Ungulati e parassiti
- Scritto da Mattia Bessone
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COSA CAMMINA SULLA PELLE DEI NOSTRI UNGULATI?
Breve guida agli artropodi parassiti di cervidi e bovidi.
Abbastanza comunemente si tende a definire insetti tutti quei piccoli animali, con o senza ali, che hanno più di quattro zampe.
In realtà la classe degli insetti appartiene ad un gruppo tassonomico molto più ampio: il phylum dagli artropodi. Questo gruppo comprende, oltre agli insetti veri e propri, anche alcuni di quegli animali spesso erroneamente classificati come tali, come per esempio i ragni, le zecche e gli acari, appartenenti alla classe degli Aracnidi o i millepiedi, inclusi nella classe dei Diplopodi. Ma non solo: tra gli artropodi ritroviamo anche i crostacei come i granchi, i gamberi e le aragoste.
Gli ungulati sono spesso interessati dalla presenza di alcuni di questi organismi, i quali si nutrono del sangue o dei tessuti di caprioli, cervi e camosci per alimentarsi e completare i propri cicli riproduttivi. La maggior parte degli artropodi che si ritrovano sulla o, come vedremo, anche sotto la pelle, sono quindi parassiti dei più conosciuti ospiti, dai quali spesso dipendono completamente.
Gli artropodi parassiti degli ungulati selvatici sono prevalentemente aracnidi e insetti.
Con questo articolo cercherò di fornire una breve guida al riconoscimento di questi piccoli e indesiderati animali, descrivendo in questa sede quelli più comuni negli ungulati d'interesse venatorio privilegiando le specie più evidenti per dimensioni o particolarmente curiose a causa del loro comportamento.
Insetti e zecche: parenti lontani, tante differenze.
Nonostante vengano molto spesso confuse o equiparate le differenze tra zecche ed insetti sono grandissime. Esse appartengono infatti a due sub-phylum distinti: i chelicerati (aracnidi) e i tracheati (insetti). Per fare un esempio sicuramente più conosciuto, tra una zecca e una mosca, c'è la stessa distanza evolutiva che si riscontra, nel phylum dei cordati, tra una volpe (sub-phylum dei vertebrati) e un'ascidia (sub-phylum dei tunicati).
La principale caratteristica distintiva tra i due sub-phylum citati sta nelle appendici della "testa": i tracheati presentano un paio di antenne e un apparato boccale comprendente un paio di mandibole e un paio di mascelle; i chelicerati invece i cheliceri, appendici appuntite, specializzate per la nutrizione e un secondo paio di appendici (pedipalpi) adibito a funzioni diverse (prensile, sensoriale e copulatoria).
Questa caratteristica, antenne a parte, non è però spesso apprezzabile ad occhio nudo. Ci sono però altre caratteristiche più evidenti che consentono una veloce identificazione delle due classi.
Negli insetti il corpo è generalmente suddiviso in tre regioni morfologiche distinte, denominate capo, torace e addome; si pensi in questo caso ad una formica. Gli aracnidi possono invece avere corpo diviso in due parti come nei ragni (cefalotorace e addome), o presentare queste due parti fuse tra loro in un unico segmento, come succede nelle zecche.
Gli insetti presentano poi, per la maggior parte, due paia di ali (uno solo nelle mosche), mentre gli aracnidi ne sono sempre privi. Il tratto distintivo più immediato consiste tuttavia nella conta delle zampe: gli insetti hanno sempre sei appendici locomotorie (tre paia), gli aracnidi otto (quattro paia).
Utilizzando queste piuttosto evidenti caratteristiche sarà quindi semplice riconoscere un insetto da una zecca, anche quando comportamento e aspetto potrebbero trarre in inganno.
Le zecche.
Iniziamo questa breve rassegna occupandoci del gruppo di aracnidi parassiti più conosciuto e, spesso, temuto: le zecche.
Le zecche appartengono all'ordine degli Acarini e presentano, come detto, cefalotorace e addome non distinguibili. Un'ulteriore distinzione può essere fatta tra le zecche molli (Argasidi) principalmente parassiti di uccelli, e le zecche dure (Ixodidi).
