Beeper o non beeper...questo il dilemma!
- Scritto da Alessandro Bassignana
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Da qualche anno a questa parte una delle discussioni che più dividono gli amanti della caccia con il cane da ferma è quella sull’uso del beeper, quello che i francesi definiscono, e non senza ragioni, il… “sonaglio elettronico”.
Ma cos’è questo “diabolico” strumento che da una ventina d’anni ha trovato diffusione tra migliaia d’appassionati beccacciai o di incalliti codaioli?
Noi cercheremo d’ analizzarne le principali caratteristiche, illustrando le ragioni che inducono gli uni a utilizzarlo e gli altri a demonizzarlo.
Il beeper trae il suo nome da quel segnale, per l’appunto il beep, che un congegno elettronico, generalmente posto al collo dei cani, emette a intervalli regolari tracciandone il percorso oppure facendosi udire quando setter, pointer, breton o bracchi sono fermi di fronte ad un selvatico.
E così i boschi fitti delle pianure e i calanchi delle colline, oppure i lariceti d’alta montagna inframezzati da rododendri e ginepri, possono tranquillamente essere esplorati dai cani mentre i loro conduttori sono in grado di capire in ogni momento cosa stia facendo il proprio ausiliare.
Il beeper in definitiva, come giustamente osservano i cugini d’oltralpe, assume quella stessa funzione che il cacciatore ha sempre delegato a campani, sonagli o bubboli, ma potendo essere comandato e sentito a grande distanza consente un maggior utilizzo e grande versatilità; se poi il cane è bloccato a ridosso d’una Regina, o d’un gallo forcello, mentre il campano ha cessato ogni tipo di suono e nulla ci dice sulla sua posizione, il nostro congegno ci offre invece la possibilità di individuarlo e di condurre rapidamente il cacciatore sul proprio ausiliare bloccato in ferma.
A questo punto vediamo d’affrontare un po’ meglio la questione, e proviamo a spiegare quali siano i vantaggi e quali le pecche di questo strumento.
Intanto è bene sgombrare il campo da alcuni equivoci che fanno sì che le opinioni sul beeper spesso accendano gli animi, spaccando i cacciatori tra coloro che l’amano e l’usano con soddisfazione e quelli che invece l’odiano e vorrebbero addirittura metterlo fuori legge.
Quaranta o cinquant’anni fa del beeper i cacciatori non sentivano affatto la necessità, anche perché il territorio era ben diverso da quello attuale e la consistenza di selvaggina nemmeno confrontabile con quella dei giorni nostri; negli anni sessanta, e fino all’inizio degli ottanta, l’agricoltura era ancora molto differente con rotazione di coltivazioni, campetti inframezzati da barriere, siepi e, dulcis in fundo, il tutto si realizzava senza quell’uso spropositato di diserbanti e anticrittogamici che ormai hanno distrutto tutta la microfauna di cui si nutriva la selvaggina stanziale.
I selvatici trovavano rifugio e avevano alimentazione sufficiente, sopravvivevano alla stagione venatoria e si riproducevano in libertà consentendo ad ogni cacciatore incontri frequenti e ripetuti nella stessa giornata; gli stessi cani potevano effettuare una proficua azione di cerca senza allontanarsi di centinaia di metri dal cacciatore, e che fossero inglesi o continentali il discorso non cambiava un granché.
Si cacciava la quaglia già a partire da fine agosto e poi fagiani e starne, allora piuttosto diffuse, sino a fine stagione mentre le beccacce erano selvaggina “residuale”, oppure riservata agli specialisti che ci si dedicavano ad essa a partire dai primi di novembre, dal “periodo dei morti” come dicevano i nostri vecchi, quando nel bosco tra profumi marcescenti e gli afrori di sottobosco, muschio e funghi comparivano le prime Regine.
Oh, sia ben inteso, le beccacce vi sono ancor oggi, e pure abbastanza numerose, ma sono forse uno degli ultimi veri selvatici rimasti al moderno nembrottino, rese scaltre e leggere dal fatto d’essere cacciate per tutto il loro ciclo migratorio e per questo anche molto più difficili da reperire, nascoste in boschi fitti e dove il cane deve esplorare grandi porzioni di terreno prima di reperirne l’usta.
Ed è proprio questo uno dei motivi che hanno reso così popolare il beeper: la possibilità d’avere cani che cercano lontano dal conduttore senza doversi preoccupare se con loro viene meno il collegamento visivo; la penuria di selvaggina ha portato poi a selezionare ausiliari che sviluppano l’azione di caccia secondo i principi della grande cerca, e ormai anche gli stessi continentali, un tempo considerati molto più “gestibili” degli inglesi, hanno acquisito dinamismo e velocità un tempo impensabili.
