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Cacciatori di ricordi

Cacciatori di ricordi

di Marco Benecchi

Oramai anche la macchina fotografica (o un buon telefonino!) è diventata un’attrezzatura di primaria importanza del cacciatore moderno ed in particolare di quello che pratica la caccia a palla. Non credo esista un appassionato seguace di Diana che prima di partire per una battuta importante non abbia controllato la sua bella macchina fotografica.

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Quella con cui spera d’immortalare per sempre su un file, una memory card, un dischetto o ancora sulla buona e vecchia carta Kodak la preda abbattuta. Ma riuscire a scattare qualche foto ricordo decente non è facile come sembra, specialmente poi se ci piacerebbe anche vederla pubblicata (come spesso accade!) su una rivista specializzata. “Mandateci le vostre foto, che alla prima occasione le pubblicheremo nello spazio“Le foto dei nostri lettori”, è uno slogan comune di molte testate di settore; ma quante sono le immagini che veramente meritano di essere prese in considerazione? Poche, perché spessissimo, in particolare dopo la concitazione di un abbattimento, ci si dimentica delle regole basilari della fotografia e soprattutto di quelle sul rispetto dell’etica venatoria. Intendiamoci bene, io non sono né un “Ognologo” (quelli che s’intendono di ogni cosa!), né un “Tuttologo”, quindi non pretendo di educarvi sull’uso di una macchina fotografica (per quello esistono degli ottimi manuali), ma voglio soltanto darvi qualche piccolo consiglio su come scattare delle foto ad uso “venatorio”. Mi reputo abbastanza competente in un paio di materie perché le ho studiate, approfondite e praticate appassionatamente ed assiduamente per tutta la vita, ma quando devo fare qualcosa che conosco poco, chiedo mille e più consigli ha chi ha più esperienza di me. Quindi, mi sembra ovvio che, quando iniziai ad appassionarmi di fotografia, mi rivolsi a diversi amici e ad alcuni fotografi professionisti, per farmi spiegare bene le nozioni fondamentali e soltanto dopo ci misi anche qualcosa di mio. Il cacciatore – fotografo deve tenere conto di molti altri fattori oltre alla luce, all’esposimetro, alla messa a fuoco, al grandangolo, allo zoom, al macro, agli ISO, ai megapixell, ecc. Come ad esempio il posizionare correttamente il selvatico abbattuto in modo serio e dignitoso, stando bene attenti a non riprendere tracce di sangue e/o brutte ferite, che nel paesaggio inquadrato non ci sia qualche oggetto sgradito come tralicci dell’alta tensione, casali, strade, recinzioni, fili spinati, ecc. E’ molto importate anche la posizione che il cacciatore deve assumere vicino alla preda, perché di questo voglio trattare, cioè di come va scattata una foto ad un animale catturato, non di come si fotografa un fiore, albero, un ruscello, un amico addormentato o un cane sdraiato sopra ad un mantello di loden. Il cacciatore in posa con la preda (che spero avrà abbattuto con impegno ed onore), non deve mai assumere una posa da conquistatore né tanto meno da giustiziere o da macellaio. Lo so che per molti è una sofferenza non mettere il piedino sulla carcassa dell’animale, ma chi ha quelle tendenze, lo pregherei di trattenersi perché, credetemi, non c’è cosa peggiore da vedere! Poi “paese che vai, usanze che trovi”. 

