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Luca Gironi

Luca Gironi

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Umbria: il punto di vista di Arci Caccia sui chiusini e la selezione al cinghiale

arcicaccia logo co1IL PUNTO DI VISTA DI ARCI CACCIA UMBRIA SUI CHIUSINI E LA SELEZIONE AL CINGHIALE……..

In questi ultimi 10 anni, abbiamo cercato di dare un contributo fondato sulle le nostre idee di gestione in merito alla questione Ungulati in generale ed particolare sul Cinghiale, lo abbiamo fatto con la passata amministrazione e abbiamo continuato a farlo con l’attuale.

Un caso, che non chiameremo “Problema”, perché già da tempo sosteniamo che il cinghiale si può trasformare da problema risorsa per i territori sia dal punto di vista economico che dal punto di vista alimentare.

Al contrario di ciò che con grande ipocrisia oggi fanno vari soggetti che ancora una volta scorgono l’opportunità di trarne vantaggio per pochi a scapito di tutti, riempendosi la bocca, in maniera populistica, gridando al lupo al lupo, salgono alla ribalta dei media con la bandiera del problema Cinghiale, solo oggi se ne accorgono?

Noi diciamo BASTA …!!! Basta con gli spot, basta con i personalismi, basta cercare sempre qualcuno a cui addossare delle responsabilità per scelte che si sarebbero potute fare tutti insieme anni indietro, ma nessuno ha avuto il coraggio di decidere..

Che saremmo arrivati a questo punto, già lo si sapeva da oltre 10 anni… sarebbe stato sufficiente guardare ed analizzare i dati, scientifici – biologici e storici di questa specie, che ha visto l’aumento enorme del proprio areale boschivo e marginale, lo spopolamento della medio alta collina, il continuo taglio dei boschi che in parte riducono la presenza di frutti all’interno dei boschi stessi, le variazioni climatiche con l’aumento delle temperature, e il cambiamento delle tecniche agricole, ha creato condizioni estremamente favorevoli a questa specie, in più agevolata da una “inesistente Pianificazione Territoriale e Gestionale” sia del Governo centrale che regionale, spesso lasciata alle decisioni del politico di turno, ignaro ed ignorante, suo malgrado degli effetti che tali scelte avrebbero potuto causare.

Non vogliamo neanche dimenticare lo stato di incuria ed “abbandono” in cui vertono le zone limitrofe ai centri abitati, senza manutenzione alcuna, complici anche azioni totalmente sbagliate di cittadini ignari che continuano a foraggiare gli animali selvatici.

Ecco questi FATTI, ed altri ancora.. che come ripetiamo, più e più volte abbiamo portato nei tavoli istituzionali, senza essere mai presi in considerazione, in quanto associazioni più grandi che si sarebbero dovute assumere la responsabilità di gestire hanno fatto spallucce voltando le spalle ad un problema che oggi è diventato una emergenza sociale.

Ancora una volta, senza abbandonare la speranza che le cose possono cambiare, vogliamo portare ancora una volta il nostro contributo al tavolo della discussione per imboccare la finalmente la strada che ci porti ad una gestione corretta della specie cinghiale.

Frutto di un confronto costante tramite con specialisti, tecnici, zoologi, unici esperti in materia ed insieme ai cacciatori tutti che operano sul territorio, si è giunti alla conclusione che solo una vera gestione e la programmazione di una serie di interventi da attuare nell’immediato, ed altri nel medio e lungo termine, possono porre rimedio alla continua espansione del cinghiale, avendo bene a mente che il solo fucile non può risolvere il problema.

Non ci siamo fermati alle parole, ma abbiamo fornito una concreta di gestione dei conflitti faunistici la quale giace dimentica nei cassetti della Regione, la quale non mai stata portata sui tavoli di discussione. Sicuramente non la soluzione, ma un punto da cui partire difronte al nulla assoluto.

Non vogliamo inutilmente fare una polemica, ma abbiamo il dovere di dire che quanto messo in campo frettolosamente, (su pressioni specifiche delle associazioni agricole … ed in parte a ragione .. e non solo) dalle Istituzioni, ci lascia nuovamente perplessi, sia come cacciatori.