Certo, ancor oggi uno spinone allunga meno d’un pointer, e un bracco ispeziona meno terreno d’un setter, ma sappiamo tutti come le preferenze dei cacciatori si siano ormai indirizzate verso i cani inglesi, e in particolar modo il setter inglese, tanto che quest’ultimo risulta di gran lunga il più iscritto annualmente al registro ENCI, secondo solo tra le razze canine al popolarissimo pastore tedesco.
Il beeper quindi offre al cacciatore la possibilità di arrivare a servire il proprio ausiliare pur se questo è molto lontano da lui, e consente al medesimo di spegnere a comando il dispositivo, evitando così che il selvatico, infastidito o spaventato da quel suono elettronico, possa tentar la fuga anzitempo.
In realtà la tecnologia offre ormai diverse soluzioni e, dopo i primi beeper che emettevano solo un suono acuto e innaturale, l’industria ha prodotto apparecchi che segnalano il cane in ferma con vibrazioni o una vasta gamma di suoni, compresi alcuni che simulano perfettamente il grido del falco, o d’altri rapaci, in modo da costringere il selvatico a restar a terra, nascosto tra erbe o arbusti per paura di finir…sotto le grinfie d’un predatore alato.
Abbandoniamo un attimo il campo degli utilizzatori per riferire di quali siano le critiche di chi ostacola uso e diffusione del…sonaglio elettronico!
“E’ poco sportivo…” questo si sente dire dai detrattori, che spesso aggiungono la frasetta tipica di chi cerca sempre d’ergersi a…cacciatore migliore degli altri: “…e non è nemmeno etico”, quasi che l’etica potesse rinvenirsi in un circuito stampato alimentato da una batteria!
Vediamo insieme se queste osservazioni hanno ragione d’essere espresse, e se almeno, e qui libertà d’opinione assoluta, vi sia possibilità di superare l’obiezione.
Premesso che la caccia…non è uno sport, bensì una passione, pensare che un’azione di caccia sia poco etica o antisportiva solo perché trae benefici dalla tecnica e dal progresso ha un senso solo per chi davvero pratica questa attività senza fruire minimamente di questi vantaggi; tra l’altro dobbiamo ricordarci che noi andiamo per boschi e montagne con un fucile e, guarda caso, alla ricerca di selvatici cui…vogliamo sparare, togliere la vita, mica fare una foto! E ad essere davvero sinceri è questo l’aspetto che ci viene contestato dai nostri avversari, non certo gli altri.
Proviamo allora a continuare la nostra discussione tra cacciatori e ritorniamo alle critiche “etiche” che giungono da parte di alcuni di essi, supponendo infine abbiano ragione.
E allora, così fosse, via i telefonini o le radio usate per comunicare; via i gps, per alcuni indispensabili a non smarrire l’orientamento ed ormai anche al collo dei cani; via anche a strada o piste forestali, percorsi con fuoristrada e auto in grado di raggiungere posti un tempo difficilissimi per nonni e padri; via infine a tutti quelle innovazioni che hanno reso anche la caccia e il tiro più facili, come le canne raggiate, o le cartucce dispersanti. Al limite estremo eliminiamo pure la visione o la lettura delle previsioni meteorologiche, perché anche quella altera le condizioni di equilibrio tra cacciatore e prede consentendo al primo di sapere quale tempo incontrerà, scongiurando il pericolo di acquazzoni o altri eventi atmosferici sfavorevoli ed in grado di vanificare l'azione venatoria.
Suvvia, siamo seri, ma quanti solo coloro che rifiutando il progresso e i benefici della tecnica cacciano ancora come facevano i nostri nonni? Quanti di noi rinunciano a quei mezzi che facilitano la vita d’ogni giorno e rendono ogni tipo d’attività più agevole?
Forse che l’alpinista rinuncia ai nuovi materiali o agli strumenti di controllo per tentare di scalare una vetta alpina o himalaiana? O il ciclista dilettante pedala sulle stesse biciclette, pesanti e con un unico rapporto, che usarono Ganna e Petit Breton per vincere il primo Giro d’Italia o il primo Tour de France?
E restando alla nostra caccia, spostandoci però alla canna rigata, alzi la mano chi non usa il telemetro per calcolare le distanze di tiro o utilizza ancora cannocchiali con soli quattro ingrandimenti (ormai s’arriva, e si supera agevolmente, ai venti), cercando d’avvicinare il selvatico invece di sparargli da due, trecento metri e spesso anche più!
La verità, cari amici, è che con la modernità ormai ci conviviamo da un pezzo, e dunque non è certo un congegno elettronico a cambiare le regole del gioco se noi, badate bene, le…regole della caccia le rispettiamo tutte!