Queste ultime sono le quelle che più comunemente vengono ritrovate tra il pelo degli ungulati selvatici dove si nutrono del sangue dell'animale. Saranno quindi gli Ixodidi ad essere più dettagliatamente descritti.
Questi ectoparassiti (ovvero interessanti la superficie esterna degli ospiti) presentano forma ovalare, a fagiolo e colore che a seconda delle specie va dal grigio al marrone, al rosso. Presentano uno scudo dorsale chitinoso, tipico del gruppo e che le rende "dure". Tale scudo ricopre completamente il dorso nel maschio, soltanto la parte anteriore nella femmina.
Non hanno occhi ma un rostro lungo e ben visibile che utilizzano per effettuare il pasto di sangue. Gli arti sono otto. La femmina è più grande del maschio e quando è ingorgata (ripiena di sangue) può essere lunga anche fino a 10 mm
(Ixodes ricinus - http://animalisos.altervista.org/RICCI/zeccamf.JPG).
Le zecche hanno un ciclo biologico che le porta ad attraversare due stadi prima di diventare adulti capaci di riprodursi. Escono dall'uovo sotto forma di larve per poi subire una prima mutazione in ninfe, quindi mutano nuovamente in adulti. Le mutazioni, così come la deposizione delle uova sono vincolate all'aver effettuato un pasto di sangue ed avvengono sempre a terra, dove le zecche si lasciano cadere a pasto ultimato. Le ninfe sono simili agli adulti, ma di dimensioni inferiori, mentre le larve sono ancora più piccole e presentano soltanto tre paia di arti.
Ogni stadio di sviluppo ha quindi bisogno di un ospite su cui effettuare il proprio pasto di sangue.
Ixodes ricinus (http://m2.i.pbase.com/u26/holopain/large/16565682.Ixodesfemale.jpg), la specie più comune nei nostri ungulati, utilizza prevalentemente micro-mammiferi (topi in particolare) ma anche rettili e uccelli, allo stadio di larva. Gli ungulati selvatici vengono invece selezionati dagli stadi di ninfa e adulto.
Le femmine adulte una volta completato il loro pasto di sangue si lasciano cadere al suolo dove, una sola volta nella vita, depongono migliaia di uova. Da queste, schiudono larve che salgono su un ospite per alimentarsi dando il via ad un nuovo ciclo. Il maschio adulto non si alimenta e completa il proprio ciclo con la fecondazione che avviene comunque sull'ospite.
La pessima reputazione delle zecche è dovuta al fatto che queste sono vettori di diverse malattie trasmissibili all'uomo. I patogeni rimangono all'interno delle ghiandole salivari e vengono trasmessi all'ospite durante il pasto di sangue.
Le patologie infettive veicolate da zecche che presentano rilevanza epidemiologica nel nostro Paese sono svariate: rickettsiosi, borreliosi di Lyme, febbre ricorrente da zecche, tularemia, meningo-encefalite da zecche ed ehrlichiosi. Tali malattie non hanno una distribuzione uniforme sul territorio nazionale, che presenta quindi zone con livello di rischio differente. É comunque bene osservare tutti gli accorgimenti necessari per limitare la possibilità di essere morsi e procedere ad un attento esame della pelle dopo un'escursione od una battuta di caccia. Infatti quando la carcassa si raffredda gli ectoparassiti tendono a muoversi verso fonti di calore, ad esempio le mani e il corpo di chi maneggia la carcassa.
Una curiosità: analisi genetiche hanno rivelato che Ötzi, la Mummia del Similaum, vissuto tra il 3300 e il 3100 a.C e ritrovato sulle Alpi Venoste, ai piedi del monte omonimo (ghiacciaio del Similaun, 3213 m s.l.m.), aveva contratto la Borreliosi di Lyme. Un chiaro esempio della lunghissima storia evolutiva di questi parassiti e della loro millenaria coevoluzione con l'uomo.
Una mosca vampira: Lipoptena.
