Controllo dei nocivi: quando l'utile s'unisce al dilettevole
- Scritto da Luca Gironi
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Quando si avvicina la fine della stagione, un migratorista essenzialmente ottobrino come me, si trova sprovvisto delle sue solite prede e quindi nello stato d’animo adatto per fare nuove esperienze.
Per questo, quando due amici Daniele Gelli e Simone Bassotti mi hanno proposto un’uscita di caccia alla cornacchia ho subito accettato, felice di provare un tipo di caccia sicuramente fuori dal comune.
La caccia ai corvidi ha una caratteristica principale, quella di essere tremendamente difficile. Le cornacchie non hanno bisogno di presentazione, la loro vista, il loro udito e la loro furbizia sono quasi leggendarie. Per questo la perizia necessaria per mettere in pratica questo tipo di caccia non può essere frutto di improvvisazione ma di una attenta e accurata pianificazione.
La caccia in sé non è complessa, dobbiamo mettere su un gioco che adeschi in modo convincente questi animali, un po’ come si fa con gli storni. Qui le moderne tecnologie ci vengono in aiuto, se siete stati a qualche fiera potete avere un’idea di quanti tipi di giostre stampi e zimbelli motorizzati possono essere presenti in commercio.
Il ritrovo è per le 4.30, infatti, per montare il gioco è necessario essere sul posto almeno un’ora prima che sorga il sole. Seguiamo la macchina di Simone e Daniele fino a un terreno situato nei pressi del padule di Fucecchio. Per prima cosa allestiamo due capanni fatti con telo mimetico a effetto foglia e li rivestiamo con materiale rigorosamente preso sul posto, in modo da creare un mimetismo perfetto. Sempre meglio fare capanni piccoli per massimo 2 persone e addossarli a una siepe o a un filare d’alberi, in modo da avere un lato coperto. Nel prato antistante il nostro appostamento andrà disposto il gioco, sulla cui composizione ci si può sbizzarrire come più ci piace: solo l’esperienza ci dirà quali stampi e meccanismi sono più utili in una data stagione e in una data zona. Noi andremo ad usare una giostra con due stampi in penna posta a circa quindici metri dalla parata accompagnata da una ventina di stampi di cornacchia posata e da un’altra ventina di stampi meccanici, che simulano la beccata, disposti a raggiera intorno alla giostra. Ulteriore finezza è rappresentata da uno stampo in penna, a ali battenti, montato su un’asta e posto sulla cima dell’albero più alto nei dintorni del capanno. L’operazione di allestimento richiede circa un’ora e concludiamo per veder sorgere il sole, entriamo nei capanni e ci sediamo sui panchetti e ci disponiamo ad attendere le nostre amiche. Non dobbiamo attendere molto, ci troviamo in una zona di campagna composta da campi coltivati intervallati da fitti boschetti di acacie e ontani e pioppete e siamo a un tiro di schioppo da una discarica: praticamente il paradiso terrestre delle cornacchie. Si è fatto giorno e mentre dall’area allagata del padule si levano scariche di fucileria da far invidia a uno scontro di fanteria le cornacchie cominciano a svegliarsi, dapprima si limitano a cominciare a emettere i loro striduli versi restando sui posatoi, e successivamente spiccano il volo per dirigersi verso i luoghi di pastura. L’ora migliore per insidiarle è indubbiamente questa ed, infatti, cominciano a sorvolarci numerosi uccelli, il posto è stato scelto con cura in vicinanza di posatoi notturni e di luoghi di pastura e gli avvistamenti si susseguono. Far venire le cornacchie al gioco è tutt’altra faccenda, le più vecchie e scafate, infatti, ci scansano accuratamente mentre alcune si limitano a fare un passaggio dalle parti degli stampi, come per dare un’occhiata, prima di fuggire via come il vento. Comunque le possibili prede sono molte e la nostra pazienza ancora abbondante, infatti, basta aspettare e dopo poco cominciano i primi tiri, dapprima sempre al limite (sui 40 - 50 metri) e quindi poco produttivi poi intervallati da qualche cornacchia coraggiosa che, avvicinatasi troppo, tocca il suolo per non ripartire. Devo dire che il tiro a quest’animale è veramente interessante, il suo avvicinamento al gioco è fatto di passaggi veloci,come per studiare la situazione prima di buttarsi, e il tiro risulta essere estremamente divertente. La giornata va avanti con alti e bassi ma finisce molto presto le cornacchie, infatti, con l’aumentare della luce diventano molto più prudenti. Oltre a questo altri cacciatori cominciano a girare con i cani e anche se si tengono correttamente a distanza la cornacchia non è un animale qualunque e la loro presenza segna la fine della giornata.