Se il cacciatore utilizza il beeper in maniera corretta poi non lo fa solamente per ottenere un carniere maggiore, ma anche per garantirsi di cacciare in perfetta sicurezza, lui e il cane, potendo individuare in ogni momento l’ausiliare e intervenendo in situazioni di pericolo piuttosto ricorrenti quando uno frequenta certi ambienti (si pensi solo ai rischi all’alta montagna).
Molti sono i cacciatori che scelgono di tenere il beeper in posizione d’attesa, inseribile a comando talvolta a centinaia di metri, anche perché dare un colpo e sentire il beep lontano tranquillizza anche il più apprensivo dei padroni che riesce così a cacciare senza ansie o patemi d’animo.
Io , oltre ad usarlo a beccacce, l’ho anche sperimentato in alta montagna, a galli forcelli, e con grandi risultati.
Infatti il diavolo nero non appena inizia la stagione s’è fatto ormai scaltro se giovane dell’anno, e s’è incattivito se con qualche stagione in più sulle… ali, e si rende quasi imprendibile, pronto com’è a involarsi al primo rumore sospetto. Cacciarlo in perfetto silenzio diventa quasi una necessità, e l’ambiente stesso rende quella disciplina venatoria pratica entusiasmante; un beeper potente ed efficiente consentirà sempre di sapere dov’è il proprio cane, capendo se è rimontato alla cerca del gallo in qualche ripido canalino tappezzato d’ontani, oppure s’è tuffato in un mare di rododendri ove s’è rifugiata una covata dell’anno. Se invece si tratta della "Regina", la magnifica arcera, allora avere il beeper diventa indispensabile, cacciando in zone montane ove l'abbandono dell'uomo ha reso i boschi fitti ed ostici, e dove si perde subito il contatto visivo con il proprio cane. Verò è che il campano potrebbe aiutare a seguirne i movimenti, ma cercare un cane fermo nel folto, magari schiacciato a terra, e piuttosto complicato.Tra l’altro utilizzare il beeper al posto del campano, e in modo che emetta suoni solo su comando o nell’atto della ferma, è di beneficio alla salute del cane perché rispetto all’altro ne salvaguarda udito, e sono molti i cani che dopo alcune stagioni di caccia con campanacci al collo sono diventati sordi.
In ogni caso esiste sempre la possibilità d’utilizzare assieme beeper e campano, e io talvolta lo faccio.
Ebbene sì, ormai l’avete capito, anch’io sono un felice utilizzatore del beeper e non posso che parlarne bene, ma vediamo adesso cosa fare per scegliere quello giusto.
Intanto bisogna dire che sono diverse le aziende che producono i beeper, alcune nazionali ed altre straniere, ma quasi tutte in grado d’offrire buoni prodotti.
Bisogna che l’utilizzatore sappia esattamente a cosa va incontro, e conosca bene le caratteristiche del beeper che va ad acquistare; infatti l’apparecchio generalmente viene fissato a mezzo d’un collare molto vicino all’apparato uditivo del cane che, non dimentichiamolo mai, è molto più sensibile di quello umano: si dice almeno quattro volte, e dunque i suoni acuti del congegno possono risultare molto lesivi.
Io che caccio con tre setter, un maschio e due femmine che alterno, ho adottato per le cagne un sistema suggeritomi dal grande beccacciaio Giancarlo Bravaccini, e che mi consente di proteggerne l’udito: il beeper lo allaccio attorno alla vita della setter, sistemato in modo che il tromboncino sia girato verso la coda. A far da contrappeso, aiutando lo strumento a rimaner posizionato correttamente, a questo punto può essere utilizzato anche un pesante campano, che si trova così ad essere sotto la pancia della cagna, e ben lontano dalle sue orecchie.
Altro aspetto da non trascurare è quello delle frequenze emesse, e qui gli esperti suggeriscono quelli stanno al disotto dei 1000 Herz, ben sapendo come i cani non gradiscano i suoni troppo acuti.
A volte però, proprio come capitava al mio compagno d’avventure venatorie, è il cacciatore stesso ad avere problemi d’udito e allora la scelta cade su quello che lui sente meglio, pure se per farlo deve regolarlo ad un volume capace di far superare la soglia del dolore al povero cane, incolpevole vittima d’un padrone sordo.
Bisogna comunque scartare prodotti di cui non s’è sicuri, senza una rete d’assistenza consolidata; quelli privi di certificazioni che ne attestino le qualità e il rispetto a normative CEE o analoghe; quelli costruiti con materiale di scarsa qualità, magari del peggior…Made in China o giù di lì, e con questo non me ne vogliano i cinesi o coloro che in molti altri casi laggiù riescono a costruire validi prodotti!
Ricordiamo che lo strumento verrà utilizzato in differenti condizioni e dev’essere assolutamente impermeabile, tanto alla guazza mattutina quanto all’immersione completa in uno stagno o un ruscello.
