista per farli imbalsamare, le operazioni sono diverse.
Procedo con la spellatura del capo, con la salatura della pelle e con il successivo congelamento mentre i crani o le zanne li potrò riporre in un magazzino (mai all’aperto!) dopo averli fatti bollire un po’ per fermare il processo di deterioraramento della carne.
Al tassidermista dovrà essere consegnata la pelle e il trofeo del selvatico intero, perché provvederà lui a tagliarlo alla misura giusta per montarlo sul manichino.
Per carità non fatemi sentire di zanne di cinghiali sotterrate e di trofei di caprioli e daini messi a sbiancare sulla tettoia del canile. Sono usanze stupide, irrispettose verso la preda abbattuta, igenicamente sbagliate e che sortono un pessimo risultato trofeistico.
Nessuno obbliga nessuno a conservare un bel trofeo ma se vogliamo farlo, dobbiamo sforzarci di farlo bene, perdendoci il tempo che ci vuole e se dovesse servire, spendendoci anche un po’ di denaro.
Come diceva mio padre, riferendosi principalmente ai cinghiali, “A prenderli sono capaci tutti ma a portarli a casa e tutto un altro paio di maniche!”.
Come possiamo dargli torto?
Marco Benecchi