Come Associazione che più volte abbiamo tentato di coinvolgere sia le associazioni agricole che venatorie e anche ambientaliste, alle quali rimproveriamo di non aver voluto dialogare e di essersi disinteressate nel mettere in campo azioni che magari oggi avrebbero già dato risultati tangibili.

In quest’ultimo periodo, la Regione ha messo in campo frettolosamente una serie di azioni a partire dalla caccia di selezione, l’utilizzo di trappole e recinti di cattura, interventi immediati degli agricoltori dopo quattro ore dalla segnalazione del danno, in maniera del tutto disarticolata, senza una pianificazione precisa, provvedimenti spot che molto spesso vanno in contrasto con norme e regolamenti.

L’introduzione della caccia di selezione o l’utilizzo di gabbie chiusini non sono l’unica soluzione al problema se non si ha bene a mente quale è l’obbiettivo da raggiungere.

La gestione deve essere composta di tante azioni da mettere in sinergia e per ognuna delle quali occorre definire quale è il fine.

La caccia di selezione dovrebbe avere la funzione di ricondurre la popolazione entro un corretto rapporto di classi di sesso e classi di età.

Le gabbie e i chiusini dovrebbero avere la funzione di rimuovere parte della popolazione in tutte quelle aree dove la stessa ha raggiunto livelli insostenibile per l’ambiente, in particolare nelle aree protette e in tutte quelle aree dove la specie dovrebbe essere eradicata cosi come previsto dai vari piani,

Il contenimento della specie ai sensi dell’art.19 della 157 dovrebbe avere la funzione di controllare la popolazione e di intervenire quando si presentano situazioni di conflitto con le attività agricole.

Una serie di provvedimenti messi in campo senza pianificazione che in lasciano molti interrogativi aperti alimentando polemiche e critiche, ci sono aspetti fondamentali che riguardano l’utilizzo delle gabbie e dei chiusini, sul come devono essere realizzati, con che materiali, che dimensioni, chi li controlla, come vengono stabulati, come devono essere abbattuti, come devono essere trasportati e dove, chi può vendere vendere, il privato oppure è la Regione, essendo la fauna patrimonio indisponibile dello stato?

In tutto ciò non si è mai affrontato nei tavoli di discussione il tema fondamentale della prevenzione e la protezione delle colture agricole, le quali nelle zone dove si riscontrano maggiori danni è oramai dopo anni di dati raccolti lo sappiamo benissimo, devono essere protette con l’utilizzo di recinzioni elettriche, dissuasori, utilizzo di repellenti nella semina, il tutto affinchè il conflitto venga prevenuto anziche cercare di rimuoverlo. Sono mancanti tutta una serie di interventi ambientali e gestionali del territorio, interventi mirati e necessari a rimuovere zone di rifugio nelle aree dove non è prevista la presenza del cinghiale, ripristinare habitat e realizzare colture a perdere lontane dalle aree a coltivazione intensiva nella media e alta collina.

Tutte domande importanti che oggi sono senza risposta e rischiano con l’ennesima azione messa in campo in fretta e furia, senza una pianificazione e programmazione gestionale a lungo termine, di fallire miseramente, facendo apparire tutti quanti incapaci ed incompetenti in una materia. La gestione del cinghiale non può essere lasciato nelle mani di apprendisti stregoni, ma deve essere affrontato con serietà, al fine di conseguire un risultato.

La Regione non si può sottrarre alle proprie responsabilità delegando compiti e funzioni che le spettano per legge, la cabina di regia deve essere l’osservatorio faunistico, in una partita cosi delicata non è più pensabile che si scarichino colpe e responsabilità sugli ATC.

Proprio per il rispetto che la nostra associazione nutre per gli agricoltori e per l’ambiente, siamo a chiedere di rivedere tutto l’impianto normativo regionale e soprattutto, non trovarsi tra un anno a discutere sempre del solito cinghiale, allora si sarà un vero problema, perché vedrà i cacciatori vessati e disamorati, non più disponibili, naturalmente con il fallimento completo della Politica e della gestione, fallire nuovamente, significa mettere in crisi l’intero sistema caccia.