Questi piccoli animali ematofagi vengono spesso ritrovati sulle carcasse degli animali abbattuti e, ancora più spesso, vengono scambiati per zecche. Ad una prima occhiata non c'è dubbio che si possa essere ingannati, il colore è simile, il corpo schiacciato, l'addome ricorda quello di una zecca.
Tuttavia, ad un esame più attento, sarà facile notare che il corpo è diviso in tre parti e che le zampe sono sei: ci troviamo quindi di fronte ad un insetto.
Si tratta infatti di una mosca (ordine dei Ditteri – due ali soltanto), appartenente alla famiglia degli Hippoboscidi, parassiti obbligati di diverse specie di mammiferi e uccelli.
Le due specie (indistinguibili ad occhio nudo) che interessano gli ungulati italiani, cervidi in particolare, sono Lipoptena cervi e Lipoptena capreoli (http://cc.oulu.fi/~lcervi/lcervi_lajikuva2.jpg), le quali non sono tuttavia specie-specifiche e possono essere ritrovate entrambe indifferentemente su cervi, caprioli e daini.
Il ciclo di questi animali è molto particolare.
Gli adulti invece sono alati (http://cartinaphoto.blogspot.it/2010/06/macro-photography-lipoptena-cervi.html) e volano sull'ospite dove, raggiunta la cute, perdono le ali.
Questo è il principale motivo per cui spesso non vengono riconosciuti come insetti né, tanto meno, come mosche.
Una volta sull'ospite, sia i maschi che le femmine, iniziano ad alimentarsi del sangue dell'animale fino al momento dell'accoppiamento che avviene tra i peli dei nostri cervidi.
Curiosamente, questa famiglia di insetti non depone però uova: la maggior parte dello sviluppo larvale avviene all'interno del corpo materno e lo stadio di pupa viene raggiunto quasi immediatamente dopo la nascita. Lo stadio pupale precede la metamorfosi in adulto ed è quello che nelle farfalle viene chiamato stadio di crisalide: la larva si rinchiude in un bozzolo protettivo dal quale uscirà, a metamorfosi completa, come individuo adulto. Sostanzialmente la femmina depone quindi una singola larva per volta, sebbene pronta per l'impupamento, al posto delle uova. Tuttavia può deporne diverse e per lungo tempo. Le pupe cadono sul terreno dove passano l'inverno, per poi uscire dal loro bozzolo in estate e volare su un altro ungulato continuando il ciclo vitale.
Questi animali si riproducono soltanto sui cervidi e non sono portatori di malattie per l'uomo. Tuttavia è possibile che si "sbaglino" e che finiscano su di noi, per esempio durante la manipolazione della carcassa di un ungulato. Il loro morso non è pericoloso, ma piuttosto doloroso.
Curiosamente anche i resti di Lipoptena cervi sono stati ritrovati sul corpo di Ötzi: i fastidi e gli insetti che un essere umano poteva incontrare camminando in un bosco 5000 anni fa, non sono poi cambiati di molto.
A chi il sangue e a chi la carne: gli Oestridi.
Continuiamo a parlare di mosche presentando una specie il cui ciclo vitale è ancora più singolare e, perché no, piuttosto impressionante.
La specie in questione appartiene alla famiglia degli Oestridi e si tratta di Hypoderma diana
( http://xespok.net/diptera/main.php?g2_view=core.DownloadItem&g2_itemId=29396&g2_serialNumber=2), anch'essa un dittero, quindi con due ali soltanto, dall'aspetto molto simile a quello di un'ape: a strisce gialle e nere, ricoperto da una diffusa pelosità. Le api, le vespe e i bombi presentano però quattro ali, appartenendo ad un altro ordine d'insetti: gli Imenotteri.
Hypoderma diana è un insetto parassita degli ungulati selvatici, dei cervidi in particolare e marginalmente può colpire altri ungulati come i bovidi.
La caratteristica di questa specie è, come suggerito dal nome generico, quello di svilupparsi sotto (Hypo-) la pelle (-derma) del proprio ospite.