Di beeper attualmente se ne producono d’ottimi in Italia, Francia, Corea del Sud, Stati Uniti, insomma un po’ in tutti quei paesi ove l’industria elettronica è fortemente sviluppata, e l’innovazione costante, continua.
Affidarsi ad aziende presenti da anni sul mercato è una garanzia in più, cosa da non trascurare quando insorgono i primi problemi.
Le forme sono differenti, e vanno da quelli a barilotto, quasi fosse la fiaschetta di brandy allacciata al collo d’un San Bernardo da salvataggio alpino, sino a quelli che hanno un piccolo tromboncino capace d’emettere suoni acuti ed intensi, talvolta udibili come la sirena d’una pattuglia…della Madama!
I primi erano attivati a mezzo di un piccolo magnete e andavano regolati prima d’essere fissati al collo del cane, ma ormai ne esistono di quelli che vengono totalmente comandati con un telecomando, attraverso il quale vengono accesi o spenti, se ne modificano le funzioni o si regola il volume; alcuni poi hanno incluse le funzioni…correttive, garantite da impulsi che vengono inviati e sono avvertiti dal cane come vibrazioni o piccole scariche elettrostatiche.
Anche in questo caso la scelta è molto personale, ma alcune regole debbono valere per tutti: intanto il “cono” da cui s’irradiano i beep deve essere posizionato in modo da offendere il meno possibile l’orecchio del cane, e orientato in maniera che la diffusione del suono sia ottimale; dunque non verso il basso perché il suolo assorbe i rumori, ma nemmeno verso l’alto a scongiurare l’effetto eco e la difficile individuazione del cane; infine non avanti ad evitare sia esposto all’intrusione di foglie o arbusti.
Anche il peso deve essere preso in considerazione perché tutti noi che cacciamo e camminiamo per ore in ambienti difficili sappiamo quanto possa farsi sentire alla sera anche un solo mezzo chilo in più!
In una normale giornata di caccia un cane resta in azione diverse ore, da due o tre sino a sette/otto, e dunque le sollecitazioni subite dallo strumento sono davvero tante; in più, è questo è ancor più ovvio, l’ambiente in cui si sviluppa l’azione di caccia potrebbe essere ostico con rocce, piante e arbusti, acque ferme o correnti, e dunque il beeper andrebbe incontro ad urti, vibrazioni, immersioni e mille altre condizioni da…Camel Trophy!
Fosse messo in condizione di lavorare…a banco…un beeper potrebbe durare all’infinito, questo perché il prodotto generalmente è robusto ed assemblato con materiali che sono testati per reggere a quel tipo d’utilizzo, ma il nostro sonaglio elettronico viene usato all’aperto, allacciato ad animali che sono presi dalla foga venatica e non si risparmiano: decine di migliaia di vibrazioni, capaci di dissaldare i contatti di un qualunque apparecchio domestico, condizioni che vanno dal caldo africano al gelo siberiano; dall’umido del palude o della risaia al secco di pietraie e calanchi assolati.
Il nostro beeper deve funzionare sempre, anche in queste situazioni limite; avere autonomia o batterie facilmente caricabili, meglio quelle al litio piuttosto che essere costretti a cambiarle ogni due o tre uscite; essere sempre…affidabile, esattamente come l’ausiliare cui l’abbiamo messo al collo.
Importante anche il telecomando, ovviamente per quelli che lo prevedono, che dev’essere pure lui impermeabile e capace di inviare gli impulsi a grande distanza.
Per molti anni ne ho ignorato l’uso perché non lo conoscevo, poi ho continuato a farlo perché ne sottovalutavo le potenzialità, ma da quando l’ho provato anch’io mi sono reso conto dei vantaggi che esso può offrire, e da un utilizzo prettamente saltuario ho preso a farne uso con regolarità, apprezzandone quelle caratteristiche che lo rendono strumento ideale per avere sempre il controllo dell’azione del cane, sicuro di poterlo individuare rapidamente in ogni istante.
Sono diventato uno sperimentatore e ne ho provati diversi, riscontrandone vizi e virtù, per orientarmi alla fine solo su prodotti che garantiscano l’affidabilità, non si spengano mai senza ragione e siano comandabili anche a distanze importanti (talvolta basta un poggio o quattro piante perché il telecomando non agisca più).
Ad ogni buon conto pure io mi rendo conto di come il beeper potrebbe alterare le condizioni tra cacciatore e selvatico, favorendo il primo a discapito del secondo, e dunque cerco sempre di non abusare di questi vantaggi, rispettando il selvatico che vado cacciando.
Beeper sì, in conclusione, ma sempre nel rispetto di tutte le regole e le norme che devono fare della Caccia un’attività sostenibile e rispettosa di fauna e ambiente.