Questa caccia, che io consiglio vivamente a tutti i patiti di caccia al prato, oltre a essere divertente assicura una doppia soddisfazione quella appunto di unire l’utile al dilettevole: tutti noi sappiamo bene quale sia l’impatto dei corvidi sul resto della piccola fauna o sull’agricoltura e ogni volta che riusciremo ad abbatterne una saremo partecipi di un piccolo atto di gestione faunistica che moltiplicato per il numero di cacciatori potrebbe anche acquisire una certa rilevanza dando una grossa mano al conseguimento degli obbiettivi di controllo numerico di questi animali.
Se si pensa poi che i corvidi, secondo studi fatti recentemente dal Game Conservancy, eminente centro di ricerca britannico, riescono a predare fino al 20% dei nidi di fagiano presenti in un’area, possiamo capire quanto possa diventare importante una mattina passata a caccia con gli amici.
Comunque l’interesse suscitato nei cacciatori che abbiamo incontrato fa ben sperare, molti dei pedonatori (come vengono chiamati i cacciatori che in padule effettuano la caccia vagante) che all’inizio della mattinata ci guardavano come pazzi o alieni si sono avvicinati mentre smontavamo. Qualcuno studiava il gioco, notando le similitudini con l’attrezzatura da storno, altri ci incitavano a continuare e a far sparire "quelle bestiacce", altri ancora ci chiedevano spiegazioni per poter provare a loro volta questo tipo di caccia. Comunque in quasi tutti, questa nuova forma di caccia, ha suscitato un discreto interesse e speriamo vivamente di vedere, il prossimo anno, molti appassionati praticarla unendo come non mai caccia e gestione faunistica.
Il fucile più indicato è senz’altro un semiautomatico calibro 12 con cartucce solitamente destinate a prede più nobili, infatti, se non sparate un piombo robusto, 5-6 per intendersi, e grammature da 35 grammi in su, raccoglierete ben pochi risultati su un animale così coriaceo.
La Cornacchia grigia è un Passeriforme appartenente alla famiglia Corvidi. Si distingue dagli altri corvidi per la colorazione del piumaggio nettamente bicolore, con dorso e parti inferiori grigio chiaro, e testa, gola, ali e coda nere. Ha sessi simili e la sua lunghezza corporea si aggira tra i 44 e i 50 cm, con un importante apertura alare che può arrivare al metro. Il volo di solito è dritto, con battiti continui alternati a lunghe veleggiate sulle correnti ascensionali. Durante l’inverno si riuniscono in stormi più o meno grandi che lasciano i dormitori per andare in cerca di cibo, spesso a questi gruppi si uniscono altre specie di corvidi come la Taccola. L’adattabilità della Cornacchia Grigia è quasi leggendaria, ed è frutto di un’intelligenza notevole che si riflette anche sulla sua complessa organizzazione sociale.
La cornacchia grigia è una specie enormemente territoriale, con rapporti sociali basati su una gerarchia molto rigida dove solo gli adulti dominanti si riproducono e gli immaturi e gli adulti "single" sono lasciati ai margini. Nidifica su alberi o alte siepi facendo un precario nido di rami sia in ambienti agrari che urbani; depone 4-7 uova che si schiudono dopo circa 20 giorni. Si tratta di un animale onnivoro che si nutre di qualunque cosa dalla frutta ai rifiuti, passando soprattutto attraverso i piccoli e le uova di altri animali.
E’ presente in Europa e in Asia con popolazioni sedentarie in continuo aumento, solo nelle popolazioni scandinave si riscontrano fenomeni migratori di una certa rilevanza.
Si ringraziano Caccia+ per aver fornito il contenuto e Ivano Pura per le fotografie