Ripartiamo da subito con un dialogo serio tra tutte le parti e quando diciamo tute le parti intendiamo, la regione capofila, le associazioni venatorie ed agricole, ma anche quelle ambientaliste che non possono solo rimanere a margine e criticare ogni azione messa in campo, ma che loro si rendano disponibili con proposte attuabili, nell’elaborazione di un vero piano di gestione che sia lungimirante

 

QUESTO E’ IL NOSTRO PUNTO DI VISTA

CALABRIA. LA POSIZIONE DI FIDC SUL CALENDARIO VENATORIO

federcacciaNella seduta della Consulta Faunistico-Venatoria del 6 Agosto è stato illustrato il calendario venatorio per la imminente stagione, che andrà in approvazione nella seduta di G.R. del prossimo 11 Agosto. In attesa di conoscere il testo ufficiale della Delibera, le prime osservazioni di Federcaccia Calabria al Calendario ed alla Vinca Reggio Calabria, 7 agosto 2021 – Nella giornata di ieri, 6 Agosto, si è riunita la Consulta Faunistico-Venatoria, con all’Ordine del giorno la definizione del Calendario Venatorio per la stagione 2021/22.

In attesa dell’approvazione da parte della Giunta Regionale – che dovrebbe, come riferito dall’Assessore Gallo, avvenire il prossimo 11 Agosto – Federcaccia Calabria, al netto di alcune inopinate limitazioni su alcune aree ZSC della Rete Natura 2000, ritiene nel complesso quello illustrato un ottimo Calendario, per alcuni aspetti anche migliorativo rispetto a quello dello scorso anno, in linea con quanto proposto in sede di Consulta da Federcaccia unitariamente alle altre Associazioni Venatorie Calabresi (Libera Caccia, Enalcaccia, ArciCaccia, ANUUMigratoristi, Italcaccia). Si sottolinea positivamente infatti, come il calendario ricalchi sostanzialmente la proposta abbondantemente discussa e analizzata in sede di Consulta Faunistico-Venatoria.
In particolare si segnalano; le 5 giornate di preapertura, fissate nei giorni 1, 4, 5, 11 e 12 settembre, che vedranno consentita nelle prime due il prelievo della tortora per mezza giornata (in linea con le ultime disposizioni nazionali e comunitarie) e la possibilità dell'utilizzo dei cani da riporto per il recupero dei capi abbattuti in tutte e 5 le giornate. Il prelievo della quaglia anticipato nelle giornate dell’11 e 12 settembre con l’ausilio per quelle giornate del cane da ferma e cerca oltre che da
riporto. L’apertura generale fissata al 19 di settembre e la chiusura il 10 febbraio 2022. Il mantenimento fra le specie cacciabili della pavoncella.
Per quanto riguarda l’addestramento e allenamento cani questo sarà consentito già dall’approvazione del calendario fino al 12 settembre, eccezion fatta, come è ovvio, nelle giornate di preapertura sopra richiamate.
In riferimento alla VINCA, con effetto sulle Aree della Rete Natura 2000, si stigmatizza un approccio sproporzionato e ingiustificato nell’inibire alla caccia ben 15 ZSC sul territorio regionale:
5 in provincia di Cosenza, 2 in provincia di Crotone, 1 in provincia di Vibo, 5 in provincia di Reggio Calabria, cui si aggiungono in provincia di Catanzaro i Laghi La Vota, che si trovano peraltro in stato di inquinamento per mancanza di ricambio idrico e per questo verificheremo le attività poste in essere dall’Ente o soggetto gestore.
Il divieto assoluto di caccia in aree ZSC non trova giustificazione, considerando che tali zone sono designate ai sensi della direttiva Habitat, che non riguarda gli uccelli, e non sono riportate nelle motivazioni quali influenze negative avrebbe l’attività venatoria sugli habitat o sulle specie animali diverse dagli uccelli. Anche l’analisi dell’elenco delle ZSC inibite non riporta elementi tecnici che supportino il divieto di caccia, mentre troviamo singolare la prescrizione di divieto di caccia alla tortora, considerando che le decisioni a livello europeo non hanno dato alcuna indicazione in tal senso, ma la riduzione del prelievo.
Sulla inibizione di queste aree e su qualche altra limitazione a nostro giudizio altrettanto ingiustificata, abbiamo chiesto che l’Assessorato e il Dipartimento alla caccia garantiscano l’approvazione del Calendario e al contempo provvedano a chiedere un riesame del procedimento di Valutazione di incidenza ambientale al fine di recuperare in tutto o in parte le inibizioni e/o limitazioni, operate dal Dipartimento Ambiente.
Federcaccia sul punto, come propria opera costante, farà pervenire ulteriori osservazioni e/o proposte di soluzione alla problematica.
Al netto delle comunque limitate inibizioni, si preannuncia quindi un calendario sostanzialmente equilibrato, che risponde alle attese generali e che soprattutto ha tenuto conto dei risultati scaturiti dai tavoli di confronto e concertazione.
Rimandiamo una più dettagliata disamina dei diversi articoli in un commento a ufficializzazione avvenuta.