In tarda primavera gli insetti adulti si accoppiano e depongono le uova sul pelo di caprioli, cervi e daini. Da queste fuoriescono delle piccole larve che si scavano una via di migrazione sotto la pelle degli animali, nutrendosi dei tessuti che incontrano sulla propria strada. Le larve ultimano la loro prima migrazione intorno ad ottobre-novembre quando stanno quiescenti, incistate in aree più profonde. Intorno a febbraio, ad inverno ultimato, riprendono a muoversi, raggiungendo la loro ultima sede sotto la pelle del dorso. Qui si incistano formando un nodulo nel quale, dopo essersi create un foro per respirare, si nutrono e si accrescono. Solo da questo periodo in poi sarà possibile accorgersi, sul capo abbattuto, della presenza delle larve che, da fine primavera-inizio estate, abbandonano il proprio rifugio lasciandosi cadere a terra ( http://i241.photobucket.com/albums/ff6/atagati/DeerDiseaesEncyclopaedia/WarbleinRedYearlingHind1.jpg).
Al suolo si impupano e dopo alcune settimane escono dal loro bozzolo sottoforma di adulti riproduttivi. Questi non si nutrono ed hanno quindi pochi giorni di vita per accoppiarsi, deporre le uova e, quindi, morire.
Questi insetti, non sono pericolosi per l'uomo e le carni infestate rimangono commestibili. Tuttavia è innegabile come questi ospiti, ritrovabili anche a diverse decine sotto la pelle del nostro prezioso abbattimento, suscitino un certo disgusto.
Hypoderma diana ha peraltro in Italia una distribuzione piuttosto limitata in Friuli, dove è arrivata dai boschi degli stati confinanti negli ultimi anni, ed in Piemonte in Provincia di Biella, dove arrivò una decina d'anni fa probabilmente per cause umane: ungulati infestati da altri paesi o importazione di pelli contaminate.
Molto simili ad Hypoderma, ed infatti appartenente alla stessa famiglia, sono i mosconi del genere Cephenemyia ( http://www.biolib.cz/cz/image/id77583/) che comprende altri parassiti obbligati dei cervidi. Anche queste sono mosche ma assomigliano in maniera notevole ai bombi, pur presentando soltanto un paio di ali. Il ciclo vitale è del tutto sovrapponibile a quello descritto per Hypoderma, ma cambia la sede di localizzazione delle larve: queste si incistano nella zona boccale, alla base della lingua o nella faringe dell'ungulato.
Spazzini alati: i ditteri necrofagi.
Chiudiamo questa breve e incompleta rassegna dicendo due parole sull'insetto parassita forse più conosciuto: la mosca carnaria.
Questo Dittero parassita appartiene alla famiglia dei Sarcophagidi: la specie che più ci interessa è Sarcophaga hemorroidalis ( http://aramel.free.fr/Sarcophaga-haemorrhoidalis-male.jpg), quella presente in Italia. Questa mosca è un parassita obbligato ed è morfologicamente molto simile alla tipica mosca domestica da cui si differenzia per il colore, grigiastro scuro (non metallico), il torace che presenta strie evidenti e l’addome che è colorato a scacchi grigi e neri alternati. La caratteristica più interessante di questi insetti è quella di essere larvipare: la femmina del parassita, depone 30-200 larve già formate su ferite o qualsiasi materiale in decomposizione. Lo sviluppo delle uova avviene invece all'interno del corpo materno. Le larve sono estremamente voraci e crescono velocemente in 5-7 giorni, provocando lesioni cutanee anche molto gravi. Una volta nel terreno si impupano ed emergono come adulti con tempi variabili a seconda delle condizioni ambientali. I bigattini utilizzati per la pesca sono proprio le larve di queste mosche.
Tuttavia, Sarcophaga non è il solo dittero ad utilizzare carcasse e ferite per completare il proprio ciclo: i mosconi verdi (famiglia dei Calliphoridae - http://fr.wikipedia.org/wiki/Lucilia_caesar) utilizzano allo stesso modo le carcasse degli ungulati come cibo per le proprie larve. Essi depongono però, come molte altre specie, le uova sul corpo dell'animale; le larve si svilupperanno soltanto dopo un paio di giorni.
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