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Il Gufo Comune

Il Gufo Comune

Le leggende più antiche, ricche di personaggi nati dalla fantasia popolare contadina, traggono spesso spunto, per i loro personaggi, dai misteriosi abitatori del bosco.

Tra questi, il gufo è spesso in primo piano; è una presenza a volte minacciosa, a volte provvida di saggi consigli, a volte funesta.

Non vi è pozione di strega, come ricordano nei loro versi Ovidio, per Medea, Orazio, per Canidia, e Shakespeare, nel Machbeth, che non contempli ali o piume di gufo come ingredienti indispensabili per la preparazione di filtri magici o incantesimi.

In Sicilia si racconta che quando il gufo canta nei pressi della casa di un malato, predice di tre giorni la sua dipartita, o annunci a chi vi abita che presto sarà colpito da tonsillite.

Nello Yorkshire si credeva che il brodo di gufo curasse la tosse convulsa, o addirittura che una zuppa con uova di gufo costituisse un eccellente rimedio contro l'epilessia.

"E' di cattivo augurio sparare ad un gufo", recita un antico proverbio del Galles; se fosse stato diffuso anche tra noi probabilmente molti vecchi cattivi cacciatori si sarebbero meritati più rispetto.

Oggi il mondo dei rapaci notturni gode di massima considerazione da parte di tutti, e seppur carico di mistero e di difficile indagine, è oggetto di studi e di attenzioni particolari, essendo considerato un anello fondamentale ed insostituibile della catena alimentare del bosco.

I predatori costituiscono infatti, all'interno di una comunità, un fattore determinante per mantenere la biodiversità di un sistema, esercitando una equilibrata pressione e riducendo la quantità delle specie meglio adattate, garantendo così anche ai competitori meno efficienti di poter continuare ad esistere.

I boschi, dalla pianura fino alla fascia delle conifere alle quote più elevate, sono l'habitat tipico del Gufo comune. Con gli altri rapaci notturni esso rappresenta, di notte, nel quadro dei rapporti interspecifici tra i predatori e le loro prede, una realtà perfettamente sovrapponibile a quella dei falconiformi, attivi quasi tutti esclusivamente di giorno.

Per inquadrare compiutamente la storia del loro successo evolutivo, dobbiamo rapportarla a quella dei piccoli roditori, che hanno rappresentato, e rappresentano ancora oggi, la loro principale fonte di cibo, senza sottovalutare, all'interno della catena alimentare del bosco, gli altri anelli.

Il primo gufo fossile ritrovato risale a quasi 60 milioni di anni fa, quando i grandi rettili si erano ormai praticamente estinti, e il mondo dei mammiferi e degli uccelli si apprestava a conquistare il dominio dell'aria e della terra.

Il successo evolutivo dei rapaci notturni si determinerà in maniera compiuta solamente alla fine del Miocene, circa 12 milioni di anni fa, dopo che i piccoli roditori, che rappresentano più del 90% delle loro prede, poterono, a loro volta, conquistare il dominio del sottobosco e delle praterie.

Tutto ciò si poté concretizzare quando l'evoluzione delle piante da fiore raggiunse, a sua volta, la massima diffusione, garantendo, con i loro semi, una fonte pressoché inesauribile di cibo alle loro potenziali prede. Un intreccio complesso ma grandioso, che diede un nuovo volto a tutto il pianeta.

La vita del gufo è ancora oggi legata all'abbondanza, negli ambienti da lui frequentati, di piccoli roditori. Topi di varie specie, arvicole e criceti, senza trascurare piccoli uccelli o grossi insetti, rappresentano la sua dieta fondamentale.

Le sue morbidissime piume, delicatamente frangiate, sono quanto di più silenzioso il volo degli uccelli abbia mai raggiunto, e la sua straordinaria adattabilità al buio della notte, oltre alla eccellente acutezza uditiva, gli permettono di essere un formidabile predatore della notte.

Le prede vengono individuate al suolo dai suoi acutissimi sensi e catturate con grande destrezza, per poi sparire quasi in un sol boccone nel suo capace stomaco.

Questi rapaci, a differenza degli altri uccelli, non hanno infatti il ventriglio, ma digeriscono direttamente nello stomaco il loro pasto, di cui rigurgitano, dopo una quindicina di ore, tutte le parti non digerite: peli, ossicini, unghie e, in caso di insetti, le elitre e le dure zampette. Esaminando una di queste "borre", siamo in grado di determinare, con discreta sicurezza, la sua dieta.

Le coppie si formano già in inverno, quando i gufi conducono vita piuttosto gregaria in territori dove ci sia una buona disponibilità di cibo, e le femmine, già all'inizio della primavera, dopo aver occupato nidi abbandonati da altri grossi uccelli, come cornacchie o gazze, oppure all'interno di anfratti in vecchie abitazioni abbandonate o tra le rocce, depongono 3/5 uova tondeggianti e biancastre.

Anche se la cova è compito esclusivo della femmina, entrambi i genitori partecipano allo svezzamento dei piccoli; questi nascono ad intervalli di 2/3 giorni, per cui, in caso di scarsità di cibo, solo i più "grandi" saranno in grado di raggiungere l'età dell'involo, generalmente un mese dopo la nascita.

Il campo visivo di 90°, di cui 60 in visione stereoscopica, con una capacità di catturare la luce di ben 100 volte superiore a quella dell'occhio umano, l'asimmetria dell'orecchio, che permette di localizzare con incredibile precisione la provenienza di un pur flebile rumore, gli artigli affilatissimi e il loro volo planato silenziosissimo, sono le straordinarie doti che l'evoluzione ha perfezionato nel corso dei secoli per questa specie.

SCHEDA

GUFO COMUNE

Nome scientifico: Asio otus

Lunghezza: 35/40 cm.

Peso: 250(f) /300(m) g.

Apertura alare: 85/100 cm.

Uova: 4/5 (media)

Incubazione 25/30 giorni

Svezzamento un mese circa

Presente un po' dovunque dove il bosco rappresenti per lui un sicuro rifugio, è inconfondibile per quei suoi "cornetti" sopra il capo, che tiene eretti in caso di allarme e quando è agitato, o in situazione di normale controllo del territorio; quando riposa sono quasi invisibili. Il suo piumaggio è perfettamente mimetico e i suoi occhi immobili, dall'iride gialla, sono contornati da un cerchio di piume rigide; una sorta di disco oculare che gli conferisce un aspetto spettrale. La presenza di "borre" sul terreno ci può aiutare ad individuare i loro abituali rifugi.

 

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