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In Spagna la tradizione vuole che una capra Hispanica abbattuta vada fotografata tenendola ben salda per la collottola, come in Maremma si usa immortalare i grandi solenghi con la bocca aperta, per metterne in risalto le difese. Caprioli, camosci, mufloni, daini e cervi andrebbero sempre fotografati distesi sul fianco dove è uscita la palla (oppure sull’altro lato se la pallottola è stata trattenuta), con la testa girata perpendicolare alla groppa. Il cacciatore non deve stargli né sopra né di fianco, ma dietro a debita distanza, in modo che con la sua mole non “sovrasti” il selvatico. Ho visto delle foto con dei cacciatori sopra ad un alce da farlo sembrare grande come un daino!
Se il cacciatore si posiziona abbastanza indietro rispetto alla preda abbattuta, la fotografia viene meglio perché il soggetto in primo piano viene messo in risalto. Per lo stesso motivo è bene che il cacciatore sia in ginocchio se non addirittura seduto. Un bel sorriso non guasta mai, purché non eccessivo. Anni fa su una nota rivista specializzata ho visto un famoso “Safarista” che si era fatto fotografare dagli amici, tutti tassativamente in camicia nera, Kepì ed armati con dei pugnali da arditi, mentre decapitava alcune antilopi ferite. E’ stata un’offesa al mondo intero ed io non me la sono presa tanto con il “grande cacciatore” dalle tendenze coloniali e decisamente sadiche, quanto con chi gli ha pubblicato quelle foto oscene e vergognose. Scattare una bella fotografia può essere fonte di grande soddisfazione, perché oltre a rimanere un bel ricordo materiale da mostrare a parenti ed amici, può essere una vera e propria forma di arte. Sempre a patto di farlo in modo serio e rispettoso. Il problema del cacciatore – fotografo è che spesso i due ruoli sono in contrasto tra loro. Specialmente quando si caccia da soli oppure quando si è accompagnati da guide semi-indigene! Tutte le volte che mi è capitato di cacciare in qualche remoto angolo di mondo, per riuscire ad avere quattro foto decenti dovevo convincere il mio accompagnatore (improvvisatosi entusiasta fotografo!) a scattarne qualche decina. Il cacciatore che decide di acquistare una piccola macchina fotografica (digitale, reflex o compatta, dipende dai gusti e dalle esigenze) da usare esclusivamente a caccia, deve scegliere un modello abbastanza semplice.

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La deve trasportare in una comoda e robusta custodia in cordura imbottita e mantenerla sempre in ottimo stato e le parti soggette a consumo come batterie, rullini e memory card non dovranno mai mancare di ricambio nel nostro zaino. Una macchina fotografica più è buona e di gran marca, maggiore deve essere la nostra attenzione al momento di usarla. Meglio impostarla sulla funzione Auto o Program e, quando si devono scattare delle fotografie all’alba o al tramonto con scarse condizioni di luce, è consigliabile farle sia con il flash sia senza, almeno stiamo più tranquilli. E non dimenticatevi di pulire costantemente, con della carta di riso o con una pezzuola specifica, la lente dell’obiettivo; chi ancora usa una macchina con il vecchio rullino dovrà verificare bene che l’istallazione ed il caricamento avvenga in modo corretto. Anni fa accompagnai un cacciatore a caccia di mufloni. Dopo numerose uscite, riuscì finalmente ad abbattere un bellissimo maschio abbondantemente “in oro”. Da buon cacciatore – fotografo, il tenace e fortunato cacciatore ripose la carabina ed impugnò una meravigliosa Nikon professionale con cui scattò non so quante foto, dall’Anshuss al capanno adibito al trattamento della spoglia, finché non gli venne un dubbio. Possibile che dopo tutti quei “click” non aveva ancora finito il rullino? Il giovane ricontrollò meglio la sua preziosa macchina e quando vide che il negativo non era stato agganciato bene e che tutte le decine e decine di foto che aveva scattato erano andate perse, si mise a piangere come un bambino. Sono cose che non dovrebbero succedere dopo aver abbattuto un muflone con un trofeo da 85 centimetri! Persino al sottoscritto, che sta attento anche al “capello fuori posto”, una volta capitò di trovarsi con le batterie della macchina digitale scariche e riuscì a scattare delle belle foto ad un camoscio in alta montagna, solo perché utilizzò le pile (fortunatamente della stessa misura) della piccola torcia MagLite che aveva nello zaino. Nonostante oggi esistano degli dei cellulari che fanno delle splendide foto, io sono rimasto fedele alla buona, vecchia macchina fotografica. Ne esistono di ottime, di modestissime dimensioni vendute ad un prezzo decisamente onesto.

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