Federcaccia Calabria

Toscana: la Consulta conferma l'impostazione dei provvedimenti della Regione sulla deroga dello storno e sul controllo degli ungulati nelle aree protette

toscana log territorioControllo ungulati, la Consulta conferma: impostazione regionale elemento di tutela

La Corte Costituzionale conferma l'impostazione legislativa della Regione Toscana sugli interventi di controllo degli ungulati nelle aree protette e sul prelievo dello storno in deroga per la salvaguardia delle colture agricole come olivi, viti e frutta.

"C’è un doppio motivo di soddisfazione – commenta la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi - per questa decisione dei giudici costituzionali. Prima di tutto perché sarà possibile in questo modo continuare ad assicurare risposte puntuali al mondo agricolo toscano, particolarmente colpito dalla crisi economica causata dalla pandemia. E poi anche per i risvolti positivi che la sentenza potrà avere a livello nazionale, ponendo la Toscana come regione capofila nel cercare di risolvere criticità legate alla fauna e all'impatto che questa ha sull'agricoltura e sull'ambiente".

Il governo nazionale aveva sollevato la questione di legittimità degli articoli 24 e 30 della legge 61 della Regione Toscana15 luglio 2020 "Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994" adducendo obiezioni di incostituzionalità nella parti inerenti al controllo degli ungulati nelle aree protette, in quanto norma invasiva della competenza statale esclusiva in materia di tutela ambientale. La Regione Toscana con la modifica di legge aveva infatti previsto che nei parchi regionali e nelle aree protette il soggetto gestore adottasse piani di controllo degli ungulati che dovevano tenere conto delle densità sostenibili e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la Giunta regionale interveniva ai sensi dell’articolo 37 della legge 61

La legge era sta impugnata anche nella parte in cui la Regione Toscana specificava che il limite al prelievo delle specie in deroga, come ad esempio lo storno, non si cumula con il numero totale di altri capi di fauna migratoria.
La Corte Costituzionale ha riconosciuto invece che il controllo degli ungulati nelle aree protette non comporta un abbassamento del livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale, ponendosi, anzi, in un’ottica di maggiore garanzia della conservazione degli equilibri complessivi dell’area protetta che includono la presenza dell’uomo.
Inoltre, a fronte dell’inadempienza del soggetto gestore del parco relativamente all’attività di controllo degli ungulati, ha osservato che il legislatore regionale è opportunamente intervenuto, tutelando così sia gli equilibri ecologici all’interno delle aree protette, sia le produzioni agricole nelle aree limitrofe, gli uni e le altre compromesse dall’eccessiva proliferazione dei cinghiali.

La Consulta ha chiarito infine anche la non cumulabilità delle specie in deroga con il carniere giornaliero delle altre specie migratrici.

