La Toscana si appresta a vivere una fine d'anno movimentata sul fronte degli ATC. Ormai penso che tutti sappiano che la Corte Costituzionale ha bocciato la legge con cui la Toscana aveva riformato gli ATC riconducendoli a dimensioni provinciali e poi suddividendoli internamente in sub ambiti. L'idea non era male, diminuire i comitati per centralizzare i servizi e ridurre i costi; evidentemente però non si poteva fare. Adesso, dopo le sentenze, si apre però la fase successiva, come creare ambiti gestibili e appetibili rientrando nei canoni di legge? Le ipotesi sono le più varie ed ogni soggetto coinvolto ha le sue idee, come è giusto che sia. Mi ha particolarmente colpito, però, un'ipotesi che sembra provenire dal mondo agricolo, a pieno titolo coinvolto nella gestione del territorio. Questa proposta prevede lo spacchettamento degli ATC esistenti in ambiti più piccoli, in parte riunendo territori omogenei e in parte meno. Ma il motivo fondante della creazione di questi microambiti non sembra essere una migliore o più semplice gestione della caccia bensì una questione meramente economica. Infatti, nella mente di chi l'ha ideata, i cacciatori, per continuare a cacciare sugli stessi terreni dovranno pagare più ambiti e quindi sborsare più soldi, mettendo a disposizione risorse per il pagamento dei danni. Facciamoci una domanda però, usando un esempio “agricolo”. Se un agricoltore che vende a 10 euro una bottiglia da un litro, smette di metterla sul mercato sostituendola con il formato da 250 ml, quante possibilità ha di venderne 4,mantenendo il litraggio smerciato se il prezzo continua ad essere di 10 euro al pezzo? Il cacciatore è un appassionato, come l'intenditore di vini, ma se i costi, già adesso esorbitanti, diventano insostenibili, può anche decidere di smettere di bere....
Luca Gironi