 

Arci Caccia fa quattro chiacchiere con Renata Briano, neopresidente del Comitato Scientifico di Fondazione Una

Fondazione Una rinnova i suoi organismi e al vertice del suo Comitato Scientifico troviamo con piacere una vecchia conoscenza del mondo venatorio: Renata Briano, dottoressa in Scienze Naturali, ex Assessore alla Caccia della Regione Liguria, ex Parlamentare Europeo, sempre molto attenta alle istanze di tutto il mondo rurale, fino a svolgere il ruolo di Vicepresidente dell’Intergruppo Biodiversità, ruralità e attività venatoria del Parlamento Europeo. L’abbiamo raggiunta telefonicamente e le abbiamo rivolto alcune domande, utili a capire meglio cosa farà da ora in avanti la Fondazione:

Buonasera Renata, finalmente una donna ai vertici di un’importante fondazione legata al mondo rurale. Cosa cambierà in Fondazione Una con il tuo arrivo?

Fondazione Una, indipendentemente dalla mia figura, ha deciso di rafforzarsi in questa fase del suo cammino. Dopo un primo periodo di crescita e di lancio di progetti che hanno dato risultati positivi ha deciso di cambiare puntando molto sul Comitato Scientifico, organismo composto da persone di grandissima professionalità e, cosa molto interessante, provenienti da mondi diversi tra di loro che dobbiamo portare a collaborare. Abbiamo esperti di natura, che lavorano nei parchi o fanno ricerca in università, esperti di economia che possono aiutare a capire qual è l’impatto dell’attività venatoria sul tessuto produttivo ed esperti di alimentazione, in larga parte provenienti da Slow Food. Quindi, quello che sicuramente in qualche modo cambia è il ruolo del Comitato Scientifico. Io ci metterò tutto quello che posso della mia esperienza, sia a livello politico che scientifico, visto che, il lavoro che ho fatto prima della politica era un lavoro di ricercatore universitario in ambito faunistico. Perché il messaggio che Una vuole portare avanti è essenzialmente politico, dove in qualche modo la natura e la difesa della biodiversità sono al centro e in questo, l’attività venatoria ha un ruolo fondamentale. Ovviamente, quella praticata dal “cacciatore gestore” moderno, proiettato verso il futuro. Il Comitato scientifico dovrà creare anche nuovi rapporti, farsi conoscere, aiutato dal vicepresidente Veneziano e dai delegati territoriali e per raggiungere questo risultato verranno coinvolti ATC e CA che dovranno farci da portavoce dove la nostra penetrazione risulta più debole. Per fare questo, ci sono stati degli innesti importanti, tra cui giovani che dovranno occuparsi di molte cose, tra cui la comunicazione, che una delle parti più importanti del progetto.

Fondazione Una portava avanti numerosi progetti che, purtroppo, in questi due anni, come il resto del mondo, hanno dovuto fermarsi. Come avverrà o sta avvenendo la ripartenza?

L’idea è quella di ripartire con i progetti in modo anche più attivo di prima, perché, per esempio, tutto il lavoro sulla filiera del cinghiale fatto in provincia di Bergamo, con la collaborazione dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha bisogno di essere esteso secondo le indicazioni del nostro referente Barbero. Questo processo, però, ha bisogno di riunioni in presenza e confronto, così come altre iniziative, ad esempio quelle che impegnano i cacciatori nel recupero degli ambienti e nella pulitura di boschi e sentieri. Speriamo che le vaccinazioni ci aiutino a ripartire con le iniziative e le fiere. A settembre, pandemia permettendo, parteciperemo a Futura, la grande fiera dell’economia circolare che si svolgerà a Brescia. Un’occasione per portare il nostro messaggio fuori dal mondo venatorio.

La Fondazione ha un compito davvero arduo, fare il proprio lavoro di associazione di tutela ambientale e al contempo far emergere il ruolo di gestore del mondo venatorio nella società civile. Come si può riuscire a portare a casa questo risultato?

Ci si può riuscire, ad esempio, cercando di sviluppare al meglio la comunicazione perché io credo che nel passato, forse, il cacciatore si è un po’ parlato addosso e adesso è ora di cambiare. Occorre uscire dai soliti luoghi fisici e virtuali e parlare su altri palcoscenici che sono più comuni al mondo animalista a cui è dato sempre molto, forse troppo, spazio. Qualche giorno fa ho parlato a una radio con un target che parla ai giovani. Mi hanno intervistato due giornaliste, una che conosceva la caccia di selezione e la sostenibilità ambientale di questa attività; l’altra, invece, era vegetariana e quindi di fatto già un po’ contraria. Abbiamo fatto insieme un ragionamento e, pur riconoscendo che “è meglio mangiare un cinghiale che un maiale di allevamento intensivo”, a loro detta per chi è vegetariano continua ad essere meglio avere una dieta vegetale. A questo ho risposto che, proprio l’agricoltura, che produce le verdure, è in profonda crisi per la presenza del cinghiale che ancora non è gestito in modo sufficiente; il tutto cercando di far loro capire anche queste contraddizioni. È stato un modo per parlare ad altri mondi, perché occorre pubblicizzare tutte le azioni positive che i cacciatori fanno per l’ambiente, come primi difensori della biodiversità e avversari del bracconaggio. Perché non ci scordiamo che l’Europa dice che la perdita di biodiversità ha molte cause, principalmente l’agricoltura intensiva, la cementificazione e l’inquinamento, ma non la caccia, perché questa è regolata in modo da essere sostenibile. Infatti, il prelievo su una specie viene fatto se è in salute, mentre se è in crisi la si chiude. Inoltre, il mondo venatorio deve essere netto nella condanna del bracconaggio, senza timidezze, e occorre evitare di spettacolarizzare il carniere. Mi ricordo che mio padre, ex cacciatore, trovava soddisfazione nel lavoro del cane, nel contatto con la natura, mentre l’abbattimento della preda per lui era l’ultima cosa.

In questa prima parte dell’anno, alcune associazioni semisconosciute hanno avviato campagne referendarie contro la caccia. Cosa ne pensi?

Briano Fondazione UnaSono sicuramente contraria allo svolgimento di referendum pro o contro la caccia, perché si tratta di una materia molto complessa, su cui è necessario ragionare e confrontarsi, cosa che non può riuscire dicendo si o no a un quesito. Penso, inoltre, che noi abbiamo una legge sulla caccia che è stata costruita con grande abilità, cercando di mettere insieme e far collaborare tutti gli attori, garantendo una grande democrazia nella gestione di questa attività. E’ chiaro che sia una legge che si può migliorare ma, piuttosto che abrogarla, o modificarla in modo sbagliato, sicuramente è meglio lasciarla com’è. Credo che questi referendum, tra l’altro, abbiano scopi diversi dall’abolizione della caccia, scopi più politici, tanto che molte associazioni ambientaliste nazionali ne hanno preso le distanze.

La Fondazione è un luogo di sintesi a cui contribuiscono portatori di interesse molto diversi tra loro. Non sarebbe auspicabile arrivare ad un confronto permanente tra i mondi venatorio, agricolo e ambientalista?

Sarebbe importantissimo e bisogna creare un percorso che arrivi a questo risultato. Occorre fare azioni comuni, concordate anche con quella parte di mondo che magari non è così favorevole alla caccia e bisogna fare tutto con molta umiltà. Occorre far capire ad agricoltori ed ambientalisti che i cacciatori sono fondamentali se si vuole fare la gestione di molte specie ma anche se vogliamo tenere un po’ di attività nell’entroterra. Come ci dice Cioppi, l’esperto economico del Comitato Scientifico, dietro la caccia c’è un’economia che rafforza alcuni territori che per me sono fondamentali e che non sono le città ma nelle aree marginali. E caccia, pesca e raccolta dei funghi portano persone, e quindi economia, nelle trattorie, nei ristoranti, nelle affittacamere di luoghi dove c’è un gran bisogno di lavorare. Inoltre, vanno affrontati e risolti nodi divisivi come il bracconaggio, ma anche il problema causato dall’esubero numerico di alcune specie. E ciò va affrontato con coraggio da tutti, compresa la politica, che spesso su temi divisivi come la caccia tende a svicolare.

Arci Caccia, a settembre, celebrerà il suo Congresso Nazionale e ha prodotto un corposo documento tecnico politico. So che hai avuto modo di leggerlo, che ne pensi?

Direi che il vostro più che un documento è un manifesto. Il manifesto del cacciatore paladino dell’ambiente, quello che poi, diciamolo, è l’obiettivo e il motto della Fondazione Una. La vostra visione è decisamente avanti e credo che ci sia voluto coraggio per parlare ai cacciatori in questo modo perché, forse, non tutti sono ancora pronti a ricevere questo tipo di visione. Io sono assolutamente d’accordo con tutti i punti contenuti nel testo, scritto, tra l’altro, molto bene, con grande equilibrio, che trovo assolutamente in linea con il pensiero portato avanti dalla Fondazione. Questo fa ben sperare che la collaborazione possa continuare non solo con Arci Caccia ma anche con le altre associazioni. Perché credo che ci sia bisogno di un forte dialogo con tutte le categorie ma anche tra le associazioni venatorie perché, comunque, la caccia è un settore che sta perdendo numeri e, l’ultima cosa, di cui c’è bisogno sono le guerre intestine.

Toscana: il Presidente di Arci Caccia Bussolotti scrive ai colleghi delle Associazioni Venatorie, “Parliamo di unità partendo dai contenuti”

arcicaccia logo co1Il Presidente Regionale Arci Caccia Sirio Bussolotti prova a dare il la ad uno sblocco dei rapporti tra associazioni venatorie in Toscana (e non solo) e lo fa con questa lettera inviata agli altri Presidenti Regionali delle Associazioni Venatorie Toscane. Arci Caccia ha fatto il primo passo, adesso si aspetta la risposta delle altre associazioni a queste proposte che è impossibile non condividere.

Ai Presidenti

delle Associazioni Venatorie riconosciute

della Regione Toscana

 

Gentili Presidenti,

ci rivolgiamo a voi e vostro tramite agli associati che rappresentate e sono patrimonio molto ricco di idee, emozioni, passione e ragione.

Ancorchè in diminuzione, i cacciatori svolgono, e meglio possono farlo, un ruolo importante e significativo in Toscana. Valorizzare e rivisitare nella nostra terra di antiche, radicate e qualificate tradizioni rurali, l’attività di gestione faunistica degli ATC, degli Istituti, delle Aree Protette è una sfida che è possibile ancora vincere conquistando attenzione ed interesse degli imprenditori agricoli e dei cittadini avendo uno sguardo attento alle nuove generazioni.

Occorrerebbe aprire una riflessione comune per cercare insieme i contenuti unitari sui quali aprire il confronto con le altre rappresentanze. Una “costituente” che sia radicata nel dibattito, aperta tra i cacciatori e che sappia ascoltare quanto, in tema di gestione, si agita nella società civile.

Forse occorrerà insieme, prendere atto della sterilità di una discussione autoreferenziale sulle Associazioni venatorie, sul loro ruolo, su modelli che con sincerità tutti, hanno dimostrato pur con diverse sigle, di essere strumentali sia in Toscana, in Emilia siano CCT, FENAVERI ma anche la Cabina di Regia al mantenimento delle Associazioni che a quanto si muove nella Società.

Proviamo a partire dai contenuti, sarà più faticoso ma indispensabile premessa alla scelta di un modello associativo, organizzativo confacente alla prospettiva e alla concretizzazione del progetto che rilanci l’immagine, l’identità del cacciatore definendo, modificando, integrando funzioni e compiti degli Enti, gli ATC, cui la legge ha affidato la realizzazione delle politiche faunistico venatorie e la gestione del bene di tutti, del patrimonio faunistico.

Ripartire dai contenuti può essere un buon “antidoto” alla tentazione di mettere l’interesse delle Associazioni nazionali esistenti, così come organizzate prima della stessa caccia, della conservazione degli spazi e delle aree ove praticarla e della gratificazione dei praticanti che, di quei territori, sono custodi, oggi con gli ATC che con le luci e le ombre, sono la rete di presenza da cui partire insieme ai Circoli, alle Sezioni delle Associazioni Venatorie.

Noi stiamo svolgendo il nostro Congresso che è pronto ad aprirsi senza nostalgie e retropensieri ad una rifondazione, rigenerazione, a qualsivoglia costituente. Chiunque ha voglia, sensibilità di battere un colpo sarà benvenuto…

Il Presidente Regionale

Sirio Bussolotti

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